Sentenza N. 24 del 1978
Corte Costituzionale
Data generale
20/03/1978
Data deposito/pubblicazione
20/03/1978
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/03/1978
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof.
GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO
MACCARONE, Giudici,
comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al Governo per
l’emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo,
ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare,
secondaria e artistica), promosso con ordinanza emessa il 25 maggio
1976 dal TAR per la Campania sul ricorso di Guizzi Sacco Concetta
contro il Provveditorato agli Studi di Napoli, iscritta al n. 11 del
registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 51 del 23 febbraio 1977.
Visti gli atti di costituzione di Guizzi Sacco Concetta, del
Ministro della pubblica istruzione, nonché l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 18 gennaio 1978 il Giudice relatore
Arnaldo Maccarone;
uditi l’avv. Ferdinando Cioffi per Guizzi Sacco, e il sostituto
avvocato generale dello Stato Mario Cevaro per il Ministro della
pubblica istruzione e per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Con ricorso proposto il 13 novembre 1974 al Tribunale
amministrativo regionale per la Campania la prof. Guizzi Sacco Concetta
si doleva della sua mancata inclusione nell’elenco definitivo,
predisposto dal Provveditorato agli Studi di Napoli, degli insegnanti
aventi titolo ad essere immessi in ruolo ai sensi dell’art. 17 legge 30
luglio 1973, n. 477, il quale dispone che gli insegnanti incaricati a
tempo indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche che abbiano
già conseguito il titolo di abilitazione valido per l’insegnamento per
il quale sono incaricati e nell’anno scolastico 1973/1974 occupino una
cattedra o posto orario sono nominati in ruolo, con decorrenza 1
ottobre 1974.
La ricorrente esponeva di essere abilitata per l’insegnamento delle
materie giuridiche ed economiche e di aver prestato servizio, nell’anno
1973/1974, presso l’Istituto professionale di Stato per l’industria e
l’artigianato “G. L. Bernini” di Napoli, nelle classi 4ª e 5ª
sperimentali per complessive 16 ore settimanali, in qualità di docente
incaricato a tempo indeterminato per l’insegnamento delle discipline
giuridiche ed economiche, e per altre 3 ore settimanali, quale
incaricata per l’insegnamento delle materie di “cultura generale ed
educazione civica”, e quindi, in totale, per 19 ore settimanali.
Ciò premesso, la professoressa Guizzi-Sacco assumeva che il
servizio prestato presso il predetto istituto presentava i requisiti di
una “cattedra” o, quanto meno, di un “posto orario”, sia perché
“l’insegnamento di materie giuridiche ed economiche per complessive 16
ore settimanali… costituiva cattedra, non essendo il relativo orario
inferiore a quello previsto per l’istituzione di una cattedra delle
stesse discipline in altri tipi di istituti (istituti tecnici per
geometri dove detta cattedra è di 15 ore settimanali)… e non essendo
la cattedra legata ad un orario determinato – 18 ore – ma alle esigenze
dell’insegnamento”, sia perché, comunque “è da considerare posto
orario” anche quello relativo al servizio prestato negli istituti
professionali per complessive 19 ore settimanali, delle quali 16 per
l’insegnamento di materie giuridiche e 3 di cultura generale ed
educazione civica.
La ricorrente chiedeva pertanto che, previo annullamento del
provvedimento con il quale il Provveditorato agli Studi di Napoli aveva
approvato l’elenco degli insegnanti aventi titolo ad essere immessi in
ruolo ai sensi dell’art. 17 della legge 1973, n. 477, fosse dichiarato
il suo diritto ad essere inclusa nell’elenco suddetto.
2. – Tali doglianze non erano pur condivise dall’adito Tribunale il
quale riteneva, al contrario, che il servizio prestato dalla ricorrente
non presentava i requisiti né di una cattedra né di un posto orario e
che, quindi, la stessa non aveva titolo per giovarsi dell’applicazione
del già citato art. 17.
Infatti, secondo il tribunale, poiché sono necessarie diciotto ore
settimanali per la istituzione di una cattedra negli istituti
professionali, l’insegnamento per sole 16 ore settimanali di materie
giuridiche ed economiche nei predetti istituti non può essere
considerato “cattedra” (ancorché superiore, per durata, a quello
richiesto per la istituzione di una cattedra in scuole di tipo diverso)
e, d’altro canto, poiché i posti orario debbono essere costituiti con
ore della medesima materia o, quanto meno, relative ad insegnamenti
compresi nella stessa classe di concorso, non può essere considerato
“posto orario”, l’insegnamento prestato negli istituti professionali
per complessive 19 ore ma con riferimento a materie attinenti, come nel
caso di specie, a due distinte classi di concorso.
Il giudice a quo ha tuttavia prospettato il dubbio, con l’ordinanza
in epigrafe, che l’art. 17, comma primo, legge n. 477 del 1973,
prevedendo la nomina in ruolo dei soli insegnanti (abilitati e
incaricati a tempo indeterminato) che nell’anno scolastico 1973/1974
hanno occupato una cattedra o un posto orario, abbia operato una
arbitraria discriminazione lesiva del principio di uguaglianza, in
danno degli insegnanti che, nel medesimo anno scolastico, hanno
prestato servizio per un numero di ore non costituente “cattedra” o
“posto orario” per istituti o scuole secondarie di altro tipo.
Si osserva, a tale proposito, nell’ordinanza che il numero di ore
necessario per la costituzione di una cattedra o di un posto orario per
la stessa materia o lo stesso gruppo di materie non è sempre uguale ma
varia a seconda del tipo di istituto. E da ciò si deduce che “l’art.
17 L. 477/1973, nel richiedere fra i requisiti necessari all’immissione
in ruolo la prestazione di servizio in una cattedra o in un posto
orario, senza aver riguardo in ogni caso, e non solo nei casi
specificati dalla circolare ministeriale n. 146 del 1974, alla
prestazione di servizio per il numero di ore minimo previsto per la
costituzione di una cattedra della stessa materia, si palesa al di
fuori del principio fondamentale dettato dall’art. 3 della Costituzione
che sancisce, nell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza
distinzione, tra l’altro, di condizioni personali e sociali, il diritto
alla parità di trattamento nell’egualità delle situazioni. E di
chiara evidenza, infatti, che la cennata norma determina
pregiudizievoli condizioni di diseguaglianza verso gli insegnanti che,
in servizio per un numero di ore superiore o uguale a quello delle
cattedre della medesima materia in altri istituti (pur senza fruire,
per tali ore di servizio, del trattamento di cattedra), sono esclusi
dal beneficio di cui al citato art. 17, rispetto a quelli che sono
immessi in ruolo in virtù della sola assegnazione, in sede di
conferimento di incarico, ad istituti con cattedre costituite con un
numero di ore minore o pari”. La risoluzione della prospettata
questione di legittimità costituzionale assume, secondo il giudice a
quo, carattere di pregiudizialità rispetto alla definizione del
giudizio di merito.
3. – L’ordinanza è stata ritualmente notificata, comunicata e
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 23 febbraio 1977. Nel
giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri e si
sono costituiti la prof. Guizzi-Sacco Concetta e il Ministro della
Pubblica Istruzione.
La difesa della prof. Guizzi-Sacco pone in dubbio, preliminarmente,
la rilevanza della questione prospettata assumendo che, quando le
materie sono incluse nella stessa classe di concorso, il numero minimo
di ore richiesto per l’istituzione di una “cattedra” o di un “posto
orario” è sempre lo stesso.
Se peraltro si ritenesse, accogliendo la tesi del giudice a quo,
che invece il numero di ore necessario per la costituzione di una
“cattedra” o di un “posto orario”, rispetto alle stesse materie, non è
sempre uguale ma varia a seconda del tipo di istituto, la questione non
potrebbe non essere ritenuta, oltre che rilevante, fondata: in tal
caso, infatti, la differente considerazione dell’insegnamento di una
stessa materia (o di uno stesso gruppo di materie) nei diversi tipi di
istituti operata dalla norma denunziata ai fini dell’immissione in
ruolo si risolverebbe in una grave discriminazione in danno di alcune
categorie di insegnanti, del tutto arbitraria, e quindi, lesiva del
principio di uguaglianza.
Tali considerazioni sono state successivamente ribadite nella
memoria depositata il 5 gennaio 1978.
4. – Secondo l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta e difende il
Ministero della Pubblica Istruzione e il Presidente del Consiglio dei
Ministri, la questione andrebbe dichiarata non fondata poiché la
prospettata disparità di trattamento è razionalmente giustificata.
Invero, le esigenze giuridiche e pratiche dell’Amministrazione
statale impongono che, in via generale, non si dia luogo ad
inquadramenti in ruolo se non per posti previsti nei relativi organici:
l’art. 17 della legge n. 477 ha previsto l’inquadramento in ruolo di
personale docente non di ruolo, in stretta connessione con la
disponibilità di cattedre o posti orario, appunto per evitare
soprannumeri.
In effetti – prosegue l’Avvocatura – la norma denunziata non
intende rispondere soltanto alle aspettative di personale in posizione
precaria, bensì anche all’interesse della Amministrazione di
soddisfare l’esigenza di coprire sollecitamente i posti vacanti con
personale di ruolo, interesse finalizzato al miglior funzionamento
della scuola attraverso la normalizzazione dei rapporti di servizio.
E tale esigenza, sarebbe stata contraddetta se fosse stato adottato
un assetto normativo degli inquadramenti che avesse consentito
un’immissione in ruolo al di là del limite del numero di cattedre o
posti orario esistenti, e avesse comportato una conseguente creazione
di personale di ruolo in sovrannumero, con sottoutilizzazione del
medesimo.
D’altronde – si aggiunge – la differente determinazione dell’orario
di cattedra nei diversi tipi di istituto non è il risultato di scelte
casuali, ma risponde alla diversa impostazione dei piani di studio
propria di ogni tipo di scuola e alle particolari esigenze
organizzative e didattiche che ciascuno di essi presenta.
1. – La Corte è chiamata a decidere se l’art. 17, comma primo,
della legge 30 luglio 1973, n. 477 (per il quale gli insegnanti
incaricati a tempo indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche,
che abbiano già conseguito il titolo di abilitazione valido per
l’insegnamento per il quale sono incaricati e nell’anno scolastico
1973/1974 occupino una “cattedra” o un “posto orario” sono nominati in
ruolo, con decorrenza dal 1 ottobre 1974) contrasti con l’art. 3, primo
comma, Cost. nella parte in cui non prevede l’immissione degli
insegnanti incaricati a tempo indeterminato, forniti di titolo di
abilitazione valido per l’insegnamento per il quale sono incaricati,
che abbiano prestato servizio per un numero di ore non sufficiente a
costituire una cattedra o un posto orario in quel tipo di istituto ma
superiore o uguale a quello richiesto per la istituzione di cattedre o
posti-orario in istituti di altro genere.
2. – Nell’ordinanza si osserva che il numero di ore necessario per
la istituzione di una “cattedra” o di un “posto orario”, rispetto alle
stesse materie, non è sempre uguale ma varia a seconda del tipo di
istituto nel quale il servizio è prestato. Di qui il dubbio che la
differente considerazione dell’insegnamento di una medesima disciplina
nei diversi istituti, operata dalla norma denunziata ai fini
dell’immissione in ruolo, determini una grave ed arbitraria
discriminazione in danno dei docenti che insegnino nelle scuole nelle
quali sia richiesto per l’istituzione di una cattedra o di un posto
orario un numero di ore maggiore. L’assunto non è condiviso dalla
parte privata, la quale sostiene anche in questa sede che al fine di
identificare la cattedra o il posto orario, deve farsi riferimento al
numero di ore sufficiente per la stessa disciplina in altri istituti
anche di tipo diverso e deduce quindi la irrilevanza della questione
d’illegittimità costituzionale.
La tesi non può essere condivisa; la interpretazione data alla
norma denunziata dalla ordinanza di rimessione riflette l’orientamento
ormai pacifico degli organi giurisdizionali istituzionalmente chiamati
ad applicarla. Pertanto questa Corte non può non prenderne atto ed
esaminare, muovendo da tale presupposto, il dubbio di legittimità
costituzionale sollevato con l’ordinanza in epigrafe.
3. – La questione non appare fondata.
La disposizione denunziata, infatti, non risponde soltanto alle
aspettative del personale in posizione precaria ma anche all’interesse
dell’amministrazione di coprire con personale di ruolo i posti vacanti.
Appunto per questo si è previsto l’inquadramento in ruolo del
personale docente in stretta connessione con la disponibilità di
cattedre o posti orario nei singoli tipi di istituto, disponendosi
espressamente che i docenti immessi in ruolo conservano la cattedra o
il posto ricoperti.
Se tale collegamento fosse mancato si sarebbe creato del personale
di ruolo in sovrannumero in contrasto con i principi che debbono
presiedere al retto funzionamento della pubblica amministrazione, i
quali impongono che, in via generale, non si dia luogo ad inquadramenti
in ruolo se non per posti previsti nei relativi organici.
D’altro canto, la differente determinazione dell’orario di cattedra
nei diversi tipi di istituto non è il risultato di scelte casuali ma
risponde, nell’intenzione del legislatore, alla diversa impostazione
dei piani di studio propria di ogni tipo di scuola e alle particolari
esigenze organizzative e didattiche che ciascuno di essi presenta.
Da ciò deriva la necessità del riferimento, nell’applicazione
della norma denunziata, alla regolamentazione propria dell’istituto ove
il docente presti la sua opera, con la conseguente irrilevanza di
quanto si è disposto per istituti di altro tipo, stante la diversità
delle rispettive situazioni, che legittima il trattamento
differenziato.
La questione va pertanto dichiarata non fondata, è peraltro
auspicabile una più precisa disciplina della materia che dia adeguate
garanzie anche nella concreta applicazione di essa.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 17, primo comma, legge 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al
Governo per l’emanazione di norme sullo stato giuridico del personale
direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna,
elementare, secondaria ed artistica) sollevata, in riferimento all’art.
3 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1978.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere