Sentenza N. 210 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
03/08/1976
Data deposito/pubblicazione
03/08/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/07/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA –
Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
codice penale e degli artt. 298, primo comma, e 399, secondo comma, del
codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 maggio
1974 dal pretore di San Giovanni Valdarno, nel procedimento penale a
carico di Brunetti Pierino ed altri, iscritta al n. 379 del registro
ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 289 del 6 novembre 1974.
Udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1976 il Giudice
relatore Michele Rossano.
Con decreto 15 marzo 1973 il pretore di San Giovanni Valdarno
dichiarò, ai sensi dell’art. 74 c.p.p., non doversi promuovere
l’azione penale per l’esposizione di un manifesto del movimento “Lotta
continua” “poiché nei fatti non si ravvisano estremi di reato, essendo
operante la scriminante prevista dagli artt. 21 Cost. e 51 c.p.”.
Il Procuratore della Repubblica di Arezzo dispose, l’11 giugno
1973, che si procedesse per il reato di cui all’art. 656 del codice
penale.
Con sentenza istruttoria 14 luglio 1973 il pretore di San Giovanni
Valdarno dichiarò – ai sensi degli artt. 378 e 398 c.p.p. – non
doversi procedere contro Brunetti Pierino, Luman Mario, Brogi Enzo e
Cerasi Marco – esponenti del movimento “Lotta continua”, imputati della
contravvenzione prevista dall’art. 656 c.p. – perché il fatto non
sussiste.
Avverso tale sentenza propose appello il Procuratore della
Repubblica presso il tribunale di Arezzo ed il giudice istruttore dello
stesso tribunale, con sentenza 6 novembre 1973, ordinò il rinvio a
giudizio degli imputati davanti al pretore di San Giovanni Valdarno,
competente per materia e per territorio in ordine al reato di cui
all’art. 656 del codice penale.
Il pretore di San Giovanni Valdarno, con ordinanza pronunziata
all’udienza del 30 maggio 1974, ha sollevato di ufficio le questioni di
legittimità degli artt. 298, comma primo, 399, comma secondo, c.p.p.
in riferimento agli artt. 24, 97 e 112 della Costituzione; e dell’art.
656 c.p. in riferimento allo art. 21 della Costituzione.
Nel giudizio davanti a questa Corte le parti non si sono costituite
e non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – La Corte costituzionale è chiamata a decidere tre questioni
sollevate dal pretore di San Giovanni Valdarno nel corso di un
procedimento penale innanzi a lui pendente a seguito di sentenza di
rinvio a giudizio emessa dal giudice istruttore.
La prima questione concerne l’art. 298, primo comma, c.p.p.
(secondo cui il procuratore generale presso la Corte d’appello vigila
perché le istruzioni si compiano speditamente e siano osservate dai
giudici istruttori le forme ed i termini stabiliti dalla legge) per il
dubbio che il giudice istruttore possa essere influenzato dagli
orientamenti del procuratore generale, con violazione del principio di
indipendenza ed imparzialità, ricavabile, secondo l’ordinanza di
rimessione, dagli artt. 97, primo comma, 24, secondo comma, e 112
della Costituzione.
La questione è inammissibile per difetto di rilevanza.
Il pretore non è legittimato a denunciare le norme attinenti ai
rapporti tra procuratore generale e giudice istruttore le quali
potrebbero al massimo, secondo l’ordinanza, menomare l’indipendenza del
giudice istruttore, con conseguenze relative ad una fase processuale
cui il pretore è del tutto estraneo. Il che dimostra l’irrilevanza
della norma impugnata ai fini della definizione del giudizio.
2. – La seconda denuncia attiene all’art. 399, secondo comma,
c.p.p. (e per implicito all’art. 374 c.p.p.), limitatamente al caso in
cui il giudice istruttore, allorché annulla una sentenza istruttoria
di proscioglimento, emessa dal pretore unico di mandamento non
unificato, rinvia l’imputato a giudizio del medesimo pretore che emise
la sentenza di proscioglimento. Il giudice “a quo” dubita di esser
posto in una condizione di menomata indipendenza quando, avendo già
espresso la propria valutazione dei fatti mediante sentenza di
proscioglimento, sia stato investito del compito di celebrare il
dibattimento per quei medesimi fatti a seguito di rinvio a giudizio
disposto dal giudice istruttore, con conseguente violazione dei citati
artt. 97, 24 e 112 della Costituzione.
In sostanza, secondo l’ordinanza di rimessione, le parti non si
troverebbero ad esser giudicate da un giudice imparziale.
Va rilevato al contrario che il pretore deve valutare nuovamente i
fatti alla stregua di ulteriori approfondimenti che il dibattimento
può arrecare in attuazione dei principi di oralità, immediatezza e
contestualità nella raccolta delle prove, con compiuto svolgimento
delle tesi dell’accusa e della difesa.
A conclusione del dibattimento il pretore potrà liberamente
determinarsi, emanando una sentenza non vincolata né dai propri
precedenti orientamenti, né da quelli manifestati dal giudice
istruttore. Non sussiste pertanto la denunciata violazione del
principio di imparzialità del giudice, il che esime questa Corte
dall’esame della pertinenza delle norme invocate dal pretore a
fondamento del principio stesso.
Comunque, nel caso di specie, l’ampia dizione dell’art. 63 c.p.p.
consentirebbe sempre al giudice “a quo” di chiedere d’astenersi,
qualora non fosse certo della propria soggettiva libertà nel
determinarsi, a causa delle pregresse decisioni processuali.
3. – Non sono infine fondati i due profili che il giudice “a quo”
prospetta per giustificare la riproposizione della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 656 c.p. con riferimento
all’art. 21 della Costituzione, che questa Corte ha dichiarato non
fondata con la sentenza n. 199 del 1972.
Per quanto concerne l’affermazione secondo cui la Corte
costituzionale dovrebbe controllare se i giudici di merito abbiano
interpretato la denunziata norma incriminatrice in conformità alla
citata sentenza n. 199 del 1972, è ovvio che non incombe a questa
Corte provvedere a tale sindacato.
In ordine all’altro profilo – secondo cui la pubblicazione o
diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali
possa essere turbato l’ordine pubblico, non è separabile da una
valutazione culturale ed ideologica, che costituisce esercizio di
critica riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione – va considerato
che il concetto di ordine pubblico, precisato da questa Corte con la
sentenza n. 199 del 1972, esclude che il diritto di manifestare il
proprio pensiero possa giustificare, in base a ideologie politiche, la
lesione di quel bene. E rientra nel potere discrezionale del
legislatore stabilire se la tutela del “turbamento dell’ordine
pubblico” punito come contravvenzione dall’art. 656 c.p. costituisca
bene tutelabile di per sé, con fine anche di prevenzione dei gravi
delitti puniti dagli artt. 414 e 415 c.p., che, ad avviso del pretore,
sarebbero invece sufficienti alla tutela dell’ordine pubblico.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 298, primo comma, del codice di procedura penale sollevata,
in riferimento agli artt. 97, secondo comma, 24, secondo comma, e 112
della Costituzione, con l’ordinanza in epigrafe indicata;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
concernenti l’art. 399, secondo comma, del codice di procedura penale,
in riferimento agli artt. 24, 97 e 112 della Costituzione; e l’art.
656 del codice penale in riferimento allo art. 21 della Costituzione,
anche esse sollevate con l’ordinanza sopra indicata.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere