Sentenza N. 208 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1971
Data deposito/pubblicazione
28/12/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1971
COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
1970, n. 996, contenente norme sul soccorso e l’assistenza alle
popolazioni colpite da calamità e sulla protezione civile, promosso
con ricorso del Presidente della Regione del Trentino- Alto Adige,
notificato il 15 gennaio 1971, depositato in cancelleria il 22
successivo ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 1971.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 novembre 1971 il Giudice
relatore Vezio Crisafulli;
udito l’avv. Giuseppe Guarino, per la Regione, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – Con ricorso notificato il 15 gennaio 1971 e depositato il
successivo 22 gennaio, il Presidente della Giunta regionale del
Trentino-Alto Adige ha impugnato per violazione degli artt. 4, n. 8, 5,
n. 2, 11, n. 14, e 13 dello Statuto di quella Regione la legge 8
dicembre 1970, n. 996, contenente norme sul soccorso e l’assistenza
alle popolazioni colpite da calamità e sulla protezione civile.
Sotto un primo profilo, intendendo cioè la operatività della
legge statale limitata alle calamità da considerarsi per il loro
ambito o per la loro gravità di carattere nazionale, la normativa di
cui all’art. 5 sarebbe illegittima perché prevede il riconoscimento
del carattere della calamità o della catastrofe con decreto del
Presidente del Consiglio, previa proposta del Ministro dell’interno, ma
senza alcuna consultazione della Regione e perché dispone, inoltre –
sempre senza alcuna intesa con la Regione – la nomina di un
Commissario, che assuma sul posto la direzione dei servizi ed attui le
direttive generali ed il coordinamento degli interventi, avvalendosi
comunque della collaborazione degli organi regionali e degli enti
locali interessati. Ne conseguirebbe, infatti, un contrasto con le
indicate norme statutarie, che attribuiscono alla Regione una
competenza legislativa primaria in materia di servizi antincendi e
ripartita in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e di
beneficenza, e alle provincie di Trento e Bolzano una competenza
legislativa primaria in materia di opere di pronto soccorso per
calamità pubbliche, nonché alla prima come alle seconde le
corrispondenti potestà amministrative negli stessi settori.
Nell’esercizio della predetta competenza primaria la Regione avrebbe,
per di più, legiferato, istituendo corpi di vigili del fuoco
permanenti e volontari alla esclusiva dipendenza della Giunta regionale
per il tramite dell’Assessorato competente (legge regionale 20 agosto
1954, n. 24 e successive modificazioni).
Nell’ipotesi, poi, in cui la legge impugnata sia da interpretare
come riferentesi anche alle calamità e catastrofi di carattere
regionale o locale, ne deriverebbe una ancora più grave invasione
delle prerogative statutarie per l’assenza di qualsiasi competenza
statale in argomento; o quanto meno per il fatto che l’intervento
statale è ivi disciplinato, senza prevedere una iniziativa in forma
esclusiva o se non altro un concerto od una intesa con la Regione
interessata. Ed in questo caso un’ulteriore questione di legittimità
costituzionale potrebbe sorgere, consentendo la stessa legge la
presenza attiva nell’ambito regionale del corpo nazionale dei vigili
del fuoco, le cui finalità, precisate dalla legge statale 13 maggio
1961, n. 469, coinciderebbero con quelle considerate dalla anzidetta
legislazione della Regione.
Le conclusioni della parte ricorrente sono, quindi, intese ad
ottenere una declaratoria di illegittimità della legge, nei limiti e
per i motivi innanzi esposti.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocato generale dello Stato,
con deduzioni depositate il 3 febbraio 1971, nelle quali, precisato che
la legge n. 996 del 1970 concerne unicamente le calamità nazionali che
per il loro rilievo trascendono la sfera regionale e provinciale e
delineati i diversi significati delle espressioni “protezione civile”,
“servizi antincendi” ed “opere di pronto soccorso in caso di pubbliche
calamità”, sostiene l’infondatezza della questione, argomentando anche
dalla sentenza 9 maggio 1968 n. 50 della Corte costituzionale.
Stabilire un concorso eventuale nell’accertamento – anziché la
esclusiva dichiarazione – di calamità naturale ad opera della Regione
non implicherebbe la vanificazione delle competenze di questa, mentre
la partecipazione degli organi regionali all’azione di coordinamento ed
all’attuazione delle direttive generali per i servizi di pronto
soccorso risulterebbe sufficientemente assicurata anche attraverso il
Comitato regionale per la protezione civile. La collaborazione degli
organi locali con il Commissario nominato dal Presidente del Consiglio
dei ministri non importerebbe, infine, l’instaurazione di un rapporto
gerarchico tra lo Stato, la Regione e gli altri Enti locali, ma
soltanto di un rapporto di dipendenza funzionale, reso del resto
necessario dagli eventi.
Le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato si sostanziano perciò
in una richiesta di reiezione del ricorso.
3. – Nella pubblica udienza le parti hanno insistito nelle
rispettive conclusioni.
1. – Per ben delimitare le questioni di legittimità costituzionale
proposte dalla Regione del Trentino-Alto Adige nei confronti della
legge 8 dicembre 1970, n. 996, sulla protezione civile, è necessario
stabilire preliminarmente quale sia la esatta portata della legge
medesima per quanto concerne la sua applicabilità alla Regione
ricorrente.
Ora, è certo, ed è altresì pacificamente ammesso tra le parti,
che tale applicabilità è subordinata all’ipotesi di calamità
naturali o catastrofi che “per la loro natura o estensione debbano
essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari”. Così
testualmente si esprime l’art. 1 della legge; mentre per il successivo
art. 2, ultimo comma, sono fatte salve le competenze legislative ed
amministrative delle Regioni a statuto speciale in materia di servizi
antincendi e di opere di pronto soccorso per calamità pubbliche, ove
previste dagli statuti speciali: come, appunto, è il caso dello
statuto della Regione del Trentino-Alto Adige, che attribuisce i
servizi antincendi alla Regione e le opere di pronto soccorso alle
Provincie di Bolzano e di Trento, alle quali ultime perciò –
superandone il tenore letterale – detta norma deve senza dubbio
ritenersi estensibile per identità di ragioni. Il principio, infine,
è ulteriormente richiamato e ribadito dall’art. 5, che, nel
disciplinare la dichiarazione di catastrofe o calamità naturale, reca
l’inciso “salvo i casi di evento non particolarmente grave, cui
provvedono gli organi locali elettivi e gli organi ordinari della
protezione civile”.
Ciò premesso, le questioni di legittimità costituzionale, sulle
quali questa Corte è chiamata a pronunciarsi, sono, anzitutto, quelle
relative all’art. 5 della legge n. 996 del 1970, nelle parti in cui –
ricorrendo l’ipotesi di calamità naturali che trascendano la sfera
regionale, nel senso di cui alle testé riferite disposizioni della
legge predetta – prescrive che la relativa dichiarazione sia fatta con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del
Ministro per l’interno (primo comma) e che con il medesimo decreto sia
nominato un Commissario straordinario, che assuma sul posto la
direzione dei servizi di soccorso, avvalendosi della collaborazione
degli organi regionali e degli enti locali interessati (commi terzo e
quarto).
Tali disposizioni sono censurate dalla Regione ricorrente perché
non prevedono alcuna consultazione con la Regione, per la dichiarazione
di calamità naturale o catastrofe e per la nomina del Commissario, né
prevedono che alla elaborazione delle direttive da osservarsi
concorrano gli organi regionali, posti, per contro, come si sostiene,
“alle dirette dipendenze del Commissario”. Ne sarebbe violata, stando
all’assunto del ricorso, l’autonomia costituzionalmente riconosciuta
alla Regione e alle Provincie di Trento e Bolzano: la prima, avendo
potestà legislativa ed amministrativa in materia di servizi antincendi
(artt. 4, n. 8, e 13 dello Statuto) nonché di istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza (artt. 5, n. 2, e 13), e le seconde, a norma
degli artt. 11, n. 14, e 13, potestà legislativa ed amministrativa in
materia di “opere di pronto soccorso per calamità pubbliche”.
Un’ulteriore questione ha per oggetto le disposizioni dell’art. 6
concernenti l’impiego del corpo nazionale dei vigili del fuoco per gli
interventi tecnici urgenti e l’assistenza di primo soccorso alle
popolazioni. Secondo la difesa della Regione, “se e quando la legge n.
996 venga interpretata nel senso che il corpo nazionale anzidetto debba
essere presente ed operante nel Trentino-Alto Adige”, si avrebbe
violazione della competenza della Regione in materia di servizi
antincendi, prevista dai rammentati artt. 4, n. 8, e 13 dello Statuto,
e concretamente esplicata con la legge regionale 20 agosto 1954, n. 24,
e successive modificazioni. In questo ordine di idee, sono altresì
censurati, genericamente, gli artt. 8 e seguenti della legge statale,
contenenti disposizioni organizzative del corpo nazionale vigili del
fuoco.
2. – Le questioni non sono fondate.
È evidente, in primo luogo, che il riferimento del ricorso
all’art. 5, n. 2, dello Statuto è fuori proposito: la legge impugnata
non incide affatto sulle attribuzioni spettanti alla Regione in ordine
alle “istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”, le quali sono
e rimangono comunque sottoposte – ove esista – alla disciplina
legislativa regionale, ed in mancanza alla preesistente legislazione
statale, come pure all’esercizio dei poteri dall’una o dall’altra,
secondo i casi, legittimamente demandati nei loro confronti
all’amministrazione regionale, e potranno e dovranno, nei limiti dei
rispettivi scopi istituzionali, concorrere anch’esse all’assistenza
alle popolazioni colpite da calamità naturali secondo i piani e
programmi predisposti (come prevede, infatti, l’art. 7, sul quale si
tornerà in prosieguo).
Ma è altresì da escludere (e già discende, sostanzialmente, da
quanto si è premesso al punto 1 in ordine alla sfera di applicazione
della legge n. 996 del 1970) che sussista lesione delle competenze
della Regione e delle Provincie nelle materie, rispettivamente, dei
servizi antincendi e delle opere di pronto soccorso per calamità
pubbliche: sempre che e fino a quando si tratti di eventi che, per la
loro localizzazione e minor gravità, si esauriscano nel territorio
regionale.
Come questa Corte ha avuto occasione di affermare, pronunciandosi
con la sentenza n. 50 del 1968 sopra un conflitto di attribuzione che
involgeva questioni in parte analoghe, dette competenze hanno, infatti,
carattere settoriale ed oggetti limitati, esplicandosi su piani
distinti e diversi da quello della protezione civile, intesa come
predisposizione ed attuazione di un complesso globale di interventi e
provvidenze di soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali
o catastrofi.
I servizi antincendi, in particolare, sono essenzialmente e
primariamente rivolti – come risulta dalla stessa loro denominazione –
alla prevenzione ed estinzione, appunto, degli incendi, anche se per
costante tradizione, si estendono altresì all’apporto “di soccorsi
tecnici in genere” in occasione di eventi calamitosi di altra natura, e
sempre comunque limitatamente “ai compiti di carattere strettamente
urgente”, per far posto in un secondo momento agli “organi tecnici
competenti” (cosi come testualmente e correttamente dispone l’articolo
27, ultimo comma, della legge reg. 20 agosto 1954, n. 24, in precedenza
ricordata, nel testo modificato dalle successive leggi reg. 12 luglio
1961, n. 4, e 22 gennaio 1962, n. 7, invocato nel presente giudizio
dalla difesa della Regione).
È certo poi che la legge n. 996 non incide affatto sulla
organizzazione dei vigili del fuoco dettata dalla competente
legislazione regionale, il rispetto della quale è, oltre tutto, anche
formalmente consacrato nel già citato ultimo comma dell’art. 2; ed è
altrettanto certo che le previsioni dell’art. 6, concernenti l’impiego
del corpo nazionale vigili del fuoco, presuppongono, come d’altronde
l’intera legge secondo si è detto all’inizio, il verificarsi di grandi
calamità nazionali, cui deve sopperire l’intervento dello Stato e non
implicano perciò – fuori di questa ipotesi – alcuna illegittima
sovrapposizione di organismi statali ai corpi provinciali esistenti ed
operanti nella Regione alla stregua degli ordinamenti da questa
stabiliti e alle dipendenze degli organi regionali e provinciali a ciò
destinati.
Quanto, infine, alle opere di pronto soccorso per pubbliche
calamità, non può non essere qui ribadito quel che la Corte ebbe a
ritenere nella menzionata sentenza n. 50 del 1968, vale a dire che la
parola “opere” va assunta nel significato tecnico, tradizionalmente
proprio della espressione “opere pubbliche” (si tratta, invero, di una
sottospecie di opere pubbliche caratterizzate da particolari
presupposti e particolari finalità) e che tale significato “non può
essere dilatato fino a comprendere tutte le attività occorrenti per
far fronte alla calamità”.
Le due materie, dunque, dei servizi antincendi e delle opere di
pronto soccorso per calamità naturali non sono suscettibili di
identificarsi con quella che è ora disciplinata dalla legge n. 996 del
1970, pur potendo, sotto certi aspetti, con quest’ultima interferire.
3. – Ma, anche se così non fosse, resterebbe pur sempre la
diversità quantitativa (che, al limite, diventa qualitativa) tra le
grandi calamità, che formano oggetto della legge de qua, e le
calamità aventi dimensioni locali.
Come la stessa difesa della Regione finisce per riconoscere, in
presenza di calamità che abbiano malauguratamente ad assumere più
vaste proporzioni, direttamente o indirettamente coinvolgendo la
collettività nazionale, l’esigenza di assicurare – nel corso della
fase operativa, successivamente, cioè, al verificarsi dell’evento –
effettiva unità di indirizzo e di azione non può non prevalere –
legittimamente – su ogni altra considerazione, pur se rispettabile. In
presenza di catastrofi che commuovono la pubblica opinione, anche
internazionale, reclamando la massima concentrazione di energie umane e
di mezzi materiali, ivi compresi quelli di cui soltanto lo Stato è in
grado di disporre, non vi è più luogo a sottili dosaggi di poteri ed
a complicazioni di procedure, che potrebbero ritardare, se non
addirittura compromettere, la tempestività e l’efficacia del soccorso,
cui tutti devono animosamente cooperare, nell’adempimento di quei
“doveri inderogabili di solidarietà… sociale” che l’art. 2 della
Costituzione ha solennemente posto a base dell’ordinamento vigente e
che non concernono i soli individui, ma incombono del pari sui gruppi
organizzati e gli enti di qualsiasi specie.
Non sono perciò meritevoli di censura le disposizioni dell’art. 5,
che, mentre includono le Regioni tra i soggetti abilitati a richiedere
la dichiarazione di pubblica calamità e prevedono che la nomina del
Commissario possa cadere anche su amministratori regionali, non
subordinano però la dichiarazione medesima e la nomina del Commissario
a previa intesa con la Regione ricorrente.
Né può ravvisarsi violazione dell’autonomia regionale nella norma
del quarto comma dello stesso art. 5, a termini della quale il
Commissario, nel dirigere i servizi di soccorso, si avvale della
collaborazione degli organi regionali (e degli enti locali
interessati): giacché i rapporti di dipendenza che, durante l’opera di
soccorso, possono costituirsi tra l’organo statale cui ne spetta la
responsabilità e gli organi regionali chiamati ad intervenire, oltre
ad essere strettamente limitati nel tempo, hanno carattere funzionale e
sono comunque largamente giustificati dalle preminenti esigenze
unitarie poc’anzi accennate.
Deve soggiungersi che, entro i limiti consentiti da tali esigenze,
la stessa legge impugnata ha tenuto conto, specie (ma non soltanto) per
quanto concerne la fase preventiva della organizzazione e
programmazione degli interventi, della nuova realtà regionale. Così,
l’art. 7 stabilisce che in ogni capolupgo di regione sia istituito un
Comitato regionale per la protezione civile, presieduto dal Presidente
della Giunta o da un suo delegato, con il compito – tra l’altro – di
predisporre “programmi intesi a dare… il contributo della Regione e
degli enti locali ai soccorsi alle popolazioni colpite e a fornire, in
particolare, ogni utile apporto per quanto concerne l’assistenza
generica, sanitaria ed ospedaliera e per il rapido ripristino della
viabilità, degli acquedotti e delle altre opere pubbliche d’interesse
regionale”. E più in generale, poi, dal combinato disposto del
medesimo art. 7 e del terzo comma dell’art. 3 ai Comitati regionali per
la protezione civile risultano conferiti compiti rilevanti di studio e
programmazione, “sulla base anche delle indicazioni e delle proposte
formulate dalla Regione”, in ordine alle misure di prevenzione delle
calamità naturali, ai “piani di emergenza per l’attuazione dei
provvedimenti immediati da assumersi al verificarsi dell’evento”, e
alla predisposizione degli interventi governativi da adottare durante e
dopo lo stato di emergenza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate, in riferimento agli artt. 4, n. 8, 5, n. 2,
11, n. 14, e 13 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5
(Statuto Regione Trentino-Alto Adige), le questioni di legittimità
costituzionale sollevate con il ricorso di cui in epigrafe nei
confronti della legge 8 dicembre 1970, n. 996 (Norme sul soccorso e
l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione
civile).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1971.
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.