Sentenza N. 204 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1971
Data deposito/pubblicazione
28/12/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1971
COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
primo comma, del codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 9 gennaio 1970 dal pretore di Bergamo nel
procedimento civile vertente tra Carrara Giambattista e la società
Sacelit, iscritta al n. 51 del registro ordinanze 1970 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970;
2) ordinanza emessa il 30 maggio 1970 dal pretore di Venezia nel
procedimento civile vertente tra Bassetto Renzo e la società Cantieri
Navali e Officine Meccaniche di Venezia, iscritta al n. 312 del
registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 286 dell’11 novembre 1970.
Visto l’atto di costituzione di Bassetto Renzo;
udito nell’udienza pubblica del 27 ottobre 1971 il Giudice relatore
Vincenzo Michele Trimarchi;
udito l’avv. Luciano Ventura, per il Bassetto.
1. – Nel procedimento civile vertente tra Giambattista Carrara e la
S.p.A. Sacelit, il pretore di Bergamo, con ordinanza emessa il 9
gennaio 1970, sollevava questione incidentale di legittimità
costituzionale dell’art. 2120, comma primo, del codice civile, “nella
parte in cui subordina il diritto all’indennità di anzianità al fatto
che il rapporto di lavoro abbia avuto almeno la durata di un anno”, in
riferimento all’art. 36, comma primo, della Costituzione.
Premetteva il pretore che il Carrara, dopo aver lavorato quale
operaio alle dipendenze della società convenuta dal 4 marzo 1968 al 14
febbraio 1969, aveva richiesto la somma di lire 22.402, a titolo di
indennità di anzianità ma la società aveva contestato l’esistenza
del diritto per il fatto che il rapporto di lavoro era durato meno di
un anno.
Ciò premesso, il pretore osservava che la norma denunciata, che
prevede la corresponsione dell’indennità di anzianità in misura
proporzionale agli anni di servizio, non era stata modificata sul punto
dall’art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e andava interpretata,
secondo la giurisprudenza della Cassazione, “nel senso che per avere
diritto all’indennità di anzianità è richiesto che il rapporto abbia
avuto almeno la durata di un anno”.
Osservava altresì che l’art. 2120, comma primo, atteso il
carattere retributivo riconosciuto all’indennità di anzianità da
questa Corte, “confisca legislativamente al lavoratore che abbia
lavorato alle dipendenze di terzi per un periodo inferiore all’anno una
parte della retribuzione”.
E concludeva, ritenendo che ciò fosse in contrasto con il disposto
dell’art. 36, comma primo, della Costituzione e senza che detta
normativa potesse essere giustificata dalla “particolare minore durata
del rapporto di lavoro”.
L’ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.
Davanti a questa Corte non si costituiva nessuna delle parti e non
spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
2. – Nel procedimento civile vertente tra Renzo Bassetto e la
società Cantieri Navali e Officine Meccaniche di Venezia, il pretore
di Venezia, con ordinanza emessa il 30 maggio 1970 sollevava questione
incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 2120, comma primo,
del codice civile, “nella parte in cui può interpretarsi nel senso che
l’indennità di anzianità competa al prestatore di lavoro nella sola
ipotesi di servizio di durata non inferiore ad un anno”, per contrasto
con l’art. 36 della Costituzione.
Secondo il pretore la questione non appariva manifestamente
infondata, perché per la detta interpretazione restrittiva della norma
si era pronunciata la Cassazione, perché con l’articolo 1 della legge
18 febbraio 1960, n. 1561 era stato sancito un conteggio in dodicesimi
per l’indennità di anzianità dovuta agli impiegati privati, ed in
base all’art. 9 della citata legge n. 604 del 1966 il diritto
all’indennità di anzianità spettava al lavoratore in ogni caso di
risoluzione del rapporto di lavoro, e perché all’indennità in oggetto
è concordemente riconosciuto il carattere di retribuzione differita.
L’ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.
Davanti a questa Corte si costituiva soltanto il Bassetto, con atto
depositato il 18 novembre 1970.
Il Bassetto, riportandosi all’orientamento giurisprudenziale di
questa Corte in ordine alla natura retributiva dell’indennità di
anzianità, chiedeva che la questione fosse dichiarata fondata.
Negava che il superamento dell’anno di servizio possa essere
necessario per consolidare e rendere effettivi i diritti del lavoratore
costituzionalmente garantiti. E sosteneva che sotto questo profilo la
questione si ricollegasse anche all’indirizzo espresso da questa Corte
nella sentenza n. 66 del 1963 in materia di ferie.
Non spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
3. – All’udienza del 27 ottobre 1971, l’avv. Luciano Ventura, per
il Bassetto, insisteva nelle precedenti ragioni e richieste.
1. – Con le due ordinanze indicate in epigrafe del pretore di
Bergamo e del pretore di Venezia è sollevata la stessa questione: se
l’art. 2120, comma primo, del codice civile nella parte in cui esclude
il diritto del lavoratore subordinato alla indennità di anzianità
qualora il rapporto di lavoro a tempo indeterminato sia durato meno di
un anno, sia in contrasto con l’art. 36, comma primo, della
Costituzione.
I due giudizi vanno, pertanto, riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Nonostante che, in tema di indennità di anzianità, il
legislatore, con l’art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604, abbia
dettato disposizioni a quel tempo innovative nei confronti dell’ultima
parte del detto primo comma dell’art. 2120 (così come la Corte non ha
mancato di rilevare con la sentenza n. 75 del 1968), non può non
ritenersi tuttavia in vigore la restante parte della relativa norma e
precisamente quella oggetto della presente denunzia.
Il citato art. 9, infatti, si limita a prescrivere che
“l’indennità di anzianità è dovuta al prestatore di lavoro in ogni
caso di risoluzione del rapporto di lavoro”, ed il primo comma
dell’art. 2120, in conseguenza dell’entrata in vigore di quella legge,
non avente per altro portata generale, ed a seguito della dichiarazione
di parziale illegittimità costituzionale di cui alla citata sentenza
n. 75 del 1968, viene a disporre che “in caso di cessazione del
contratto a tempo indeterminato, è dovuta al prestatore di lavoro
un’indennità proporzionale agli anni di servizio”.
Questa norma, in tal modo, fissando il criterio da osservarsi ai
fini della determinazione e liquidazione dell’indennità de qua, che
per ciò deve essere proporzionata agli anni di servizio, e facendo,
allo scopo, riferimento all’anno quale unità di tempo, secondo la
giurisprudenza prevalente considera il servizio prestato per un periodo
di tempo inferiore ad un anno condizione non sufficiente perché il
lavoratore abbia diritto alla detta indennità.
3. – Così interpretata, la norma risulta in contrasto con il
disposto dell’art. 36, comma primo, della Costituzione.
L’indennità di anzianità, ad avviso della Corte (citata sentenza
n. 75 del 1968), “riveste carattere retributivo, costituendo parte del
compenso dovuto pel lavoro prestato”.
Data la sua portata complementare nei confronti della retribuzione
in senso stretto, deve riconoscersi ad essa la tutela costituzionale
propria di quest’ultima: ed in particolare, il relativo diritto
discende dai principi consacrati nell’art. 36 della Costituzione e si
informa ad essi.
Nella specie, escludendo implicitamente l’art. 2120, comma primo,
che il diritto all’indennità spetti al lavoratore che abbia una
anzianità di servizio inferiore all’anno, il legislatore viene a
negare al lavoratore un diritto che costituzionalmente gli è
assicurato.
Il criterio per cui in dipendenza della durata (annale o superiore
all’anno, ovvero inferiore all’anno) del servizio, il ripetuto diritto
spetta o meno al lavoratore, non è qui valutato direttamente e in
riferimento al principio di eguaglianza, sibbene per la conseguenza
della sua applicazione e cioè per il fatto che, in caso di servizio di
durata inferiore all’anno, al lavoratore non compete l’indennità.
Non può venire, così, in considerazione la ragione che avrà
determinato il legislatore a ricollegare al detto limite di tempo un
trattamento differenziato; e senza, per altro, doversi escludere a
priori che la previsione di un periodo minimo di servizio possa
apparire razionalmente giustificata.
Rileva qui in modo obiettivo la violazione del principio di
proporzionalità quantitativa che l’art. 36 pone inderogabilmente a
disciplina del rapporto tra retribuzione e prestazione di lavoro, e di
conseguenza è illegittima costituzionalmente la norma denunziata nella
parte in cui esclude che l’indennità di anzianità spetti al
prestatore di lavoro il quale abbia prestato servizio per un periodo di
tempo inferiore all’anno.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2120, comma
primo, del codice civile nella parte in cui esclude che l’indennità di
anzianità sia dovuta al prestatore di lavoro, il cui servizio abbia
avuto una durata inferiore all’anno.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1971.
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.