Sentenza N. 26 del 1978
Corte Costituzionale
Data generale
12/04/1978
Data deposito/pubblicazione
12/04/1978
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/04/1978
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof.
LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott.
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO
PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE, Giudici,
18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per
il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), promossi
con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 1 ottobre 1975 dal tribunale di Parma nel
procedimento penale a carico di Colombari Nino ed altro, iscritta al n.
514 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 339 del 24 dicembre 1975;
2) ordinanza emessa il 30 ottobre 1975 dal tribunale di Roma nel
procedimento penale a carico di Marcocci Antonio, iscritta al n. 602
del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 38 dell’11 febbraio 1976;
3) ordinanza emessa il 13 febbraio 1976 dal tribunale di Roma nel
procedimento penale a carico di D’Agabito Bruno, iscritta al n. 266 del
registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 132 del 19 maggio 1976.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 dicembre 1977 il Giudice
relatore Leonetto Amadei;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Con verbale del 22 giugno 1975 il Nucleo investigativo dei
carabinieri della Legione di Parma denunciava alla Procura della
Repubblica Colombari Nino e Colombari Andrea per detenzione di tre
pistole ad aria compressa e tre lanciarazzi scoperti nella loro
abitazione a seguito di perquisizione (regolarmente autorizzata)
effettuata il 16 giugno dello stesso anno.
I due Colombari venivano rinviati con rito direttissimo dinanzi al
tribunale di Parma che, accogliendo l’istanza del difensore, rimetteva
la causa alla Corte costituzionale per avere l’art. 36, primo comma,
della legge 18 aprile 1975, n. 110, violato l’art. 3 della
Costituzione. E ciò in quanto, nella norma denunciata (pur essendo
prevista una causa di non punibilità per chi, entro sessanta giorni
dalla data in vigore della legge, avesse provveduto alla denuncia delle
armi comuni da sparo detenute), si assoggetta a pena chi sia trovato a
detenere le dette armi in pendenza del termine sopradetto.
L’ordinanza veniva regolarmente notificata e comunicata.
Dinanzi alla Corte costituzionale si è costituita la sola
Avvocatura dello Stato la quale sostiene la infondatezza della
questione poiché, nella specie, il legislatore avrebbe razionalmente
differenziato la situazione di chi proceda alla “denunzia” entro il
sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della legge – così
usufruendo della “sanatoria” – e chi, invece, si sia visto accertato il
reato di detenzione di armi non denunziate entro il medesimo termine.
Secondo l’Avvocatura, infatti, la norma avrebbe dato la prevalenza
all’animus poenitenti di chi abbia proceduto alla denuncia su chi abbia
tenuto un comportamento antinomico, rispetto alla volontà di avvalersi
dello ius poenitenti, detenendo le armi senza averle denunciate.
D’altro canto, secondo l’Avvocatura, la norma impugnata
risponderebbe anche al principio della irrinunciabilità della azione
penale; una volta accertato il reato non può che procedersi contro
l’autore del reato medesimo e non già attendere che sia spirato il
termine di sanatoria.
2. – Analoghe questioni sono state sollevate dal tribunale di Roma
con ordinanze emesse: il 30 ottobre 1975 nel procedimento penale a
carico di Marcocci Antonio e il 13 febbraio 1976 nel procedimento
penale a carico di D’Agabito Bruno, se pure: nel giudizio di cui alla
ordinanza del 30 ottobre 1975 il fatto reato è stato commesso prima
della entrata in vigore della legge 18 aprile 1975, n. 110 e la
eccezione di illegittimità costituzionale sia mossa nei confronti del
solo inciso “sempre che la denuncia avvenga prima dell’accertamento del
reato” dell’art. 36 di detta legge; mentre nella seconda ordinanza,
sempre del tribunale di Roma, la questione di illegittimità
costituzionale investe l’intero articolo 36.
1. – Poiché la questione di legittimità costituzionale sollevata
dalle tre ordinanze, sia pure con diversa prospettazione dell’art. 36
della legge 18 aprile 1975, n. 110, in relazione all’art. 3 della
Costituzione, è sostanzialmente identica, i giudizi relativi devono
essere riuniti e decisi con unica sentenza.
Si tratta di decidere, in tema di detenzione di armi, se quella
parte del ricordato art. 36 che esclude la sanatoria qualora
“l’accertamento del reato avvenga prima della denuncia delle armi” sia
in contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Nel senso cioè della
differenza di trattamento che verrebbe a riscontrarsi fra chi ha potuto
avvalersi dell’intero periodo di tempo concesso dalla legge per la
denuncia delle armi e pertanto non punibile e chi, invece, sia stato
trovato in possesso di armi sia pure nel corso di detto periodo.
2. – La questione non è fondata.
La detenzione di armi è, invero, un reato a carattere permanente
la cui natura non viene modificata dalla esistenza di una norma che
conceda, a determinate condizioni, una sanatoria. Ed infatti si ha la
non punibilità solo se venga ottemperato all’obbligo della denuncia
prima dell’accertamento del reato. In altri termini tale accertamento
fa venir meno la sanatoria e ciò perché scattano, in quel momento, le
conseguenze collegate con la natura permanente del reato stesso.
Il legislatore con la norma di cui all’art. 36, primo comma, legge
18 aprile 1975, n. 110 (vedi come identico precedente legislativo
l’art. 8 della legge 2 ottobre 1967, n. 895) se ha inteso consentire ai
detentori di armi di farne denuncia sia pure tardiva senza incorrere
nelle sanzioni previste dalle disposizioni vigenti, ha pur voluto con
ciò addivenire ad un controllo quanto più esteso e approfondito
possibile del fenomeno della quantità di armi illegittimamente
detenute. La previsione, pertanto, della non punibilità del commesso
reato, ove la denuncia abbia avuto luogo entro il termine fissato
dall’art. 36, vuol premiare il “ravvedimento attivo” di chi siasi
determinato alla denuncia delle armi possedute. Ma tutto questo non
può sancire la non punibilità di chi sia trovato in possesso di armi
non denunciate anche se il detentore avesse ancora, dinanzi a sé,
margine di tempo per la denunzia.
La concessione di un termine vuol essere di stimolo perché,
nell’ambito di quello, la denunzia delle armi sia fatta all’autorità,
ed in tal caso colui che pur aveva violato la legge va esente da pena,
ma è evidente che l’accertamento del reato di detenzione di armi non
può essere paralizzato fino alla scadenza del termine di cui la legge
fa parola, restando, ove così fosse, preclusa ogni attività della
polizia e della giustizia penale cui è affidato il compito di scoprire
e reprimere la commissione di reati.
Risulterebbe sommamente pregiudizievole per il consorzio civile e
irridente per la giustizia il fatto di chi potesse continuare a
detenere, tranquillamente, se non addirittura spavaldamente, un
arsenale di armi sol perché è in attesa della scadenza del termine
per la sua denuncia, effettuata la quale, è esentato dalla
punibilità.
Struttura e limiti della causa di non punibilità, così come
configurati nell’art. 36 della legge 18 aprile 1975, n. 110, al pari
che nel precedente legislativo menzionato, rispondono dunque ad una
ragionevole funzione di politica criminale, integrando la prospettiva
di possibili adempimenti tardivi entro il quadro generale segnato dalla
persistente illiceità della detenzione di armi non denunciate, con le
conseguenze che ne derivano in punto di scoperta e repressione di
reati.
3. – Secondo le ordinanze, vi sarebbe una lesione del principio
d’uguaglianza nel fatto che la responsabilità penale, in “situazioni
identiche”, verrebbe fatta dipendere da un evento (“l’accertamento del
reato”) non riferibile ai soggetti interessati, ma del tutto estraneo e
casuale. In realtà, l’elemento “casuale” non può essere identificato
nell’accertamento del reato in quanto tale, ma caso mai nella sua
collocazione temporale: il nesso normale fra accertamento e punizione
del reato, diverrebbe, si dice, illegittimo e discriminatorio per la
pendenza del termine di sanatoria. Ad invalidare una simile
conclusione, sono sufficienti le considerazioni sopra svolte sulla
razionalità della disciplina dettata; e d’altra parte l’incidenza di
“casuali” vicende o successioni temporali è alla base delle stesse
cause estintive del reato o della punibilità di più generale
applicazione (amnistia e prescrizione).
In realtà è la stessa impostazione delle ordinanze di rimessione
che deve essere capovolta. L’accertamento e la punizione del reato
(permanente) di detenzione d’armi non denunciate, in qualsiasi momento
della permanenza del reato, rispondono ai principi primi del sistema
penale, ed in particolare al criterio di “eguale” trattamento di tutti
i trasgressori. La soluzione adottata dal legislatore (nel 1975 come
già nel 1967) sviluppa perciò correttamente, nell’ambito della
discrezionalità legislativa, una prospettiva ben definita di politica
criminale e si sottrae, per quanto sopra chiarito, alle prospettate
censure di legittimità costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 36, primo comma (così come specificato nelle ordinanze di
rimessione), della legge 18 aprile 1975, n. 110, sollevata, in
relazione all’art. 3 della Costituzione, dai tribunali di Parma e Roma,
con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1978.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO –
ANTONINO DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere