Sentenza N. 252 del 2001
Corte Costituzionale
Data generale
17/07/2001
Data deposito/pubblicazione
17/07/2001
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/07/2001
Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
Giudici: Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo
ZAGREBELSKY,Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI,Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza emessa il
4 marzo 2000 dal tribunale di Genova sul ricorso proposto da Dia
Saliou contro il Prefetto di Genova, iscritta al n. 367 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 27, 1ª serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il giudice
relatore Fernanda Contri.
sollevato – in relazione agli artt. 2 e 32 della Costituzione –
questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero) nella parte in cui non prevede il
divieto di espulsione dello straniero che, entrato clandestinamente
nel territorio dello Stato, vi permanga al solo scopo di terminare un
trattamento terapeutico essenziale.
Il giudice a quo è investito dell’esame di un ricorso presentato
da un cittadino del Senegal avverso il decreto prefettizio di
espulsione emesso nei suoi confronti per essere entrato in Italia
sottraendosi ai controlli di frontiera; il rimettente rileva che il
ricorrente, quale unico motivo di annullamento del provvedimento,
assume di aver subito l’amputazione del piede sinistro, di essersi
introdotto in Italia, pur essendo privo di regolare passaporto, al
solo fine di sostituire la protesi e di non avere la possibilità di
ottenere tale prestazione sanitaria nel Paese di origine; secondo il
rimettente, le circostanze dedotte a sostegno del ricorso – relative
all’insufficienza della protesi applicata, all’essere lo straniero in
cura presso una struttura sanitaria pubblica e seguito da
un’associazione di volontariato ed alla circostanza che egli è in
attesa di un nuovo apparecchio adeguato alle sue condizioni – sono
state tutte provate nell’istruttoria svolta.
Rileva il giudice a quo che l’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 286
del 1998 – che prevede una serie di interventi sanitari a favore dei
cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale, anche nel caso
in cui essi non siano in regola con le norme relative all’ingresso ed
al soggiorno – conterrebbe un elenco esemplificativo e non tassativo
di cure ambulatoriali ed ospedaliere “urgenti o comunque essenziali,
ancorché continuative, per malattia ed infortunio”, ma riguarderebbe
i casi in cui lo straniero “venga ad ammalarsi nel territorio dello
Stato”, dal momento che i commi 1 e 2 della stessa disposizione
prevedono il diverso caso dello straniero che chiede il permesso di
soggiorno allo scopo di venire in Italia a curarsi.
Sempre secondo il giudice rimettente, non potendosi porre in
dubbio che l’intervento sanitario di cui abbisogna il ricorrente
rientri tra quelli che la legge definisce essenziali, “dovendosi
recuperare la deambulazione come strettamente attinente ai postulati
della dignità umana” ed essendovi una legittima aspettativa dello
straniero a terminare la terapia in atto, la circostanza che la norma
impugnata non vieti l’espulsione dei soggetti che si trovano nelle
sue condizioni violerebbe l’art. 2 Cost., che riconosce i diritti
inviolabili dell’uomo quale valore fondante della democrazia
pluralista, e l’art. 32 Cost., che qualifica la salute quale diritto
fondamentale dell’individuo e non del solo cittadino.
2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile
o infondata.
L’Avvocatura preliminarmente osserva come l’art. 32 della
Costituzione sia una norma programmatica e non immediatamente
precettiva, che delimita i “confini esterni” del diritto alla salute
attraverso “precetti di ordine negativo”, ma non individua il
contenuto in positivo di un diritto che è anche interesse primario
della collettività.
In questo campo, secondo la difesa erariale, l’azione dei
pubblici poteri può quindi incidere su situazioni soggettive
individuali con modalità rimesse alla discrezionalità del
legislatore ordinario secondo scelte che – se effettuate nei limiti
della ragionevolezza – possono tener conto di esigenze di carattere
finanziario, economico e sociale e di quelle dettate da altri
interessi costituzionalmente garantiti.
L’Avvocatura osserva quindi come la vigente disciplina
sull’immigrazione abbia operato un adeguato bilanciamento di due
interessi costituzionalmente protetti, il diritto alla salute dello
straniero e la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica connesse
al contrasto del fenomeno dell’immigrazione clandestina. In tale
contesto, secondo la difesa erariale, il legislatore, da un lato ha
stabilito la parità di trattamento tra il cittadino e lo straniero
regolarmente soggiornante in Italia – che viene iscritto al servizio
sanitario nazionale – dall’altro ha previsto uno specifico visto di
ingresso per gli stranieri che intendano sottoporsi a terapie
necessarie. Allo straniero illegalmente presente nel territorio dello
Stato la legge ha assicurato un livello minimo di cure mediche
consentendogli, con la garanzia dell’anonimato, di accedere a quelle
“essenziali ed urgenti”, espressione con la quale il legislatore non
avrebbe inteso indicare qualunque terapia relativa a stati patologici
di rilievo, ma assicurare esclusivamente quelle cure indispensabili
alla salvaguardia della vita umana e della salute pubblica, cure che
vengono garantite anche quando la situazione di irregolarità
richiederebbe di dare esecuzione ad un provvedimento di espulsione.
Ad avviso della difesa erariale il legislatore avrebbe
considerato le esigenze di tutela della sicurezza pubblica non
estendendo completamente allo straniero irregolare le terapie mediche
di lungo periodo, scelta che appare conforme sia alla tutela dei
diritti inviolabili della persona sia al canone di ragionevolezza.
Secondo l’Avvocatura, infine, l’esecuzione del provvedimento di
espulsione non pregiudicherebbe il diritto dello straniero a far
ritorno in Italia per sottoporsi a cure mediche, possibilità
garantita all’interessato anche prima della scadenza del termine di
cinque anni previsto dalla legge, previa autorizzazione da parte del
Ministro dell’interno.
tribunale di Genova investe l’art. 19, comma 2, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero) nella parte in cui non prevede il divieto di
espulsione dello straniero extra-comunitario che, essendo entrato
irregolarmente nel territorio dello Stato, vi permanga al solo scopo
di terminare un trattamento terapeutico che risulti essenziale in
relazione alle sue pregresse condizioni di salute; secondo il giudice
rimettente, l’omessa previsione di un tale specifico divieto di
espulsione violerebbe gli artt. 2 e 32 della Costituzione perché la
possibilità per il cittadino extra-comunitario, non in regola con le
norme sull’ingresso ed il soggiorno, di accedere alle “cure
ambulatoriali ed ospedaliere urgenti e comunque essenziali” nei
presidi sanitari pubblici ed accreditati, prevista dall’art. 35 del
d.lgs. n. 286 citato, riguarderebbe le sole ipotesi in cui lo
straniero si sia ammalato in Italia e non quelle nelle quali egli
abbia, come nel caso del giudizio in corso davanti al giudice a quo
una patologia pregressa.
2. – La questione non è fondata.
Occorre preliminarmente rilevare che, secondo un principio
costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, il
diritto ai trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute
è “costituzionalmente condizionato” dalle esigenze di bilanciamento
con altri interessi costituzionalmente protetti, salva, comunque, la
garanzia di “un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto
dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il
quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di
tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel
diritto” (cfr., ex plurimis, le sentenze n. 509 del 2000, n. 309 del
1999 e n. 267 del 1998).
Questo “nucleo irriducibile” di tutela della salute quale diritto
fondamentale della persona deve perciò essere riconosciuto anche
agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme
che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato, pur potendo il
legislatore prevedere diverse modalità di esercizio dello stesso.
3. – Conformemente a tale principio, il legislatore – dopo aver
previsto, all’art. 2 del d.lgs. n. 286 del 1998, che “allo straniero
comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono
riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti
dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in
vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente
riconosciuti” – ha dettato, per quel che concerne la tutela del
diritto alla salute che qui viene in rilievo, alcune specifiche
disposizioni, nelle quali i modi di esercizio dello stesso sono
differenziati a seconda della posizione del soggetto rispetto agli
obblighi relativi all’ingresso e al soggiorno. L’art. 34 infatti
prevede che lo straniero regolarmente soggiornante nello Stato ed i
suoi familiari siano in linea di principio obbligatoriamente iscritti
al servizio sanitario nazionale, con piena eguaglianza di diritti e
doveri, anche contributivi, coi cittadini italiani; l’art. 35, commi
1 e 2, disciplina il caso in cui lo straniero sia presente
regolarmente nel territorio dello Stato ma non sia iscritto al
Servizio sanitario nazionale, mentre l’art. 36 del d.lgs. cit.
prevede la possibilità di ottenere uno specifico visto di ingresso
ed un permesso di soggiorno a favore dello straniero che intende
entrare in Italia allo scopo di ricevere cure mediche.
Per gli stranieri presenti sul territorio nazionale ma non in
regola con le norme sull’ingresso ed il soggiorno, l’art. 35, comma
3, del decreto cit. dispone che sono “assicurate, nei presidi
pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti
o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed
infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a
salvaguardia della salute individuale e collettiva”; agli stessi sono
poi, “in particolare”, garantiti la tutela sociale della gravidanza e
della maternità, la tutela della salute del minore, nonché le
vaccinazioni e gli interventi di profilassi con particolare riguardo
alle malattie infettive, secondo una elencazione che – contrariamente
a quanto ritiene il giudice a quo – non può ritenersi esaustiva
degli interventi sanitari da assicurare “comunque” al soggetto che si
trovi, a qualsiasi titolo, nel territorio dello Stato.
Va in proposito ancora rilevato che il comma 5 dello stesso
art. 35, proprio allo scopo di tutelare il diritto alla salute dello
straniero comunque presente nel territorio dello Stato, prevede che
“l’accesso alle strutture sanitarie … non può comportare alcun
tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia
obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino
italiano”, disposizione che conferma il favor per la salute della
persona che connota tutta la disciplina in materia.
4. – La legge prevede quindi un sistema articolato di assistenza
sanitaria per gli stranieri, nel quale viene in ogni caso assicurato
a tutti, quindi anche a coloro che si trovano senza titolo legittimo
sul territorio dello Stato, il “nucleo irriducibile” del diritto alla
salute garantito dall’art. 32 Cost; stante la lettera e) la ratio
delle disposizioni sopra riportate, a tali soggetti sono dunque
erogati non solo gli interventi di assoluta urgenza e quelli indicati
dall’art. 35, comma 3, secondo periodo, ma tutte le cure necessarie,
siano esse ambulatoriali o ospedaliere, comunque essenziali, anche
continuative, per malattia e infortunio.
E non è senza significato che, in attuazione della legge,
l’art. 43, commi 2 e seguenti, del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di
attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, a norma dell’art. 1, comma 6, del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286) abbia previsto particolari modalità per
evitare che, dalla situazione di irregolarità nel territorio dello
Stato, derivi un ostacolo all’erogazione delle prestazioni
terapeutiche di cui all’art. 35, comma 3 citato, anche mediante
l’attribuzione a fini amministrativi di un apposito codice
identificativo sanitario provvisorio, secondo disposizioni che sono
state in seguito precisate con la circolare del Ministero della
sanità n. 5 del 24 marzo 2000.
5. – Dall’esame delle sopra indicate disposizioni emerge perciò
l’erroneità del presupposto interpretativo da cui muove il giudice a
quo, secondo il quale il diritto inviolabile alla salute dello
straniero irregolarmente presente nel territorio nazionale, garantito
dagli artt. 2 e 32 Cost., potrebbe essere tutelato solo attraverso la
previsione – da inserire nell’art. 19 del decreto legislativo n. 286
del 1998 – di uno specifico divieto di espulsione per il soggetto che
si trovi nella necessità di usufruire di una terapia essenziale per
la sua salute. Al contrario, lo straniero presente, anche
irregolarmente, nello Stato ha diritto di fruire di tutte le
prestazioni che risultino indifferibili e urgenti, secondo i criteri
indicati dall’art. 35, comma 3 citato, trattandosi di un diritto
fondamentale della persona che deve essere garantito, così come
disposto, in linea generale, dall’art. 2 dello stesso decreto
legislativo n. 286 del 1998.
La valutazione dello stato di salute del soggetto e della
indifferibilità ed urgenza delle cure deve essere effettuata caso
per caso, secondo il prudente apprezzamento medico; di fronte ad un
ricorso avverso un provvedimento di espulsione si dovrà, qualora
vengano invocate esigenze di salute dell’interessato, preventivamente
valutare tale profilo – tenuto conto dell’intera disciplina contenuta
nel decreto legislativo n. 286 del 1998 – se del caso ricorrendo ai
mezzi istruttori che la legge, pur in un procedimento caratterizzato
da concentrazione e da esigenze di rapidità, certamente consente di
utilizzare.
Qualora risultino fondate le ragioni addotte dal ricorrente in
ordine alla tutela del suo diritto costituzionale alla salute, si
dovrà provvedere di conseguenza, non potendosi eseguire l’espulsione
nei confronti di un soggetto che potrebbe subire, per via
dell’immediata esecuzione del provvedimento, un irreparabile
pregiudizio a tale diritto.
Non sussiste perciò la violazione delle norme costituzionali
indicate dal rimettente.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero)
sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 32 della Costituzione, dal
tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.
Il Presidente: Santosuosso
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 17 luglio 2001.
Il direttore della cancelleria: Di Paola