Sentenza N. 210 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
21/06/1996
Data deposito/pubblicazione
21/06/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/06/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE;
decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 (Misure urgenti per il personale
della scuola), convertito, con modificazioni, nella legge 4 luglio
1988, n. 246, promosso con ordinanza emessa il 30 gennaio 1995 dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sul ricorso proposto da
Lombardo Domenica contro il Sovrintendente scolastico per le Marche
ed altri, iscritta al n. 579 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie
speciale, dell’anno 1995;
Udito nella camera di consiglio del 17 aprile 1996 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
Lombardo avverso il provvedimento con il quale il Sovrintendente
scolastico per le Marche la aveva esclusa dalla sessione riservata
degli esami di abilitazione all’insegnamento di lingua e letteratura
straniera negli istituti di istruzione scolastica di secondo grado ed
artistica, per mancanza dei requisiti di servizio previsti dall’art.
3, primo comma, dell’ordinanza ministeriale n. 170 del 1988
(anch’essa, in parte qua impugnata), l’adito Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, con ordinanza del 30 gennaio 1995, pervenuta
alla Corte costituzionale il 29 agosto 1995 (r.o. n. 579 del 1995),
ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 del
decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140, convertito, con modificazioni,
nella legge 4 luglio 1988, n. 246 (del quale la censurata ordinanza
ministeriale costituisce applicazione), nella parte in cui non
assimila, ai fini dell’ammissione alla citata sessione riservata
degli esami di abilitazione, il servizio di insegnamento non di ruolo
prestato nelle scuole francesi di istruzione secondaria di secondo
grado con nomina proposta dal Ministero della pubblica istruzione a
quello espletato nelle istituzioni scolastiche italiane all’estero.
Nel caso di specie, la ricorrente, laureata in lingua francese,
aveva prestato servizio retribuito, dal 1 ottobre 1981 al 31 maggio
1982, presso il liceo “Jacques Decour” di Parigi, in qualità di
assistente di italiano, con nomina decretata dall’Autorità
scolastica francese (su proposta del Ministero della pubblica
istruzione italiano), sulla base di un accordo culturale tra l’Italia
e la Francia, ratificato con la legge 30 luglio 1952, n. 1177.
Facendo valere tale servizio, la stessa aveva chiesto di essere
ammessa agli esami di cui si tratta, collocandosi al
centoventottesimo posto della graduatoria, e vedendosi, poi, esclusa
dall’elenco degli abilitati.
Ad avviso del collegio rimettente, la mancata inclusione
dell’attività di cui si tratta tra le categorie di servizi presi in
considerazione ai fini dell’ammissione agli esami di abilitazione
all’insegnamento violerebbe gli artt. 3, primo comma, e 97, primo
comma, della Costituzione, in quanto la censurata disciplina
legislativa prevederebbe una irragionevole disparità di trattamento
tra docenti che si troverebbero sostanzialmente nelle medesime
condizioni oggettive. Al riguardo, nella ordinanza si rileva che il
servizio prestato presso una scuola straniera è valutato dal vigente
ordinamento scolastico alla stregua del servizio precario prestato
nelle istituzioni scolastiche italiane ai sensi dell’art. 17 della
legge 26 maggio 1975, n. 327, ed è espressamente riconosciuto dalla
tabella C) dell’ordinanza ministeriale n. 356 del 6 dicembre 1988
quale titolo didattico per il conferimento delle supplenze al
personale docente delle scuole secondarie e dei licei artistici. Si
afferma, inoltre, che le modalità del conferimento dell’incarico in
questione sarebbero identiche a quelle previste per il servizio
precario da prestare nelle istituzioni scolastiche italiane
all’estero, con l’unica differenza della diversa autorità competente
a decretare la nomina (il Ministero della pubblica istruzione nella
specie, quello degli affari esteri nelle ipotesi di cui agli artt. 15
del regio-decreto 12 febbraio 1940, n. 740, e 17 della citata legge
n. 327 del 1975).
Il Tribunale amministrativo regionale rimettente, rilevato che la
ratio della norma di cui all’art. 3 del decreto-legge n. 140 del 1988
è quella di favorire, attraverso l’indizione di concorsi riservati,
l’immissione in ruolo del personale docente con l’obiettivo di
eliminare le diverse forme di precariato sopravvissute alla legge 20
maggio 1982, n. 270, ha dato atto che la giurisprudenza della Corte
costituzionale riconosce al legislatore un’ampia discrezionalità
nella materia di cui si tratta, affermando, peraltro, che
l’irragionevole trattamento discriminatorio di situazioni
sostanzialmente identiche in ogni caso lederebbe i principi
costituzionalmente garantiti di uguaglianza e di imparzialità
dell’amministrazione.
2. – Nel giudizio innanzi alla Corte costituzionale non si è
costituita la parte privata, né ha spiegato intervento il Presidente
del Consiglio dei ministri.
a scrutinio di costituzionalità l’art. 3 del decreto-legge 3 maggio
1988, n. 140 (Misure urgenti per il personale della scuola),
convertito, con modificazioni, nella legge 4 luglio 1988, n. 246,
nella parte in cui esclude dalla sessione riservata degli esami di
abilitazione all’insegnamento di lingua e letteratura straniera negli
istituti di istruzione secondaria di secondo grado, previsti dalla
stessa norma, coloro i quali, nell’anno scolastico 1981-82, abbiano
prestato servizio di insegnamento non di ruolo in scuole francesi di
istruzione secondaria di secondo grado con nomina proposta dal
Ministero della pubblica istruzione.
Ad avviso del giudice a quo tale disposizione si porrebbe in
contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della
Costituzione, determinando un trattamento irragionevolmente deteriore
del predetto servizio rispetto a quello, ritenuto dal collegio
rimettente identico al primo, espletato da personale docente non di
ruolo nelle istituzioni scolastiche italiane all’estero, il quale
costituisce, invece, titolo per l’ammissione agli esami di cui si
tratta. Da ciò discenderebbe, altresì, la violazione dei principi
di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione.
2. – La questione non è fondata.
2.1. – L’art. 3 del decreto-legge n. 140 del 1988, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 246 del 1988, prevede, al primo comma,
la indizione, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in
vigore del decreto stesso, di sessioni riservate per il conseguimento
dell’abilitazione all’insegnamento nelle scuole materne e negli
istituti e scuole di istruzione secondaria ed artistica; al secondo
comma, rinvia alle disposizioni della legge 20 maggio 1982, n. 270
per le prove di esame e per le modalità di svolgimento.
La norma trae origine dall’ esigenza di provvedere al riordino
dell’assetto del personale docente non di ruolo, con l’obiettivo,
risultante dai lavori preparatori della legge di conversione del
decreto n. 140 del 1988, e posto in evidenza nella stessa ordinanza
di rimessione, di eliminare le diverse forme di precariato
sopravvissute alla legge 20 maggio 1982, n. 270. Tra le situazioni
che la norma prende in esame, al terzo comma, come legittimanti la
partecipazione ai concorsi riservati di cui si tratta, vi è quella
di coloro che abbiano svolto, negli anni scolastici 1978-79 o 1979-80
o 1980-81 o 1981-82, un anno di servizio di insegnamento non di ruolo
nelle scuole materne o secondarie statali, ivi compresi i licei
artistici e gli istituti d’arte, ovvero su posti statali nelle
istituzioni scolastiche e culturali italiane all’estero, ed abbiano
svolto un altro anno di servizio di insegnamento non di ruolo nelle
medesime scuole ed istituzioni nel settennio antecedente alla data
del 10 settembre 1982 (art. 3, terzo comma, lettera c)); nonché
quella di coloro che nell’anno scolastico 1981-82 “abbiano prestato
servizio non di ruolo su posti statali nelle istituzioni scolastiche
e culturali italiane all’estero, con nomina conferita ai sensi
dell’art. 3, ultimo comma, del decreto-legge 6 giugno 1981, n. 281,
convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 1981, n. 392”
(il quale prevede, per l’anno scolastico 1981-82, la copertura di
cattedre, che, in base alla normativa vigente, darebbe luogo al
conferimento di incarichi, soltanto mediante supplenze); ovvero –
sempre con riferimento ad istituzioni scolastiche e culturali
italiane all’estero – di coloro che, per i Paesi per i quali l’anno
scolastico ha inizio in data diversa da quella del territorio
metropolitano, abbiano prestato servizio durante l’anno scolastico
1981-82 e fossero in servizio alla data del 9 settembre 1982 (art. 3,
terzo comma, lettera d)). Sono tutte situazioni ricollegate a forme
di precariato nell’insegnamento con rapporto di impiego e con
trattamento economico a carico (prevalente) dello Stato, e, cioè, di
servizio prestato temporaneamente alle dipendenze
dell’amministrazione italiana e con oneri finanziari a carico del
bilancio statale; nello stesso tempo, l’abilitazione all’insegnamento
è preordinata all’immissione in ruolo, in modo da attuare un
progressivo assorbimento delle posizioni di precariato mediante la
copertura dei posti con personale immesso in ruolo (statale). Tali
ragioni giustificano la procedura della selezione riservata in deroga
al sistema generale delle abilitazioni e dei concorsi per
l’insegnamento. Di qui il collegamento nel sistema legislativo
(analogo e complementare con quello della citata legge n. 270 del
1982) dell’abilitazione da conseguire con l’insegnamento impartito,
principio esplicitato nell’art. 3, terzo comma, dell’ordinanza
ministeriale 20 giugno 1988, n. 170.
Le anzidette finalità non possono essere censurate in questa sede
rientrando in scelte non irragionevoli di politica legislativa. Né
rientra nelle attribuzioni della Corte il potere di ampliare le
categorie da ammettere alla selezione per l’abilitazione agevolata
(speciale e derogatoria) ricomprendendo situazioni (come quella presa
in considerazione dall’ordinanza di rimessione) differenziate, per le
quali è plausibile un diverso trattamento. Questa Corte ha, infatti,
ripetutamente affermato che la individuazione dei titoli di
ammissione ai concorsi riservati rientra nella discrezionalità del
legislatore, che, come tale, non può essere sindacabile se non sotto
il profilo della manifesta irragionevolezza (v., tra le altre,
sentenze n. 51 del 1994 e n. 219 del 1993).
2.2. – Il servizio svolto dal personale preso in considerazione
dall’art. 3 del decreto-legge n. 140 del 1988, ai fini
dell’ammissione alle sessioni riservate per il conseguimento
dell’abilitazione all’insegnamento, non è sostanzialmente identico,
come sostiene il collegio rimettente, all’attività espletata nelle
scuole francesi di istruzione secondaria di secondo grado da italiani
laureati in quella lingua, nell’ambito di un accordo culturale tra la
Francia e l’Italia.
2.3. – Non possono valere per una equiparazione, ai fini che qui
interessano, delle categorie poste a raffronto, l’art. 17 della legge
26 maggio 1975, n. 327 e la tabella C) dell’ordinanza ministeriale n.
356 del 6 dicembre 1988: infatti, il primo, ricordato nella ordinanza
di rimessione, si limita a riconoscere le funzioni di insegnamento,
svolte nelle istituzioni straniere di istruzione di cui all’art. 15
del regio-decreto 12 febbraio 1940, n. 740 (università e scuole
straniere all’estero) prima della nomina in ruolo, come servizio di
ruolo. Ma ciò è previsto solo all’atto del superamento del periodo
di prova, e nei limiti ed alle condizioni previsti dal d.l. 19 giugno
1970, n. 370, convertito, con modificazioni, nella legge 26 luglio
1970, n. 576.
Tale riconoscimento presuppone, quindi, la nomina in ruolo, e non
può riguardare le fasi ad essa precedenti, quale quella della
partecipazione agli esami di abilitazione all’insegnamento, regolata
da specifiche disposizioni aventi diversa finalità: l’art. 17 citato
è disposizione di favore sullo stesso piano di altre norme che
riconoscono un servizio o un’attività pregressa ai fini della
progressione di carriera ed economica nonché per gli effetti
pensionistici.
Anche l’inclusione, nell’ordinanza ministeriale n. 356 del 1988,
del servizio prestato negli istituti di istruzione stranieri tra i
titoli valutabili per il conferimento delle supplenze al personale
docente delle scuole secondarie e dei licei artistici, ha valore
limitato all’ambito in cui si colloca e agli effetti cui è
predisposta. In altri termini, la previsione di punteggio, come
mezzo di valutazione di servizi e attività svolta (in istituti e
scuole di ogni livello e tipo, statali, pareggiati o legalmente
riconosciuti, inclusi quelli meramente privati), ricomprende anche il
servizio “come assistente negli istituti di istruzione secondaria
stranieri” in quanto valutabile tra i titoli didattici come indice di
valore attitudinale. Ma ciò non comporta che il servizio sia assunto
come attività presso lo Stato italiano e da questo riconosciuto nel
suo ambito a fini generali e diversi da quelli della stretta
valutazione attitudinale.
2.4. – In definitiva, dalla non irrilevanza, nel quadro del
rapporto di lavoro del personale docente, delle attività pregresse
prestate in istituzioni scolastiche straniere, non può desumersi una
generale estensione a tale categoria dei benefici riconosciuti per i
servizi prestati in istituzioni scolastiche e culturali italiane
all’estero. In particolare, per ciò che qui rileva, la sessione
riservata di esami di abilitazione all’insegnamento costituisce una
procedura a carattere derogatorio rispetto al sistema ordinario di
reclutamento del personale docente, e, come tale, non applicabile
estensivamente.
3. – Nel caso preso in esame dal collegio rimettente, del resto, le
funzioni svolte all’estero non possono nemmeno essere assimilate ad
una vera e propria attività di insegnamento, ma sono semplici
funzioni di assistente nell’insegnamento di italiano svolto da altro
docente (la ricorrente chiedeva di partecipare agli esami di
abilitazione all’insegnamento di lingua e letteratura straniera).
La ricorrente aveva prestato servizio dal 1 ottobre 1981 al 31
maggio 1982, in esecuzione dell’accordo culturale tra l’Italia e la
Francia, ratificato con la legge 30 luglio 1952, n. 1177, presso una
scuola secondaria statale francese, in qualità di “assistente” di
lingua italiana senza che vi fosse mai stato un rapporto di
dipendenza, ancorché precaria, con istituzione statale. Si tratta
di una figura ontologicamente ben distinta da quella del docente
presso istituzioni scolastiche italiane all’estero, e non
assimilabile ad un rapporto di precariato di insegnamento in
struttura statale con oneri a carico dello Stato.
La creazione di posti di “assistente” sulla base della reciprocità
risponde a finalità del tutto diverse da quelle cui si ispira la
nomina dei docenti nelle scuole italiane all’estero: esse consistono
nello sviluppo delle relazioni tra i Paesi contraenti l’accordo
culturale, nel miglioramento dell’insegnamento delle rispettive
lingue e, nel contempo, nel perfezionamento della conoscenza della
lingua nell’interesse degli stessi giovani prescelti quali
assistenti. Costoro vengono nominati, su proposta del Ministero della
pubblica istruzione, dall’autorità dello Stato ospitante, che
provvede anche ad erogare il compenso ad essi spettante, mentre i
docenti presso le istituzioni scolastiche italiane all’estero sono
nominati dal Ministero per gli affari esteri, che gestisce la
relativa attività.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, non può
ravvisarsi la prospettata irragionevolezza nella scelta del
legislatore di non riconoscere il periodo di “assistentato” presso
istituzioni scolastiche straniere ai fini della ammissione ai
concorsi riservati per l’abilitazione all’insegnamento.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3 del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 (Misure urgenti
per il personale della scuola), convertito, con modificazioni, nella
legge 4 luglio 1988, n. 246, sollevata, in riferimento agli artt. 3,
primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 21 giugno 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola