Sentenza N. 214 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
09/07/1974
Data deposito/pubblicazione
09/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/06/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. LUIGI OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO –
Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. EZIO GRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott.
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI,
Giudici,
legge 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), promosso con
ordinanza emessa il 13 marzo 1972 dalla Corte d’appello di Roma nel
procedimento civile vertente tra Aielli Alfredo e l’Amministrazione
delle finanze dello Stato, iscritta al n. 185 del registro ordinanze
1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del
21 giugno 1972.
Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri e di costituzione dell’Amministrazione delle finanze dello
Stato e di Campori Bianca vedova Aielli;
udito nell’udienza pubblica del 29 maggio 1974 il Giudice relatore
Nicola Reale;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri e per l’Amministrazione
finanziaria.
Nel corso di un procedimento per opposizione ad ingiunzione fiscale
promosso dal sig. Aielli Alfredo contro l’Amministrazione delle finanze
dello Stato, la Corte d’appello di Roma ha sollevato d’ufficio
questione di legittimità costituzionale dell’art. 93 della legge 30
dicembre 1923, n. 3269, sull’imposta di registro, in quanto sia
interpretato nel senso che, nell’ipotesi di più debitori solidali
d’imposta, l’Amministrazione finanziaria, ove abbia provveduto a
notificare l’accertamento di maggior valore nel termine stabilito
dall’art. 21 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, ad almeno uno dei
coobligati, possa procedere alla notifica nei confronti degli altri
entro il più ampio termine di prescrizione.
Secondo quanto si assunse nell’ordinanza di rimessione tale sistema
contrasterebbe con l’art. 24, comma primo, Cost. a causa delle maggiori
difficoltà che in ordine all’apprestamento di una efficace difesa nei
confronti del Fisco potrebbero derivare ai coobligati cui la notifica
sia effettuata, anziché entro il breve termine di decadenza di cui
all’art. 21 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, entro quello più ampio di
prescrizione.
Nel giudizio innanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri e si è costituito il Ministero delle
finanze, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Secondo l’assunto dell’Avvocatura la norma impugnata non
ostacolerebbe né renderebbe più difficoltoso il diritto del
contribuente ad agire in giudizio per la difesa dei propri diritti ed
interessi legittimi poiché i termini per ricorrere decorrono per i
coobligati dal momento in cui è stata eseguita nei confronti di ognuno
di essi la notifica dell’accertamento di maggior valore del bene
trasferito.
Nel giudizio si è costituita anche la difesa del contribuente
chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità della norma denunziata.
1. – Con l’ordinanza 13 marzo 1972 in epigrafe la Corte d’appello
di Roma ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale
dell’art. 93 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sull’imposta di
registro, in riferimento all’art. 24, comma primo, della Costituzione.
Secondo l’ordinanza il citato art. 93 (ancora applicabile ratione
temporis alla fattispecie che ha dato origine al presente giudizio:
art. 77 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634), in quanto sancisce l’obbligo
solidale di determinati soggetti al pagamento dell’imposta di registro,
consentirebbe all’Amministrazione finanziaria, ove abbia validamente
notificato l’accertamento ad almeno uno dei coobbligati nel termine di
decadenza (un anno) stabilito dall’art. 21 in riferimento all’art. 20
del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, di procedere alla notifica agli altri
condebitori entro il più ampio termine di prescrizione. Ciò, secondo
il giudice a quo, determinerebbe la pratica impossibilità o comunque
maggiori difficoltà per il contribuente di apprestare una efficace
difesa nei confronti dell’Amministrazione finanziaria (così ad esempio
in caso di svalutazione della moneta che segua a distanza di anni
l’atto di trasferimento colpito dal tributo) e comporterebbe violazione
del principio di cui al primo comma dell’art. 24 della Costituzione.
2. – Giova premettere che questa Corte, con sentenza n. 48 del
1968, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei già citati
artt. 20 e 21 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli
ordinamenti tributari, limitatamente alla parte in cui faceva decorrere
dalla contestazione dell’accertamento di maggior imponibile nei
confronti di uno solo dei coobbligati al pagamento dell’imposta il
termine perentorio di un mese per l’impugnazione non solo nei riguardi
del soggetto cui era stato notificato l’accertamento ma anche nei
riguardi degli altri condebitori solidali. Tale sentenza fu seguita da
altra di questa Corte (n. 139 del 1968) la quale, con riferimento
all’imposta sulle successioni, dichiarò illegittimo per analoghi
motivi l’art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. A seguito di
queste pronunzie, ed in relazione ad altra problematica, la
giurisprudenza ordinaria è ormai orientata nel senso che la tempestiva
e valida notificazione dell’accertamento di maggior valore ad uno dei
soggetti tenuti al pagamento dell’imposta, se non determina più la
definitività dell’accertamento nei confronti di tutti gli altri
coobbligati serve ad evitare la decadenza dell’amministrazione dal
diritto di vedere accertato. il maggior valore nei confronti di questi
ultimi.
Ovviamente si potrà rendere il detto accertamento opponibile a
ciascuno di essi solo attraverso la notifica fattagli da parte
dell’ufficio finanziario (dalla quale decorrono i termini a di lui
carico) ovvero a seguito dell’utilizzazione, da parte del condebitore
cui sia stato notificato l’accertamento stesso, di uno di quei mezzi
che l’ordinamento predispone perché ogni debitore solidale possa
rendere opponibile ai condebitori gli eventi che intervengono tra lui e
il creditore.
Tale indirizzo interpretativo risulta largamente condiviso anche in
dottrina e lo stesso giudice a quo ne prende atto per quindi criticare
la norma sotto il profilo sopra accennato.
3. – occorre quindi domandarsi se la norma così intesa comporti
lesione del diritto di difesa dei coobbligati cui l’avviso di
accertamento di maggior valore sia stato notificato anziché entro il
breve termine annuale di decadenza nel più ampio arco di tempo
corrispondente al termine della prescrizione. orbene, i dubbi
manifestati in proposito nell’ordinanza di rinvio non appaiono
giustificati e la questione non è fondata.
Questa Corte ha più volte ribadito che il precetto costituzionale
di cui al primo comma dell’art. 24 risulta violato solo quando sia
imposto un onere tale o vengano prescelte modalità tali da rendere
impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa
da parte di uno qualunque degli interessati.
Non si può ravvisare nella norma impugnata, nel contenuto
accettato dall’ordinanza di remissione, una siffatta limitazione
all’esercizio del diritto di difesa.
Basti considerare che, come si è già accennato, i termini per
impugnare l’accertamento decorrono, per ciascuno dei coobbligati, dal
momento della notifica e che l’accertamento di maggior valore è
ancorato, nei confronti di tutti, ai valori correnti, espressi in
valuta, all’epoca del trasferimento quale fatto costitutivo della
imposta di registro, valori che possono essere identificati anche a
distanza di tempo, senza eccessiva difficoltà, attraverso una
rilevazione retrospettiva e comparativa degli atti stipulati in quel
tempo.
È da rilevare inoltre che l’Amministrazione finanziaria con sua
circolare n. 55 del 30 settembre 1968, diramata a seguito della
sentenza n. 48 del 1968 di questa Corte, ha prescritto agli uffici del
registro di notificare l’accertamento a tutti i soggetti passivi del
rapporto tributario. E va aggiunto, infine, che non è vietato ai
coobbligati, nei riguardi dei quali non vi sia stata notifica, di
intervenire a tutela del proprio interesse nella procedura instaurata a
seguito dell’accertamento notificato ad altro coobbligato, ferma
restando la indubbia convenienza per quest’ultimo di evocare (come si
è già accennato), nella procedura di cui sia parte, gli altri
condebitori, anche allo scopo di meglio tutelare i propri diritti in
via di regresso.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 93 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro),
sollevata in riferimento all’art. 24, comma primo, della Costituzione,
dalla Corte d’appello di Roma con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE
MARCO — ERCOLE ROCCHETTI – ENZO
CAPALOZZA – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI
– GIULIO GIONFRIDA EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere