Sentenza N. 212 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
09/07/1974
Data deposito/pubblicazione
09/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/06/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott. LUIGI
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza
emessa il 23 marzo 1973 dal tribunale di Venezia nel procedimento
penale a carico di Pipino Vincenzo, iscritta al n. 285 del registro
ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 223 del 29 agosto 1973.
Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1974 il Giudice
relatore Enzo Capalozza.
Nel corso di un procedimento penale, in grado di appello, a carico
di Vincenzo Pipino, il tribunale di Venezia, con ordinanza 23 marzo
1973, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.
497, primo e terzo comma, del codice di procedura penale, in
riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost., essendo risultato che
l’imputato si trovava detenuto nella Repubblica federale tedesca quando
fu giudicato nel precedente grado, e che il primo giudice, pur essendo
a conoscenza di ciò, lo aveva dichiarato contumace, conformandosi alla
giurisprudenza, secondo cui la detenzione all’estero non costituisce
una ipotesi di mancata comparizione per legittimo impedimento.
Ad avviso del tribunale, sussisterebbero disparità di trattamento
rispetto al detenuto in Italia e menomazione del diritto di difesa per
essere precluse al detenuto all’estero la nomina di un difensore, la
richiesta di un confronto con i testimoni a carico e la partecipazione
personale alle ispezioni e agli esperimenti giudiziali. L’art. 27 Cost.
sarebbe, a sua volta, violato, in quanto, pur non essendo ictu oculi
illegittimo l’impedimento dovuto alla carcerazione all’estero, non è
prevista la sospensione del processo penale che si celebra in Italia.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte non vi è stata costituzione di
parte, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri
1. – Con l’ordinanza in epigrafe, il tribunale di Venezia (in grado
di appello) ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 497, primo e terzo comma, del codice di procedura penale – in
riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione – in quanto,
secondo la giurisprudenza, la detenzione all’estero dell’imputato non
è legittimo impedimento a comparire all’udienza e, per di più, la
prova dell’impedimento è rimessa alla libera ed insindacabile
valutazione del giudice.
2. – La questione è fondata limitatamente all’art. 497, primo
comma, del codice di procedura penale.
Il legislatore nell’art. 497 cod. proc. pen. non considera lo stato
di detenzione dell’imputato come causa di per se impeditiva della
comparizione in giudizio, perché questa resta egualmente possibile
attraverso il mezzo della traduzione.
Rispetto all’imputato detenuto all’estero, ove non sia ammissibile
l’estradizione o questa non sia stata tempestivamente richiesta o
accordata, la detenzione si risolve, invece, in realtà, in un
impedimento a comparire: impedimento che, tuttavia, secondo
l’interpretazione giurisprudenziale, è considerato non legittimo e non
importa l’obbligo del giudice di disporre la sospensione o il rinvio
del dibattimento.
Tale giurisprudenza si fonda soprattutto sul rilievo che lo stato
di detenzione all’estero dipende da un comportamento contra jus, e
quindi non legittimo, del soggetto.
Questa essendo l’interpretazione corrente dell’art. 497, primo
comma, la disposizione appare in contrasto con l’art. 3 Cost.,
giacché la detenzione all’estero può concretare un fatto di materiale
impossibilità a comparire e non va, pertanto, assunta a ragionevole
presupposto di una diversità di trattamento.
La disposizione risultante dall’interpretazione su riferita deve
perciò dichiararsi illegittima, restando assorbiti i profili
concernenti la violazione degli artt. 24 e 27 della Costituzione.
3. – Quanto al terzo comma dell’art. 497, che è soltanto
menzionato nel dispositivo dell’ordinanza, la questione è da ritenere
inammissibile, perché nell’ordinanza medesima non vi è alcuna
motivazione sulla rilevanza, né sono stati precisati i termini in cui
il giudice intende prospettare la questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
a) l’illegittimità costituzionale dell’art. 497, primo comma, del
codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede come
legittimo impedimento della comparizione all’udienza la detenzione
all’estero;
b) l’inammissibilità, per irrilevanza, della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 497, terzo comma, dello stesso
codice, per quanto riguarda le parole “Tale valutazione non può
formare oggetto di discussione successiva, né motivo di impugnazione”,
sollevata dal tribunale di Venezia con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI-
LUIGI OGGIONT ANGELO DE MARCO ERCOLE
ROCCHETTI ENZO CAPALOZZA – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA GUIDO
ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere