Sentenza N. 207 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
04/07/1974
Data deposito/pubblicazione
04/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/06/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott. LUIGI
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 19 gennaio 1972 dal pretore di Egna nel
procedimento penale a carico di Dibiasi Walter, iscritta al n. 125 del
registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 134 del 24 maggio 1972;
2) ordinanza emessa il 19 maggio 1972 dal pretore di Orvieto nel
procedimento penale a carico di Barberani Vittorio, iscritta al n. 251
del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 240 del 13 settembre 1972.
Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1974 il Giudice
relatore Giuseppe Verzì.
Con ordinanza 19 gennaio 1972, emessa nel corso del procedimento
penale a carico di Dibiasi Walter, imputato della contravvenzione di
cui all’art. 10 del d.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 (Norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni), il pretore
di Egna ha sollevato la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 162 del codice penale (Oblazione nelle contravvenzioni), in
riferimento all’art. 3 della Costituzione.
La stessa questione, sostanzialmente, è stata proposta altresì
dal pretore di Orvieto, con ordinanza 19 maggio 1972, emessa nel corso
del procedimento penale a carico di Barberani Vittorio, imputato della
contravvenzione di cui all’art. 6, sesto comma, del d.P.R. 12 febbraio
1965, n. 162.
Nei procedimenti conseguiti avanti questa Corte non vi è stata
costituzione di parti, né intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri.
Secondo le ordinanze di rimessione, l’istituto dell’oblazione, che
“si fonda sulla sussistenza di un requisito esclusivamente soggettivo”,
e cioè sulle condizioni economiche del contravventore, violerebbe il
principio di uguaglianza, in quanto il cittadino che non ha i mezzi
sarebbe costretto a subire il procedimento penale, con relativa
condanna e con tutte le conseguenze di essa comprese eventualmente la
conversione della pena pecuniaria in detentiva e l’applicazione delle
pene accessorie.
La questione non è fondata.
Trattando della conversione delle pene pecuniarie in pene detentive
questa Corte ha avuto occasione di esaminare se sussiste violazione
dell’art. 3 della Costituzione sotto il profilo del differenziato
trattamento fra condannato abbiente e condannato non abbiente, che, per
mancanza di mezzi, è costretto a subire l’esecuzione coattiva della
pena convertita in detenzione. E, con la sentenza n. 29 del 1962 ha
escluso la sussistenza della denunziata illegittimità adducendo che
sono giustificate “quelle particolarità di trattamento che
inevitabilmente derivano dalla natura stessa di un istituto giuridico;
il che appunto si verifica per la pena la cui funzione è tale che deve
poter trovare attuazione a carico di chiunque abbia commesso violazione
di una norma penale”.
Le stesse ragioni sono da richiamare per l’istituto dell’oblazione,
che non si fonda – come ritiene il giudice a quo – sulla sussistenza
del requisito soggettivo della solvibilità, ma trova fondamento invece
nell’interesse dello Stato di definire con economia di tempo e di spese
i procedimenti relativi ai reati di minore importanza, e nell’interesse
del contravventore di evitare il procedimento penale e la condanna con
tutte le conseguenze di essa.
Dal momento che, a seguito del commesso reato, il contravventore
deve in ogni caso sopportare la pena pecuniaria, il legislatore concede
la facoltà di avvalersi di un istituto che gli consente un minore
sacrificio economico. In siffatta situazione perde qualsiasi rilevanza
l’abbienza o non abbienza di chi, avendo violato la legge penale, deve
subirne inderogabilmente le conseguenze.
Non è l’oblazione che crea le denunciata differenza, la quale
invece rimane al di fuori dell’istituto e non sarebbe eliminata dalla
dichiarazione di illegittimità di esso, perché, in tal caso, tutti –
ricchi e poveri – sarebbero soggetti al procedimento penale ordinano e
l’insolvente subirebbe la conversione della pena pecuniaria in
detentiva, conversione costituzionalmente legittima per le ragioni
esposte nella sopraindicata sentenza n. 29 del 1962 di questa Corte.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 162 del codice penale, sollevata in riferimento all’art. 3
della Costituzione con le ordinanze del 19 gennaio e del 19 maggio 1972
dei pretori di Egna e di Orvieto.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ- GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VEZIO CRISAFULLI – NICOLA REALE –
PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI –
GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere