Sentenza N. 24 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
14/04/1965
Data deposito/pubblicazione
14/04/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/04/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,
delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno
1959, n. 393, promosso con ordinanza emessa il 30 gennaio 1964 dal
Pretore di Iglesias nel procedimento penale a carico di Bisio
Alessandro e D’Ascanio Giuseppe, iscritta al n. 41 del Registro
ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
n. 91 dell’11 aprile 1964.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 20 gennaio 1965 la relazione del
Giudice Giovanni Battista Benedetti;
udito il vice avvocato generale dello Stato Dario Foligno, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel corso del procedimento penale dinanzi al Pretore di Iglesias a
carico di Bisio Alessandro e D’Ascanio Giuseppe, imputati della
contravvenzione prevista dall’art. 84, ultimo comma, del T.U. delle
norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959,
n. 393, per avere gestito in Iglesias una scuola per conducenti di
veicoli a motore senza la prescritta autorizzazione del Ministero dei
trasporti, la difesa degli imputati sollevava eccezione di
illegittimità costituzionale del citato art. 84, in riferimento agli
artt. 33 e 41 della Costituzione.
Il Pretore, ritenuta la questione rilevante ai fini della decisione
della causa, con ordinanza 30 gennaio 1964, disponeva la sospensione
del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
Muovendo dalla premessa che la norma contenuta nell’art. 84 del
Codice della strada, disciplini una attività di insegnamento
(teorico-pratico per conducenti di veicoli a motore), il Pretore ha
ravvisato dubbi sulla sua legittimità costituzionale in riferimento
all’art. 33 della Costituzione il quale assicura la libertà
d’insegnamento. La norma impugnata – secondo l’ordinanza – mentre da un
lato prevede determinati, specifici requisiti per conseguire
l’autorizzazione all’esercizio di una scuola guida, dall’altro – con le
espressioni: la autorizzazione “può essere rilasciata” e “può essere
negata”, usate rispettivamente nei commi secondo e quarto – lascia al
Ministero dei trasporti la possibilità di accordare o meno la
richiesta autorizzazione, attribuendo in tal modo alla pubblica
Amministrazione una discrezionalità talmente ampia da snaturare il
diritto alla libertà di insegnamento garantito dalla Costituzione.
Ravvisando, poi, nella gestione di scuole-guida la sussistenza di
una attività imprenditoriale, il Pretore ha ritenuto sussistente il
contrasto anche con l’art. 41 della Costituzione che sancisce il
principio della libertà della iniziativa economica privata, in quanto
anche tale libertà può trovare limiti nella legge, ma non nel potere
discrezionale della pubblica Amministrazione.
L’ordinanza, ritualmente comunicata ai Presidenti delle Camere e
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, è
stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 91
dell’11 aprile 1964.
Nel presente giudizio le parti private non si sono costituite, ma
è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con deposito di
deduzioni in cancelleria in data 23 aprile 1964.
In ordine alla pretesa violazione dell’art. 33 della Costituzione,
l’Avvocatura osserva che l’insegnamento tecnico-pratico impartito nei
corsi di addestramento per conducenti di veicoli a motore, non si
configura come situazione giuridica costituzionalmente garantita dal
primo comma di detto articolo, ma rientra nella sfera del legislatore
ordinario che può liberamente classificarlo come situazione di diritto
soggettivo, perfetto o affievolito o di interesse legittimo.
La norma costituzionale, ad avviso dell’Avvocatura, tende a
garantire la libertà di insegnamento di tutte quelle materie che
attengono alla formazione culturale e professionale dell’individuo;
essa, pertanto, si riferisce alla scuola propriamente detta che ha per
compito l’istruzione e l’educazione e non riguarda, invece, quei corsi
preparatori o di addestramento, come quello in esame, nel quale vengono
impartiti elementi nozionistici e soprattutto pratici al fine di
preparare gli allievi per il conseguimento di una patente di guida.
In ordine poi alla denunciata violazione dell’art. 41 della
Costituzione l’Avvocatura contesta che la norma impugnata lasci adito
al dubbio interpretativo rilevato dal Pretore sulla attribuzione di una
assoluta discrezionalità alla pubblica Amministrazione per il rilascio
dell’autorizzazione, dovendosi, per contro, intendere la norma nel
senso che la pubblica Amministrazione sia tenuta a concedere detta
autorizzazione dopo avere accertato il possesso da parte dei
richiedenti di tutti i requisiti prescritti.
