Sentenza N. 23 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
14/04/1965
Data deposito/pubblicazione
14/04/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/04/1965
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO,
Giudici,
lett. a, della legge 21 dicembre 1960, n. 1521, promossi con le
seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 31 ottobre 1963 dal Tribunale di Venezia nel
procedimento civile vertente tra Bevilacqua Pietro e Ottolenghi
Eugenio, iscritta al n. 32 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 67 del 14 marzo 1964;
2) ordinanza emessa il 30 gennaio 1964 dal Tribunale di Venezia nel
procedimento civile vertente tra Vianello Antonio e la Sacra
Congregazione “De propaganda fide”, iscritta al n. 61 del Registro
ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
n. 108 del 2 maggio 1964.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri e l’atto di costituzione in giudizio della Congregazione “De
propaganda fide”;
udita nell’udienza pubblica del 18 novembre 1964 la relazione del
Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi l’avv. Francesco Silvestri, per la Congregazione, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Il dott. Eugenio Ottolenghi, locatore di un immobile destinato
ad abitazione, con atto 3 novembre 1961, citava davanti al Pretore di
Venezia il conduttore sig. Pietro Bevilacqua, per far dichiarare la
cessazione del regime vincolistico, a norma dell’art. 2, lett. a, della
legge 21 dicembre 1960, n. 1521, in quanto l’immobile aveva una
superficie coperta superiore ai mq. 200.
Resisteva il Bevilacqua. Accertato con consulenza tecnica che la
superficie coperta complessiva dell’immobile era di mq. 210, il Pretore
accoglieva la domanda, con sentenza 18 aprile 1962. Il Bevilacqua
proponeva appello, sostenendo che una razionale interpretazione della
norma indicata porta ad escludere dal computo della “superficie
coperta” le superfici su cui insistono i muri e quelle di elementi
estranei all’abitazione, come il vano della scala.
Il Tribunale di Venezia, con ordinanza 31 ottobre 1963, ha
sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale del citato
art. 2, lett. a, limitatamente alla parte in cui è prevista la
cessazione del regime vincolistico delle locazioni aventi ad oggetto
“immobili destinati ad abitazione considerati di lusso ai sensi del
decreto ministeriale 7 gennaio 1950, n. 2, e aventi una superficie
coperta superiore ai metri quadrati 200”, in riferimento all’art. 3
della Costituzione. L’ordinanza osserva che, per effetto del richiamo
al n. 2 del D. M. 7 gennaio 1950, vengono ad essere comprese fra le
ipotesi di cessazione del regime vincolistico, quella delle case di
lusso circondate da giardino o parco, per le quali si richiede una
superficie “utile” superiore a mq. 200, esclusi dal computo terrazze,
cantine, soffitte e scale, e quella genericamente indicata con la
formula immobili “aventi una superficie coperta superiore ai mq. 200”.
Se, prosegue l’ordinanza, per superficie coperta si deve intendere la
superficie dell’immobile, compresi i muri, le scale, le cantine ecc.,
si ha che i conduttori di case circondate da parco o giardino hanno
diritto a un computo della superficie dell’abitazione più favorevole
rispetto ai conduttori di case senza parco o giardino circostante,
dovendosi nel loro caso escludere quegli elementi dal computo della
superficie utile. In questo trattamento disuguale di situazioni
sostanzialmente uguali, in quanto caratterizzate dal comune elemento
dell’estensione orizzontale dell’immobile superiore a 200 metri
quadrati, si ravvisa il contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
L’ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
con atto 13 gennaio 1964, nel quale si rileva che l’ipotesi
dell’immobile con superficie coperta superiore a mq. 200, introdotta
durante la discussione della legge 21 dicembre 1960 con un emendamento
all’originario disegno di legge, assorbe l’ipotesi della casa
circondata da parco o giardino con superficie utile di mq. 200:
ipotesi, quest’ultima, che era prevista nel D. M. 7 gennaio 1950, al n.
2, al quale fu, nella legge del 1960, erroneamente mantenuto il
richiamo dopo che era stato approvato l’emendamento.
Comunque, soggiunge l’atto di intervento, l’asserito contrasto con
l’art. 3 della Costituzione nella specie non sussiste.
3. – La medesima questione di legittimità costituzionale è stata
sollevata dallo stesso Tribunale di Venezia, con ordinanza 30 gennaio
1964, nel giudizio di appello promosso dal sig. Antonio Vianello
conduttore nei confronti della locatrice Congregazione “De propaganda
fide”, avverso una sentenza del Pretore che aveva dichiarato cessata la
proroga della locazione di un immobile, avente una superficie coperta
superiore ai 200 mq. Nell’ordinanza si osserva come, posto che la
superficie coperta di una casa di abitazione, nella sua estensione
comprensiva dello spessore dei muri, è sempre superiore a quella
utile, che la legge stessa considera netta dai vani accessori
espressamente indicati, a parità di superficie coperta talune case
continuano ad essere sottoposte al regime vincolistico, essendo
circondate da giardino o parco, mentre altre vengono sottratte a tale
regime, pur essendo sprovviste di simile vantaggio, in contrasto con le
finalità della stessa legge e con l’art. 3 della Costituzione.
Si è costituita in giudizio la Congregazione “De propaganda fide”,
rappresentata dall’avv. Francesco Silvestri, con atto 18 aprile 1964.
Con esso si chiede che la questione sia dichiarata infondata, perché
non esiste una differenziazione di trattamento, in quanto la norma in
esame ha carattere alternativo, dipendendo la cessazione del regime
vincolistico dalla ricorrenza dell’una o dell’altra ragione.
Si è anche costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto
10 marzo 1964, nel quale, rilevata la completa analogia della questione
con quella sollevata nel giudizio Bevilacqua-Ottolenghi, si chiede, in
via pregiudiziale, la riunione delle due cause, e nel merito la
dichiarazione di infondatezza della sollevata questione, per le ragioni
innanzi esposte.
La difesa della Congregazione “De propaganda fide” ha presentato
una nota illustrativa, in data 4 novembre 1964, in cui si rileva che la
norma dell’art. 2 della legge n. 1521 del 1960 ha assorbito le
caratteristiche del n. 2 del D. M. 7 gennaio 1950, in quanto il
riferimento alla superficie coperta costituisce un minus rispetto alla
norma di cui a tale decreto. Tuttavia si soggiunge che la valutazione
specifica dei singoli casi indicati nella legge 21 dicembre 1960, n.
1521, è dovuta alla opportunità di una disciplina differenziata dei
casi stessi, ed è priva di vizio logico, cosicché non potrebbe essere
censurata sotto il profilo del principio di eguaglianza.
L’Avvocatura dello Stato ha presentato memoria in entrambe le
cause, nelle quali si recano altri elementi a dimostrare il mancato
coordinamento degli emendamenti col disegno di legge, durante i lavori
preparatori della legge 21 dicembre 1960, n. 1521, e si insiste per la
dichiarazione di infondatezza.
4. – Nella discussione orale i difensori hanno ribadito le
rispettive tesi ed insistito nelle conclusioni prese.
1. – Le due cause possono essere riunite e decise con unica
sentenza, vertendo su una medesima questione di legittimità
costituzionale.
2. – Il Tribunale, nel porre la questione, parte dal presupposto
che le due ipotesi enunciate nell’art. 2, lett. a, della legge 21
dicembre 1960, n. 1521 (immobili considerati di lusso ai sensi del n. 2
del D. M. 7 gennaio 1950 ed immobili aventi una superficie coperta
superiore ai metri quadrati 200) siano disgiunte, nel senso che le case
circondate da giardino indicate nel n. 2 del citato decreto
ministeriale e le case aventi una superficie coperta superiore ai metri
quadrati 200 costituiscano due categorie di abitazioni alle quali la
legge avrebbe attribuito, agli effetti della cessazione del regime
vincolistico, una disciplina distinta e separata con l’effetto che
sarebbero sottratte al regime vincolistico le abitazioni circondate da
giardino aventi una superficie utile superiore ai metri quadrati 200,
mentre resterebbero sottoposte al vincolo le abitazioni dello stesso
tipo che abbiano una superficie coperta superiore ai 200 metri
quadrati. Situazione assurda, di fronte alla quale il dubbio di
legittimità sollevato dal Tribunale avrebbe una ragione d’essere.
Senonché, a giudizio della Corte, il significato della norma
denunziata è diverso da quello che gli attribuiscono i giudici del
merito. La Corte ritiene, infatti, che le due ipotesi previste nella
norma in esame siano state enunciate congiuntamente, nel senso che una
non esclude l’altra, nel senso, cioè, che un alloggio, che non rientri
in una delle due categorie, possa, ove ne abbia i requisiti, rientrare
nell’altra. In termini più concreti, se un’abitazione avente gli altri
requisiti previsti dal n. 2 del D. M. 7 gennaio 1950 abbia una
superficie coperta superiore a metri quadrati 200, è da ritenere che
essa corrisponda alla previsione della legge, al pari dell’abitazione
che presenti tutti i requisiti previsti dallo stesso n. 2 del predetto
decreto (abbia, cioè, una superficie utile superiore ai 200 metri
quadrati).
In sostanza, secondo l’interpretazione che alla Corte appare più
esatta, il requisito della “superficie coperta” nel senso che a questa
espressione è stato attribuito dalla giurisprudenza prevalente in
contrapposto a quello di “superficie utile” (nel senso cioè che la
superficie coperta comprenda anche i muri perimetrali e interni con
esclusione soltanto delle terrazze, balconi, pianerottoli, cantine e
soffitte), vale anche nei confronti delle case indicate nel n. 2 del
ripetuto decreto ministeriale. Cosicché tali immobili rientrano nella
previsione della legge tanto se hanno una superficie utile, quanto se
hanno una superficie coperta superiore ai 200 metri quadrati.
Così intesa, la norma ha un suo chiaro significato: essa prevede,
tra l’altro, due distinte ipotesi, di cui la seconda (superficie
coperta superiore ai 200 metri quadrati) assorbe in parte la prima
(case circondate da giardino), ma non in tutto, giacché resta operante
l’ipotesi relativa alle case con giardino che abbiano una superficie
utile superiore ai 200 metri quadrati.
Che questa sia la esatta interpretazione della norma risulta dal
significato delle parole della legge e dall’intenzione del legislatore,
quale emerge anche dai lavori preparatori.
È da considerare, anzitutto, che la previsione è contenuta
cumulativamente nella lettera a dell’art. 2 della legge, nel quale la
“o” appare adoperata in senso congiuntivo.
Si tenga anche presente che il testo definitivamente approvato dal
Parlamento risulta da un emendamento accolto dalla Camera dei Deputati
rispetto al disegno di legge che faceva un puro e semplice rinvio al
decreto ministeriale del gennaio 1950. Con l’emendamento proposto dal
relatore e accettato dal Governo si volle tener conto delle critiche e
delle proposte avanzate da alcuni deputati, per cui, eliminato il
rinvio al n. 3 di quel decreto, si ritenne di dovere aggiungere la
previsione delle abitazioni di qualunque tipo aventi una superficie
coperta superiore ai metri quadrati 200.
Questa aggiunta, come si può evincere dalle discussioni
parlamentari, fu fatta per eliminare incongruenze, non per crearne.
Appare pertanto evidente come, così interpretata, la norma
denunziata non contrasti con l’art. 3 della Costituzione, dato che le
due ipotesi sopra esaminate non pongono in essere alcuna irrazionale
disparità di trattamento.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i due giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2, lett. a, della legge 21 dicembre 1960, n. 1521, sulla
disciplina transitoria delle locazioni di immobili urbani, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 aprile 1965.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.