Sentenza N. 266 del 1983
Corte Costituzionale
Data generale
26/09/1983
Data deposito/pubblicazione
26/09/1983
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/09/1983
ANTONINO DE STEFANO – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA –
Prof. VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO
SAJA – Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO, Giudici,
12 novembre 1976, n. 751 (Norme per la determinazione e riscossione
delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e
altre disposizioni in materia tributaria) promosso con ordinanza emessa
il 7 ottobre 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di
Bergamo sul ricorso proposto da Gualandris Giovanni iscritta al n. 48
del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 94 del 1978;
visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1983 il Giudice
relatore Brunetto Bucciarelli Ducci.
Nel corso del procedimento – promosso da Gualandris Giovanni al
fine di ottenere la nuova liquidazione dell’imposta IRPEF sui redditi
dell’anno 1974 con l’imputazione del reddito dei figli minori ai due
genitori in parti eguali – la Commissione tributaria di primo grado di
Bergamo, con ordinanza 7 ottobre 1977, ha sollevato, di ufficio, in
riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 3 legge 12 novembre 1976, n. 751,
nella parte in cui subordina la imputabilità dei redditi dei figli
minori per metà a ciascuno dei genitori alla condizione che entrambi i
genitori possiedano redditi tassabili.
L’ordinanza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del
5 aprile 1978.
Nel giudizio davanti a questa Corte non si è costituita la parte
privata.
È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocato Generale dello Stato, con atto
depositato il 24 aprile 1978, chiedendo che la questione di
legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.
La Commissione tributaria di primo grado di Bergamo ha
sollevato, di ufficio – in riferimento agli artt. 3 e 53 della
Costituzione – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3
legge 12 novembre 1976, n. 751 (norme per la determinazione e
riscossione delle imposte dirette sui redditi dei coniugi per gli anni
1974 e precedenti ed altre disposizioni in materia tributaria) nella
parte in cui subordina l’imputabilità dei redditi dei figli minori per
metà a ciascuno dei genitori a condizione che i genitori siano
entrambi titolari di reddito proprio. Tale norma, ad avviso del giudice
“a quo”, sarebbe in contrasto con i principi di eguaglianza e di
proporzionalità della imposizione alla capacità contributiva, sanciti
dai citati artt. 3 e 53 della Costituzione, perché, nei casi in cui,
come nella specie, sussistono redditi imponibili di un solo genitore e
del figlio, il genitore è sottoposto al cumulo dei due redditi, con la
conseguente applicazione della maggior aliquota corrispondente a tale
cumulo, mentre nelle altre famiglie, nelle quali anche la moglie ha un
reddito, sia pure minimo, i redditi dei figli si cumulano per metà con
il reddito di ciascuno dei genitori, che viene, quindi, assoggettato ad
una inferiore aliquota di imposta.
La questione non è fondata.
La legge 12 novembre 1976, n. 751 – come è precisato nella
relazione ministeriale al relativo disegno di legge – è diretta a
regolare, con la necessaria urgenza, gli effetti della sentenza 15
luglio 1976, n. 179, con la quale questa Corte ha dichiarato
illegittime alcune norme del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645; della
legge 9 ottobre 1971, n. 825; dei decreti presidenziali 26 ottobre
1972, n. 636, e 29 settembre 1973, n. 597 e n. 600, nella parte in
cui, ai fini dell’applicazione della imposta complementare e della
imposta sul reddito delle persone fisiche, prevedevano il concorso dei
redditi della moglie, non legalmente ed effettivamente separata, con
quelli del marito e l’imputazione del reddito complessivo a
quest’ultimo, quale unico soggetto passivo di imposta, ponendo a carico
del medesimo tutti gli obblighi ed oneri conseguenti.
La legge in esame – avente carattere temporaneo perché
concernente solo le imposte per l’anno 1974 e quelle precedenti –
contiene, quindi, la disciplina dei rapporti tributari dei quali
ciascuno dei coniugi è soggetto in quanto titolare di reddito proprio.
La citata sentenza (n. 179/1976) di questa Corte non ha messo in
discussione l’imputazione del reddito dei figli minori al reddito del
solo padre, prevista dall’art. 4, lett. b, d.P.R. 29 settembre 1973, n.
597. Tuttavia il legislatore – come è precisato nella menzionata
relazione ministeriale – tenuto anche conto della nuova disciplina dei
rapporti familiari, ha introdotto nell’art. 3, comma primo, della
stessa legge n. 751 del 1976, la norma, ora impugnata, la quale
prescrive che i redditi e gli oneri deducibili dei figli minori si
imputano, in parti uguali, al reddito complessivo di ciascuno dei
coniugi.
Tale scelta del legislatore non è censurabile in sede di
legittimità costituzionale perché trova razionale giustificazione nel
proposito di non conferire soggettività tributaria al coniuge privo di
reddito solo per effetto della sussistenza di reddito proprio dei figli
minori.
Come questa Corte ha già affermato con la menzionata sentenza n.
179 del 1976 e ribadito con la sentenza n. 76 del 1983, è il
legislatore che deve apprestare adeguati sistemi ai possibili effetti
distorsivi del sistema di tassazione separata del reddito dei coniugi,
operando le più convenienti scelte normative nell’ambito del suo
potere discrezionale, il cui esercizio si sottrae al sindacato di
legittimità costituzionale tutte le volte che non sconfini
nell’irrazionalità o nell’arbitrio. In tal senso è già intervenuta
la legge 13 aprile 1977, n. 114 (modificazioni alla disciplina del
reddito delle persone fisiche) peraltro non applicabile alla
fattispecie in esame perché la relativa normativa disciplina la
dichiarazione dei redditi dopo tale data: la quale, tra l’altro, con
l’art. 4 ha sostituito la norma contenuta nella lettera b) dell’art. 4
menzionato d.P.R. n. 597 del 1973 e stabilito che i redditi dei figli
minori sono imputati per metà del loro ammontare a ciascuno dei
coniugi, senza richiedere la titolarità di redditi propri da parte di
ognuno di essi.
Ma ciò non toglie che la scelta operata dal legislatore, con la
norma impugnata, nell’esercizio del suo potere discrezionale al fine di
dettare la più immediata disciplina dei rapporti tributari dopo la
sentenza n. 179 del 1976 di questa Corte, sia sorretta da razionali
giustificazioni: il che esclude la sussistenza delle denunciate
violazioni degli artt. 3 e 53 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3 legge 12 novembre 1976, n. 751 (norme per la
determinazione e riscossione delle imposte sui redditi dei coniugi per
gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria)
proposta dalla Commissione Tributaria di primo grado di Bergamo, con la
ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 53 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 settembre 1983.
F.to: LEOPOLDO ELIA – ANTONINO DE
STEFANO – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere