Sentenza N. 244 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
20/12/1976
Data deposito/pubblicazione
20/12/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/12/1976
OGGIONI – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof.
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA
REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO
DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA, Giudici,
dal Consiglio regionale della Calabria il 29 aprile 1975, recante
“indennità ai componenti dei disciolti comitati per l’assistenza
ospedaliera”, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 16 maggio 1975, depositato in cancelleria il 26
successivo ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 1975.
Visto l’atto di costituzione del Presidente della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 6 ottobre 1976 il Giudice relatore
Ercole Rocchetti;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l’avv. Enzo Silvestri,
per la Regione.
1. – Nella seduta del 20 novembre 1974, il Consiglio regionale
della Calabria approvava una legge che attribuiva ai presidenti e ai
componenti dei disciolti comitati provinciali per l’assistenza
ospedaliera (creati con la legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 56) una
indennità ed un rimborso spese nella stessa misura stabilita per i
componenti del comitato regionale e delle sezioni decentrate di
controllo (di cui alla legge 10 febbraio 1953, n. 62, artt. 55 e 56).
La legge approvata dal Consiglio e comunicata al Commissario veniva
rinviata, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, al Consiglio
regionale, il quale, nella seduta del 29 aprile 1975, la riapprovava
nel medesimo testo già rinviato dal Governo.
Con atto notificato il 16 maggio 1975, il Presidente del Consiglio
dei ministri proponeva ricorso dinanzi alla Corte, chiedendo che
venisse dichiarata la illegittimità costituzionale di detta legge, in
quanto la materia dei controlli non rientrerebbe fra quelle attribuite
dall’art. 117 della Costituzione alle Regioni a statuto ordinario e,
comunque, i comitati provinciali per l’assistenza ospedaliera, creati
come organi statali, non sarebbero mai stati trasferiti alle Regioni.
Queste, perciò, nulla avrebbero potuto disporre in merito a tali
comitati e al trattamento economico dei suoi componenti.
2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita, in persona
del suo Presidente pro-tempore, la Regione della Calabria, contestando
la fondatezza delle censure prospettate dalla difesa dello Stato e
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, che
sia rigettato.
In particolare, la Regione sostiene che la natura originaria
dell’organo preposto al controllo non sarebbe idonea a qualificare il
controllo come funzione statale o regionale, in quanto, dalla data del
trasferimento delle funzioni, gli atti emananti nell’esercizio delle
funzioni trasferite vengono imputati all’ente titolare delle funzioni,
anche se ancora provengono da uffici originariamente incardinati in un
altro ente. Tale rilievo, secondo la Regione, troverebbe conforto sul
piano organizzatorio in schemi giuridici che, come la codipendenza,
servirebbero appunto a spiegare situazioni analoghe a quelle in esame,
con la conseguenza che, se pure fosse dimostrato il carattere statale
dei comitati provinciali per l’assistenza ospedaliera, non per questo
l’assunto della Regione potrebbe essere considerato infondato, perché
esso, piuttosto, ne risulterebbe avvalorato e rafforzato.
1. – L’art. 16 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, sugli enti
ospedalieri e l’assistenza ospedaliera stabilisce che la vigilanza e la
tutela nei confronti di tali enti spettano alla Regione, che le
esercita a mezzo del Comitato per il controllo sulle provincie previsto
dagli artt. 55 e 56 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.
2. – Poiché però, quando la legge di riforma ospedaliera fu
emanata, le Regioni a statuto ordinario non erano state ancora
istituite, l’art. 56 della stessa legge stabilì che il controllo di
legittimità fosse (provvisoriamente) esercitato dal medico
provinciale, e quello di merito da un organo appositamente costituito,
presieduto dallo stesso medico provinciale e denominato “comitato
provinciale per l’assistenza ospedaliera”; e ciò fino a quando non
fossero entrati in funzione i comitati regionali di controllo, di cui
alla legge n. 62 del 1953.
Avvenuta la costituzione delle Regioni a statuto ordinario, il
d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, dispose il trasferimento alle stesse
delle funzioni statali in materia sanitaria ed ospedaliera, ivi
comprese quelle di vigilanza e di tutela, ma, per il necessario
adempimento delle prescritte formalità, i comitati (regionali) di
controllo – che tali ultime funzioni dovevano esercitare – furono
costituiti più tardi.
3. – Si ebbe così che il controllo in materia sanitaria seguitò
ad essere esercitato, ancora per qualche tempo – e, in Calabria, fino
al 1 settembre 1972 -, per la legittimità, dal medico provinciale, e,
per il merito, dai comitati provinciali per l’assistenza ospedaliera.
Con riferimento a tale situazione di fatto, ed in considerazione
che tali ultimi comitati, per cinque mesi (1 aprile-1 settembre),
avevano continuato a svolgere la loro attività anche dopo che le
relative funzioni erano state ad essa trasferite, la Regione Calabria,
con legge 29 aprile 1975, riapprovata dopo rinvio, disponeva che ai
componenti dei suddetti, già disciolti, comitati, fossero assegnati
una indennità e un rimborso spese nella stessa misura che, in base ad
altra legge regionale, era stata fissata e veniva corrisposta ai
componenti il Comitato regionale di controllo e le sezioni decentrate
di controllo sugli atti degli enti locali, di cui alla legge n. 62 del
1953.
4. – Avverso tale provvedimento legislativo ha proposto ricorso il
Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che esso sia
dichiarato costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi:
– perché la materia dei controlli non è compresa fra quelle
assegnate alla Regione, dall’art. 117 della Costituzione;
– perché i comitati provinciali per l’assistenza ospedaliera,
essendo stati creati dallo Stato, ed essendo sempre restati organi
statali, devono essere regolati dalla disciplina vigente per le
commissioni dello Stato (d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5, e successive
modificazioni) senza che sia ammissibile alcun intervento in materia da
parte della Regione.
5. – Il primo dei due motivi di ricorso non può ritenersi fondato:
a questo riguardo, dopo quanto è stato precisato dalla Corte con la
sentenza n. 178 del 1973, è appena il caso di osservare che la
disciplina delle funzioni di controllo, quando queste attengono a
materie riservate alla funzione legislativa ed all’attività
amministrativa delle Regioni dall’art. 117 della Costituzione, spetta
alla Regione nel quadro dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
Nel caso in esame, in cui si verte in materia attinente alla assistenza
ospedaliera – che è di competenza regionale – tale orientamento è da
confermare, come risulta, del resto, dalla stessa normativa che ha
disciplinato in questo settore il trasferimento delle funzioni
amministrative statali (d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4).
6. – La seconda censura risulta invece fondata.
I comitati provinciali per l’assistenza ospedaliera, sorti
indubbiamente come organi statali, non sono mai stati trasferiti alla
Regione, perché quei comitati furono creati per una funzione
provvisoria e per un tempo determinato, dovendo espletare il loro
compito (art. 56, secondo comma, legge numero 132 del 1968) solo fino a
quando non sarebbero “entrati in funzione gli organi di controllo
previsti” dalla legge del 1953, e cioè gli organi di controllo delle
Regioni a statuto ordinario.
Né, ai fini di una opposta conclusione, può essere invocata la
norma contenuta nell’art. 3 del d.P.R. n. 4 del 1972, la quale dispone
il trasferimento alle Regioni anche delle funzioni di controllo, in
quanto tale trasferimento deve qui intendersi come direttamente operato
nei confronti degli organi regionali, vale a dire dei comitati
(regionali) di controllo di cui alla legge n. 62 del 1953, e non dei
comitati provinciali per l’assistenza ospedaliera, che avevano un
ambito territoriale di competenza più ristretto e – come già detto –
carattere di provvisorietà.
Una conferma di tale assunto può trovarsi nell’art. 12 delle norme
di attuazione (citato d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4) in cui, quanto a
determinati organi (medico e veterinario provinciale), si stabiliva che
venivano trasferiti gli “uffici” mentre per altri, tra cui i comitati
provinciali per l’assistenza ospedaliera (da ritenersi compresi nella
generica, ampia dizione della lettera g), si stabiliva che venivano
trasferite (soltanto) le “attribuzioni”.
E se, relativamente a detti comitati, il trasferimento alle Regioni
venne limitato alle loro sole attribuzioni, ed essi, come organi, sono
rimasti sempre statali, è certo che le Regioni non hanno mai avuto
trasferito alcun potere sulla loro disciplina, compreso quanto concerne
i compensi spettanti ai relativi componenti.
La legge della Regione Calabria, che in materia ha disposto, va
pertanto dichiarata illegittima.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità della legge della Regione Calabria
approvata in seconda lettura nella seduta del Consiglio in data 29
aprile 1975, recante “indennità ai componenti dei disciolti comitati
per l’assistenza ospedaliera”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 dicembre 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – LEONETTO
AMADEI – GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO ASTUTI – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO –
LEOPOLDO ELIA.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere