Sentenza N. 245 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
20/12/1976
Data deposito/pubblicazione
20/12/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/12/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA –
Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA, Giudici,
24, 27, 28, 31, 32 e 34 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 (Tutela
delle cose di interesse artistico o storico), promosso con ordinanza
emessa il 20 giugno 1974 dal pretore di Firenze, nel procedimento
civile vertente tra Di Frassineto Gerardo e Borga Bettino, iscritta al
n. 391 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 289 del 6 novembre 1974.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 novembre 1976 il Giudice
relatore Enzo Capalozza;
udito il vice Avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso di un giudizio civile iniziato dall’acquirente di un
oggetto d’arte (un ventaglio in cornice), che il venditore si era
rifiutato di consegnare a seguito di un decreto del Ministro della
pubblica istruzione, che aveva imposto il vincolo di eccezionale
interesse artistico e storico alla collezione di cui l’oggetto faceva
parte, ai sensi dell’art. 5 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, il
pretore di Firenze, con ordinanza 20 giugno 1974, ha ritenuto rilevante
e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale
della suddetta disposizione, nonché degli artt. 11, 12, 24, 27, 28,
31,32 e 34 della stessa legge, in riferimento all’art. 42 della
Costituzione.
Il pretore richiama, anzitutto, la giurisprudenza di questa Corte,
secondo la quale i vincoli alla proprietà che ne annullino o ne
diminuiscano notevolmente il contenuto patrimoniale o questo svuotino
in modo rilevante ed incisivo, equivarrebbero ad esproprio e sarebbero
costituzionalmente illegittimi, quando alla loro imposizione non segua
l’indennizzo di cui all’art. 42, terzo comma, della Costituzione.
Assume, poi, che siffatta limitazione si avrebbe sia nell’art. 5,
che prevede il vincolo, sia negli indicati successivi articoli della
legge, che contengono divieti vari in violazione del medesimo precetto
costituzionale.
Fa, inoltre, presente che l’alienazione dei singoli oggetti che
fanno parte della collezione vincolata sarebbe pressoché impossibile
nella specie, in quanto potrebbe attuarsi solo unitamente all’immobile
monumentale ove sono collocati.
Sulla rilevanza della questione il pretore osserva che, ove il
vincolo dovesse risultare illegittimo, verrebbe meno
l’intrasferibilità dell’oggetto alienato e potrebbe farsi luogo
all’esecuzione del relativo contratto di compravendita.
Dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, la quale chiede che la questione sia dichiarata non fondata,
ponendone in dubbio anche la rilevanza per quanto attiene alle
disposizioni diverse da quella dell’art. 5 della legge n. 1089 del
1939, in base al quale si è disposto il vincolo sul bene di cui si
controverteva nel giudizio di merito.
Dopo aver precisato che la collezione non è indivisibile, potendo
esserne autorizzata l’alienazione parziale, l’Avvocatura osserva che la
qualità di cose d’arte o di beni culturali ha carattere originario e
sostanziale e perciò indipendente dall’imposizione, meramente
dichiarativa, del vincolo.
Il regime particolare previsto dalla legge n. 1089 del 1939
troverebbe poi la sua giustificazione nell’art. 9 Cost. sulla tutela
del patrimonio storico ed artistico della nazione. D’altronde, alla
stregua della giurisprudenza di questa Corte, l’articolo 42 non impone
indennizzo quando la legge regoli in via generale i diritti dominicali
in relazione a determinati beni, al fine di assicurarne la funzione
sociale e di evitare lesioni all’interesse pubblico.
1. – È stata sottoposta alla Corte la seguente questione: se gli
artt. 5, 11, 12, 24, 27, 28, 31, 32 e 34 della legge 1 giugno 1939, n.
1089 (Tutela delle cose di interesse artistico o storico), consentendo
l’assoggettamento della proprietà privata a vincoli che ne annullino o
diminuiscano notevolmente il contenuto patrimoniale, senza indennizzo,
violino l’art. 42 della Costituzione.
2. – Si devono determinare, anzitutto, nell’attuale giudizio di
legittimità, i confini della rilevanza.
Va tenuto presente che la causa di merito era sorta perché il
venditore di un oggetto non l’aveva consegnato all’acquirente, essendo
stato imposto alla collezione, di cui l’oggetto stesso era parte, il
vincolo di eccezionale interesse artistico e storico.
È esatto il rilievo dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo
cui la questione va limitata al solo art. 5 della citata legge del
1939, che, in mancanza di apposita autorizzazione, sancisce il divieto
dello smembramento della collezione o serie di oggetti notificata ai
sensi di detto art. 5.
Infatti, per le altre norme manca qualsiasi attestazione sulla
rilevanza; e questa va, comunque, esclusa.
Tali altre norme, invero, non concernono lo smembramento della
collezione (che, concretandosi in una operazione materiale, prescinde
dall’alienazione o da qualsiasi altro negozio), ma riguardano la
demolizione, la rimozione, la modificazione o il restauro delle cose
indicate negli artt. 1 e 2 (artt. 11 e 12); il diritto di prelazione
dello Stato negli acquisti a titolo oneroso di cose e di collezioni
appartenenti a privati (artt. 31, 32 e 34, secondo comma); il divieto
di alienazione non autorizzata sia di singole cose di antichità e
d’arte di cui agli artt. 1 e 2, quando appartengano allo Stato o ad
altro ente o istituto pubblico, sia delle collezioni di proprietà di
enti o istituti legalmente riconosciuti oppure di proprietà privata
(artt. 24, in relazione all’art. 23, 27 e 34, primo comma), nonché di
atti di disposizione o di costituzione in garanzia (art. 28).
3. – Pur così circoscritta, la questione è infondata.
La vigente disciplina legislativa in tema di tutela delle cose di
interesse artistico e storico, da un lato, trova rispondenza nell’art.
9 Cost., dall’altro, non viola l’art. 42 Cost. che prevede un
indennizzo per l’imposizione di vincoli sostanzialmente ablativi: è
costante giurisprudenza di questa Corte che non deve farsi luogo ad
indennizzo allorché i limiti imposti alla proprietà privata,
nell’ambito delle garanzie costituzionali, si riferiscano a modi di
godimento di intere categorie di beni, né quando sia regolata la
situazione che i beni stessi hanno rispetto ad interessi della pubblica
amministrazione, sempreché la legge – come nella specie – abbia per
destinataria la generalità dei soggetti (sentenza n. 6 del 1966;
vedansi pure le sentenze n. 56 del 1968, n. 79 del 1971, n. 9 del 1973,
n. 202 del 1974).
4. – L’art. 5 della legge n. 1089 del 1939, lungi dal menomare il
contenuto patrimoniale degli oggetti facenti parte delle collezioni, è
diretto a garantirne la destinazione unitaria, stante l’eccezionale
valore artistico o storico che gli oggetti stessi rivestono nel loro
complesso e non nella singola individualità di ciascuno di essi.
Deriva da ciò che la previsione dell’autorizzazione ministeriale
richiesta dalla norma censurata per lo smembramento di una collezione
(salvi, si intende, i normali rimedi amministrativi e giurisdizionali)
non può in alcun modo intendersi come una violazione del diritto di
proprietà, cui debba seguire un indennizzo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 11, 12, 24, 27, 28, 31, 32 e 34 della legge 1 giugno 1939,
n. 1089 (Tutela delle cose di interesse artistico o storico);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5 della stessa legge, sollevata, in riferimento all’art. 42
della Costituzione, con l’ordinanza in epigrafe, dal pretore di
Firenze.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 dicembre 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere