Sentenza N. 217 del 1982
Corte Costituzionale
Data generale
16/12/1982
Data deposito/pubblicazione
16/12/1982
Data dell'udienza in cui è stato assunto
02/12/1982
ANTONINO DE STEFANO – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI –
Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA – Prof. GIOVANNI CONSO,
Giudici,
14, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo
della Repubblica per la riforma tributaria) e del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario)
promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 9 gennaio 1976 dal Tribunale di Perugia nel
procedimento civile vertente tra il Comune di Perugia,
l’Amministrazione delle finanze e Benemio Gianfranco, iscritta al n.
186 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1976;
2) ordinanza emessa il 23 gennaio 1976 dal Tribunale di Torino nel
procedimento civile vertente tra Valentini Liliana in Chiaperotti ed
altri e l’Amministrazione delle finanze, iscritta al n. 453 del
registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 225 del 25 agosto 1976;
3) ordinanza emessa il 9 aprile 1976 dal Tribunale di Torino nel
procedimento civile vertente tra Ferretti Mario e l’Amministrazione
delle finanze, iscritta al n. 589 del registro ordinanze 1976 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267 del 6
ottobre 1976;
4) ordinanza emessa il 15 giugno 1976 dalla Commissione tributaria
di 1 grado di Pavia sui ricorsi proposti da Venini Carolina in Bigatti
Valsecchi ed altri, iscritta al n. 628 del registro ordinanze 1976 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 314 del 24
novembre 1976.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 maggio 1982 il Giudice relatore
Livio Paladin;
udito l’avvocato dello Stato Pietro De Francisci, per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
1. – Con ordinanza emessa il 9 gennaio 1976 – nel corso di un
procedimento fra il Comune di Perugia, l’Amministrazione finanziaria
dello Stato e il signor Gianfranco Benemio – il Tribunale di Perugia ha
impugnato l’art. 10 n. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (delega
legislativa per la riforma tributaria), nonché le norme del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 636 (revisione della disciplina del contenzioso
tributario), con particolare riguardo agli artt. 1, 2, 3, 16, 26, 40,
in riferimento agli artt. 102, secondo comma, 113, primo e secondo
comma, VI disp. trans. Cost., ed agli artt. 2, 3 e 9 del decreto
stesso, in riferimento all’art. 108, secondo comma, Cost.
Dopo avere preliminarmente rilevato che allo stato attuale
dell’ordinamento la giurisdizione in materia spetterebbe alle
commissioni tributarie (secondo l’eccezione proposta
dall’amministrazione finanziaria), il Tribunale ha cioè sollevato, in
primo luogo, questione di legittimità costituzionale delle nuove norme
sul contenzioso tributario: sostenendo che, qualora tale impugnativa
fosse accolta, “tutto il sistema della legge ne sarebbe ab imis
travolto e tornerebbe operante la giurisdizione del giudice ordinario”.
Quanto alla non manifesta infondatezza della questione medesima, il
Tribunale ha quindi argomentato che il legislatore delegante e quello
delegato sarebbero “andati oltre i limiti di una semplice revisione
delle preesistenti commissioni tributarie provvedendo, invece, alla
istituzione di un giudice speciale con competenza esclusiva”.
In pari tempo, però, il Tribunale stesso ha prospettato un
ulteriore dubbio di legittimità costituzionale, pertinente alla scelta
dei componenti ed alla formazione delle commissioni, in ordine alle
quali non sarebbe garantita “l’indipendenza dei giudici delle
giurisdizioni speciali”; e cio in quanto “l’affidamento ai corpi
politici locali della scelta di una metà dei componenti, la presenza
di avvocati dello Stato in servizio e di alti funzionari
dell’amministrazione finanziaria, sia pure collocati fuori ruolo,
nonché la possibilità che la metà dei componenti possa essere scelta
in base ad elenchi formati da una delle parti contendenti, sono tutti”
– si afferma – “elementi atti a suscitare il timore di una
insufficiente equanimità, neutralità e indipendenza”.
2. – Entrambe le questioni sono state riproposte dal Tribunale di
Torino, mediante due ordinanze emesse il 23 gennaio ed il 9 aprile
1976: che impugnano, da un lato, l'”intero contenzioso tributario”,
come disciplinato dal d.P.R. n. 636 del 1972, in riferimento agli artt.
24 e 102 Cost.; e, d’altro lato, le norme sui componenti le commissioni
tributarie, in riferimento all’art. 108 Cost.
In prima linea, però, le ordinanze medesime sollevano anche una
diversa questione di legittimità costituzionale, riguardante l’art. 16
del d.P.R. n. 636 del 1972, se interpretato nel senso di precludere
l’azione di accertamento negativo davanti all’autorità giudiziaria
ordinaria, per preteso contrasto con l’art. 24 Cost.
3. – A sua volta, anche la commissione tributaria di primo grado di
Pavia – con ordinanza emessa il 15 giugno 1976 – ha impugnato sia
l’intero d.P.R. n. 636 del 1972, in riferimento all’art. 102, secondo
comma, della Costituzione, sia le norme sui componenti delle
commissioni, in riferimento all’art. 108, secondo comma, della
Costituzione. Le norme predette – ad avviso del giudice a quo, che sul
punto richiama le osservazioni già svolte dalla Corte di cassazione,
mediante l’ordinanza 19 giugno 1975, n. 93953 – non varrebbero infatti
a garantire l’indipendenza delle commissioni stesse.
4. – In tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, chiedendo che la Corte dichiari manifestamente infondata
la questione riguardante l’intero d.P.R. n. 636 del 1972, dato il
precedente costituito dalla sentenza di rigetto n. 215 del 1976. Sotto
gli altri profili, l’Avvocatura dello Stato ha eccepito
l’inammissibilità delle questioni relative alla composizione delle
commissioni tributarie ed all’azione di accertamento negativo, in
quanto sollevate da un giudice ordinario; ed ha comunque concluso per
l’infondatezza di tutte le proposte impugnative.
1. – Le quattro ordinanze indicate in epigrafe propongono alla
Corte questioni di legittimità costituzionale concernenti l’esistenza
e la composizione delle commissioni tributarie, istituite dal d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 636. Pertanto, i relativi giudizi possono essere
riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Al riguardo, va dichiarata anzitutto la manifesta infondatezza
dell’impugnativa promossa dal Tribunale di Perugia, dal Tribunale di
Torino e dalla Commissione tributaria di primo grado di Pavia, quanto
alla pretesa violazione del divieto costituzionale d’istituire giudici
speciali, in cui sarebbe incorso il decreto predetto. La Corte si è
già pronunciata più volte sul punto, a partire dalla sentenza n. 287
del 1974, là dove si afferma che con quel decreto le commissioni
tributarie sono state “revisionate”, sulla base della VI disposizione
transitoria della Costituzione. Procedendo da tale premessa, la
sentenza n. 5 del 1976 ha quindi ritenuto non fondata la questione di
legittimità costituzionale del decreto medesimo, sollevata in
riferimento agli artt. 24 e 102, secondo comma, nonché alla VI disp.
trans. Cost. Ed a ciò ha fatto seguito la dichiarazione di manifesta
infondatezza, operata negli stessi termini dalla sent. n. 196 del
presente anno.
Ora, dalle ordinanze non emergono motivi che possano indurre la
Corte a modificare la sua giurisprudenza. E nulla aggiungono, a questi
effetti, né l’impugnativa dell’art. 10 n. 14 della legge 9 ottobre
1971, n. 825 (con cui si delegava il Governo della Repubblica a
revisionare la composizione, il funzionamento e le competenze
funzionali e territoriali delle commissioni tributarie), né
l’improprio richiamo dell’art. 113, primo e secondo comma, della
Costituzione (cui fa riferimento l’ordinanza del Tribunale di Perugia).
3. – D’altra parte, una volta risolta in tal senso la questione
dell’esistenza delle commissioni tributarie, resta precluso alla Corte
– come fu già precisato dalla sent. n. 215 del 1976 – “l’esame di ogni
altra questione relativa ad aspetti singoli della disciplina interna di
quelle commissioni”, qualora sollevata da un giudice ordinario.
Di conseguenza, devono essere dichiarate inammissibili, sia
l’impugnativa degli artt. 2, 3 e 9 del d.P.R. n. 636 del 1972 (sulla
composizione delle commissioni tributarie), come proposta dal Tribunale
di Perugia e dal Tribunale di Torino, sia l’impugnativa dell’art. 16
del medesimo decreto (in quanto escludente l’azione di accertamento
negativo, in tema di obbligazioni tributarie, davanti all’autorità
giudiziaria ordinaria), come proposta da quest’ultimo giudice a quo.
4. – Quanto, infine, alla questione di legittimità costituzionale
del d.P.R. n. 636 del 1972 in riferimento all’art. 108 cpv. Cost.,
genericamente sollevata dalla Commissione di primo grado di Pavia per
il preteso difetto d’indipendenza dei giudici della giurisdizione
tributaria, essa deve intendersi circoscritta all’art. 2 del decreto in
esame (concernente appunto la composizione delle commissioni tributarie
di primo grado) dal momento che ogni altra censura sarebbe irrilevante
ai fini del giudizio a quo. Tuttavia, posta in questi termini, la
questione risulta manifestamente infondata, perché già decisa dalla
Corte – nel senso dell’infondatezza -mediante la ricordata sentenza n.
196 del 1982.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 10 n. 14 della legge 9 ottobre
1971, n. 825, e del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 – in riferimento
agli artt. 24, 102, 113, primo e secondo comma, nonché alla VI disp.
trans. Cost. – sollevata dal Tribunale di Perugia, dal Tribunale di
Torino e dalla Commissione tributaria di primo grado di Pavia con le
ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, 3 e 9 del decreto predetto, in
riferimento all’art. 108 Cost., sollevata dal Tribunale di Torino e dal
Tribunale di Perugia con le ordinanze indicate in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 16 del decreto medesimo, in riferimento
all’art. 24 Cost., sollevata dal Tribunale di Torino con le ordinanze
indicate in epigrafe;
4) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto medesimo, in
riferimento all’art. 108, secondo comma, Cost., sollevata dalla
Commissione tributaria di primo grado di Pavia con l’ordinanza indicata
in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1982.
F.to: LEOPOLDO ELIA – ANTONINO DE
STEFANO – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI – GIUSEPPE FERRARI
– FRANCESCO SAJA – GIOVANNI CONSO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere