Sentenza N. 220 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
09/07/1974
Data deposito/pubblicazione
09/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/06/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott. LUIGI
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
quinto comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 (Attuazione delle
deleghe conferite al Governo con gli artt. 27 e 29 della legge 30
aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti
pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con
ordinanza emessa il 30 dicembre 1971 dal tribunale di Trapani nel
procedimento civile vertente tra Sancetta Antonia e l’Istituto
nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 267 del registro
ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 240 del 13 settembre 1972.
Visti gli atti di costituzione di Sancetta Antonia e dell’INPS,
nonché l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 12 giugno 1974 il Giudice relatore
Angelo De Marco;
udito l’avv. Benedetto Bussi, per Sancetta Antonia, l’avv.
Giovanni Battista Rossi Doria, per l’INPS, ed il sostituto avvocato
generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Antonia Sancetta, in data 21 novembre 1969, chiedeva alla sede
dell’INPS di Trapani che le venisse liquidata la pensione di
riversibilità quale coniuge superstite di Melchiorre Scalia, richiesta
che non veniva accolta per il motivo che la istante risultava titolare
di pensione diretta.
La Sancetta proponeva ricorso al Comitato provinciale che, come da
nota 16 febbraio 1971, lo rigettava, avvertendo la interessata che
aveva facoltà di proporre gravame al Comitato regionale, entro novanta
giorni.
Prima che tale termine scadesse, dichiarando di non ritenere di
essere tenuta a proporre tale gravame, la Sancetta, con atto notificato
il 22 marzo 1971, conveniva l’INPS davanti al tribunale di Trapani
chiedendo che ne venisse dichiarato l’obbligo a corrisponderle la
richiesta pensione di riversibilità, con gli interessi dalla data di
rigetto della domanda relativa e con vittoria di spese ed onorari.
In via pregiudiziale, il patrocinio della Sancetta, con lo stesso
atto di citazione, chiedeva che venisse sollevata questione di
legittimità costituzionale degli artt. 33 e 46 del decreto legislativo
delegato 30 aprile 1970, n. 639, rispettivamente in riferimento
all’art. 87 (sic) della Costituzione, per eccesso di delega, ed in
riferimento all’art. 24 della Costituzione, in quanto gli artt. 27 e 29
della legge di delegazione 30 aprile 1969, n. 153, non prevedono
l’istituzione dei Comitati regionali dell’INPS e, comunque, non dettano
alcun criterio direttivo circa il numero dei suoi componenti e la
procedura per la loro scelta, ed in quanto l’art. 46 dispone che il
termine per la proposizione dei gravami contro i provvedimenti
decorrano dalla data della relativa comunicazione e non da quella della
ricezione da parte dell’interessato.
Il Tribunale adito, con ordinanza 30 dicembre 1971 (pervenuta a
questa Corte il 12 luglio 1972) dichiarava entrambe le questioni, nei
termini sopra riassunti, non manifestamente infondate, senza, peraltro,
motivare circa la rilevanza.
È intervenuto nel giudizio, come sopra promosso, il Presidente del
Consiglio dei ministri, debitamente autorizzato e rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che con l’atto
d’intervento, depositato il 10 giugno 1972, chiede che le prospettate
questioni vengano dichiarate inammisibili o, comunque, non fondate.
L’inammissibilità viene eccepita per l’assoluta omissione di
motivazione circa la rilevanza.
La infondatezza della questione riguardante l’asserito eccesso di
delega viene prospettata in considerazione che l’art. 29, lett. a,
della legge delegante, nell’indicare le funzioni da attribuire al
Comitato speciale preposto al Fondo pensione lavoratori dipendenti,
testualmente dispone: “Al Comitato dovranno essere attribuiti i
seguenti compiti… decidere in secondo grado – qualora non si provveda
ad affidare tale facoltà decisionale a costituendi organi regionali –
sui ricorsi in materia di prestazioni dell’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei
dipendenti avverso le decisioni dei Comitati provinciali”.
La infondatezza della questione riguardante l’art. 46 non viene
motivata con la considerazione che quando venne pronunziata l’ordinanza
di rinvio era già entrato in vigore l’art. 2 del d.l. 20 aprile 1971,
n. 161, convertito nella legge 18 giugno 1971, n. 374, che dispone: “Ai
fini del decorso dei termini di cui all’art. 46, comma quinto, del
decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, deve
intendersi per data utile quella risultante dal timbro apposto
sull’avviso di ricevimento dell’ufficio postale tenuto alla
restituzione dell’avviso medesimo al destinatario”.
Si è costituita in giudizio la Sancetta il di cui patrocinio, con
memoria depositata il 21 luglio 1972, riproduce le argomentazioni già
fatte proprie dall’ordinanza di rinvio in ordine all’asserito eccesso
di delega, insistendo, sopratutto, nella mancanza di qualsiasi
indicazione nella legge delegante circa la costituzione del Comitato
regionale, mentre, per quanto riguarda l’art. 46, aggiunge che il d.l.
n. 161 del 1971 e la legge di conversione n. 374 dello stesso anno ne
confermano la illegittimità, ma non rendono inammissibile la relativa
eccezione dato che ne rimane l’applicabilità nel testo non modificato
ai ricorsi proposti prima del 21 aprile 1971.
Si è costituito in giudizio anche l’INPS, il quale a sua volta ha
chiesto – nell’atto di costituzione e in successiva memoria – che le
questioni prospettate siano ritenute irrilevanti o comunque infondate.
Il patrocinio della Sancetta ha ulteriormente insistito nelle sue
deduzioni anche in una successiva memoria depositata il 30 maggio 1974.
1. – Come ha esattamente rilevato l’Avvocatura generale, il giudice
a quo non ha in alcun modo motivato circa la rilevanza delle questioni
sottoposte all’esame di questa Corte, ai fini della decisione del
giudizio davanti ad esso pendente.
Da questa omissione, peraltro, non può derivare la dichiarazione
di inammissibilità di entrambe le questioni o, quanto meno, il rinvio
a detto giudice, perché motivi al riguardo, secondo la richiesta
dell’Avvocatura stessa.
S’impongono, invece, due opposte soluzioni, come risulta dalle
seguenti considerazioni:
a) La questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 del
d.P.R. n. 639 del 1970 è manifestamente pregiudiziale ai fini della
decisione del giudizio a quo, dato che soltanto ove venga dichiarata
fondata potrà trovare ingresso l’azione in quella sede proposta, che
in caso diverso dovrebbe essere dichiarata improponibile (art. 439
c.p.c.): di qui l’evidente rilevanza, senza necessità di apposita
motivazione;
b) Viceversa la questione di legittimità costituzionale dell’art.
46 dello stesso decreto n. 639 del 1970, indipendentemente dalla
modificazione apportatavi dal d.l. n. 161 del 1971, convertito nella
legge n. 374 dello stesso anno, risulta ictu oculi irrilevante.
Difatti, come si evince dall’atto di citazione notificato il 22
marzo 1971, la Sancetta non ha proposto ricorso al Comitato regionale,
non perché fosse decorso il relativo termine (decorso sul quale avesse
avuto influenza la data apposta dall’ufficio postale stabilita
dall’originaria disposizione dell’articolo 46, comma sesto), ma perché
riteneva di non essere tenuta a continuare la via dei ricorsi
amministrativi, per la sostenuta illegittimità del pure impugnato art.
33; di qui l’assoluta estraneità dell’art. 46 dall’oggetto del
giudizio a quo e conseguentemente la manifesta irrilevanza della
questione ai fini della decisione di tale giudizio.
Resta così dimostrato come la questione riguardante l’art. 33 sia
ammissibile, mentre quella riguardante l’art. 46 deve essere senz’altro
dichiarata inammissibile per manifesta irrilevanza.
2. – Secondo l’ordinanza di rinvio l’art. 33 del d.P.R. 30 aprile
1970, n. 639 – attuazione delle deleghe conferite al
Governo con gli artt. 27 e 29 della legge 10 aprile 1969, n. 153,
concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in
materia di sicurezza sociale – con il quale è stato istituito in ogni
capoluogo di regione un Comitato regionale dell’INPS, avente competenza
a decidere in seconda e definitiva istanza i ricorsi avverso le
decisioni dei Comitati provinciali in materia di pensioni sociali,
sarebbe illegittimo costituzionalmente per eccesso di delega, in quanto
né l’art. 27 né l’art. 29 della legge di delegazione ne prevedevano
l’istituzione e sopratutto dettavano criteri per la sua composizione:
come norma della Costituzione a riferimento si indica l’art. 87.
Il richiamo a tale norma è poco appropriato, in quanto, al
riguardo, dovevano essere richiamati gli artt. 76 e 77 ma non sorge
alcun dubbio che appunto di tali norme si denunzia in sostanza la
violazione, cosicché l’oggetto del giudizio risulta sufficientemente
individuato e secondo una ormai consolidata giurisprudenza di questa
Corte (da ultimo sentenza n. 50 del 1967) ne va dichiarata la
ritualità.
3. – Si può, quindi, passare all’esame della questione che,
peraltro, risulta non fondata.
L’art. 27 della legge n. 153 nel delegare il Governo della
Repubblica ad emanare norme per il riordinamento degli organi di
amministrazione dell’INPS stabiliva, tra gli altri, i criteri direttivi
relativamente:
a) alla composizione e alla nomina degli organi direttivi;
b) al decentramento amministrativo, prevedendo il rior- dinamento
dei Comitati provinciali con una composizione che riflettesse
proporzionalmente, per quanto riguarda le rappresentanze delle
categorie, quella del Consiglio di amministrazione;
c) alla disciplina delle procedure dei ricorsi in relazione al
decentramento preveduto al punto b.
L’art. 29, poi, delegava il Governo ad emanare norme aventi valore
di legge per la costituzione ed il funzionamento di un comitato
speciale per la gestione del “Fondo pensioni dei lavoratori
dipendenti”, ne stabiliva la composizione e, tra i compiti che
avrebbero dovuto essergli attribuiti, stabiliva testualmente al punto a
“predisporre i bilanci annuali preventivo e consuntivo della gestione e
deliberare sui regolamenti tecnici relativi alla stessa, decidere in
secondo grado qualora non si provveda ad affidare tale facoltà
decisionale a costituendi organi regionali – sui ricorsi in materia di
prestazioni della assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti
avverso le decisioni dei Comitati provinciali”.
È da notare che l’inciso – qualora non si provveda ecc. – fu
introdotto nel disegno di legge governativo dal Senato dopo un’ampia
discussione durante la quale fu messo, soprattutto, in evidenza che la
costituzione di comitati regionali avrebbe meglio soddisfatto
l’esigenza di decentramento amministrativo che il legislatore si
proponeva perseguire, come dal punto c dell’art. 27.
Dal semplice confronto tra le parti degli artt. 27 e 29 sopra
riportate risulta, quindi, chiaramente che il legislatore delegante ha,
meditatamente, affidato al Governo la facoltà di scelta circa l’organo
al quale affidare la decisione dei ricorsi avverso le decisioni dei
Comitati provinciali, mentre dai lavori preparatori risulta, altresì,
che il criterio direttivo della scelta avrebbe dovuto essere quello
della più completa attuazione del decentramento amministrativo.
Non è esatto, poi, che manchi nelle norme di delegazione qualsiasi
criterio direttivo circa la composizione del nuovo organo.
Tale criterio infatti è facilmente desumibile dal punto b
dell’art. 27 ed è quello di “una composizione che rifletta
proporzionalmente, per quanto riguarda le rappresentanze delle
categorie, quella del consiglio di amministrazione”.
La composizione del Comitato regionale preveduta dall’impugnato
art. 33 riflette appunto, proporzionalmente per quanto riguarda la
rappresentanza delle categorie, un numero di membri con sufficiente
approssimazione intermedio fra quelli del consiglio di amministrazione
e dei Comitati provinciali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 46 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, nella
pa’rte in cui prevede che i termini per proporre gravame contro i
provvedimenti dell’INPS decorrono dalla data di spedizione della
relativa comunicazione e non da quella della ricezione, sollevata con
l’ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all’art. 24 della
Costituzione;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 33 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, sollevata con
l’ordinanza stessa, in riferimento agli artt. 76 e 77 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE
MARCO – ERCOLE ROCCHETTI – ENZO
CAPALOZZA – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI
– GIULIO GIONFRIDA EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere