Sentenza N. 220 del 1972
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1972
Data deposito/pubblicazione
30/12/1972
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1972
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTTSTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv.
ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA, Giudici,
1) ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 4
marzo 1972, depositato in cancelleria l’8 successivo ed iscritto al n.
5 del registro conflitti 1972, per conflitto di attribuzione sorto a
seguito dei decreti 21 dicembre 1971 e 14 gennaio 1972 del Ministro per
il lavoro e la previdenza sociale, con i quali sono stati nominati,
rispettivamente, un membro effettivo del collegio sindacale della Cassa
mutua provinciale di malattia per gli esercenti attività commerciali
di Palermo ed i membri dei collegi sindacali di analoghe Casse mutue,
fra le quali quelle delle Provincie di Agrigento e di Enna;
2) ricorso del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 3
maggio 1972, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto al
n. 15 del registro conflitti 1972, per conflitto di attribuzione sorto
a seguito del decreto 19 febbraio 1972, n. 100, dell’Assessore per il
lavoro e la cooperazione della Regione siciliana, con il quale è stato
sciolto il Consiglio di amministrazione della Cassa mutua malattia per
gli artigiani della Provincia di Catania e nominato un commissario
straordinario;
3) ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il
10 maggio 1972, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto
al n. 16 del registro conflitti 1972, per conflitto di attribuzione
sorto a seguito della circolare 13 gennaio 1972, n. 12, dell’Assessore
per il lavoro e la cooperazione della Regione siciliana, avente ad
oggetto “Attribuzioni dell’Assessorato regionale del lavoro in materia
di previdenza e assistenza sociale”.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri e del Presidente della Regione siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 22 novembre 1972 il Giudice
relatore Vezio Crisafulli;
uditi l’avv. Luigi Maniscalco Basile, per la Regione siciliana, ed
il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il
Presidente del Consiglio dei ministri e per il Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale.
1. – Con atto notificato il 4 marzo 1972 e depositato l’8 marzo
successivo, il Presidente della Giunta regionale siciliana ha elevato
conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei
ministri, chiedendo l’annullamento dei decreti 21 dicembre 1971 e 14
gennaio 1972 del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, con i
quali sono stati nominati, rispettivamente, un membro effettivo del
collegio sindacale della Cassa mutua provinciale di malattia per gli
esercenti attività commerciali di Palermo ed i membri dei collegi
sindacali di analoghe Casse mutue, fra le quali quelle delle Provincie
di Agrigento e di Enna. Tali decreti invaderebbero la sfera di
competenza costituzionalmente assegnata alla Regione, violando in
particolare l’art. 116 della Costituzione, gli artt. 17 e 20 dello
Statuto siciliano che le riservano potestà legislativa ripartita e la
corrispondente potestà amministrativa in materia di lavoro, previdenza
ed assistenza sociale, nonché gli artt. 1 e 3 del d.P.R. 25 giugno
1952, n. 1138, che hanno operato il trasferimento alla Regione delle
attribuzioni di quel Ministero, come pure la vigilanza e la tutela
sugli enti e sugli istituti locali, compresi quelli consorziali, che
svolgano nel territorio regionale attività nelle materie innanzi
indicate. Il ricorso sostiene che l’art. 22 della legge 27 novembre
1960, n. 1397, debba essere interpretato nel senso che la competenza
ivi riconosciuta al Ministro in ordine alla nomina dei collegi
sindacali di quella categoria di Casse mutue provinciali valga per il
restante territorio nazionale, ma non anche relativamente alla Sicilia:
in caso diverso la normativa sarebbe incostituzionale e se ne solleva
al riguardo – in subordine – formale questione in riferimento alle
norme costituzionali già ricordate.
Le Casse di cui trattasi, operando ciascuna nell’ambito di una
circoscrizione territoriale corrispondente a quella della provincia,
rientrerebbero, del resto, fra gli enti e gli istituti locali che
l’art. 3 del d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138, ha dichiarato soggetti
alla vigilanza ed al controllo della Regione (v. già al riguardo la
sentenza n. 3 del 1967 della Corte costituzionale concernente le casse
di soccorso per il personale dipendente dalle aziende ferroviarie), cui
fa riscontro anche la titolarità del potere di nomina dei rispettivi
organi. Né tali considerazioni risulterebbero smentite dalla
circostanza che un membro effettivo ed uno supplente del collegio
sindacale debba, come dispone lo stesso art. 22 già citato, venir
designato dalla Federazione di queste Casse mutue, essendo ammissibile
e coerente alle norme ed ai principi disciplinanti la materia che
l’Amministrazione regionale proceda ad una nomina sulla base di
designazioni provenienti dal Governo centrale oppure da organismi
operanti al di fuori del territorio della Regione e dal detto Governo
nominati o costituiti (come può argomentarsi per esempio dalle
sentenze n. 82 del 1958 e n. 65 del 1959).
Le richieste della parte ricorrente sono, pertanto, volte ad
ottenere la dichiarazione che i provvedimenti impugnati sono di
competenza dell’Amministrazione regionale ed il loro conseguente
annullamento: integrale per il primo, e nei soli capi concernenti le
Casse mutue di Agrigento e di Enna, per il secondo.
2. – Con deduzioni depositate il 24 marzo 1972, resiste al ricorso
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocato generale dello Stato, sostenendo che le Casse mutue in
questione, riunite in Federazione nazionale cui competono funzioni
regolatrici della loro attività e della loro gestione (artt. 15 e 20
della legge 27 novembre 1960, n. 1397), non possono essere considerate
alla stregua di enti esclusivamente localizzati in Sicilia e non
rientrano come tali nelle previsioni degli artt. 1 e 3, ma se mai in
quella dell’art. 4 delle norme di attuazione emanate con il decreto
presidenziale del 1952. D’altra parte, dovendosi equiparare almeno
quoad effectum a vera e propria nomina le designazioni bloccate di
alcuni sindaci da parte degli iscritti e della stessa Federazione, ne
conseguirebbe che il trasferimento del potere meramente formale di
nomina dal Ministro per il lavoro – cui corrisponde, peraltro, una
funzione esercitata a più vasto raggio e per tutto il territorio
nazionale nello specifico settore dell’assistenza agli esercenti
attività commerciali – all’Assessore regionale non può essere
rivendicato dalla Regione, se non altro per difetto di interesse.
Le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato si precisano, quindi,
nella reiezione del ricorso.
3. – Con ricorso notificato il 3 maggio 1972 e depositato il 17
maggio successivo, il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
delegato dal Presidente del Consiglio, ha proposto conflitto di
attribuzione contro il Presidente della Regione siciliana, invocando
l’annullamento del decreto dell’Assessore per il lavoro e la
cooperazione in data 19 febbraio 1972, n. 100, con il quale è stata
sciolta la Cassa mutua malattia artigiani della Provincia di Catania ed
è stato nominato un Commissario straordinario con l’incarico
dell’ordinaria amministrazione ed il compito di convocare l’Assemblea
generale dei delegati entro novanta giorni per l’elezione dei
consiglieri di amministrazione.
Si deduce, in particolare, la violazione degli artt. 1, 17, lett.
f, e 20 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, nonché degli
artt. 1 e seguenti delle norme di attuazione approvate con il d.P.R. n.
1138 del 1952, nell’assunto che le Casse mutue in oggetto non siano
enti esclusivamente locali. Alla Federazione in cui sono riunite,
continuerebbe, infatti, a spettare fra l’altro, secondo l’art. 18,
lett. f, della legge 29 dicembre 1956, n. 1533, la competenza in ordine
a provvedimenti di scioglimento per gravi irregolarità, contro i quali
è ammesso ricorso gerarchico improprio al Ministro per il lavoro cui
sarebbe tuttora da riconoscere una funzione di vigilanza e tutela sulla
prima come sulle seconde. Di conseguenza, poiché le citate norme di
attuazione non avrebbero trasferito alla Regione attribuzioni di organi
od enti diversi dal Ministero del lavoro, questo nella fattispecie
denuncia la illegittima sottrazione al suo controllo e alla sua
potestà di riesame di un procedimento spettante alla Giunta centrale
della Federazione, ed emesso invece dall’Assessore.
La difesa del Ministro ricorrente conclude pertanto chiedendo che
sia dichiarato spettare allo Stato il potere di adottare, o quanto meno
di controllare gerarchicamente, i provvedimenti di scioglimento delle
Casse mutue in oggetto e sia conseguentemente annullato l’atto
impugnato, da considerare doppiamente illegittimo: sia per usurpazione
delle funzioni spettanti alla Giunta centrale della Federazione, con
evidenti violazioni dei limiti territoriale ed oggettivo dello Statuto,
sia per invasione della competenza statale al controllo gerarchico
improprio.
4. – Il Presidente della Regione siciliana, con deduzioni
depositate il 22 maggio 1972, resiste a questo ricorso argomentando
anche in base alla sentenza n. 3 del 1967 di questa Corte la spettanza
alla Regione dei poteri di vigilanza e di tutela sulle Casse mutue
provinciali di malattia per gli artigiani, da considerare comprese fra
gli enti e gli istituti locali.
Sotto il profilo processuale, del resto, il Ministro non avrebbe
né oggettivamente né soggettivamente veste a sollevare un conflitto
relativamente ad un provvedimento che si assume lesivo delle
attribuzioni di un distinto ente pubblico, come pure non potrebbe
lamentare la invasione della sua competenza a decidere i ricorsi
gerarchici quando questa sia meramente potenziale ed eventuale, non
essendosi verificata in concreto per mancanza dei necessari presupposti
di fatto, i quali avrebbero dovuto nella fattispecie consistere nella
nomina di un commissario da parte della Federazione e nella
interposizione di un ricorso avverso la nomina.
Nel merito, poi, anche ad ammettere la competenza della Federazione
allo scioglimento ed alla nomina di commissari per le Casse mutue, non
potrebbe escludersi quella concorrente dell’Amministrazione regionale,
poiché essa eroga fondi a favore di detti enti e perciò, anche in
base all’art. 4 della legge reg. sic. 25 novembre 1966, n. 30,
modificata da altra legge in pari data n. 31, è investita di una
potestà di vigilanza e di controllo sul corretto impiego dei
contributi versati. Più radicalmente, però, la parte resistente
denuncia la incostituzionalità degli artt. 7, comma secondo e terzo,
12, comma secondo, terzo e quarto, e 18, comma primo, della legge n.
1533 del 1956, già ricordata, in quanto sottraggono per attribuirle ad
un ente pubblico nazionale quelle competenze in ordine alla vigilanza
ed al controllo sugli enti ed istituti locali che spettano alla Regione
in base all’art. 130 della Costituzione, agli artt. 17 e 20 dello
Statuto speciale ed alle norme del d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138.
Le conclusioni della Regione siciliana si sostanziano nella
richiesta di una declaratoria di inammissibilità del ricorso per
inconfigurabilità del conflitto e per difetto di legittimazione attiva
del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro; in
subordine, nella richiesta di reiezione del ricorso stesso con
dichiarazione dell’inesistenza del conflitto e della titolarità per la
Regione della competenza amministrativa esercitata con il provvedimento
emesso dall’Assessore regionale per il lavoro; e nella rimessione alla
Corte della decisione in merito alla questione di legittimità
costituzionale al riguardo eccepita relativamente ad alcune norme della
legge 29 dicembre 1956, n. 1533.
5. – Un terzo ricorso per conflitto di attribuzione contro il
Presidente della Regione siciliana è stato proposto, con atto
notificato il 10 maggio 1972 e depositato il 17 maggio successivo, dal
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e assistito
dall’Avvocato generale dello Stato: ne forma oggetto la circolare in
data 13 gennaio 1972, n. 12 F 9 Gab., dell’Assessore per il lavoro e la
cooperazione sulle attribuzioni dell’Assessorato stesso in materia di
assistenza e previdenza sociale, indirizzata, fra l’altro, ai
Presidenti delle Casse mutue dei coltivatori diretti, degli artigiani e
dei commercianti della Sicilia ed alle rispettive Federazioni, che si
assume abbia violato gli artt. 1, 17 lett. f, e 20 dello Statuto,
nonché le disposizioni di attuazione approvate con il d.P.R. n. 1138
del 1952. Queste, infatti, avrebbero disposto il trasferimento dal
Ministero del lavoro alla Regione siciliana delle competenze nelle
materie della previdenza e dell’assistenza sociale come pure della
vigilanza e della tutela sugli enti ed istituti locali operanti in quel
settore, ma non anche sugli enti ed istituti superregionali, svolgenti
la loro attività in tutto il territorio nazionale, quale è appunto il
caso dei tre sistemi mutualistici considerati nella circolare
impugnata, dei quali vengono messi analiticamente in risalto gli
aspetti unitari.
Ne consegue che la Regione non potrebbe esercitare una vigilanza su
sistemi che, malgrado siano articolati in una pluralità di organismi
provinciali dotati di personalità giuridica, sembrano in effetti
assimilabili ad enti a carattere nazionale e sono come tali soggetti
alla vigilanza del Ministro: né, d’altra parte e con riferimento alle
attribuzioni inerenti alle Giunte centrali delle tre Federazioni,
sarebbe concepibile che le norme di attuazione abbiano trasferito alla
Regione competenze incentrate in organi ed enti diversi dal Ministero
del lavoro.
Le richieste del Presidente del Consiglio dei ministri sono intese
ad ottenere la dichiarazione che spetta allo Stato il potere di
vigilanza sulle tre Federazioni e sulle corrispondenti Casse mutue
provinciali ed il conseguente annullamento della circolare impugnata.
6. – Con deduzioni depositate il 29 maggio 1972, si è costituito
il Presidente della Regione siciliana, deducendo anzitutto
l’inammissibilità del ricorso, non potendosi, a suo avviso,
configurare nella specie un conflitto, a causa della mancanza nel
Ministro del lavoro della titolarità in ordine alla competenza
controversa, che concernerebbe la vigilanza su enti pubblici a
carattere locale, il cui asserito collegamento funzionale con altri
enti a carattere nazionale sarebbe – ai fini che qui direttamente
interessano ed in presenza dell’avvenuto decentramento conforme a
Costituzione – del tutto privo di rilevanza. Ulteriore motivo di
inammissibilità discenderebbe, poi, dalla constatazione che la
circolare regionale, pur se fosse da considerare amministrativamente
illegittima, avrebbe tutt’al più inciso sulla sfera riservata alle tre
Federazioni nazionali, ma in nessun caso avrebbe potuto invadere la
competenza del Ministro del lavoro che, sebbene sia legittimato al
controllo su queste ultime, non potrebbe esplicare alcuna diretta
ingerenza sulle Casse mutue provinciali.
Nel merito, le normative concernenti i tre sistemi previdenziali ed
assistenziali se costituzionalmente legittime non dovrebbero escludere
il potere istituzionale di vigilanza e di tutela della Regione, ma
affiancare ad esso quello concorrente degli organismi nazionali. Esse,
peraltro, proprio per le attribuzioni al riguardo affidate alle tre
Federazioni, appaiono contrastanti con l’art. 130 Cost., con gli artt.
17 e 20 dello Statuto siciliano e con le norme del d.P.R. n. 1138 del
1952.
Cosicché la difesa regionale conclude, chiedendo, in via
principale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per
inconfigurabilità del conflitto e per difetto di legittimazione del
Presidente del Consiglio dei ministri; in via subordinata, la reiezione
del ricorso con declaratoria di inesistenza del conflitto e di
spettanza alla Regione della competenza esercitata dall’Assessore per
il lavoro con l’emanazione della circolare in oggetto, nonché la
rimessione alla decisione della Corte della questione di legittimità
costituzionale, come innanzi prospettata, relativamente alle leggi 22
novembre 1954, n. 1136, 9 gennaio 1963, n. 9, 29 dicembre 1956, n.
1533, 27 novembre 1960, n. 1397 ed al d.P.R. 28 gennaio 1961, n. 184.
Nella pubblica udienza le difese delle parti hanno insistito nelle
rispettive richieste e conclusioni.
1. – I tre giudizi, discussi congiuntamente alla pubblica udienza,
possono venir decisi con unica sentenza, perché tra loro interferenti
e vertenti tutti nella medesima materia della “previdenza ed assistenza
sociale”, di cui all’art. 17, lett. f dello Statuto della Regione
siciliana.
2. – Come detto in narrativa, con il primo ricorso, il Presidente
della detta Regione impugna due decreti del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, con i quali sono stati nominati alcuni sindaci
delle Casse mutue provinciali di malattia per gli esercenti attività
commerciali di Palermo, Agrigento ed Enna, rivendicando la relativa
competenza alla Regione, previa – occorrendo – risoluzione della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 27
novembre 1960, n. 1397.
Il secondo ricorso, proposto viceversa dal Ministro per il lavoro,
all’uopo delegato dal Presidente del Consiglio, si riferisce al decreto
19 febbraio 1972, con il quale l’Assessore regionale per il lavoro e la
cooperazione ha sciolto la Cassa mutua malattia artigiani della
Provincia di Catania nominando ad essa un commissario straordinario.
Anche ai fini della decisione di tale conflitto sono sollevate, dalla
resistente difesa regionale, questioni di legittimità costituzionale
di talune disposizioni della legge 29 dicembre 1956, n. 1533 (ed in
particolare degli artt. 7, commi secondo e terzo, 12, commi secondo,
terzo e quarto, e 18, comma primo).
Il terzo ricorso, infine, proposto dal Presidente del Consiglio dei
ministri, trae origine da una circolare diramata in data 13 gennaio
1972 dall’Assessorato regionale e indirizzata, tra l’altro, ai
presidenti delle Casse mutue malattia dei coltivatori diretti, degli
artigiani e degli esercenti attività commerciali operanti nell’isola,
nonché alle rispettive Federazioni nazionali, ed ha per oggetto la
competenza alla vigilanza sulle menzionate Casse mutue provinciali
siciliane. Ancora una volta la difesa della Regione solleva questione
di costituzionalità di una serie di disposizioni delle leggi sopra
rammentate e della legge 9 gennaio 1963, n. 9, relativa alla previdenza
dei coltivatori diretti, nonché del d.P.R. 28 febbraio 1961, n. 184,
contenente le norme di attuazione della citata legge n. 1397 del 1960.
3. – Vanno preliminarmente disattese sia l’eccezione di
inammissibilità, per difetto di interesse, adombrata nel primo
giudizio dalla difesa dello Stato, sia quelle opposte dalla difesa
regionale avverso i ricorsi statali negli altri due giudizi i cui
termini essenziali sono stati testé riassunti.
Ed invero, quanto alla eccezione dell’Avvocatura dello Stato,
peraltro non formalizzata nelle conclusioni, è agevole rilevare che la
Regione non può dirsi carente di interesse sol perché le nomine dei
sindaci alle Casse provinciali esercenti attività commerciali devono
aver luogo su designazione vincolante della Federazione, sussistendo
del pari l’interesse della Regione alla tutela della asserita propria
competenza, quale che ne sia poi, in pratica, l’effettiva portata.
Quanto alla eccezione sollevata, invece, dalla difesa della Regione
siciliana, nel secondo giudizio, non è esatto che, con il ricorso
avverso il provvedimento di scioglimento della Cassa artigiani di
Catania, lo Stato lamenti invasione della sfera di competenza di un
ente pubblico distinto e diverso, e precisamente della Federazione
nazionale Casse mutue malattia artigiani, poiché l’assunto del ricorso
è che il detto provvedimento ha per conseguenza di sottrarre al
Ministro per il lavoro il potere di decidere sui ricorsi gerarchici
impropri che possano essere avanzati contro lo scioglimento, a norma
dell’art. 18, lett. f, della citata legge n. 1533 del 1956. Né il
conflitto potrebbe ritenersi meramente virtuale, per non esservi stato,
nella specie, alcun ricorso avverso lo scioglimento, essendo evidente
che, una volta adottato il relativo provvedimento dall’Assessore
regionale, anziché dalla Federazione, vien meno con ciò stesso la
possibilità di ricorrere al Ministro e quindi, per logica conseguenza,
a quest’ultimo risulta sottratto il potere conferitogli dalla
disposizione di legge testé rammentata.
Per quel che concerne, infine, il conflitto proposto dallo Stato in
merito alla circolare dell’Assessorato (oggetto del terzo giudizio),
deve rilevarsi che la prima eccezione di inammissibilità del conflitto
per mancanza nel Ministro di poteri di vigilanza sulle Casse, in quanto
enti locali, attiene, in realtà, al merito e non può pertanto essere
presa in considerazione in questo momento; mentre la seconda eccezione
va incontro a rilievi strettamente analoghi a quelli qui sopra
accennati in ordine al conflitto che forma oggetto del secondo
giudizio: deducendosi, infatti, dallo Stato ricorrente invasione, da
parte della Regione, dei poteri di vigilanza ad esso spettanti nei
confronti delle Federazioni nazionali e delle Casse provinciali che le
costituiscono.
4. – Nel merito, è da precisare, anzitutto, che, a norma del
combinato disposto degli artt. 17, lett. f, e 20 dello Statuto, la
Regione siciliana ha competenza legislativa ed amministrativa in
materia di previdenza ed assistenza sociale (che è quella su cui
incide l’attività delle Casse in oggetto e delle loro Federazioni);
tale competenza, peraltro, oltre ad essere limitata dai “principi ed
interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”, deve
contenersi – alla stregua dei criteri ripetutamente affermati da questa
Corte – entro l’ambito del territorio regionale, per la soddisfazione
degli interessi che a questo si riconnettono.
In conformità a detti criteri, il trasferimento alla Regione delle
funzioni amministrative in materia, operato con il d.P.R. 25 giugno
1952, n. 1138, ha avuto esclusivo riguardo alle attribuzioni, in
particolare di vigilanza e tutela, per l’innanzi esercitate da organi
dell’amministrazione statale, concernenti enti ed istituti locali,
compresi quelli consorziali, i quali svolgono sul territorio della
Regione attività nelle materie di cui all’art. 17, lett. f, dello
Statuto (art. 3 del d.P.R. n. 1138 ora citato). Vero è, bensì, che,
in forza del successivo art. 4, la Regione ha altresì diritto ad
essere ” rappresentata” negli organi locali degli enti nazionali
similari, ma questa norma non viene in considerazione nel presente
giudizio, non avendo la Regione avanzato, con riferimento ad essa,
alcuna pretesa.
È da rammentare, infine, che, pur dopo il trasferimento delle
funzioni e sino al 1966, la Regione non aveva comunque esplicato la sua
competenza legislativa sui settori di materia che formano oggetto delle
leggi statali n. 1136 del 1954, n. 1533 del 1956 e n. 1397 del 1960,
con le quali furono istituite – contestualmente – le predette Casse
mutue di malattia e le rispettive Federazioni nazionali.
5. – Tutto ciò premesso, si tratta ora, di accertare se le Casse
mutue provinciali di malattia per i coltivatori diretti, gli artigiani
e gli esercenti attività commerciali siano da qualificare come enti
locali, e cioè “di interesse esclusivamente regionale”, secondo la
dizione usata nel Regolamento dei rapporti tra il Ministero per il
lavoro e la previdenza sociale e il corrispondente Assessorato
regionale siciliano, concordato tra le due parti il 15 settembre 1972
per dare attuazione al d.P.R. n. 1138 del 1952 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Regione del 30 settembre 1972, n. 45, ovvero
siano integrate, pur con propria autonoma personalità giuridica, entro
le rispettive Federazioni nazionali. Con l’avvertenza che, ove pure la
prima alternativa dovesse rivelarsi – in ipotesi – quella esatta, la
Regione non potrebbe rivendicare per sé che le sole attribuzioni di
organi dello Stato, direttamente riferentisi alle singole Casse
provinciali operanti nell’isola, non rientrando certamente tra le
funzioni trasferite dal d.P.R. n. 1138 del 1952 quelle prima di
spettanza delle Federazioni, né quelle di organi dello Stato nei
confronti delle Federazioni stesse.
Queste ultime rappresentano, com’è stato rilevato in dottrina, un
nuovo tipo di struttura previdenziale sui generis, a livello insieme
nazionale e di categoria, ben diversa da quella a livello nazionale e
funzionale, in precedenza attuata nel nostro ordinamento. La disciplina
che ne danno le leggi rispettive, pur differendo in alcuni dettagli,
ricalca sostanzialmente un medesimo schema, consentendo in questa sede,
ed ai fini che ora interessano, un discorso unitario. Ed è subito da
avvertire che tale schema è nettamente diverso da quello cui è invece
informata la regolamentazione delle Casse di soccorso del personale
dipendente dalle aziende ferrotranviarie, alle quali aveva riguardo la
sentenza n. 3 del 1967 di questa Corte, che ebbe ad affermare nei loro
confronti la competenza della Regione siciliana: di guisa che il
“precedente” non è fondatamente invocato, nell’attuale controversia,
dalla difesa regionale. Le Casse autoferrotranvieri, sono, infatti,
istituite dalle amministrazioni delle singole imprese ed operano
limitatamente alla cerchia dei loro dipendenti; sono del tutto autonome
l’una dall’altra e finanziate unicamente attraverso entrate che, per la
loro natura e provenienza, non travalicano l’ambito delle imprese cui
si riferiscono, senza che le condizioni dei rispettivi bilanci
risentano dell’alea di gestione delle altre.
Per contro, le Federazioni di cui è questione nei presenti giudizi
sono finanziate in parte dai contributi degli iscritti, ma in parte
anche dallo Stato, e la gestione del fondo di solidarietà nazionale,
che le somme da questo erogate vanno a costituire, avviene sulla base
del principio mutualistico, secondo piani stabiliti dagli organi
centrali delle Federazioni stesse, tenendo conto, a fini e secondo
criteri perequativi, delle esigenze delle singole Casse, le quali
risultano perciò interdipendenti. Il regolamento delle prestazioni
obbligatorie è di competenza delle Federazioni, rimanendo affidato
all’autonoma determinazione delle Casse locali soltanto quello delle
prestazioni facoltative, pur sempre, tuttavia, anche qui, “entro le
direttive delle Federazioni”. Gli organi di queste ultime hanno
competenza ad approvare le più importanti deliberazioni degli organi
di amministrazione delle Casse, a cominciare dai bilanci, e a decidere
i ricorsi proposti avverso talune tra esse, ivi comprese quelle
concernenti le prestazioni dovute agli assistiti. Anche il regolamento
del personale è deliberato dalle Federazioni, le quali hanno altresì
una ingerenza nella nomina dei direttori delle Casse provinciali: che
deve essere sottoposta a controllo da parte della Federazione, per gli
artigiani (art. 12, comma primo, lett. g), e comma quarto, della legge
n. 1533 del 1956), ed avvenire alla stregua delle “norme” fissate
dagli organi federali, per gli esercenti attività commerciali (art.
26, primo comma, lett. m, della legge n. 1397 del 1960); mentre, nel
caso dei coltivatori diretti, è addirittura effettuata da questi
ultimi (art. 14, comma primo, lett. d, della legge n. 1136 del 1954).
6. – Così sotto l’aspetto organizzativo come sotto l’aspetto
funzionale, si rivela perciò nettamente prevalente, nella disciplina
delle Casse e delle rispettive Federazioni, l’elemento unitario su
scala nazionale: l’autonomia di cui le prime sono dotate si esplica,
bensì, largamente, a livello soprattutto di azione amministrativa, nei
rapporti esterni; ma è un’autonomia strettamente limitata dagli ampi
poteri normativi e di direzione, nonché di riesame e controllo nei
confronti di concreti provvedimenti, spettanti agli organi centrali
delle Federazioni.
Le singole Casse provinciali non sono, perciò, suscettibili di
essere considerate “in sé e per sé”, come altrettante istituzioni
locali, avulse dal complesso sistema in cui sono organicamente
inquadrate.
Né può fondatamente dubitarsi della costituzionalità della
normativa a suo tempo dettata dalle leggi statali che le hanno in tal
modo configurate, attribuendo tra l’altro alle Federazioni gli svariati
poteri cui si è sopra accennato. Ed invero, fermo restando che, come
rilevato dal punto 4, la potestà legislativa della Regione siciliana
di cui all’art. 17 dello Statuto incontra il limite dei principi ed
interessi della legislazione statale, sta di fatto che, al momento in
cui quelle leggi furono emanate, la Regione non aveva posto in essere
alcun diversa disciplina della materia. Di guisa che lo Stato
conservava la pienezza della propria potestà legislativa e poteva
validamente esplicarla sull’intero territorio nazionale, nei modi e con
i contenuti ritenuti politicamente più opportuni. Né la situazione
può dirsi mutata a seguito delle leggi regionali n. 30 e n. 31 del
1966, come meglio si vedrà appresso.
Sono perciò manifestamente infondate le questioni di legittimità
costituzionale sollevate incidentalmente dalla difesa della Regione nei
confronti delle disposizioni delle leggi nazionali (non sempre,
d’altronde, specificamente indicate) che concorrono a determinare la
struttura territorialmente articolata, ma sostanzialmente unitaria,
delle tre Federazioni.
Dalle considerazioni fin qui svolte consegue che il ricorso
regionale contro la nomina da parte del Ministero per il lavoro di
alcuni sindaci di Casse provinciali siciliane per gli esercenti
attività commerciali, oggetto del primo giudizio, deve essere
respinto; mentre vanno accolti, all’inverso, quelli proposti dallo
Stato contro il provvedimento di scioglimento della Cassa artigiani di
Catania, adottato dall’Assessore regionale per il lavoro, e contro la
circolare dell’Assessorato medesimo che formano oggetto degli altri due
giudizi.
Non vale invocare in linea subordinata, come fa la difesa della
Regione, le leggi regionali n. 30 e n. 31 del 25 novembre 1966 (della
cui validità non sorge adesso questione), giacché l’essersi in tali
leggi stabilita la possibilità di controlli, peraltro non meglio
specificati, dall’amministrazione regionale sulla gestione dei
contributi finanziari dalla stessa erogati – limitatamente, si badi,
alle sole Casse artigiani esistenti in Sicilia, nonché nell’ambito
delle loro prestazioni assistenziali facoltative – non rappresenterebbe
base sufficiente per fondarvi il potere della Regione di impartire ad
esse direttive, né tanto meno quello di scioglimento e di nomina di un
commissario, essendo quest’ultimo un potere che, spettando per
l’innanzi alle Federazioni, non era compreso, secondo si è detto al
punto 3, nel trasferimento alla Regione, né rientrerebbe comunque tra
quelli di vigilanza e di controllo (sent. n. 164 del 1972).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato il potere di nominare i sindaci
delle Casse mutue malattia per gli esercenti attività commerciali
delle provincie di Palermo, Agrigento ed Enna;
dichiara che non spetta alla Regione siciliana il potere di
scioglimento e di nomina di un commissario straordinario nei confronti
della Cassa mutua malattia artigiani della Provincia di Catania e, per
conseguenza, annulla il decreto 19 febbraio 1972, n. 100,
dell’Assessore regionale per la previdenza e la cooperazione;
dichiara che spetta allo Stato la vigilanza e la tutela sulle Casse
mutue provinciali di malattia per i coltivatori diretti, gli artigiani
e gli esercenti attività commerciali esistenti in Sicilia e, per
conseguenza, annulla la circolare 13 gennaio 1972, n. 12 F 9 Gab.
dell’Assessorato regionale siciliano per la previdenza e la
cooperazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI –
LEONETTO AMADEI – GIULIO GIONFRIDA.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere