Sentenza N. 27 del 1978
Corte Costituzionale
Data generale
12/04/1978
Data deposito/pubblicazione
12/04/1978
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/04/1978
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof.
GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO
MACCARONE, Giudici,
tabella XV (rectius: tabella XIV) e nota (a) e 118, tabella XVI
(rectius: tabella XIV), del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077
(Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato), in
relazione all’art. 11 e nota 2 della tabella allegata alla legge di
delegazione 18 marzo 1968, n. 249, modificata con legge 28 ottobre
1970, n. 775 (Delega al Governo per il riordinamento
dell’Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e
per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti
statali), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1975 dal
Consiglio di Stato, sui ricorsi proposti da Renato Cavallari ed altri
contro il Ministero delle poste e telecomunicazioni, iscritta al n. 382
del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Uticiale della
Repubblica n. 164 del 23 giugno 1976.
Visti gli atti di costituzione di Vezzi Guido ed altri, Renato
Cavallari ed altri, del Ministero delle poste e telecomunicazioni,
nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 18 gennaio 1978 il Giudice relatore
Edoardo Volterra;
uditi l’avv. Aldo Sandulli per Vezzi Guido ed altri, l’avv.
Stefano Varvesi per Renato Cavallari ed altri ed il sostituto avvocato
generale dello Stato Elio Vitucci per il Ministero delle poste e
telecomunicazioni e per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Con ordinanza emessa il 9 dicembre 1975 il Consiglio di Stato
ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 115
tabella XIV e 118 tabella XIV del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, in
riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione ed in relazione ai
principi espressi nell’art. 11, quinto comma, e nella nota 2 alla
tabella allegata alla legge di delegazione 18 marzo 1968, n. 249
modificata con legge 28 ottobre 1970, n. 775. Le norme impugnate
riguardano personale delle poste e telecomunicazioni, già distinto,
quanto a qualifiche, nelle tabelle L e M della legge 20 febbraio 1970,
n. 27, ed hanno raggruppato nelle qualifiche della carriera esecutiva
di dirigente d’ufficio e capo ufficio e operatore principale di
esercizio rispettivamente i capi ufficio superiori e i capi ufficio di
prima classe da un lato nonché i capi ufficio principale, i capi
ufficio e ufficiali di prima classe da un altro.
Esse hanno anche (nota A tabella XIV art. 115) attribuito ai capi
ufficio e operatori principali di esercizio mansioni meramente
esecutive previste dal terzo comma dell’art. 37 della legge 27 febbraio
1958, n. 119.
L’ordinanza lamenta la violazione del principio della piena
valutazione del servizio prestato e dell’inserimento nel nuovo
ordinamento degli uffici tenendo conto della natura delle mansioni
attribuite, a prescindere dalla carriera di provenienza.
Le norme denunziate, infatti, avrebbero illegittimamente
“commassato” personale di livello inferiore, preposto anche a mansioni
esecutive, con personale di livello superiore, e, per il restante
personale, avrebbero previsto l’utilizzazione in mansioni prettamente
esecutive con retrocessione rispetto all’impiego cui anteriormente
erano adibiti.
2. – L’ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Dinanzi alla Corte costituzionale si sono costituiti Vezzi Guido ed
altri rappresentati e difesi dall’avv. Aldo Sandulli, Cavallari Renato
ed altri rappresentati e difesi dall’avv. Stefano Varvesi. È
intervenuto il presidente del Consiglio e si è costituito il Ministero
delle poste e telecomunicazioni rappresentati e difesi dall’Avvocatura
generale dello Stato.
La difesa di Vezzi Guido in un’ampia ed approfondita memoria si
riporta integralmente all’ordinanza del Consiglio di Stato lamentando
anche l’irragionevolezza dell’operato del legislatore delegato e la
violazione del principio del buon andamento amministrativo.
A sua volta la difesa di Cavallari Renato chiede che la questione
venga accolta limitatamente all’inserimento del personale in una
carriera esecutiva anziché di concetto. Osserva infatti, quanto alla
questione dell’indebita commassazione che il legislatore delegante
avrebbe garantito solo la posizione giuridica ed economica acquisita da
ciascuno in assoluto e non la relazione di questa posizione con quella
di altri dipendenti, anche con riguardo all’intento di ordinare i
pubblici uffici secondo le cosiddette qualifiche funzionali. Per quanto
invece concerne l’inserimento di una carriera di concetto, ciò sarebbe
dovuto discendere dalla nota 2 della tabella allegata alla legge di
delegazione che appunto aveva prescritto di tener conto della natura
della mansione attribuita prescindendo dalla carriera di provenienza.
3. – L’Avvocatura dello Stato chiede che tutte le questioni vengano
respinte osservando che, mentre da un lato si stentava di intendere
anche sul piano teorico la differenza di funzioni esistente fra le
dirigenze della tabella L e quelle della tabella M, dall’altro tali
carriere sarebbero state prettamente esecutive e niente affatto
dirigenziali come attestato anche dalla terminologia ufficiale
impiegata nelle tabelle anzidette.
La nota a) all’art. 115 del decreto delegato non toglierebbe
esattezza al discorso che precede. Si tratterebbe d’una salvaguardia
per le situazioni di carattere eccezionalissimo, intesa ad assicurare
l’efficienza e la funzionalità del servizio. Di una salvaguardia
doverosa, posta a tutela dell’interesse della generalità degli utenti
del servizio.
4. – Con ordinanza n. 124/1977, la Corte costituzionale ha disposto
l’acquisizione agli atti del parere della Commissione parlamentare
previsto dalla legge di delega n. 775 del 1970.
5. – A seguito del deposito da parte della Presidenza del Consiglio
dei Ministri del parere della Commissione parlamentare di cui all’art.
21 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, la difesa di Cavallari Renato
ed altri ha presentato memoria.
In questa, rilevato che per la qualifica di inquadramento di
“dirigente d’ufficio” l’art. 118 del d.P.R. n. 1077 del 1970 ha
conservato la corrispondenza con le qualifiche di provenienza fissate
nello schema di decreto (mentre invece tale corrispondenza non è stata
conservata per gli “ufficiali di 1ª classe” inquadrati nella tabella
XIV tra i “capi ufficio ed operatori principali di esercizio”, anziché
in quella di “operatori di esercizio” per essi prevista) si insiste per
la dichiarazione di infondatezza della questione della legittimità
costituzionale dell’art.118, tabella XIV, del d.P.R.28 dicembre 1970,
n. 1077 per quanto riguarda la corrispondenza fra la qualifica di
inquadramento di “dirigente d’ufficio” e le qualifiche di provenienza
di “capo ufficio superiore” e “capo ufficio di 1ª classe”. Si chiede
invece che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 115
del citato d.P.R. n. 1077, per quanto riguarda il mancato
inquadramento in una carriera di concetto dei “dirigenti d’ufficio”.
1. – Occorre in primo luogo, di fronte alle complesse difese
presentate dalle parti, individuare esattamente il thema decidendi in
relazione ai termini della questione di costituzionalità sollevata dal
Consiglio di Stato.
L’ordinanza in epigrafe denunzia che, in violazione delle norme
costituzionali sulla delegazione legislativa (artt. 76 e 77, primo
comma, della Costituzione) con riferimento ai principi espressi
nell’art. 11 e nella nota 2 alla tabella allegata alla legge di
delegazione 18 marzo 1968, n. 249 (modificata con la legge 28 ottobre
1970, n. 775), gli artt. 115 tabella XIV e nota a; 118 tabella XIV del
d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, abbiano raggruppato, nelle qualifiche
della carriera esecutiva di dirigente d’ufficio e di capo ufficio e
operatore principale di esercizio, personale delle Poste e
telecomunicazioni, già distinto dalle tabelle L ed M della legge 20
febbraio 1970, n. 27, rispettivamente in capi ufficio superiori e capi
uffficio di prima classe da un lato nonché in capi ufficio principale,
capi ufficio e ufficiali di prima classe dall’altro.
L’ordinanza, in particolare, prospetta la violazione del principio
della piena valutazione del servizio prestato nell’inserimento del
nuovo ordinamento degli uffici, tenendo conto della natura delle
mansioni attribuite, a prescindere dalla carriera di provenienza. Le
norme denunziate, infatti, nelle qualifiche suddette, avrebbero
illegittimamente “commassato” personale che svolgeva compiti
qualitativamente diversi. Inoltre, avrebbero previsto, per gli inseriti
nella qualifica di capo ufficio e operatore principale di esercizio,
anche l’utilizzazione in mansioni esecutive con regresso rispetto
all’attività cui anteriormente erano adibiti.
2. – Tali essendo i termini della questione sollevata
dall’ordinanza del Consiglio di Stato, la quale non riguarda questioni
afferenti alla conservazione della progressione di carriera e del
meccanismo parametrale adottato, la Corte non può allargare il thema
decidendi, prendendo in esame la censura avanzata dalla difesa di
Cavallari Renato ed altri, di violazione dei principi contenuti nella
legge di delegazione, per avere il decreto legislativo inserito il
personale in questione in una carriera esecutiva anziché di concetto;
parimenti non vanno considerati ulteriori profili di illegittimità
(prospettati dalla difesa di Vezzi Guido ed altri) relativi a principi
costituzionali diversi da quelli che regolano la materia della
delegazione legislativa.
3. – La questione nei termini prospettati è infondata.
Le norme impugnate si inquadrano nel più generale disegno del
legislatore delegante (art. 11 della legge 18 marzo 1968, n. 249) per
cui compito del legislatore delegato era quello di riordinare le
carriere degli impiegati civili e degli operai dello Stato sulla base
di qualifiche funzionali, operando, di massima, una riduzione delle
qualifiche previgenti in base al criterio dell’abolizione di quelle
alle quali non corrispondessero, in concreto, mansioni specifiche e
differenziate.
Tali norme riguardano un settore dell’amministrazione, quello delle
Poste e telecomunicazioni, in cui massima era la frammentazione delle
qualifiche in riferimento alle mansioni da svolgersi negli uffici di
modesta importanza, e riducono cinque delle preesistenti qualifiche
delle tabelle L ed M della legge 11 febbraio 1970, n. 27, alle
qualifiche di dirigente d’ufficio e capo ufficio ed operatore
principale di esercizio, con ciò già armonizzandosi al generale
disegno surriferito.
Né alla disposizione impugnata può muoversi la censura di una
indebita “commassazione” delle carriere, perché l’articolo 11 della
legge di delegazione n. 249 del 1968 prevede espressamente al secondo
comma la fusione delle qualifiche in atto ed alla nota 2 della tabella
allegata impone di prescindere dalle carriere di provenienza, così
dimostrando l’esattezza della tesi per cui il legislatore delegante ha
garantito (e nemmeno in maniera assoluta, stanti le modifiche di cui
all’art. 9 della legge 775/1970) solo la posizione giuridica ed
economica acquisita da ciascuno senza riguardo alle rispettive
posizioni di altri dipendenti.
D’altra parte nella legge delegata si è osservata la distinzione
delle mansioni già esercitate prevedendosi una qualifica di dirigenti
d’ufficio (che ha raccolto il personale ai vertici delle tabelle L ed
M) separata da quella di capo ufficio ed operatore principale di
esercizio. E l’omogeneità delle mansioni esercitate dal personale
inserito nella qualifica di dirigente d’ufficio può ricavarsi
dall’art. 37 della legge 27 febbraio 1958, n. 119, considerando come i
cosiddetti capi di ufficio superiore della tabella L – già inquadrati,
nonostante la terminologia, in una carriera esecutiva – potevano
svolgere mansioni di coadiuvanza nella dirigenza degli uffici e reparti
di uffici principali di minore importanza del tutto analoghe alle
funzioni di piccola dirigenza e di aiuto dirigenza negli uffici
esecutivi postali e telegrafici attribuite ai capi ufficio di prima
classe della tabella M. A sua volta il restante personale, inserito
nella qualifica di capo ufficio ed operatore principale di esercizio,
svolgeva anche le medesime mansioni di collaborazione contabile.
Infine, per quanto riguarda la nota a) dell’art. 115 denunziata, la
previsione che gli operatori principali di esercizio possano essere
utilizzati anche per le mansioni previste dal terzo comma dell’art. 37
della legge 27 febbraio 1958, n. 119, si giustifica, osservando che la
qualifica di operatore principale di esercizio raccoglie anche gli
ufficiali di 1ª classe dell’ex tabella M, già adibiti a quelle
mansioni e che criterio direttivo ricavabile dall’intero contesto della
legge di delegazione è quello per cui il legislatore delegato emani
norme dirette alla salvaguardia delle esigenze di servizio, quale
appunto quella di specie.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 115 tabella XIV e nota a), 118 tabella XIV d.P.R. 28
dicembre 1970, n. 1077, promossa, con l’ordinanza in epigrafe, in
riferimento agli artt. 76 e 77, 1 comma, della Costituzione ed in
relazione all’art. 11 e nota 2 della tabella allegata alla legge 18
marzo 1968, n. 249, modificata con la legge 28 ottobre 1970, n. 775.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1978.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO –
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere