Sentenza N. 2 del 1978
Corte Costituzionale
Data generale
16/01/1978
Data deposito/pubblicazione
16/01/1978
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/01/1978
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof.
LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott.
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO
PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE Giudici,
comma primo, e 272 del t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29
dicembre 1973, n. 1092, promossi con le ordinanze emesse il 18 febbraio
1975 e il 15 ottobre 1976 dalla Corte dei conti – sezione III
giurisdizionale -, sui ricorsi di Pezzulo Maria Teresa e Bellinazzo
Ero, iscritte ai nn. 687 e 688 del registro ordinanze 1976 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 346 del 29 dicembre 1976.
Visto l’atto di costituzione di Bellinazzo Ero, nonché gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 9 novembre 1977 il Giudice relatore
Michele Rossano;
uditi l’avv. Maria Luisa Zavattaro Ardizzi, per la Bellinazzo, e il
sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Con istanza 12 gennaio 1972 Maria Teresa Pezzulo chiese la
concessione della pensione di riversibilità già goduta dalla madre,
Elvira Ricciardi, deceduta il 13 novembre 1971, vedova di Michele
Pezzulo, macchinista delle ferrovie dello Stato.
L’Amministrazione delle ferrovie dello Stato rigettò l’istanza
perché la Pezzulo era stata giudicata dalla Commissione medica
collegiale inabile al lavoro per infermità insorta dopo il 1 gennaio
1958 e, quindi, non ricorreva una delle condizioni previste dall’art.
12 legge 15 febbraio 1958, n. 46.
Avverso il provvedimento di rigetto 3 aprile 1973 la Pezzulo
propose, con atto 7 aprile 1973, ricorso alla Corte dei conti.
Con ordinanza 18 febbraio 1975 la Corte dei conti – sezione III
giurisdizionale – ha sollevato, di ufficio, ritenendola rilevante ai
fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata,
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 272 testo unico
delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e
militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092,
e, per attrazione, dell’art. 86, comma primo, stesso testo unico, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione.
L’ordinanza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 346 del
29 dicembre 1976.
Nel giudizio davanti a questa Corte non si è costituita la parte
privata, Maria Teresa Pezzulo. È intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocato generale
dello Stato, con atto depositato il 18 gennaio 1977, chiedendo che la
questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.
Con istanza 12 gennaio 1967 Ero Bellinazzo chiese la concessione
della pensione di riversibilità già goduta dalla madre, Maria
Bellinazzo Ramponi, deceduta il 12 novembre 1966, vedova
dell’archivista Filippo Bellinazzo.
L’Amministrazione della difesa rigettò l’istanza perché il medico
provinciale di Bologna aveva espresso il parere che l’inabilità della
Bellinazzo al lavoro non sussisteva alla data del 1 gennaio 1958, cui
si riferiva l’art. 12 legge 15 febbraio 1958, n. 46.
Avverso il provvedimento di rigetto 6 giugno 1968 la Bellinazzo
propose ricorso alla Corte dei conti.
Con ordinanza 15 ottobre 1976 la Corte dei conti, sezione III
giurisdizionale, ha ritenuto rilevante ai fini della decisione della
controversia e non manifestamente infondata la questione proposta dalla
Bellinazzo e concernente la legittimità costituzionale, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 272, comma primo, testo unico
approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 “nella parte in cui
dispone che il diritto a pensione è riconosciuto agli orfani
maggiorenni del dipendente o pensionato dello Stato che siano inabili
al lavoro e nullatenenti alla data del 1 gennaio 1958”. Ha, inoltre,
fatto presente l’opportunità di estendere la eventuale dichiarazione
di illegittimità costituzionale all’art. 86, comma primo, stesso testo
unico.
L’ordinanza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 346 del
29 dicembre 1976.
Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituita la parte
privata, Ero Bellinazzo, con memoria depositata il 24 luglio 1976, ed
è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 18
gennaio 1977.
La parte privata ha affermato che sussiste contrasto tra l’art. 3
della Costituzione e l’art. 272, comma primo, testo unico approvato con
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.
L’Avvocato generale dello Stato ha chiesto che la questione di
legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.
1. – Con le ordinanze 18 febbraio 1975 e 15 ottobre 1976 la Corte
dei conti, sezione III giurisdizionale, ha proposto la medesima
questione di legittimità costituzionale dell’art. 272 testo unico
delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e
militari dello Stato approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione. Nella prima ordinanza,
inoltre, la denuncia di incostituzionalità viene estesa “per naturale
attrazione” all’art. 86, primo comma, del medesimo testo unico.
I due giudizi vanno, quindi, riuniti e definiti con unica sentenza.
2. – Secondo la Corte dei conti l’art. 272 d.P.R. n. 1092 del 1973
– che riconosce diritto a pensione agli orfani maggiorenni del
dipendente o del pensionato deceduto anteriormente al 1 gennaio 1958,
che siano stati conviventi a carico dello stesso all’atto del suo
decesso e, alla data suddetta, fossero inabili al lavoro proficuo e
nullatenenti, anche se le condizioni di inabilità al lavoro e
nullatenenza non sussistevano alla data di morte del dipendente o del
pensionato – sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza,
sancito dall’art. 3 della Costituzione, in quanto determinerebbe una
non giustificata disparità di trattamento tra orfani inabili alla data
del 1 gennaio 1958 e orfani divenuti inabili dopo la stessa data.
La questione non è fondata.
L’art. 272 d.P.R. n. 1092 del 1973 concerne i diritti che la legge
15 febbraio 1958, n. 46, aveva conferito, con gli artt. 12 e 18, agli
orfani maggiorenni.
Ora va considerato che l’art. 12 legge n. 46 del 1958 attribuì per
la prima volta il diritto a pensione “anche agli orfani maggiorenni e
alle orfane nubili maggiorenni, inabili a proficuo lavoro, conviventi a
carico del dipendente civile di ruolo o del pensionato e nullatenenti”.
Il seguente art. 18 stabilì che “è concesso diritto a pensione alle
figlie nubili maggiorenni dell’impiegato o del pensionato deceduto
prima dell’entrata in vigore della presente legge, che siano state
conviventi a carico dello stesso all’atto del decesso e che alla data
del 1 gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano
nullatenenti, anche se le condizioni della inabilità al lavoro e di
nullatenenza non sussistevano alla data di morte dell’impiegato o del
pensionato”.
Il successivo art. 20 prescrisse che la legge “ha effetto dal 1
gennaio 1958”.
L’impugnato art. 272 d.P.R. n. 1092 del 1973 riproduce il contenuto
dell’art. 18 citata legge n. 46 del 1958, apportandovi le sole
modifiche necessarie conseguenti alla sentenza n. 135 del 1971 di
questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dello
stesso art. 18 nella parte in cui, nel concorso di tutte le altre
condizioni, esclude dal diritto a pensione i figli maschi celibi che
alla data del 1 gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano
nullatenenti.
Dallo stesso contenuto dei menzionati artt. 18 legge n. 46 del 1958
e 272 d.P.R. n. 1092 del 1973 emerge che essi hanno carattere di norma
transitoria.
In vero le disposizioni su indicate concernono singoli rapporti, ai
quali non si sarebbe potuta applicare la nuova legge per difetto di
condizioni previste dalla normativa generale, sì che il legislatore,
in deroga a siffatta normativa, ne ha disposto la disciplina
retroattiva per soddisfare le esigenze degli orfani inabili al lavoro
proficuo e nullatenenti alla data del 1 gennaio 1958.
Per tale scopo oggettivo gli artt. 18 legge n. 46 del 1958 e 272
d.P.R. n. 1092 del 1973 intendono attuare una prudente transizione
dalla vecchia legge alla nuova. E se la disposizione dell’art. 18 – che
riconobbe alle nubili maggiorenni il diritto alla pensione di
riversibilità anche se le condizioni di inabilità al lavoro e di
nullatenenza sussistevano alla data del 1 gennaio 1958 e non a quella
del decesso dell’impiegato o del pensionato – può apparire motivata da
ragioni di equità (come lo sono in genere le norme transitorie), è
pur sempre lo scopo oggettivo su indicato che giustifica razionalmente
l’applicazione retroattiva della norma.
La stessa giustificazione razionale ha l’impugnato art. 272 d.P.R.
n. 1092 del 1973, che ha il medesimo contenuto dell’art. 18 legge n.
46 del 1958 con le modifiche sopra precisate.
Ne consegue che non è da considerare irragionevole la dedotta
disparità di trattamento tra gli orfani, che risultano inabili a
proficuo lavoro alla data del 1 gennaio 1958, e gli orfani, che
diventino inabili dopo tale data.
Non sussiste, quindi, la denunciata violazione del principio di
eguaglianza, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,
in tanto può ravvisarsi in quanto siano regolate diversamente
situazioni omogenee e non vi sia razionale giustificazione di tale
diversità (sentenze nn. 107, 112, 113 del 1977).
Va, infine, aggiunto che non appare conferente il richiamo all’art.
86, comma primo, dello stesso testo unico, operato, come si è detto,
in una delle due ordinanze. Il principio enunciato da detta norma,
secondo cui “le condizioni soggettive previste per il conseguimento del
diritto al trattamento di riversibilità devono sussistere al momento
della morte del dipendente o del pensionato”, è derogato, per le
ragioni sopra esposte, dalla impugnata norma transitoria, della quale
appunto vien fatta applicazione nel giudizio a quo; ma non è
direttamente ed autonomamente investito da dubbio di costituzionalità,
che sia suffragato da specifica motivazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 86, comma primo, e 272 testo unico delle norme sul
trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato,
approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, sollevata dalla Corte
dei conti, sezione III giurisdizionale, con ordinanze 18 febbraio 1975
e 15 ottobre 1976, in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 1978.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO –
ANTONINO DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere