Sentenza N. 205 del 2001
Corte Costituzionale
Data generale
22/06/2001
Data deposito/pubblicazione
22/06/2001
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/06/2001
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA,
Gustavo ZAGREBELSKY,Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI,
Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK;
della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e
direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di
commercio), promossi con ordinanze emesse il 13 gennaio 2000 dal
Tribunale amministrativo regionale della Puglia, il 28 gennaio 2000
dal Consiglio di Stato e il 20 gennaio 2000 (due ordinanze) dal
Tribunale amministrativo regionale della Puglia, rispettivamente
iscritte al n. 122, n. 185, n. 259 e n. 339 del registro ordinanze
2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13,
n. 18, n. 22 e n. 26, 1ª serie speciale, dell’anno 2000.
Visti gli atti di costituzione della CO.DIR. s.r.l., della
GEN.IM. s.r.l., della Italia Generali Costruzioni s.r.l., nonché gli
atti di intervento della Regione Puglia;
Udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2001 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
Uditi gli avvocati Luigi Volpe per la CO.DIR. s.r.l., Gennaro
Notarnicola per la GEN.IM. s.r.l. e Felice Lo Russo per la Italia
Generali Costruzioni s.r.l.
altrettanti giudizi introdotti con ricorsi di tre società che
avevano presentato richiesta di autorizzazione alla apertura di
grandi strutture di vendita in data anteriore al 16 gennaio 1998,
sulla base della normativa allora vigente, il Tribunale
amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, solleva, in
riferimento agli articoli 3, 10 (recte: 11), 41, 97 e 117 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo
1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24
(Principi e direttive per l’esercizio delle competenze regionali in
materia di commercio), il quale dispone che la Regione non dia
seguito all’esame delle domande di autorizzazione all’apertura di
grandi strutture di vendita presentate secondo la vecchia legge
regionale 2 maggio 1995, n. 32 e corredate a norma alla data del
16 gennaio 1998.
Ad avviso del Tribunale amministrativo regionale remittente,
sarebbe evidente il contrasto tra tale disposizione e l’articolo 117
della Costituzione, in riferimento all’articolo 25, comma 5, del
decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 (Riforma della disciplina
relativa al commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge
15 marzo 1999, n. 59), il quale stabilisce che “Le domande di
rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della
legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla Giunta regionale
per il prescritto nulla-osta alla data del 16 gennaio 1998 e
corredate a norma, secondo attestazione del responsabile del
procedimento, sono esaminate e decise con provvedimento espresso
entro centottanta giorni dalla suddetta data”.
La disposizione regionale, secondo il remittente, violerebbe
anche l’articolo 41 della Costituzione, perché disconoscerebbe il
diritto di libertà economica in assenza delle esigenze di utilità
sociale che sole potrebbero giustificare il diniego generalizzato del
rilascio delle autorizzazioni commerciali, e l’articolo 97 della
Costituzione, perché il principio di buon andamento della pubblica
amministrazione postulerebbe la continuità e la effettività
dell’esercizio dei pubblici poteri e non anche l’arbitrario non
esercizio dei poteri stessi.
Ed ancora, ad avviso del giudice a quo la disposizione censurata
violerebbe l’articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della
disparità di trattamento tra gli imprenditori che volessero operare
nel settore in Puglia e quelli che intendessero svolgere la medesima
attività in Regioni nelle quali non esiste il blocco, nonché tra
gli operatori economici che già hanno ottenuto il nulla-osta e gli
altri ai quali l’autorizzazione è preclusa.
Infine, secondo il remittente, la disposizione in questione
sarebbe in contrasto col principio comunitario di libera prestazione
dei servizi e violerebbe perciò l’articolo 10 (recte: 11) della
Costituzione.
2. – Si sono costituite in giudizio le società ricorrenti nei
processi principali.
2.1. – La società CO.DIR. s.r.l. sostiene l’illegittimità
costituzionale della norma censurata rilevando che la stessa,
retroattivamente incidendo su rapporti giuridici già regolati dalla
normativa statale, sacrificherebbe irragionevolmente le posizioni di
chi aveva fatto domanda di autorizzazione commerciale trasmessa alla
Giunta regionale entro il 16 gennaio 1998.
Ad avviso della parte privata, la disposizione regionale
impugnata violerebbe anche l’articolo 41 della Costituzione, perché
stabilirebbe la definitiva improcedibilità di una serie di domande
già presentate, impedendo nella sostanza l’iniziativa economica
privata. Convincenti indicazioni a supporto della violazione degli
articoli 117 e 41 della Costituzione da parte della norma impugnata
potrebbero evincersi, secondo la parte privata, da recenti pronunce
dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato relative alla
legislazione regionale attuativa del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114,
nelle quali si è sottolineata l’esigenza che la legislazione
regionale sia coerente con gli obiettivi di liberalizzazione e di
apertura alla concorrenza e al mercato perseguiti dalla riforma e si
è censurato il “blocco” delle autorizzazioni previsto dalla Regione
Lombardia con un progetto di legge in materia.
Con argomentazioni analoghe a quelle sviluppate nelle ordinanze
di rimessione, la parte privata prospetta infine la violazione, da
parte dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia
4 agosto 1999, n. 24, degli articoli 10 (recte: 11), 3, 97 e 117
della Costituzione.
2.2. – Nella propria memoria, la società GEN.IM. s.r.l. deduce
l’illegittimità della norma censurata innanzitutto per il contrasto
con l’articolo 117 della Costituzione, in riferimento all’articolo 25
del decreto legislativo n. 114 del 1998: evidente sarebbe l’intento
perseguito di vanificare la disposizione statale a completamento di
un disegno volto a porre nel nulla tutte le iniziative in materia di
grande distribuzione.
Oltre che l’articolo 117 della Costituzione, la disposizione
regionale, secondo la parte privata, violerebbe anche l’articolo 3,
per l’ingiustificata disparità di trattamento che si determinerebbe
in danno degli operatori le cui domande sono state trasmesse alla
Regione Puglia entro il 16 gennaio 1998; l’articolo 41 della
Costituzione, per l’ostacolo posto alla libertà di iniziativa
economica privata senza che sussistano fini di utilità sociale che
lo giustifichino; l’articolo 10 (recte: 11) della Costituzione, in
relazione al principio comunitario di libera prestazione dei servizi;
il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica
amministrazione, di cui all’articolo 97 della Costituzione.
2.3. – La società Italia Generali Costruzioni s.r.l., oltre a
prospettare censure analoghe a quelle proposte dal Tribunale
amministrativo regionale remittente, lamenta anche l’ingiustificata
violazione dei principi della legge statale quali “quello del
carattere di doverosità della valutazione da parte della Regione,
entro termini predefiniti, della domanda di rilascio della licenza di
commercio e quello della ricorribilità dei provvedimenti di
diniego”.
3. – Nel giudizio instaurato con la prima ordinanza di rimessione
si è costituita, fuori termine, la Regione Puglia, chiedendo il
rigetto della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale
amministrativo regionale.
4. – Il Consiglio di Stato, con ordinanza emessa il 28 gennaio
2000, solleva questione di legittimità costituzionale dell’articolo
1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24.
Ad avviso del remittente, tale disposizione violerebbe gli
articoli 117 e 3 della Costituzione, perché irragionevolmente
inciderebbe, con efficacia retroattiva, su rapporti giuridici già
regolati dalla legge statale, e l’articolo 41 della Costituzione, per
la sostanziale soppressione dell’iniziativa economica privata cui
darebbe luogo la definitiva improcedibilità delle domande di
nulla-osta in essa prevista.
5. – Si è costituita in questo giudizio la società CO.DIR.
s.r.l., appellante nel giudizio principale, rinnovando, sulla base
degli argomenti già sostenuti nell’atto di costituzione nel
precedente giudizio, la richiesta di accoglimento della questione.
6. – Nel medesimo giudizio si è costituita, ma fuori termine, la
Regione Puglia.
7. – In prossimità dell’udienza hanno presentato memorie la
Regione Puglia, la società GEN.IM. s.r.l. e la società Italia
Generali Costruzioni s.r.l.
7.1. – La società GEN.IM. s.r.l., oltre a ribadire
argomentazioni già svolte nella memoria di costituzione, sostiene,
sulla base di una approfondita ricognizione della legislazione
statale in materia di commercio e della sua evoluzione, che ancora
oggi la materia non è di competenza regionale e che le Regioni hanno
solo potestà legislativa attuativa nei limiti voluti dalla
legislazione statale; la norma regionale impugnata violerebbe dunque
palesemente l’articolo 117, secondo comma, della Costituzione
perché, lungi dal dare attuazione alla norma statale, vi si
opporrebbe frontalmente.
Ad avviso della parte, le conclusioni non cambierebbero anche nel
caso in cui si volesse considerare la materia del commercio alla
stregua di quelle di competenza regionale elencate dall’articolo 117,
primo comma, della Costituzione, in quanto la norma statale, pur
qualificandosi transitoria, non potrebbe considerarsi una norma di
dettaglio, ma integrerebbe un principio fondamentale della materia,
finalizzato a garantire la definizione delle situazioni giuridiche
sorte sotto il regime previgente secondo tempi tali da evitare
sovrapposizioni tra vecchia e nuova disciplina.
7.2. – Nella propria memoria, la Italia Generali Costruzioni
s.r.l. rileva che la violazione dell’articolo 117 della Costituzione
discenderebbe dal fatto che le funzioni in materia di commercio non
rientrerebbero nelle attribuzioni proprie delle Regioni, ma sarebbero
ad esse delegate dallo Stato. Sarebbe quindi impossibile per la
Regione determinarsi in modo del tutto antitetico alla normativa
statale, ancorché espressamente qualificata come transitoria.
In ogni caso, anche la Italia Generali Costruzioni afferma che
pur se si volesse ritenere che la materia del commercio sia di
competenza regionale, non per questo la disposizione censurata
potrebbe sottrarsi al denunciato contrasto con l’articolo 117 della
Costituzione, essendo del tutto evidente la violazione del principio
fondamentale di unitarietà dell’ordinamento e di coordinamento degli
interessi particolari delle Regioni con il preminente interesse
generale del Paese; ciò tanto più nel caso di una norma che incide
retroattivamente su rapporti giuridici preesistenti, in precedenza
regolati in tutt’altro modo dalla legge statale.
La parte privata ribadisce quindi le argomentazioni svolte
nell’atto di costituzione, ricordando, per quel che riguarda la
prospettata violazione dell’articolo 11 della Costituzione, che,
secondo la Corte di giustizia della comunità europea, ogni normativa
commerciale che ostacoli gli scambi intracomunitari andrebbe
interdetta ove non rispetti i principi di necessità e
proporzionalità e che deroghe alla libera prestazione di servizi
potrebbero ammettersi solo eccezionalmente e in vista dell’interesse
generale, allorché rappresentino l’unica via percorribile.
ordinanze, e il Consiglio di Stato, con un’altra ordinanza, dubitano,
in riferimento a parametri solo in parte coincidenti, della
legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge
della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per
l’esercizio delle competenze regionali in materia di commercio), il
quale dispone che la Regione non dia seguito all’esame delle domande
di autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita
presentate nel vigore della precedente legge regionale 2 maggio 1995,
n. 32, e corredate a norma alla data del 16 gennaio 1998.
Secondo tutti i giudici a quibus la disposizione censurata
contrasterebbe, in primo luogo, con l’articolo 117 della
Costituzione, in riferimento all’articolo 25, comma 5, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa
al commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo
1999, n. 59), il quale espressamente prescrive l’esame e la decisione
da parte della Regione delle istanze di autorizzazione trasmesse alla
Giunta regionale alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma.
La medesima disposizione violerebbe poi l’articolo 41 della
Costituzione, perché disconoscerebbe, senza apparenti ragioni di
utilità sociale, il diritto di iniziativa economica privata, e
l’articolo 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della
ingiustificata disparità di trattamento tra imprenditori e della
irragionevole retroattività della disciplina di rapporti giuridici
già regolati dalla normativa statale.
Il solo Tribunale amministrativo regionale della Puglia prospetta
inoltre la violazione dell’articolo 97 della Costituzione, in quanto
il principio di buon andamento della pubblica amministrazione
postulerebbe la continuità e la effettività dell’esercizio dei
pubblici poteri e non anche l’arbitrario non esercizio degli stessi
(implicito nella prescrizione di non dare seguito alle domande di
autorizzazione presentate nel vigore della precedente disciplina e
corredate a norma entro il 16 gennaio 1998), e dell’articolo 10
(recte: 11) della Costituzione, perché la disposizione censurata si
porrebbe in contrasto con il principio comunitario di libera
prestazione dei servizi.
Poiché tutte le ordinanze hanno ad oggetto la medesima
disposizione, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi
congiuntamente.
2. – Prima di procedere all’esame della questione, è opportuno
ricordare che, in base all’articolo 27 della legge 11 giugno 1971,
n. 426 (Disciplina del commercio), l’autorizzazione all’apertura di
centri commerciali al dettaglio e di punti vendita, che per
dimensioni e collocazione geografica sono destinati a servire vaste
aree di attrazione eccedenti il territorio comunale, era subordinata
al nulla-osta della Giunta regionale. La legge della Regione Puglia
2 maggio 1995, n. 32 (Indicazioni programmatiche per il rilascio di
nulla-osta relativi alle grandi strutture di vendita previsto dagli
articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426), nel
disciplinare il procedimento per il rilascio del nulla-osta
regionale, chiariva che esso era necessario per l’apertura di
esercizi di vendita e di centri commerciali al dettaglio, allorquando
la superficie di vendita fosse superiore a mq. 1.500. L’articolo 1
della legge della Regione Puglia 24 dicembre 1997, n. 24 (Legge
regionale 2 maggio 1995, n. 32. Sospensione temporanea del rilascio
del nulla-osta regionale per l’apertura di grandi strutture di
vendita), disponeva successivamente la sospensione del rilascio dei
nulla-osta regionali fino al 30 settembre 1998.
In relazione alla disposizione da ultimo citata, il Tribunale
amministrativo regionale della Puglia, nel corso dei medesimi
procedimenti giurisdizionali che hanno dato origine al presente
giudizio, sollevava questione di legittimità costituzionale,
prospettando la violazione degli articoli 3, 41, 97 e 117 della
Costituzione. Questa Corte, rilevato che alla previsione di
sospensione del rilascio dei nulla-osta era sopravvenuto il decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114, il quale, all’articolo 25,
stabilisce che le domande di rilascio delle autorizzazioni previste
dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già
trasmesse alla Giunta regionale per il prescritto nulla-osta alla
data del 16 gennaio 1998, e corredate a norma secondo attestazione
del responsabile del procedimento, sono esaminate e decise con
provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta data,
aveva ordinato la restituzione degli atti per nuovo esame della
rilevanza.
Dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 114 del 1998,
la Regione Puglia approvava la legge 20 gennaio 1999, n. 4 (Proroga
dei termini di cui alla legge regionale 24 dicembre 1997, n. 24
“Legge regionale 2 maggio 1995, n. 32. Sospensione temporanea del
rilascio del nulla-osta regionale per l’apertura di grandi strutture
di vendita”), con la quale, pur prorogando i termini di sospensione
previsti dalla precedente legge regionale, aveva tuttavia fatto salvo
quanto previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’articolo
25 del decreto legislativo appena citato.
A tale disposizione ha fatto infine seguito la legge regionale
4 agosto 1999, n. 24 (Principi e direttive per l’esercizio delle
competenze regionali in materia di commercio), la quale, oltre a
dettare norme per l’adeguamento dell’ordinamento regionale del
commercio al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e ad introdurre una nuova
classificazione delle strutture di vendita in relazione alla
superficie destinata alla vendita e alla classe dei comuni nei quali
esse devono essere ubicate, all’articolo 1, comma 3, dispone che
“all’esame delle domande di autorizzazione ex legge regionale
2 maggio 1995, n. 32, corredate a norma alla data del 16 gennaio
1998, non si dà seguito”.
Ed è proprio su tale disposizione che si appuntano le censure di
illegittimità costituzionale proposte dal Tribunale amministrativo
regionale della Puglia e dal Consiglio di Stato.
3. – La questione è fondata.
Il vincolo per la legge regionale a uniformarsi alle previsioni
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, che reca la riforma
del settore del commercio, e segnatamente all’articolo 25, che
riguarda la disciplina transitoria da osservare fino alla nuova
programmazione, da parte delle Regioni, della rete distributiva sulla
base dei criteri fissati dall’articolo 6 del medesimo decreto
legislativo, consegue al tipo di competenza attribuita alle Regioni
in materia di commercio.
In proposito questa Corte ha avuto più volte occasione di
ricordare come le Regioni a statuto ordinario non dispongano di una
competenza legislativa propria in tema di commercio, non essendo tale
materia compresa nell’elenco formulato dall’articolo 117 della
Costituzione (v. sentenze n. 401 del 1992 e n. 165 del 1989).
Nell’ambito del commercio, alle Regioni spettano soltanto i compiti e
le funzioni che lo Stato ha conferito loro attraverso leggi ordinarie
o atti equiparati, e nella specie attraverso il decreto legislativo
n. 114 del 1998, le cui previsioni, anche quelle riguardanti il
periodo transitorio fino alla realizzazione della riforma, non
possono essere disattese dalla legge regionale.
L’intendimento del legislatore nazionale che le domande volte a
ottenere il nulla-osta regionale per l’apertura di grandi strutture
di vendita, pervenute alla Giunta regionale alla data del 16 gennaio
1998 e corredate a norma, dovessero essere esaminate e decise entro
il termine di centottanta giorni, è apertamente contrastato dalla
censurata disposizione della legge regionale che ne sancisce un
anomalo blocco prescrivendo che tali domande non abbiano più corso.
Deve pertanto dichiararsi la illegittimità costituzionale
dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto
1999, n. 24, per violazione dell’articolo 117 della Costituzione.
Resta assorbita ogni altra censura.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi;
Dichiara la illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma
3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 1999, n. 24 (Principi e
direttive per l’esercizio delle competenze regionali in materia di
commercio).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Mezzanotte
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 22 giugno 2001.
Il direttore della cancelleria: Di Paola