Per quanto in particolare riguarda la disposizione contenuta nel
quarto comma dell’art. 84, l’Avvocatura rileva che con essa il
legislatore ha inteso attribuire all’amministrazione la facoltà di
stabilire se le qualità negative delle persone, indicate nell’art. 1
della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, siano di tale gravità ed
intensità da non consentire il rilascio dell’autorizzazione.
L’Avvocatura chiede, pertanto, che la questione sia dichiarata
infondata.
1. – L’ordinanza di rimessione denuncia l’illegittimità
costituzionale dell’intero art. 84 del T.U. del Codice della strada,
approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, che, nel disciplinare la
materia delle scuole per conducenti di veicoli a motore, subordina
l’apertura delle scuole stesse alla preventiva autorizzazione del
Ministero dei trasporti.
Segnatamente, però, le censure di illegittimità vengono mosse ai
commi secondo e quarto della citata norma i quali rispettivamente
dispongono che l’autorizzazione “può essere rilasciata a chi possiede
adeguata capacità finanziaria” e “può essere negata” alle persone
indicate nell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.
Dette disposizioni – secondo il Pretore – attribuiscono
all’autorità amministrativa, in sede di accertamento e valutazione dei
requisiti economici e morali attinenti alla persona del richiedente
l’autorizzazione, un margine di discrezionalità troppo ampio sì che,
dovendosi ravvisare nella gestione delle scuole guida una attività
tanto di insegnamento, quanto imprenditoriale, sussisterebbe contrasto
tra la norma in esame e gli artt. 33 e 41 della Costituzione che
garantiscono la libertà d’insegnamento e della iniziativa economica
privata.
2. – Quantunque nell’ordinanza si parli di libertà d’insegnamento
e non già di libertà della scuola, e cioè del diritto di aprire
scuole, deve ritenersi che il Pretore abbia inteso riferirsi al terzo e
non già al primo comma dell’art. 33 della Costituzione.
Ciò premesso – a prescindere dalla questione se per le scuole che,
come quelle in esame, non trovano corrispondenza nelle scuole istituite
dallo Stato sia o meno pertinente il riferimento al terzo comma
dell’art. 33 della Costituzione – la Corte ritiene sufficiente ai fini
del decidere ricordare come, sia nel campo della libertà della scuola,
sia in quello della libertà della iniziativa economica privata, si è
avuto occasione di affermare che il riconoscimento di tali diritti da
parte della Costituzione non può intendersi come preclusione per il
legislatore ordinario di dettare disposizioni che, da un canto
specifichino limiti e condizioni di esercizio del diritto stesso e,
dall’altro, attribuiscano all’autorità amministrativa poteri di
controllo il cui margine di discrezionalità, tuttavia, non sia
eccessivamente ampio.
Gli affermati principi valgono, a maggior ragione, per le scuole
guida disciplinate dall’art. 84 del Codice della strada. Trattasi, come
è evidente, di un settore di particolare delicatezza e pericolosità,
strettamente connesso alla tutela della pubblica incolumità, in quanto
insegnar guida di autoveicoli non significa semplicemente impartire
nozioni teoriche e tecniche sul funzionamento dei motori e sulle norme
che regolano la circolazione stradale, ma vuole dire soprattutto
istruire gli allievi alla pratica della guida, alla effettiva
conduzione cioè dei veicoli su strade pubbliche.
Ora è evidente che siffatta attività non poteva essere lasciata
all’incontrollata e illimitata iniziativa dei privati e ben si
giustifica l’intervento del legislatore diretto a dettar norme che,
specificando condizioni e ponendo limiti all’esercizio di tale
attività, contemperino e armonizzino il diritto dei singoli con le
esigenze della collettività.
A presidio di queste pubbliche finalità l’art. 84 subordina
l’apertura di una scuola-guida ad una autorizzazione che presuppone
l’accertamento e la valutazione da parte dell’amministrazione della
esistenza ed idoneità di due ordini di requisiti: il primo inerente
alla capacità economica e alle qualità morali del richiedente (commi
secondo e quarto), il secondo attinente alla organizzazione e alla
attrezzatura tecnica della scuola (commi quinto e sesto).
In ordine ai requisiti del primo gruppo la norma è stata
indubbiamente formulata in modo da attribuire all’autorità
amministrativa una certa discrezionalità nel potere di valutazione ma,
ad avviso della Corte, trattasi di una discrezionalità
sufficientemente circoscritta.
Per quanto riguarda in particolare la capacità finanziaria è
evidente che non si sarebbe potuta legislativamente predeterminarla in
una espressione costante nel tempo e fissa nella misura. Tale
capacità, infatti, deve essere valutata tenendo conto di diversi
elementi, quali il centro dove la scuola deve sorgere, l’organico e
cioè il numero degli insegnanti e degli istruttori, l’entità della
pigione da corrispondersi per i locali che non siano di proprietà del
richiedente, l’attrezzatura tecnica e didattica della scuola, la spesa
occorrente per l’assicurazione dei veicoli destinati alle esercitazioni
e così via.
Giustamente perciò il legislatore ha stabilito che la capacità
finanziaria sia adeguata e cioè proporzionata alla attività per la
quale è richiesta. L’adeguatezza funziona da limite efficace al potere
di valutazione dell’autorità amministrativa di modo che
l’autorizzazione non può non essere rilasciata a chi abbia dimostrato
di possedere una capacità finanziaria adeguata alla scuola che intende
gestire.
Per quanto riguarda i requisiti morali l’art. 84 stabilisce (comma
terzo) che l’autorizzazione non può essere concessa ai delinquenti
abituali, professionali o per tendenza, nonché coloro che sono
sottoposti alle misure di sicurezza personale o a sorveglianza speciale
previste dall’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Il comma
quarto invece, attribuisce all’autorità amministrativa la facoltà di
negare l’autorizzazione alle persone indicate nell’art. 1 della citata
legge e cioè agli oziosi e vagabondi abituali; a coloro che sono
abitualmente e notoriamente dediti a traffici illeciti e che debba
ritenersi che vivano con i proventi di delitti o col favoreggiamento o
che siano proclivi a delinquere; a coloro che siano ritenuti dediti a
favorire o sfruttare la prostituzione, ad esercitare il contrabbando
ovvero il traffico di sostanze tossiche o stupefacenti; a coloro,
infine, che svolgano abitualmente altre attività contrarie alla morale
pubblica e al buon costume.
Questa Corte ha già avuto occasione di stabilire (sentenza n. 23
del 1964) che le disposizioni dell’art. 1 della legge n. 1423 del 1956
non sono da considerarsi costituzionalmente illegittime in quanto le
categorie di persone in esse configurate sono esattamente
identificabili sulla base di criteri ed elementi oggettivi e non
equivoci, puntualmente determinati dalla legge.
Nel prendere in considerazione tali categorie di persone ai fini
dell’attività contemplata dall’art. 84, il Codice della strada non ha
adottato la soluzione di escluderle senz’altro dalla possibilità di
ottenere l’autorizzazione a gestire una scuola-guida, nel presupposto
della loro generica pericolosità per la sicurezza e la pubblica
moralità. Ha, invece, con disposizione indubbiamente più favorevole,
attribuito all’Amministrazione la facoltà di valutare l’idoneità
morale del richiedente che appartenga a tali categorie, al fine di
stabilire se i suoi specifici attributi negativi siano tali, da doversi
considerare incompatibili con la gestione di una scuola-guida.
A tal proposito è opportuno, tra l’altro, tener presente che le
scuole in questione sono frequentate soprattutto da giovani d’ambo i
sessi e perciò la facoltà di negare in alcuni casi l’autorizzazione,
facoltà peraltro esercitabile solo nei confronti di persone
appartenenti alle predette categorie, trova sicura ed adeguata
giustificazione nei delicati compiti che i titolari di scuole-guida
sono chiamati a svolgere.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 84 del T.U. delle norme sulla circolazione stradale,
approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, concernente le scuole per
i conducenti di veicoli a motore, in riferimento agli artt. 33 e 41
della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 aprile 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.