Sentenza N. 234 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
17/07/1974
Data deposito/pubblicazione
17/07/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/07/1974
Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott. LUIGI OGGIONI – Avv. ANGELO DE
MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA –
Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per
l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 3 febbraio
1972 dal tribunale di Padova nel procedimento civile vertente tra
Dolzan Emilio e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 1972 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 del 26
luglio 1972.
Visti gli atti di costituzione di Dolzan Emilio e dell’INAIL;
udito nell’udienza pubblica del 12 giugno 1974 il Giudice relatore
Luigi Oggioni;
udito l’avv. Vincenzo Cataldi, per l’INAIL.
Nel procedimento civile davanti al tribunale di Padova avente ad
oggetto le prestazioni assicurative richieste all’INAIL da Dolzan
Emilio, quale padre legale rappresentante del figlio minore Giancarlo,
l’Istituto eccepiva, in via pregiudiziale, l’improcedibilità
dell’azione in quanto il Dolzan aveva proposto opposizione in via
amministrativa contro il provvedimento negativo dell’Istituto sulle sue
richieste oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del
provvedimento stesso, previsto al riguardo dall’art. 104 del d.P.R. 30
giugno 1965, n. 1124, ed era pertanto decaduto dal diritto di
esercitare la relativa azione in giudizio, a norma degli artt. 460
c.p.c. e 111 del citato d.P.R. n. 1124.
Con ordinanza del 3 febbraio 1972 il tribunale ha sollevato
questione di legittimità costituzionale del ripetuto art. 104 del
d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui stabilisce il periodo
suddetto, lamentandone il contrasto con l’art. 38, secondo comma, della
Costituzione.
Invero, secondo il giudice a quo, il termine, per la sua brevità,
sanzionata dalla predetta decadenza in caso di inosservanza, sarebbe
inidoneo a salvaguardare i diritti garantiti dalla invocata norma
costituzionale, che vuole invece siano assicurati ai lavoratori i mezzi
adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia,
invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.
L’eccessiva ristrettezza del tempo concessa per l’impugnazione,
secondo il tribunale, risulterebbe evidente in considerazione del
turbamento che l’infortunio cagiona nella vita del lavoratore e della
sua famiglia, turbamento da cui potrebbe derivare, specie su persone
con scarsa conoscenza delle disposizioni in materia, “una non
tempestiva percezione della notizia che deve essere oggetto
dell’impugnazione”.
L’ordinanza, notificata e comunicata come per legge, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 26 luglio 1972.
In questa sede si è costituito il Dolzan, rappresentato e difeso
dall’avv. Pasquale Nappi, che ha depositato le proprie deduzioni il 7
agosto 1972.
La difesa osserva che, sostanzialmente, il termine de quo, pur
essendo di decadenza, produrrebbe effetti paralleli a quelli della
prescrizione, avendo come conseguenza la preclusione del ricorso alla
tutela giurisdizionale in caso di inosservanza. Pertanto la sua
evidente brevità rispetto agli ordinari termini di prescrizione,
unitamente alle difficoltà soggettive ed oggettive derivanti dal
verificarsi di un infortunio sul lavoro in ordine allo svolgimento
delle relative pratiche amministrative, finirebbero col frustrare
l’esigenza costituzionalmente garantita dal menzionato art. 38,
secondo comma, della Costituzione. Ed al riguardo la difesa richiama
l’art. 46 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, che avrebbe portato da 60
a 90 giorni il termine per impugnare il provvedimento negativo
dell’INPS in materia di pensioni o di prestazioni previdenziali,
riguardanti, oltre tutto, lavoratori in normali condizioni di capacità
e attività.
Si è anche costituito l’INAIL, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Valerio Flamini, Vincenzo Cataldi e Mario Lamanna, che hanno depositato
le deduzioni l’8 luglio 1972.
La difesa dell’Istituto osserva che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, sarebbe locita la regolamentazione del diritto alla
tutela giurisdizionale, purché non siano previste modalità che ne
rendano impossibile o difficile l’esercizio Particolarmente tale
principio sarebbe estensibile alla fissazione di un termine per la
presentazione dei ricorsi amministrativi e alla conseguente sanzione di
decadenza dall’azione giudiziaria per inosservanza.
La misura, poi, del termine in esame corrisponderebbe a quella
prevista per il ricorso al Consiglio di Stato, e non potrebbe quindi
ritenersi tale da rendere impossibile o difficile l’esercizio del
diritto.
La disposizione impugnata si limiterebbe, quindi, a dettare una
legittima disciplina dell’esercizio del diritto dei lavoratori acché
siano garantiti mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di
infortunio, e tenderebbe, anzi, attraverso l’imposizione del termine,
palesemente congruo, a favorire il lavoratore, che troverebbe nel
procedimento amministrativo un modo di soddisfazione della sua pretesa
facilmente invocabile e non dispendioso.
1. – La questione sottoposta alla Corte concerne la presunta
eccessiva ristrettezza del termine di 60 giorni che l’art. 104 del
d.P.R. n. 1124 del 1965 prevede per l’impugnazione in via
amministrativa delle deliberazioni con cui l’INAIL provvede circa la
corresponsione delle prestazioni assicurative di propria competenza.
L’incongruità del periodo di tempo indicato emergerebbe, da un lato,
dalle difficoltà che, a causa dell’infortunio, si opporrebbero al
tempestivo svolgimento della pratica amministrativa da parte
dell’infortunato stesso o dei suoi congiunti, e, dall’altro, dalla
grave conseguenza processuale derivante dall’inosservanza del termine,
cioè la decadenza dal diritto di adire l’autorità giudiziaria sancita
al riguardo dagli artt. 460 c.p.c. e 111 del citato d.P.R. n. 1124 del
1965. A norma di tali disposizioni, invero, la domanda giudiziale in
materia non potrebbe essere proposta, se non quando siano esauriti i
procedimenti prescritti per la composizione in sede amministrativa o
siano decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti
stessi.
2. – Deve, anzitutto, osservarsi che nell’ambito del procedimento
amministrativo per la risoluzione delle controversie in materia di
prestazioni assicurative contro gli infortuni e le malattie
professionali, regolato dal ripetuto d.P.R. n. 1124 del 1965, è
prevista l’impugnativa, entro 60 giorni dalla comunicazione della
determinazione con cui l’Istituto provvede in merito, a seguito della
denuncia dell’infortunio (art. 104). Tale procedimento, di rapido ed
agevole svolgimento, deve precedere quello giudiziario, a norma delle
citate disposizioni, in ossequio alla esigenza, di pubblico interesse,
di consentire la possibilità di una sollecita ed economica soluzione
delle controversie, che solo può aversi in quella sede.
Il procedimento amministrativo preliminare si risolve, così, in un
vantaggio anche per il creditore della prestazione previdenziale, come
questa Corte ha già avuto occasione di affermare con la sentenza n. 47
del 1964. E nella stessa sentenza è stato anche affermato il
principio secondo cui la fissazione dei ter mini procedurali relativi e
la sanzione di decadenza dell’azione giudiziaria per inosservanza,
hanno la funzione di assicurare il rispetto della obbligatorietà del
procedimento amministrativo anche nella fase di riesame del
provvedimento negativo dell’Istituto, obbligatorietà che la stessa
sentenza ha, del resto, espressamente riconosciuto non in contrasto con
la garanzia giurisdizionale di cui all’art. 113 della Costituzione.
Tali concetti ben si attagliano alla fattispecie, in cui appunto si
discute del termine concernente l’impugnazione in sede amministrativa
del provvedimento negativo dell’Istituto.
Da aggiungersi, per completezza, che il reclamo dell’interessato,
diretto ad un approfondimento dell’esame della controversia attraverso
l’esposizione delle proprie ragioni, costituisce indubbiamente elemento
essenziale del procedimento amministrativo suddetto e si sostanzia in
un atto di cooperazione dell’infortunato che, attraverso un giudizio di
seconda istanza nella piena garanzia del contraddittorio, pone
l’Istituto in condizioni di riprendere in esame i propri atti, prima di
essere eventualmente chiamato a risponderne davanti al giudice, e
quindi di assicurarne, per quanto possibile, la regolarità, in vista
del migliore assolvimento dei compiti sociali che gli sono propri.
In base a quanto premesso, può, in conclusione, senz’altro
affermarsi che il termine di cui si discute si inserisce in una
procedura dettata in funzione del raggiungimento di scopi di interesse
pubblico, i quali, inoltre, si risolvono anche in un vantaggio per
coloro cui fa carico l’osservanza del termine.
3. – Ciò posto, è il caso di richiamare i principi elaborati
dalla giurisprudenza della Corte in materia di valutazione della
adeguatezza dei termini previsti dalla legge per l’espletamento di
attività processuali.
In numerose sentenze i criteri fondamentali al riguardo sono stati
enunciati in modo sostanzialmente univoco, e possono sintetizzarsi nel
senso che la congruità di un termine va valutata, non solo in rapporto
all’interesse di chi è obbligato a rispettarlo, ma anche in rapporto
alla funzione assegnatagli nell’ordinamento giuridico (v. sentenze nn.
159 del 1969, 114 del 1972). Un limite alla discrezionalità del
legislatore in materia potrebbe rinvenirsi soltanto quando la
fissazione della breve durata del termine non trovi ragionevole
giustificazione nel riferimento ai cennati elementi (sent. n. 10 del
1970) e si traduca comunque nella esclusione della effettiva
possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce, rendendola
meramente apparente (sent. n. 80 del 1967) o, comunque, estremamente
difficile (sentenze nn. 107 del 1963, 93 del 19621.
E evidentemente da escludere che il termine in oggetto sia da
giudicare- incongruo alla stregua dei sopra richiamati criteri,
giacché fa parte integrante di un procedimento che, come si è detto,
soddisfa esigenze di celerità di pubblico interesse a vantaggio
concorrente, sia dell’Istituto, sia dell’avente diritto alla
prestazione, il che giustifica ampiamente la scelta del legislatore,
evidenziandone la razionalità anche in relazione a quelle che sono le
comuni valutazioni della idoneità di un prefissato periodo di tempo a
consentire il compimento di determinate attività processuali, sol che
si faccia riferimento, a quest’ultimo riguardo, al termine di 60 giorni
previsto per il ricorso al Consiglio di Stato dall’art.36 del t.u. 26
giugno 1924, n. 1054, nonché ad altre disposizioni in materia analoga
che prevedano termini non sostanzialmente dissimili.
D’altra parte, è pure da tenere presente, ai fini della
valutazione della effettiva congruità del termine in esame, che esso
decorre non dalla data dell’infortunio, bensì dalla data di
comunicazione all’interessato del provvedimento amministrativo
impugnabile.
Pertanto l’argomentata ristrettezza del tempo in relazione alle
difficoltà derivanti dalla traumatizzante vicinanza dell’evento
dannoso, perde rilievo anche sotto questo ulteriore profilo, dato che
al periodo previsto dalla norma censurata va indubbiamente ad
aggiungersi quello, non trascurabile, normalmente occorrente per
giungere al provvedimento amministrativo suddetto.
4. – Né infine può riconoscersi fondamento alla asserita
sproporzione fra il termine in esame e quello di tre anni previsto
dall’art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965 per la proposizione
dell’azione giudiziaria, giacché, come questa Corte ha avuto occasione
di affermare in precedenza in un caso analogo (sent. n. 47 del 1964),
il più lungo termine è di prescrizione e non è quindi comparabile a
quello in esame, che è invece di decadenza, ed incide sulla durata di
un procedimento di natura amministrativa, che, come si è detto,
legittimamente precede l’azione giudiziaria.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 104 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle
disposizioni per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali), sollevata, con ordinanza di cui in epigrafe,
dal tribunale di Padova, in riferimento all’art.38, secondo comma,
della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1974
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI
– GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere