Sentenza N. 204 del 1981
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1981
Data deposito/pubblicazione
29/12/1981
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/12/1981
EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO
ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. GIUSEPPE SAJA, Giudici,
della Regione Campania 21 febbraio 1973, n. 7 (Costituzione in Comune
autonomo della frazione Cellole del Comune di Sessa Aurunca in
provincia di Caserta) promosso con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 aprile 1976 dal Pretore di Sessa Aurunca
nel procedimento penale a carico di Lombardi Aldo, iscritta al n. 524
del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 253 del 22 settembre 1976;
2) ordinanza emessa il 26 aprile 1978 dal Tribunale amministrativo
regionale per la Campania sul ricorso proposto da Lombardi Aldo contro
il Comune di Cellole, iscritta al n. 554 del registro ordinanze 1978 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 24
gennaio 1979.
Visti gli atti di costituzione di Lombardi Aldo e del Comune di
Cellole e gli atti di intervento della Regione Campania;
udito nell’udienza pubblica dell’11 novembre 1981 il Giudice
relatore Livio Paladin;
uditi gli avvocati Fabio Rozera, per Lombardi Aldo e Giuseppe
Abbamonte, per il Comune di Cellole e per la Regione Campania.
1. – In un giudizio penale concernente lavori di costruzione
edilizia effettuati nel Comune di Cellole, il Pretore di Sessa Aurunca
ha sollevato – con ordinanza del 12 aprile 1976 – questione di
legittimità costituzionale della legge 21 febbraio 1973, n. 7, della
Regione Campania. La costituzione in Comune autonomo, con la
denominazione di “Cellole”, della corrispondente frazione del Comune di
Sessa Aurunca, sarebbe stata operata dal legislatore regionale –
secondo il giudice a quo – in violazione degli artt. 1 cpv. e 133 Cost.
Quanto alla rilevanza dell’impugnativa, il Pretore osserva che la
predetta questione “investe in toto la legittimità degli atti
(ordinanza di sospensione, verbale di contravvenzione) emanati dal
Comune e dai suoi organi”. Quanto alla non manifesta infondatezza,
l’ordinanza di rimessione argomenta in primo luogo che sarebbe mancata
in tal caso la necessaria audizione delle popolazioni interessate.
Malgrado il contrario avviso espresso da questa Corte con la sentenza
n. 62 del 1975, non basterebbe allo scopo la consultazione dei Consigli
comunali e provinciali: “altro è infatti” – precisa il giudice a quo –
“il voto espresso dal singolo cittadino, che usa della sovranità
popolare a lui concessa dall’art. 1 della Costituzione per esprimere il
suo giudizio su un problema specifico e di suo rilevante interesse,
altro è il voto espresso da un consesso, pur eletto dal popolo, ma,
all’atto della deliberazione, portatore di interessi di una
maggioranza e non di tutti gli elettori”.
In secondo luogo, si aggiunge che la legge impugnata avrebbe
istituito il Comune di Cellole senza “una previa determinazione di
territorio e popolazione”: infatti tali adempimenti sarebbero stati
effettuati successivamente – il 2 luglio ed il 3 dicembre 1974 – “con
atti amministrativi di Giunta e non con legge a norma dell’art. 133
Cost.”.
2. – Nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuto l’imputato Aldo
Lombardi, che ha sostanzialmente aderito alle argomentazioni ed alle
conclusioni del giudice a quo, precisando che da parte della Regione
Campania non vi sarebbe stata neanche “audizione indiretta delle
popolazioni, su un concreto progetto o disegno di legge”.
Si è inoltre costituito il Presidente della Regione, il quale ha
invece concluso per l’infondatezza della questione sollevata. In
effetti, quanto alla consultazione dei soggetti interessati, le
popolazioni sarebbero state sentite nei modi previsti dalla legge
comunale e provinciale, vale a dire con la “procedura già ritenuta
corretta da codesta Corte”. Quanto poi alle variazioni territoriali
disposte con delibera di Giunta, esse non potrebbero “inficiare la
costituzione del Comune ma porre, a tutto concedere, un problema di
rettifica di confini”, che comunque non sarebbe di competenza della
Corte.
3. – Nel corso di altro procedimento giurisdizionale, instaurato
dallo stesso Lombardi, la legge regionale campana 21 febbraio 1975, n.
7, è stata quindi impugnata dal T.A.R. per la Campania il 26 aprile
1978 – in riferimento agli artt. 133, secondo comma, della Costituzione
e 60 dello Statuto di quella Regione. Posto che “dal riconoscimento
della illegittimità della norma predetta dipende il giudizio sulla
legittimità del provvedimento impugnato” (cioè di un’ordinanza
adottata dal Sindaco di Cellole), il giudice a quo ammette che la
Regione Campania poteva istituire la frazione di Cellole in Comune
autonomo, “pur senza far ricorso al referendum consultivo” e senza
neanche emanare le necessarie “norme disciplinatrici”; ma sostiene che
la Regione avrebbe mancato di osservare le stesse norme dettate dagli
artt. 33 ss. del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, non avendo sentiti i
pareri del Consiglio comunale di Sessa Aurunca e del competente
Consiglio provinciale, né prima che fosse approvata la legge n. 7 del
1973, né durante il successivo “procedimento per delimitazione
territoriale” (e non avendo nemmeno pubblicato il progetto di
delimitazione, “agli effetti di eventuali opposizioni”). Inoltre, il
giudice a quo rileva che il provvedimento legislativo in questione si
sarebbe limitato “ad istituire in Comune autonomo la frazione di
Cellole senza la previa determinazione di territorio e di popolazione,
adempimenti demandati ed effettuati in secondo momento con atti
amministrativi di giunta e non con legge”.
4. – Anche in tale giudizio è intervenuto il Lombardi, il quale
ricorda – a sostegno dell’impugnativa – come già il Consiglio di
Stato, pronunciandosi sull’ammissibilità dei ricorsi proposti da
alcuni cittadini di Sessa Aurunca, abbia denunciato, in relazione agli
atti istitutivi del Comune di Cellole, una “macroscopica
disapplicazione del dettato costituzionale”.
È altresì intervenuto il Comune di Celiole, concludendo invece
per la manifesta infondatezza della questione sollevata. Premesso che
il testo unico della legge comunale e provinciale regolerebbe “un
procedimento del tutto superato dal nuovo sistema di amministrazione
elettiva” (mentre la legge campana 29 ottobre 1974, n. 54, non potrebbe
venire in considerazione, perché successiva alla legge impugnata), la
difesa del Comune osserva che la questione dovrebbe esser risolta in
vista dei soli adempimenti imposti dal precetto costituzionale:
rispetto ai quali la legge n. 7 del 1973 si rivelerebbe pienamente
legittima, avendo disposto l’istituzione del Comune stesso in
conseguenza dei voti già formulati dal Comune di Sessa Aurunca, nel
verbale di delibera n. 78 del 21 aprile 1970. Quanto poi alla pretesa
violazione della riserva di legge regionale, alla Giunta non sarebbe
stata attribuita altro che “una funzione di documentazione”,
risolventesi in una attività “tecnico-esecutiva”.
Si è infine costituito il Presidente della Regione Campania, che
ha sostenuto l’infondatezza della questione, con argomentazioni
analoghe a quelle svolte dal Comune di Cellole. Secondo la difesa
della Regione, non si potrebbe sostenere che la legge impugnata
contrasti né con il capoverso dell’art. 133 Cost. (che prescriverebbe
unicamente “l’audizione delle popolazioni interessate senza particolari
forme”) né con l’art. 60 dello Statuto (che si limiterebbe “ad
ammettere ma non pure a rendere obbligatorio il referendum per la
costituzione di nuovi Comuni”).
5. – Il 28 ottobre 1981, la Regione Campania ed il Comune di
Cellole hanno depositato memorie (di identico contenuto), nell’intento
di ricostruire l’iter (antecedente e successivo all’impugnata legge
regionale) che ha condotto alla costituzione del Comune di Cellole.
Secondo tali memorie, all’origine della vicenda stanno la formale
richiesta – risalente al 18 giugno 1960 – di 1495 cittadini della
frazione interessata ed un’allegata relazione tecnica (entrambe esibite
unitamente alla memoria di parte regionale). Nel 1964 (come da rogito
anch’esso esibito) si costituiva altresì un comitato per l’autonomia
amministrativa di Cellole, che riusciva ad ottenere la presentazione di
due proposte di legge (n. 3176/Camera del 18 maggio 1966 e n.
2042/Camera del 24 novembre 1969), affinché la frazione di Cellole
venisse eretta in autonomo Comune: cui seguivano le deliberazioni
consiliari n. 77 e n. 78 del 20 e 21 aprile 1970, con le quali il
Comune di Sessa Aurunca manifestava – nel secondo caso in modo unanime
la – propria approvazione. A sua volta, anche l’Amministrazione
provinciale di Caserta esprimeva parere favorevole, dapprima con
delibera giuntale n. 825 del 23 marzo 1972, quindi con ratifica
consiliare n. 28 del 26 maggio del medesimo anno. Ed a questo punto la
Regione Campania, esercitando la competenza trasferitale dal d.P.R. n.
1 del 1972, interveniva con la legge impugnata.
In base all’art. 2 della legge medesima, l’Amministrazione
regionale convocava allora – ripetutamente – “le parti interessate”,
per provvedere alla determinazione dei confini. Ed infine la Giunta
regionale procedeva d’ufficio alla determinazione stessa,
nell’impossibilità di raggiungere un’intesa, mediante le delibere n.
3467 del 2 luglio 1974, n. 6755 del 3 dicembre 1974, n. 824 del 7
febbraio 1975: esercitando per altro – stando alla difesa della
Regione e del Comune – una mera “potestà esecutiva consistente nella
determinazione specifica e grafica del territorio”, già del resto
definito dall’art. 1 della legge in esame.
6. – Il 29 ottobre ha depositato memorie (di identico contenuto per
entrambi i giudizi) anche la difesa del Lombardi. Dopo avere
riaffermato la rilevanza delle questioni sollevate dai giudici a quibus
(e dopo aver ricordato che il T.A.R. della Campania ha nuovamente
impugnato la legge regionale n. 7 del 1973, con ordinanza del 21 maggio
1981), tali memorie deducono – nel merito – che la Regione non avrebbe
mai chiesto in proposito alcun parere al Comune di Sessa Aurunca, come
risulterebbe da un’attestazione rilasciata dal Sindaco del Comune
stesso, in data 10 novembre 1977; sicché non sarebbero stati osservati
– né per questo né per ogni altro aspetto – non solo l’art. 133
Cost., ma nemmeno le disposizioni di cui agli artt. 33 ss. del t.u. n.
583/1934.
In effetti, la vicenda in esame non sarebbe affatto identica a
quella esaminata dalla Corte con la sentenza n. 62 del 1975: sia
perché il Comune di Sessa Aurunca avrebbe espresso soltanto “un voto
generico e preliminare”, diretto secondo le leggi vigenti ad
un’autorità che – per effetto dell’imminente riforma regionale – stava
per veder cessare la propria competenza; sia perché sarebbe stata la
Giunta regionale ad istituire il Comune di Cellole “nei suoi connotati
tipici”; sia perché la Regione – malgrado i suoi contrari assunti –
non avrebbe sentito né i ricorrenti né tutti i cittadini, ma si
sarebbe limitata a trasformare in “interlocutori privilegiati” alcuni
“comitati” mancanti di ogni rappresentatività.
7. – Nella pubblica udienza, la difesa del Lombardi ha ribadito –
fra l’altro – la diversità del caso in esame rispetto a quello
considerato dalla Corte con la sentenza n. 62 del 1975, quanto alla
legge regionale campana che aveva provveduto a ricostituire in Comune
autonomo la frazione di San Marco Evangelista.
Per contro, la difesa della Regione e del Comune interessato ha
insistito nell’assunto che la Giunta campana avrebbe operato una pura e
semplice confinazione del nuovo territorio comunale, senza pertanto
violare la riserva di legge regionale.
1. – La legittimità costituzionale della legge regionale campana
21 febbraio 1973, n. 7, istitutiva del Comune di Cellole, viene
contestata sotto un duplice profilo. Per un verso, il Pretore di Sessa
Aurunca ritiene che tale legge contraddica il combinato disposto degli
artt. 1 cpv. e 133 cpv. della Costituzione, in quanto la frazione di
Cellole sarebbe stata separata dal Comune di appartenenza e costituita
in Comune autonomo senza aver “sentite le popolazioni interessate”
nella sola forma costituzionalmente consentita allo scopo, cioè
ricorrendo all’indispensabile referendum consultivo. Per un altro
verso, lo stesso Pretore ed il Tribunale amministrativo regionale per
la Campania sostengono che l’art. 133 cpv. Cost., come pure il
conseguente disposto dell’art. 60 dello Statuto regionale campano,
sarebbero rimasti comunque inosservati: all’effettiva istituzione del
nuovo Comune avrebbe infatti provveduto la Giunta in luogo del
Consiglio, così violando la riserva di legge regionale,
costituzionalmente stabilita in materia; ed anche nelle precedenti fasi
del procedimento sarebbero state disattese – ad avviso del T.A.R. – le
indicazioni date dalla Corte con la sentenza n. 62 del 1975.
2. – La prima impugnativa, da valutare preliminarmente rispetto
alle censure più specifiche, va rigettata alla stregua della
giurisprudenza di questa Corte.
Vero è che gli atti regionali istitutivi di nuovi Comuni hanno la
natura di leggi-provvedimento, tenute a svolgersi nell’ambito ed in
applicazione di previe norme generali ed astratte, che la stessa
Regione deve emanare ai sensi dell’art. 117 Cost.; ed è pur vero,
d’altronde, che la disciplina regionale delle circoscrizioni comunali
deve prevedere – come in effetti dispone l’art. 60, primo comma, dello
Statuto regionale campano il – ricorso al referendum consultivo, quale
presupposto per la modifica delle circoscrizioni medesime e per
l’istituzione di nuovi Comuni. Senonché la Corte ha già precisato –
mediante la ricordata sentenza n. 62 del 1975 – che nel periodo di
primo funzionamento delle Regioni ordinarie, allorché l’apposita
legislazione regionale sulle circoscrizioni comunali non era ancora
entrata in vigore, non poteva considerarsi precluso ai legislatori
locali l’esercizio del potere configurato dall’art. 133 cpv. della
Costituzione. Per surrogare il referendum consultivo e per evitare che
i Consigli regionali provvedessero arbitrariamente ad istituire nuovi
Comuni ed a modificare le circoscrizioni comunali, bastava cioè che
nel corso dei procedimenti formativi delle relative leggi venissero
osservati – per quanto possibile – gli artt. 33 ss., della legge
comunale e provinciale del 1934: con particolare riguardo alle norme
attinenti “al modo di formazione e di accertamento della volontà
autonomistica delle borgate o frazioni di comuni e più ampiamente al
modo di esteriorizzazione e conoscenza dell’avviso delle popolazioni
comunque interessate”, così da soddisfare – sia pure indirettamente –
“la sostanziale esigenza di fondo” che tali popolazioni fossero sentite
“attraverso i canali democraticamente adatti a coglierne gli interessi
e le volontà”. Ora, è precisamente in questa fase transitoria che si
colloca la legge n. 7 del 1973, approvata a pochi mesi di distanza dal
primo trasferimento delle funzioni statali alla Regione Campania. Tale
atto precede le leggi regionali n. 54 del 1974 e n. 25 del 1975, che
hanno rispettivamente previsto e regolato il referendum consultivo di
cui all’art. 60, primo comma, dello Statuto campano. E, d’altra parte,
si tratta di una legge promulgata più di un anno prima di quella
istitutiva del Comune di San Marco Evangelista, in ordine alla quale è
stata pronunciata la sentenza n. 62 del 1975; sicché si può ben dire
che, per essa, s’impongono a più forte ragione le tesi allora svolte
dalla Corte.
3. – Coerentemente, però, la predetta sentenza avverte che alla
Corte, in sede di controllo della legittimità costituzionale di una
legge regionale come quella in esame, è riservato il compito di
accertare se il procedimento in concreto seguito dalla Regione sia
conforme a Costituzione, e specificamente alle disposizioni indicate
come parametro”. Da un lato, pertanto, spetta alla Corte di verificare
l’osservanza degli artt. 33 ss. della legge comunale e provinciale del
1934, in quanto ancora applicabili ed in quanto rivolti a garantire –
sebbene in forme diverse dal referendum consultivo – che la Regione
tenga conto degli orientamenti propri delle popolazioni interessate: il
che significa mettere in rilievo l’iniziativa popolare di cui al primo
comma dell’art. 33, mediante la quale può emergere la “volontà
autonomistica” di determinate frazioni, ed il parere del Consiglio o
dei Consigli comunali, di cui al primo comma dell’art. 35. D’altro
lato, spetta ancora alla Corte di assicurare il rispetto dell’art. 133
cpv. Cost., nella parte in cui si richiede che, su questa base, sia la
legge regionale ad identificare, per lo meno nelle sue linee
essenziali, il Comune di nuova istituzione (od il territorio
interessato dalla modifica di una circoscrizione comunale).
In tale prospettiva, la difesa della Regione Campania e del Comune
di Cellole sostiene che tutti gli adempimenti necessari allo scopo si
siano puntualmente realizzati, nel procedimento formativo della legge
impugnata, nonché per effetto delle disposizioni dettate dalla legge
medesima. La domanda della maggioranza numerica dei cittadini
contribuenti della frazione interessata, già prevista dall’art. 33 del
r.d. n. 383 del 1934, sarebbe stata regolarmente effettuata – come la
difesa stessa documenta – sino dal 18 giugno 1960; il Consiglio
comunale di Sessa Aurunca si sarebbe quindi espresso favorevolmente,
dapprima a maggioranza, mediante la deliberazione n. 77 del 20 aprile
1970, e poi con voto unanime, mediante la deliberazione n. 78 del
giorno successivo; la Regione avrebbe infine costituito ed identificato
il Comune di Cellole, con l’art. 1 della legge n. 7 del 1973; e le
conseguenti delibere di Giunta, fondate sull’autorizzazione “a
determinare il territorio del nuovo Comune” secondo l’art. 2 della
legge medesima, si sarebbero limitate a fissare i confini destinati a
separare Cellole da Sessa Aurunca, senza per questo violare la riserva
di legge regionale: allo stesso modo che non si potrebbero considerare
riservati a tale fonte i provvedimenti di rettifica dei confini
intercorrenti fra due o più Comuni.
Ma la Corte è dell’avviso che il problema non possa trovare
soluzione in questi termini. Al contrario, due ordini di motivi
inducono a ritenere che le regole procedurali fissate dalla sentenza n.
62 del 1975 siano rimaste sostanzialmente inapplicate e che ne sia
seguita la violazione – non solo indiretta ma anche immediata –
dell’art. 133, secondo comma, della Costituzione.
a) in primo luogo, nessuno degli atti dai quali dovrebbe desumersi
il consenso delle popolazioni interessate è venuto ad inserirsi nel
procedimento a conclusione del quale è stata approvata e promulgata la
legge regionale n. 7 del 1973. L’istanza dei cittadini risale
addirittura a tredici anni prima, con l’ulteriore conseguenza che a
potersi pronunciare sono stati i soli contribuenti e non tutti gli
elettori interessati, come invece ritenuto costituzionalmente
necessario dalla Corte, con la sentenza n. 38 del 1969. A loro volta,
le ricordate deliberazioni del Consiglio comunale di Sessa Aurunca non
hanno avuto la natura di altrettanti pareri, espressi in ordine ad una
formale iniziativa di legge regionale (corredata dalla ” specificazione
planimetrica… dei confini conseguenti”, come oggi dispone l’art. 10
della legge regionale n. 54 del 1974), bensì di generiche mozioni
testualmente rivolte agli organi allora competenti: vale a dire al
Governo o al Parlamento nazionali, non certo ad un Consiglio regionale
non ancora costituito. Ciò spiega che il Sindaco del Comune di Sessa
Aurunca abbia potuto attestare, in data 19 novembre 1977, che la
Regione Campania non aveva mai chiesto né il Comune medesimo aveva mai
trasmesso alla Regione pareri di sorta in ordine ad alcun “concreto
progetto di autonomia della frazione Cellole”. Del resto, è degno di
nota che il Consiglio comunale di Sessa Aurunca fu sciolto e rinnovato,
subito dopo aver votato le delibere del 20-21 aprile 1970, in occasione
delle stesse consultazioni mediante le quali fu eletto il primo
Consiglio regionale campano.
b) In secondo luogo, è comunque decisiva la circostanza che le
dimensioni territoriali previste per l’istituendo Comune siano venute
alterandosi profondamente, nelle varie proposte succedutesi sul punto,
dall’originaria domanda dei 1495 cittadini fino alle conclusive
deliberazioni della Giunta regionale. Effettivamente, nella “relazione
tecnica” acclusa all’istanza del 1960, sulla quale ebbe anche a
pronunciarsi la Giunta provinciale di Caserta (in data 23 marzo 1972),
sì legge che la superficie da distaccare dal Comune di Sessa Aurunca
avrebbe dovuto ammontare a “circa Ha. 7300”. Dalle relazioni alle
conseguenti proposte di legge n. 3176/Camera e n. 2042/Camera,
rispettivamente presentate il 18 maggio 1966 ed il 24 novembre 1969,
risulta invece l’intento di assegnare al territorio di Cellole “una
estensione di circa 5.000 ettari”; ed è su questo tipo di previsione,
per altro assai sommaria, che sembrerebbe essersi fondato lo stesso
legislatore campano, stando alla relazione presentata al Consiglio,
nonché alle precisazioni fornite dalla Giunta regionale, nella
deliberazione del 7 febbraio 1975. Senonché la prima delibera
giuntale, mirante “a determinare il territorio del nuovo comune”, ne
riduceva l’estensione – in data 2 luglio 1974 – a soli 2650 ettari;
dopo di che, a seguito di una prima richiesta di chiarimenti da parte
della Commissione di controllo, la Giunta provvedeva – in data 3
dicembre 1974 – ad attribuire al Comune di Cellole una maggiore
superficie di 850 ettari, raggiungendo pertanto il totale di 3500. Una
seconda richiesta di chiarimenti, con cui la Commissione di controllo
mirava – in particolar modo – ad accertare perché all’originaria
frazione di Cellole fossero stati in tal modo aggregati territori di
frazioni diverse, dava infine luogo alla già ricordata deliberazione
giuntale del 7 febbraio 1975. Nella motivazione di essa, la Giunta
riconosceva apertamente che quello del 3 dicembre 1974 era un “nuovo
provvedimento”; ma ne difendeva l’opportunità, mediante un nutrito
complesso di argomentazioni, svolte “dal punto di vista obbiettivo,
soggettivo, di funzionalità e tecnico-legale”, fino a concludere che
la prevista superficie di 3.500 ettari sarebbe stata “quella minima
indispensabile per consentire la vita al nuovo Comune”.
Testualmente ed ufficialmente, dunque, è la Giunta stessa a
smentire la tesi – sostenuta dalla difesa della Regione Campania e del
Comune di Cellole – che l’art. 2 della legge impugnata abbia demandato
all’esecutivo regionale una pura e semplice “funzione di
documentazione”. Al contrario, le delibere giuntali hanno dovuto
basarsi sopra un insieme di valutazioni non soltanto tecniche bensì
politiche, sia pure nel senso più largo del termine: il che dimostra
come alla Giunta sia stato in sostanza attribuito il compito di
identificare il territorio del nuovo Comune, prima ancora di
delimitarlo nei dettagli.
4. – In definitiva, tutta la serie degli atti che hanno preceduto
e determinato l’effettiva istituzione del Comune di Cellole appare
inficiata dalla mancanza di un punto di riferimento unitario e
sufficientemente definito: in difetto del quale, deve ritenersi che il
legislatore campano abbia congiuntamente violato sia la norma
costituzionale che esige la consultazione delle popolazioni interessate
sia la corrispondente riserva di legge regionale. Da ciò consegue
l’illegittimità dell’intera legge n. 7 del 1973, e non soltanto
dell’art. 2, relativo alla concretizzazione ed all’esecuzione della
legge stessa. Enti territoriali quali sono i Comuni non si prestano a
venire istituiti mediante la manifestazione di un’astratta o comunque
indefinita volontà politica, senza che la loro estensione sia nemmeno
essenzialmente prefissata, ad opera dell’atto istitutivo, ed anzi nel
momento stesso in cui si provvede a sentirne le popolazioni; né si
verifica a caso, sotto questo aspetto, che l’art. 133 cpv. Cost.
riservi alla legge regionale tanto l’istituzione di nuovi Comuni quanto
la modifica delle circoscrizioni comunali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge 21 febbraio
1973, n. 7, della Regione Campania.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1981.
F.to: LEOPOLDO ELIA – EDOARDO
VOLTERRA – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere