Sentenza N. 215 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
09/07/1974
Data deposito/pubblicazione
09/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/06/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. LUIGI OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO –
Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. EZIOISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott.
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI,
Giudici,
comma, del codice di procedura penale, promosso con l’ordinanza emessa
il 30 giugno 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel
procedimento penale a carico di Moro Cosimo, iscritta al n. 230 del
registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 201 del 2 agosto 1972.
Udito nella camera di consiglio del 30 maggio 1974 il Giudice
relatore Ercole Rocchetti.
Con ordinanza emessa il 30 giugno 1971 nel procedimento penale a
carico di Moro Cosimo, il giudice istruttore del tribunale di Milano ha
proposto questione di legittimità costituzionale, con riferimento
all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, dell’art. 170, secondo
comma, del codice di procedura penale, che stabilisce le modalità
delle notificazioni all’imputato irreperibile.
Secondo il giudice a quo, il sistema attuale, per cui le
notificazioni all’irreperibile si eseguono nella cancelleria
dell’ufficio procedente, non è idoneo a cagione della indeterminatezza
per il destinatario del luogo in cui esse sono eseguite, a portare
l’imputato a conoscenza del processo. Per evitare che la notificazione
all’irreperibile si risolva in una finzione, che vanifica il diritto di
difesa personale, e per rendere meno illusoria la presunzione di
conoscenza da parte dell’imputato, sarebbe necessario “quanto meno
determinare a priori il luogo della notificazione, in base a criteri
che l’imputato possa conoscere in anticipo e utilizzare, in una
eventuale semplice ricerca, con la sicurezza di venire a conoscenza di
ogni pendenza a suo carico”.
In sostanza, il giudice istruttore del tribunale di Milano ritiene
che il sistema di notificazione previsto dall’art. 170 faccia venire
meno anche quelle minime possibilità di presa di conoscenza, che un
sistema di notifica in un luogo predeterminato potrebbe consentire,
senza che la scelta del primo sistema sia imposta al legislatore dalla
necessità di garantire l’esercizio della giurisdizione.
Nessuno è comparso davanti a questa Corte e il procedimento ha
avuto luogo nelle forme di cui all’art. 26, secondo comma, della legge
11 marzo 1953, n. 87.
1. – Prima di ordinare che la notificazione di un mandato di
comparizione venisse effettuata con il rito previsto per gli imputati
irreperibili, il giudice istruttore del Tribunale di Milano ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 170
c.p.p., in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione.
Il giudice a quo non contesta il punto di vista più volte espresso
dalla Corte circa la legittimità di quella forma di notificazione,
intesa come ultimo e necessario strumento processuale volto a impedire
che la irreperibilità dell’imputato possa paralizzare l’esercizio
della giurisdizione penale e con essa la tutela della società contro
il delitto (cfr. sent. nn. 117 del 1970 e 54 del 1971), ma osserva che,
prima di procedervi, si debba fare tutto quanto è possibile per
portare a conoscenza dell’imputato o indiziato di reato la notizia
dell’esistenza del procedimento penale che lo riguarda.
E poiché questa esigenza non potrebbe considerarsi soddisfatta con
il deposito dell’atto da notificare nella cancelleria o segreteria
dell’ufficio giudiziario nel quale si procede, il giudice ritiene che
potrebbe essere più efficace la notificazione degli atti in un altro
luogo, previamente indicato dalla legge, come quello degli uffici del
comune di nascita dell’imputato. Tale luogo, per essere unico e
predeterminato, consentirebbe una possibilità di ricerca anche a chi
non ha alcuna idea della eventuale esistenza di un’azione penale
promossa contro di lui e della quale comunque non potrebbe informarsi
indagando in ciascuna delle sedi giudiziarie della Repubblica.
2. – La questione non è fondata.
A prescindere dalla macchinosità e dalla scarsa efficacia del
sistema proposto, che funzionerebbe solo se ogni cittadino, pur non
avendo motivo di supporlo, richiedesse al comune di nascita periodiche
notizie sulla sua eventuale condizione di imputato, va posto in rilievo
che non può essere addossato allo Stato un ulteriore onere nei
confronti di chi, col suo comportamento volontario, ha posto in essere
una si tuazione da cui possono derivare quelle conseguenze che lamenta
il giudice a quo.
Non va infatti dimenticato che l’imputato diventa “irreperibile”
per effetto della sua negligenza, evitando di curare quegli adempimenti
formali prescritti dalle norme sull’ordinamento delle anagrafi della
popolazione residente di cui all’art. 2 della legge 24 dicembre 1954,
n. 1228, e all’art. 11 del relativo regolamento approvato con il d.P.R.
31 gennaio 1958, n. 136.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 170 del codice di procedura penale, proposta dal giudice
istruttore del tribunale di Milano con ordinanza emessa il 30 giugno
1971, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE
MARCO – ERCOLE ROCCHETTI – ENZO
CAPALOZZA – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI
– GIULIO GIONFRIDA EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere