Sentenza N. 27 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
14/04/1965
Data deposito/pubblicazione
14/04/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/04/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI
CASSANDRO – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE
BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof.
GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA
BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,
approvato dal Consiglio regionale sardo l’8 luglio 1964 e riapprovato,
in seguito a rinvio, il 29 ottobre 1964, intitolato: “Concessione di un
sussidio ai combattenti della guerra 1915-18, che versano in condizioni
di bisogno”, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
Ministri, notificato il 17 novembre 1964, depositato nella cancelleria
della Corte costituzionale il 25 successivo ed iscritto al n. 16 del
Registro ricorsi 1964.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Presidente della
Regione autonoma della Sardegna;
udita nell’udienza pubblica del 3 febbraio 1965 la relazione del
Giudice Giovanni Cassandro;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe
Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l’avv.
Pietro Gasparri, per il Presidente della Regione autonoma della
Sardegna.
1. – Il Consiglio regionale sardo ha approvato una prima volta l’8
luglio 1964 e una seconda volta, in seguito a rinvio, il 29 ottobre
1964, un disegno di legge intitolato: “Concessione di un sussidio ai
combattenti della guerra 1915-18, che versano in condizioni di
bisogno”.
Questo disegno di legge autorizza nell’art. 1 l’Amministrazione
regionale a concedere ai combattenti della guerra 1915-18, che versano
in disagiate condizioni economiche e “fino a quando lo Stato non emani
provvedimenti per la concessione di pensioni sussidi e assegni”, un
sussidio annuo nella misura di lire 60.000 “da liquidarsi in unica
soluzione entro il 31 marzo di ciascun anno”. Il sussidio può essere
concesso a coloro che ne facciano domanda e dimostrino: a) di essere
nati e residenti in Sardegna; b) di possedere la qualifica di
combattente della guerra 1915-18; c) di aver superato il
sessantacinquesimo anno di età; d) di non godere di un reddito annuo
superiore a lire 240.000, sulla base degli accertamenti fiscali
dell’Amministrazione comunale (art. 2). La legge regola inoltre il
procedimento per la concessione del sussidio (art. 3); dispone che le
relative norme regolamentari debbano essere emanate entro un mese dalla
pubblicazione della legge con decreto del Presidente della Giunta
regionale su conforme deliberazione della Giunta medesima (art. 4);
provvede alla copertura della spesa prevista in lire 240 milioni annui
(art. 5); dichiara urgente la legge ai sensi e per gli effetti previsti
dall’art. 33 dello Statuto speciale (art. 6).
2. – Contro questo disegno di legge ha proposto ricorso il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocato Generale dello Stato, con atto depositato nella
cancelleria di questa Corte il 25 novembre 1964.
L’Avvocatura sostiene che l’impugnato disegno di legge “esorbita in
senso assoluto dalla competenza legislativa della Regione sarda” quale
è regolata dagli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto regionale.
Il “sussidio” previsto dal disegno di legge, infatti, avrebbe
carattere pensionistico – concesso com’è con riferimento alla
qualifica di combattente, in riconoscimento, si vuol dire, di un
servizio prestato -, e soltanto nominalmente assistenziale. Ora,
secondo l’Avvocatura, non è dubbio che la materia pensionistica non è
di competenza regionale; e che, inoltre, la concessione di una pensione
a chi ha reso un servigio allo Stato, rappresenta un’indebita ingerenza
della Regione nella sfera di competenza dello Stato.
Né si potrebbe sostenere che il disegno di legge trovi fondamento
nella competenza regionale in materia di “assistenza e beneficenza
pubblica”, di “lavoro, previdenza e assistenza sociale”, attribuiti
rispettivamente alla competenza secondaria e terziaria della Regione
dagli artt. 4, lett. h) e 5, lett. b) dello Statuto. Nel primo caso,
infatti, la previsione statutaria concerne coloro che versino in stato
di bisogno indipendentemente da servigi resi e da qualità possedute;
nel secondo i lavoratori dipendenti o autonomi. Ma, anche se il disegno
di legge potesse trovare fondamento nella competenza in materia di
assistenza e beneficenza, la Regione avrebbe esorbitato dai limiti
posti alla sua competenza perché non avrebbe rispettato i principi
della legislazione statale, che presuppongono in via primaria e non
accessoria la valutazione dello stato di bisogno al di fuori di
qualificazioni non espressive di per sé del bisogno stesso, le quali
potrebbero indurre – sempre considerando le cose sotto il punto di
vista assistenziale – ingiustificate disparità di trattamento. Ma il
disegno di legge violerebbe anche il principio di eguaglianza (art. 3
della Costituzione), creando una non giustificata sperequazione tra i
combattenti della guerra 1915-18 e quelli della guerra 1940-44, fra
quelli nati in Sardegna e gli altri nati nel restante territorio dello
Stato, e, infine, tra quelli nati e residenti in Sardegna e quelli
nati, ma non più residenti nell’isola.
3. – La Regione si è costituita in giudizio nella persona del suo
presidente, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Gasparri con atto
depositato il 7 dicembre 1964.
Sostiene la difesa regionale che pur ammesso che il sussidio
previsto dal disegno di legge impugnato possa essere qualificato
“pensione”, non ne sarebbe escluso il carattere assistenziale, dato che
la pensione può assumere questo carattere tutte le volte che sia
concessa come soccorso a chi si trovi in particolari condizioni di
indigenza e non costituisca lo sviluppo di un preesistente rapporto
assistenziale; né questo carattere lo perde quando la corresponsione
di essa è condizionata oltre che alla situazione di bisogno, rivelata
dall’età e dal reddito insufficiente, al possesso di un requisito di
benemerenza.
La disparità di trattamento che lo Stato lamenta tra i combattenti
della guerra 1915-18 nati e residenti in Sardegna e quelli non nati e
non residenti nell’isola, sarebbe fondata se rivolta a una legge
statale, che limitasse una particolare forma di assistenza ai cittadini
di una parte del territorio nazionale, non già se mossa ad una
regione, competente in materia di assistenza e beneficenza, che
disponga provvidenze umanitarie in aggiunta a quelle previste dalle
leggi statali in ragione della particolare depressione economica
esistente nel suo territorio.
4. – In una memoria depositata il 19 gennaio 1965 la difesa della
Regione ha sottolineato il carattere eccezionale e temporaneo
dell’assegno previsto dalla legge regionale, per dedurre che non può
essere assegnata ad esso la natura di pensione. D’altra parte ha
chiarito la distinzione che correrebbe tra pensione previdenziale e
pensione assistenziale. L’istituzione di una pensione di questo secondo
tipo, alla base della quale manca un precostituito sistema di
versamenti e di trattenute in vista di una futura ed eventuale
situazione di bisogno, mirando essa, invece, a provvedere a situazioni
attuali di bisogno, bene potrebbe rientrare tra le competenze della
Regione. Infine, poiché la disposizione regionale in esame si
ispirerebbe a fini di solidarietà sociale, la difesa sostiene che
l’assegno previsto dalla legge della Regione avrebbe non tanto
carattere di assistenza pubblica, quanto di assistenza sociale e
troverebbe fondamento nell’art. 4 dello Statuto che prevede in tale
materia una competenza legislativa integrativa della Regione.
5. – All’udienza del 3 febbraio 1965 le difese delle parti hanno
confermato le loro argomentazioni e insistito nelle conclusioni prese
negli atti scritti.
1. – Il ricorso deve essere accolto.
La difesa della Regione sarda ha invocato, per respingere la
censura di illegittimità costituzionale del disegno di legge
impugnato, le norme contenute nella lettera h dell’art. 4 e nella
lettera b dell’art. 5 dello Statuto, che riconoscono alla Regione, nel
primo caso, una potestà legislativa cosiddetta concorrente nella
materia dell’assistenza e beneficenza pubblica, nel secondo, una
potestà legislativa integrativa e di attuazione nella materia della
previdenza e assistenza sociale. Nella memoria e nella discussione
orale, anzi, essa ha insistito sulla seconda delle competenze ora
ricordate, sostenendo che un provvedimento della natura di quello che
la Regione si propone di adottare nei confronti dei combattenti della
guerra 1915-18 contiene di per sé elementi di solidarietà sociale,
dato che vuole far sentire a una categoria benemerita di cittadini in
istato di bisogno il calore della comprensione e il conforto
dell’aiuto.
La Corte non può condividere questa interpretazione per due
motivi: il primo che la “previdenza e assistenza sociale”, della quale
fa parola la lettera b dell’art. 5 dello Statuto, riguarda i
lavoratori, alla dipendenza altrui o autonomi, per i quali l’art. 38,
secondo comma, della Costituzione, vuole che siano “preveduti e
assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di
infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria”, come si ricava anche dalla collocazione che questa
materia della previdenza e assistenza trova nello Statuto, nella citata
lettera b dell’art. 5, subito dopo quella del “lavoro”. La seconda
ragione è che, pur se si potesse concedere che il “sussidio” previsto
dal disegno di legge regionale trovi la sua sede nella invocata
competenza regionale, la Regione avrebbe ugualmente travalicato i
confini della sua competenza, non potendosi al certo sostenere che il
disegno di legge impugnato si limiti a integrare e a dare attuazione a
una legge della Repubblica.
2. – Nemmeno può dirsi che la legge impugnata trovi fondamento
nell’art. 4, lett. h. L’assistenza e la beneficenza pubblica che questa
norma assegna alla competenza sussidiaria della Regione è quella alla
quale si riferisce il primo comma dell’art. 38 della Costituzione, per
il quale ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi
necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza
sociale, e, come ha osservato esattamente la difesa del Presidente del
Consiglio, essa si propone di sovvenire chiunque si trovi in condizioni
di bisogno, prescindendo da particolari qualità o situazioni personali
o da servigi particolari resi allo Stato. Né vale opporre che la legge
regionale prevede, fin nel titolo, che il sussidio può essere
corrisposto soltanto ai combattenti che versano in condizioni di
bisogno, perché il bisogno viene, nel caso, come condizione
sussidiaria, non principale e determinante, non diversamente, del
resto, da quel che è disposto nelle numerose proposte di legge
presentate al Parlamento dal 1960 al 1963 (20 ottobre 1960; 1 dicembre
1960; 1 febbraio 1961; 17 febbraio 1962; 15 ottobre 1963), e che non
intendevano al certo adottare una misura di assistenza e di
beneficenza. La potestà legislativa della Regione, poi, si deve
esercitare, in questa materia, nei limiti dei principi delle leggi
dello Stato e, perciò, in relazione con un tipo di assistenza che le
leggi dello Stato prevedano e regolino, come non è del caso in esame.
Ne consegue che la legge regionale non trova fondamento nella
competenza legislativa assegnata dallo Statuto alla Regione, sia che si
voglia qualificare il “sussidio” previsto dall’art. 1 quale una misura
assistenziale, sia che, invece, si voglia riconoscergli il carattere di
pensione. E non occorre, perciò, verificare la consistenza della
distinzione proposta dalla difesa regionale tra pensione previdenziale
e pensione assistenziale.
3. – La verità è che il sussidio o pensione che la Regione, con
lodevole intento, vorrebbe assegnare agli ex-combattenti della guerra
1915-18, a prescindere dalla qualificazione giuridica relativa, è di
quelle misure che lo Stato, e soltanto lo Stato, può adottare, perché
in corresponsione di un servizio, il più alto e il più nobile, che il
cittadino è tenuto a prestargli. Una Regione che si arroghi di
provvedere in questa materia, al posto dello Stato, in favore dei
cittadini nati, e viventi nel territorio in cui si esercita la sua
competenza, commette un’invasione della sfera di competenza dello Stato
e, conseguentemente e necessariamente, anche una violazione dell’art. 3
della Costituzione, che consacra il principio di eguaglianza dei
cittadini. E che così sia è confermato dalla medesima legge
impugnata, che limita la sua efficacia nel tempo “fino a quando lo
Stato non emani provvedimenti per la concessione di pensioni sussidi o
assegni” e dall’ammissione della difesa della Regione che la legge non
avrebbe invaso la sfera di competenza dello Stato, ma questa avrebbe
anzi riaffermata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale del disegno di legge
approvato l’8 luglio 1964 e la seconda volta il 29 ottobre 1964 dal
Consiglio della Regione sarda, intitolato “Concessione di un sussidio
ai combattenti della guerra 1915-18, che versano in condizioni di
bisogno”, in riferimento agli artt. 4, lett. h, e 5, lett. b, dello
Statuto per la Regione sarda e all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 aprile 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – NICOLA JAEGER – GIOVANNI
CASSANDRO – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.