Sentenza N. 202 del 1972
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1972
Data deposito/pubblicazione
29/12/1972
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1972
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv.
ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA, Giudici,
comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli
ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del
tesoro), promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1971 dalla Corte
dei conti – sezione III pensioni civili – sul ricorso di Ravenna
Alfredo, iscritta al n. 446 del registro ordinanze 1971 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16 del 19 gennaio 1972.
Udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1972 il Giudice
relatore Vincenzo Michele Trimarchi.
Alfredo Ravenna, coniuge superstite di Elena Scazzocchio,
pensionata della Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di
scuole elementari parificate, facente parte degli Istituti di
previdenza presso il Ministero del tesoro, e deceduta il 14 agosto
1967, ricorreva davanti alla Corte dei conti avverso il provvedimento
del 28 luglio 1969 del Direttore generale degli Istituti di previdenza
con cui gli era stato negato, perché non a carico della moglie alla
data della di lei morte, il trattamento pensionistico di
riversibilità.
La Corte dei conti, in accoglimento dell’eccezione proposta dal
pubblico ministero, considerava rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6,
comma terzo, ultima parte, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, che
“per il conferimento della pensione di riversibilità al vedovo di ex
amministrata dagli Istituti di previdenza, pone, fra l’altro, la
condizione dell’a carico della dante causa, all’epoca della morte di
quest’ultima”, in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
A proposito della rilevanza, la Corte dei conti accertava che il
ricorrente, alla data di morte della moglie, era in una situazione
economica tale da escludere che potesse essere considerato a di lei
carico.
E circa la non manifesta infondatezza, osservava che la detta
condizione non era richiesta per la vedova dagli artt. 37 e 38 del
r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, e dalle successive disposizioni
intervenute in merito, e che perciò la norma denunciata sanciva, ai
fini della pensione di riversibilità, una palese disparità di
trattamento fra il vedovo e la vedova, basandola unicamente sulla
differenza di sesso; e, concludendo, metteva in rilievo che, in pratica
da tale disparità poteva discendere il riconoscimento del diritto alla
pensione di riversibilità in favore di una vedova anche se fornita di
cospicui redditi.
L’ordinanza veniva regolarmente notificata, comunicata e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 19 gennaio 1972.
Davanti a questa Corte non si costituiva alcuna delle parti, né
spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
La causa, pertanto, ai sensi dell’art. 26, comma secondo, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, viene decisa con la procedura di camera di
consiglio.
1. – Secondo la Corte dei conti, che ha sollevato la questione con
l’ordinanza indicata in epigrafe, sarebbe in contrasto con l’art. 3
della Costituzione, l’art. 6, comma terzo, ultima parte, della legge 22
novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli Istituti di
previdenza presso il Ministero del tesoro), che “per il conferimento
della pensione di riversibilità al vedovo di ex amministrata dagli
Istituti di previdenza, pone, fra l’altro, la condizione dell’a carico
della dante causa, all’epoca della morte di quest’ultima”.
2. – La questione non è fondata.
In effetti, dalle norme relative al trattamento pensionistico del
coniuge superstite di un amministrato dai detti Istituti di previdenza,
risulta che codesto trattamento è differente a seconda che si tratti
di vedovo o di vedova. Come ha esattamente osservato la Corte dei
conti, per la vedova, dagli artt. 37 e 38 del r.d.l. 3 marzo 1938, n.
680, e dalle successive disposizioni intervenute in merito, non è
richiesta, perché essa possa conseguire il ripetuto trattamento, la
condizione che, alla data della morte del marito, risulti a suo carico;
e la norma denunciata, invece, dispone espressamente, che al vedovo
spetti la pensione indiretta e di riversibilità solo se esso risulti
essere stato, alla data di morte della moglie, a di lei carico.
Ma ciò evidentemente non basta perché la norma de qua possa dirsi
in contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Non si ha, infatti, una
disciplina differente di situazioni eguali o ritenute tali, in modo
razionale, dal legislatore. E quindi non si può dedurre che il
differenziato trattamento del coniuge superstite, nell’ipotesi in
esame, sia da ricollegare unicamente alla distinzione di sesso.
Va al riguardo considerato quel che questa Corte ha già avuto
occasione e modo di rilevare con la sentenza n. 119 del corrente anno,
e cioè che, nonostante l’esistenza di un’ampia e articolata normativa
(soprattutto costituzionale) diretta a rendere possibile e realizzare
la eguaglianza, morale e giuridica dei cittadini, senza distinzione di
sesso, è avvertita nella realtà sociale la minore probabilità che
sia il marito anziché la moglie a dipendere economicamente dal
coniuge.
Non può perciò ritenersi che il legislatore, nel dettare le
disposizioni sopra richiamate, si sia trovato a dover disciplinare
un’unica situazione di fatto e di diritto o situazioni suscettibili
d’essere considerate eguali o equivalenti.
E appare del tutto razionale che l’accertamento in concreto dello
stato di bisogno sia richiesto solo per il vedovo e non anche per la
vedova.
La norma in esame, di conseguenza, trova nella notata peculiarità
la sua logica ragione di essere.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 6, comma terzo, della legge 22 novembre 1962, n. 1646
(modifica agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il
Ministero del tesoro), nella parte in cui dispone che nel caso di
decesso di un’amministrata dalle Casse pensioni facenti parte dei detti
Istituti, la pensione indiretta e di riversibilità spetta al marito
quando risulti che questi, alla data di morte della moglie, fosse a di
lei carico.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1972.
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI –
LEONETTO AMADEI – GIULIO GIONFRIDA.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere