Sentenza N. 206 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
04/07/1974
Data deposito/pubblicazione
04/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/06/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott. LUIGI
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici.
140, 142, 143, dell’intero capo VIII, e delle tabelle allegati n. 4,
voce 38, e n. 8 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico
sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 1 febbraio 1972 dal tribunale di Genova nel
procedimento civile vertente tra Marchetti Agostino e l’Istituto
nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ed altro,
iscritta al n. 169 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972;
2) ordinanza emessa il 18 dicembre 1972 dal tribunale di Terni nel
procedimento civile vertente tra Piersanti Carlo e l’Istituto nazionale
per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, iscritta al n. 26
del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 55 del 28 febbraio 1973;
3) ordinanza emessa il 19 ottobre 1972 dal tribunale di Padova nel
procedimento civile vertente tra Munegato Angelo e l’INAIL, iscritta al
n. 144 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 163 del 27 giugno 1973;
4) ordinanza emessa il 22 novembre 1972 dal tribunale di Torino nel
procedimento civile vertente tra Tago Carlo e l’INAIL, iscritta al n.
202 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 151 del 13 giugno 1973;
5) ordinanza emessa il 22 giugno 1973 dal tribunale di Bolzano nel
procedimento civile vertente tra Bez Francesco e l’INAIL, iscritta al
n. 316 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 249 del 26 settembre 1973.
Visti gli atti di costituzione di Marchetti Agostino, Piersanti
Carlo, Munegato Angelo, Bez Francesco e dell’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché l’atto
d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 15 maggio 1974 il Giudice relatore
Guido Astuti;
uditi l’avv. Salvatore Marino, per Marchetti Agostino, gli avvocati
Paolo Barile e Franco Agostini per Piersanti Carlo, Munegato Angelo e
Bez Francesco, l’avv. Vincenzo Cataldi, per l’INAIL, ed il sostituto
Avvocato generale dello Stato Giorgio Zagari, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Nel corso di un procedimento civile vertente tra Marchetti
Agostino, l’INAIL e la società Metalli- Officine meccaniche navali, il
tribunale di Genova ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3 del testo unico sull’assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) e della tabella allegato
4, voce 38, del medesimo testo unico, in riferimento agli artt. 3, 35,
primo comma, e 38, primo e secondo comma, della Costituzione.
Nell’ordinanza di rinvio si ricorda preliminarmente che secondo la
giurisprudenza dei giudici di merito le norme impugnate vanno
interpretate nel senso che è esclusa l’indennizzabilità di una
sordità da rumori contratta da operaio operante nell’ambiente
morbigeno, ma in lavorazione diversa da una di quelle indicate
tassativamente dalla tabella, come quella dei fabbri forgiatori.
Siffatta disciplina sarebbe in contrasto con l’art. 3 della
Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento tra
lavoratori operanti nello stesso ambiente ed esposti alla stessa causa
patogena, con l’art. 35 perché ingiustificatamente limitativa della
tutela del lavoro, in una fattispecie in cui la sua prestazione in
ambiente patogeno richiederebbe particolare protezione, ed infine con
l’art. 38 per la esclusione dell’assistenza sociale in un caso di
malattia.
Identica questione di legittimità costituzionale è stata
sollevata dal tribunale di Terni nella causa civile vertente tra
Piersanti Carlo e l’INAIL, e dal tribunale di Torino nella causa civile
vertente tra Tago Carlo e l’INAIL.
Altra questione di legittimità costituzionale è stata sollevata
nella causa civile vertente tra Munegato Angelo e l’INAIL dal tribunale
di Padova, secondo il quale il contrasto dell’articolo 3 del d.P.R.
1124 del 1965 e della tabella allegato 4 con gli artt. 3, 35 e 38 della
Costituzione, si manifesterebbe anche in relazione alle ipotesi in cui
la sordità non solo non sia stata contratta a causa e nell’esercizio
di una delle lavorazioni indicate nella tabella, ma altresì in un
ambiente in cui non vi fossero altre persone addette ad attività
comprese nella menzionata tabella, così da non potersi nemmeno
ricorrere al concetto del c.d. rischio ambientale.
Infine, nella causa civile vertente tra Bez Francesco e l’INAIL, il
tribunale di Bolzano, parzialmente accogliendo l’eccezione proposta
dall’attore, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
degli artt. 140, 142 e 143, nonché dell’intero capo VIII e della
tabella allegato 8 del d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui
limitano le prestazioni alle pneumoconiosi specificamente causate da
polveri di biossidio di silicio, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38
della Costituzione.
Nell’ordinanza di rinvio, dopo aver affermato che l’antracosi e la
siderosi presentano piena equivalenza clinica con la silicosi, sicché
appaiono potersi considerare come un’unica malattia, diversamente
denominata secondo il solo criterio dell’elemento chimico che la
origina, si afferma che la limitazione delle prestazioni assistenziali
alla sola silicosi, contenuta nella disciplina impugnata, contrasta con
l’art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di
trattamento tra lavoratori affetti dalla medesima malattia e, in ogni
caso, da malattie che incidono in egual misura, a parità di
invalidità, sulla entità del bisogno ed hanno origine comune dalla
nocività dell’ambiente di lavoro; con l’art. 4 per la limitazione al
principio della libera scelta del lavoro, che resterebbe in concreto
pregiudicato dal diverso trattamento nelle assicurazioni sociali, e con
il generale diritto del lavoratore a ricevere le prestazioni previste
dal capoverso dell’art. 38 della Costituzione.
È intervenuto nel giudizio instauratosi a seguito dell’ordinanza
trasmessa dal tribunale di Genova il Presidente del Consiglio dei
ministri, affermando, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato,
l’infondatezza della dedotta questione di legittimità costituzionale.
In tutti i giudizi di legittimità costituzionale si è costituito
l’INAIL, affermando la infondatezza delle questioni proposte, sotto il
duplice profilo che le malattie professionali protette sono
obiettivamente diverse da quelle non protette, e che, in relazione a
queste ultime, il lavoratore trova egualmente adeguata assistenza
nell’assicurazione malattie presso l’INAM.
Hanno chiesto, viceversa, l’accoglimento delle dedotte questioni di
legittimità costituzionale, svolgendo negli atti di costituzione
argomenti analoghi a quelli posti a fondamento delle ordinanze di
rimessione, Marchetti Agostino, Piersanti Carlo, Munegato Angelo e Bez
Francesco.
1. – Le cinque ordinanze elencate in epigrafe propongono alcune
questioni di legittimità costituzionale concernenti, sotto diversi
profili, il vigente sistema di tutela dei lavoratori contro le malattie
contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni tassativamente
specificate ed elencate dal legislatore nelle tabelle allegate al
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per
l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali), e per le quali sussista l’obbligo
dell’assicurazione ai sensi dell’art. 1. I giudizi possono pertanto
essere riuniti e definiti con unica sentenza.
2. – Con le prime tre ordinanze, dei tribunali di Genova, Terni e
Torino, viene denunziata la illegittimità costituzionale dell’art. 3
del citato testo unico, e della tabella allegato 4, voce n. 38, in
riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 38, primo e secondo comma,
della Costituzione. Secondo l’interpretazione già comunemente accolta
dalla giurisprudenza e seguita dall’INAIL, la disposizione dell’art. 3,
che stabilisce l’obbligatorietà dell’assicurazione per le sole
malattie professionali “contratte nell’esercizio e a causa delle
lavorazioni specificate nella tabella”, e l’elenco tassativo delle
lavorazioni indicate al n. 38 della tabella n. 4 come causa di
“sordità da rumori”, escluderebbero la estensione della tutela
assicurativa alle sordità da rumori dei lavoratori operanti bensì in
ambiente morbigeno, ma addetti a lavorazioni diverse da quelle previste
nella citata tabella, in quanto il legislatore avrebbe inteso coprire
soltanto il rischio professionale dei lavoratori personalmente
applicati a determinate lavorazioni, e non il cosiddetto rischio
ambientale degli altri operai addetti ad attivita collaterali,
ancorché tenuti a prestare la propria opera nel medesimo ambiente di
lavoro. La disposizione dell’art. 3 e la relativa tabella dovrebbero
quindi ritenersi in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, “perché
introducono una ingiustificata disparità di trattamento tra operai
operanti nello stesso ambiente ed esposti alla stessa causa patogena”;
con l’art. 35, primo comma, della Costituzione, “perché limitano
ingiustificatamente la tutela del lavoro, in fattispecie in cui la sua
prestazione in ambiente patogeno richiederebbe particolare protezione”;
con l’art. 38, primo e secondo comma, “perché escludono l’assistenza
sociale in caso di malattia”.
3. – Ritiene questa Corte che la disposizione dell’art. 3 del
vigente testo unico debba essere diversamente intesa ed interpretata,
così come è stato riconosciuto anche dalla Corte di cassazione con
recenti decisioni. L’art. 3 non può considerarsi una norma speciale,
derogante – quanto all’individuazione dei soggetti esposti al rischio
delle malattie professionali – al principio generale del cosiddetto
rischio ambientale, desumibile dall’art. 1, quarto, quinto e sesto
comma, per cui la tutela assicurativa in materia infortunistica è
estesa a tutti i lavoratori esposti al rischio di determinate
lavorazioni – comprese tra le “attività protette” ai sensi dell’art. 1
-, pur senza essere specificamente e direttamente applicati ad esse.
Anche per le malattie professionali il riferimento all’esercizio di
speciali lavorazioni deve essere inteso in senso lato, dovendosi
ritenere addette all’esercizio stesso, in conformità al disposto
dell’art. 1, anche le persone comunque occupate in attività
complementari o sussidiarie, nel quadro globale delle prestazioni
lavorative organizzate dall’impresa nel medesimo ambiente. Può essere
altresì rilevato il carattere specioso dell’obiezione che per il
rischio ambientale la tutela assicurativa risulterebbe accordata senza
obbligo contributivo, ricordando che per l’art. 12 del citato testo
unico il datore di lavoro è tenuto a denunciare le lavorazioni
elencate nella tabella allegato 4 ed a fornire tutti gli elementi
necessari per la valutazione del rischio e la determinazione del
premio, e quindi ad indicare tutti i lavoratori, del resto iscritti nel
libro matricola, i quali, per la concreta attività esplicata
nell’ambiente in cui si svolgono quelle lavorazioni, sono soggetti al
rischio per cui è prevista la tutela assicurativa, e quindi è imposto
l’obbligo contributivo.
La suesposta interpretazione dell’art. 3 del vigente testo unico
risponde tanto alla formulazione letterale della norma quanto alla
ratio cui essa si ispira, nella sua logica connessione con le
enunciative di principio sulle “attività protette”, contenute
nell’art. 1. Di conseguenza, riconosciuta in via generale la tutela
assicurativa anche ai lavoratori direttamente esposti al rischio delle
lavorazioni elencate in tabella, pur senza essere ad esse
specificamente addetti, la questione appare ormai superata e deve
dichiararsi infondata.
4. – La quarta ordinanza, del tribunale di Padova, solleva, in
riferimento agli artt. 3, 35 e 38 della Costituzione, la questione di
costituzionalità dello stesso art. 3 del d.P.R. 30 giugno 1965, n.
1124, in relazione al n. 38 della tabella allegato 4, “nella parte in
cui limita la garanzia assicurativa della sordità da rumori ai soli
casi in cui detta infermità sia contratta a causa e nell’esercizio di
una delle lavorazioni elencate in tabella”.
La quinta ordinanza, del tribunale di Bolzano, solleva, in
riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, la questione di
costituzionalità degli artt. 140, 142 e 143, nonché dell’intero capo
VIII e della tabella allegato 8 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124,
nella parte in cui limitano la garanzia assicurativa alle sole
lavorazioni di materiali “contenenti silice libera o che comunque
espongano alla inalazione di polvere di silice libera”.
Entrambe le ordinanze contestano, nella sostanza, la legittimità
costituzionale del sistema vigente, caratterizzato dalla assicurazione
contro le malattie professionali prevista in esclusiva correlazione con
determinate lavorazioni ritenute morbigene, tassativamente elencate
nelle tabelle, per le quali sussista la tutela obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro, a norma dell’art. 1 del testo unico. Nel primo
caso, si denuncia la mancanza di tutela assicurativa per la sordità da
rumori eventualmente contratta dagli operai addetti alle cave, nelle
quali si svolge un’attività rumorosa, con uso di martelli pneumatici,
perforatrici e frese; nel secondo caso, si denuncia la mancanza di
tutela per la pneumoconiosi causata, anziché dall’inalazione di
polveri di silicio, dall’inalazione di polveri di carbonio o di ferro,
asserendo che l’antracosi e la siderosi presentano piena equivalenza
clinica con la silicosi, tanto da potersi considerare “come un’unica
malattia, diversamente denominata secondo il solo criterio
dell’elemento chimico che la origina”.
Le ordinanze rilevano che il sistema tabellare determina
ingiustificate disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente
analoghe o identiche, alcune delle quali risultano escluse dalla
copertura assicurativa contro le malattie professionali, ancorché
appaiano meritevoli di eguale tutela giuridica; e denunciano il
contrasto, oltre che con il principio sancito dall’art. 3 della
Costituzione, anche con le disposizioni degli artt. 35 e 38, che
garantiscono la tutela del lavoro in tutte le sue forme ed
applicazioni, e riconoscono ai lavoratori il diritto a mezzi adeguati
alle loro esigenze di vita in caso di infortunio e di malattia, nonché
con l’art. 4, per la limitazione al principio della libera scelta del
lavoro, che sarebbe in concreto pregiudicato dal diverso trattamento
nelle assicurazioni sociali.
5. – A giudizio di questa Corte, punto centrale per una corretta
soluzione della grave questione di diritto è l’accertamento della
rispondenza del sistema tabellare, adottato dal legislatore italiano
per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, a
fornire effettiva ed idonea attuazione del diritto garantito ai
lavoratori dal secondo comma dell’articolo 38 della Costituzione.
Al riguardo, occorre preliminarmente osservare che la differenza,
quanto all’oggetto dell’assicurazione, tra il regime positivo
risultante dall’art. 2 del vigente testo unico per gli infortuni
“avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro”, e quello
stabilito dall’art. 3 per le malattie professionali, “le quali siano
contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella
tabella allegato n. 4”, nonché dall’art. 140 e dalla tabella allegato
n. 8 per la silicosi e l’asbestosi, trova un obbiettivo fondamento
nella diversità tra l’infortunio, evento di natura violenta, il cui
accertamento si collega con immediata evidenza alla semplice occasione
di lavoro, e la malattia, che per poter essere qualificata
“professionale”, ossia come effetto di un rischio di lavoro
professionale, richiede l’accertamento di una eziologia tipica, in
rapporto alla natura del nesso di causalità, manifestandosi
l’insorgenza del morbo spesso a distanza di tempo dal fatto causale.
Questa ragione obbiettiva giustifica la diversità dei requisiti
rispettivamente fissati dall’art. 2 e dall’art. 3 per l’individuazione
dell’infortunio sul lavoro e della malattia professionale. Per le
malattie professionali il sistema della tabella o lista, con
specificazione, a carattere tassativo, delle malattie protette mediante
elenchi annessi al provvedimento normativo, sistema adottato anche da
molte altre legislazioni, giova ad eliminare le ovvie difficoltà –
indubbiamente gravi e, a giudizio di alcuni autori, addirittura
insuperabili – che presenterebbe per il legislatore il formulare una
definizione esauriente della malattia professionale, idonea a
consentire, nelle singole fattispecie concrete, il sicuro accertamento
dell’origine professionale dei più diversi stati morbosi, con
esclusione di eventuali cause estranee alle pregresse attività di
lavoro.
Occorre, d’altra parte, considerare che l’adozione del sistema
tabellare, con l’elencazione tassativa delle malattie professionali
tipiche e delle correlative lavorazioni morbigene, comporta per i
lavoratori il fondamentale vantaggio della presunzione legale circa
l’eziologia professionale delle malattie contratte nell’esercizio delle
lavorazioni morbigene; presunzione per cui, ai fini della tutela
assicurativa, è sufficiente l’accertamento dell’esistenza della
malattia e del conseguente stato di inabilità, temporanea o
permanente, senza che occorra fornire l’ardua prova della sua diretta
dipendenza dall’attività professionale.
Si deve pertanto riconoscere che il sistema tabellare costituisce –
in linea di massima – una effettiva garanzia per i lavoratori
interessati alla copertura del rischio delle malattie professionali,
dal momento che l’adozione di un diverso sistema, con il quale fosse
genericamente ammessa la tutela assicurativa per le malattie
professionali senza specificazione delle malattie stesse e delle
lavorazioni considerate patogene, comporterebbe necessariamente un
rigoroso onere di prova, a carico degli interessati ed in
contraddittorio con l’INAIL, circa la sussistenza del nesso di
causalità tra l’attività di lavoro svolta e la manifestazione morbosa
di cui si assumesse l’origine e qualificazione come malattia
professionale. Un tale sistema offrirebbe alla generalità dei
lavoratori, e soprattutto alle categorie impegnate nelle lavorazioni di
maggiore pericolosità sotto il profilo morbigeno, e quindi più degli
altri meritevoli di tutela, garanzie di gran lunga inferiori rispetto
alle attuali, connesse all’automatismo del riconoscimento della causa
di lavoro; mentre difficilmente riuscirebbe ad eliminare ogni
disparità di trattamento nell’attuazione concreta, sia per le
difficoltà di accertamento clinico dell’eziologia ed origine
professionale di molte malattie, sia per le difformità di valutazione,
sotto il profilo medico come sotto quello giuridico, che potrebbero
verificarsi nei singoli casi concreti.
6. – Ritiene la Corte che le suesposte considerazioni consentano di
concludere riconoscendo la legittimità costituzionale del vigente
sistema tabellare, come strumento idoneo ad attuare il disposto
dell’art. 38, secondo comma, della Costituzione, con le maggiori
garanzie per i lavoratori di speditezza di accertamento e quindi anche
di certezza giuridica.
Se sotto questo profilo non può ravvisarsi un contrasto con l’art.
38, (e nemmeno con gli artt. 4 e 35 della Costituzione, le cui
disposizioni non sembrano direttamente riferibili alla tutela contro le
malattie professionali), è peraltro innegabile che il sistema
tabellare può comportare, nell’applicazione pratica, eventuali
disparità di trattamento dipendenti dalla mancata previsione
legislativa di talune malattie o di determinate lavorazioni, con
l’effetto della mancata tutela assicurativa per i lavoratori colpiti da
malattie simili o addirittura sostanzialmente identiche a quelle
elencate nelle tabelle, e comunque incidenti in egual misura, a pari
grado di invalidità, sull’entità del bisogno, per quanto egualmente
riconducibili, sotto il profilo diagnostico o clinico, alla nocività
dell’ambiente di lavoro.
Peraltro esorbita certamente dai poteri di questa Corte la
possibilità di esprimere un giudizio tecnico sulla natura morbigena di
certe lavorazioni, ovvero sulla identificabilità di certe malattie,
non comprese in elenco, come malattie professionali. È ovvio che la
Corte non potrebbe sostituirsi al legislatore in una valutazione
tecnica ma pur sempre discrezionale, per dichiarare una presunzione di
causalità, ai sensi ed effetti dell’art. 3 del vigente testo unico,
per singole malattie, o in rapporto a particolari lavorazioni, non
comprese in elenco. Sotto questo profilo, appare evidente che non può
pervenirsi ad una declaratoria di illegittimità, anche parziale, delle
disposizioni dell’art. 3 e degli artt. 140 e seguenti, e relative
tabelle, per contrasto con il principio sancito dall’art. 3 della
Costituzione, e pertanto la questione deve dichiararsi infondata.
7. – Tuttavia la Corte ritiene di non potersi limitare alla
constatazione che il sistema tabellare è suscettibile di
perfezionamento mediante la modificazione o integrazione delle voci di
tabella, secondo la procedura prevista dallo stesso art. 3 del testo
unico, la quale consente anche ai lavoratori di far sentire le proprie
istanze di migliore tutela assicurativa mediante l’intervento delle
organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente
rappresentative. Per vero, la garanzia costituzionale richiede
l’intervento del legislatore, e non può essere pienamente soddisfatta
solo con sporadici interventi integrativi delle tabelle, i quali, per
giunta, difficilmente potrebbero assicurare la copertura del rischio
proprio nei confronti dei lavoratori colpiti dalle malattie che
venissero successivamente riconosciute come professionali.
Di fronte a tale situazione, che presenta aspetti di incontestabile
gravità, questa Corte reputa doveroso segnalare al Governo e al
Parlamento la opportunità ed urgenza di una soluzione legislativa
mista, comprendente sia le tabelle delle tecnopatie protette con
l’attuale regime positivo, sia anche la possibilità, riconosciuta a
tutti i lavoratori, di provare l’eziologia professionale di una
malattia non compresa nelle tabelle, e di ottenere conseguentemente le
prestazioni di legge. Questa soluzione è stata sollecitata con una
raccomandazione della Commissione della Comunità economica europea del
23 luglio 1962 (Gazzetta Ufficiale CEE, 31 agosto 1962, n. 80), ed è
già stata attuata dalla Repubblica federale tedesca con legge 20
aprile 1963, la quale prevede il diritto del lavoratore alle
prestazioni assicurative anche per le malattie non comprese nella
lista, di cui egli riesca a dimostrare l’origine professionale.
È superfluo aggiungere che l’adozione del sistema misto richiede
necessariamente l’intervento del legislatore: trattasi di innovazione
la cui attuazione comporta un completo regolamento normativo, sia per
quanto concerne la conseguente riforma del sistema contributivo ed
assicurativo, sia anche in ordine alla rigorosa disciplina dell’onere
di prova dell’origine professionale di malattie non comprese nelle
tabelle, indispensabile per evitare ingiustificate ed abusive pretese
di speciali prestazioni assicurative per malattie non imputabili con
sicurezza all’attività lavorativa professionale come causa morbigena,
e soggette invece alla normale assicurazione malattie (cfr. art. 5
legge 11 gennaio 1943, n. 138).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 3 e della tabella allegato 4,
voce n. 38, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle
disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali), sollevata con le ordinanze dei
tribunali di Genova, Terni e Torino indicate in epigrafe, in
riferimento agli artt.3, 35, primo comma, e 38, primo e secondo comma,
della Costituzione;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 3, in relazione alla tabella allegato 4, voce n. 38, e degli
artt. 140, 142, 143, in relazione alla tabella allegato 8, nonché
dell’intero capo VIII dello stesso d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124,
sollevate con le ordinanze dei tribunali di Padova e Bolzano indicate
in epigrafe, in riferimento agli articoli 3, 4 e 38 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VEZIO CRISAFULLI – NICOLA REALE –
PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI –
GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere