Sentenza N. 286 del 1985
Corte Costituzionale
Data generale
13/11/1985
Data deposito/pubblicazione
13/11/1985
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/11/1985
REALE – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO – Dott. FRANCESCO GRECO – Prof. RENATO
DELL’ANDRO, Giudici,
ministri, notificati il 18 febbraio 1977, il 12 agosto 1977, il 24
ottobre 1977, il 23 marzo 1978 (n. 2 confl.), il 27 maggio 1978, il 19
febbraio 1979, il 7 giugno 1979, il 28 giugno 1979, il 20 dicembre
1979, il 29 luglio 1980 (n. 2 confl.), l’11 ottobre 1980 e il 15
gennaio 1981, depositati in cancelleria il 2 marzo 1977, il 27 agosto
1977, il 7 novembre 1977, il 3 aprile 1978, il 4 aprile 1978, il 15
giugno 1978, il 3 marzo 1979, l’8 giugno 1979, il 10 luglio 1979, il 9
gennaio 1980, il 4 agosto 1980, il 5 agosto 1980, il 28 ottobre 1980 e
il 27 gennaio 1981, ed iscritti ai nn. 5, 18 e 20 del registro 1977;
nn. 10, 11 e 15 del registro 1978; nn. 6, 17 e 19 del registro 1979;
nn. 2, 21, 22 e 31 del registro 1980; n. 3 del registro 1981, per
conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti dei Presidenti
delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Puglia, Lombardia e della
Provincia autonoma di Bolzano, concernenti varianti a piani regolatori.
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Friuli-Venezia Giulia,
Veneto, Lombardia e della Provincia autonoma di Bolzano;
udito nell’udienza pubblica dell’8 ottobre 1985 il Giudice relatore
dott. Francesco Saja;
uditi l’avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia
autonoma di Bolzano, Giulio Cevolotto per la Regione Veneto e Umberto
Pototschnig per la Regione Lombardia.
1. – Con decreto n. 02031/Pres. 207 del 30 novembre 1976 il
Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia approvava
il regolamento edilizio ed il programma di fabbricazione del Comune di
Trasaghis, nel quale un’area edificata, appartenente al patrimonio
indisponibile dell’Amministrazione militare dello Stato, veniva
destinata a “zona di rispetto stradale e cimiteriale, inedificabile”.
Contro il decreto la Presidenza del Consiglio dei ministri
sollevava un conflitto di attribuzione, chiedendone l’annullamento con
ricorso notificato il 18 febbraio 1977 (reg. ric. n. 5 del 1977).
Quanto all’ammissibilità, la ricorrente osservava di proporre una
questione non già attinente all’opportunità del vincolo di
destinazione urbanistica bensì relativa all’individuazione
dell’autorità competente a disporre in materia: questione, dunque,
appartenente alla giurisdizione costituzionale e non a quella
amministrativa.
Nel merito la ricorrente sosteneva che la sottrazione di beni del
demanio e del patrimonio indisponibile statale alla loro destinazione
doveva avvenire nei modi stabiliti dalla legge (artt. 828 e 829 cod.
civ.), e quindi non certo con atto unilaterale delle regioni.
2. – Con successivi ricorsi di analogo contenuto la Presidenza del
Consiglio dei ministri impugnava i seguenti atti:
– decreto n. 01163 del 17 maggio 1977, con cui il Presidente della
Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia aveva approvato una variante
al piano regolatore generale del Comune di Tarvisio, statuente la
destinazione a “zona stradale” dell’area occupata da alcuni alloggi
militari (ricorso notificato il 12 agosto 1977, reg. ric. n. 18 del
1977);
– deliberazione n. 1221 del 23 marzo 1977 (in B.U. n. 27 del 27
giugno 1977) con cui la Giunta regionale del Veneto aveva approvato una
variante al piano regolatore generale del Comune di Venezia, che
destinava a verde pubblico alcuni beni del demanio marittimo (ricorso
notif. il 24 ottobre 1977, reg. ric. n. 20 del 1977);
– deliberazione n. 3356 del 26 luglio 1976 (in B.U. n. 4 del 23
gennaio 1978), con cui la suddetta Giunta aveva approvato una variante
del piano regolatore generale di Venezia, che destinava a verde
pubblico alcuni beni del demanio ferroviario (ricorso notif. il 23
marzo 1978, reg. ric. n. 10 del 1978);
– deliberazione n. 5109 del 15 novembre 1977 (in B.U. n. 4 del 23
gennaio 1978), con cui la suddetta Giunta aveva approvato una variante
del piano regolatore generale di Venezia, che destinava a verde
pubblico ed a parcheggio automobilistico alcune aree del demanio
marittimo, prevedendo anche la demolizione di alcuni immobili demaniali
e la costruzione di edifici pregiudicanti la manutenzione delle difese
a mare (ricorso notif. il 23 marzo 1978, reg. ric. n. 11 del 1978);
– decreto n. 2619 del 31 ottobre 1977 (in B.U. n. 86 del 29 marzo
1978), con cui il Presidente della Giunta regionale della Puglia aveva
approvato il piano particolareggiato per il restauro della città
vecchia di Taranto, piano che destinava ad attrezzature pubbliche di
interesse generale e ad autosilos alcuni beni del demanio e del
patrimonio indisponibile statale (ricorso notif. il 27 maggio 1978,
reg. ric. n. 15 del 1978);
– deliberazione n. 7162 del 23 ottobre 1978 (in B.U. n. 67 del 27
dicembre 1978), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva
approvato una variante al piano urbanistico del Comune di Campo di
Trens, statuente la destinazione di una area del demanio ferroviario a
zona agricola e ad insediamenti produttivi di interesse provinciale. La
ricorrente osservava che la potestà amministrativa della Provincia
autonoma di Bolzano, stabilita dall’art. 16 dello Statuto della Regione
Trentino-Alto Adige in correlazione con la potestà legislativa
attribuita dal precedente art. 8 n. 5, non escludeva il potere dello
Stato di decidere autonomamente la destinazione dei propri beni
demaniali (ricorso notif. il 19 febbraio 1979, reg. ric. n. 6 del
1979);
– deliberazione n. 2931 del 13 giugno 1978 (in B.U. n. 18 del 17
aprile 1979) con cui la Giunta regionale del Veneto aveva approvato il
piano particolareggiato del Comune di Venezia – zona Santa Marta, che
mutava la destinazione di alcune aree del demanio ferroviario (ricorso
notif. il 7 giugno 1979, reg. ric. n. 17 del 1979);
– deliberazione n. 1711 del 12 marzo 1979 (in B.U. n. 22 del 12
maggio 1979), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva approvato
una variante al piano urbanistico del Comune di Sluderno, che destinava
a parcheggio pubblico un’area del demanio ferroviario (ricorso Min. dei
trasporti notif. il 28 giugno 1979, reg. ric. n. 19 del 1979);
– deliberazione n. 6100 del 21 settembre 1979 (in B.U. n. 53 del
23 ottobre 1979), con cui la suddetta Giunta provinciale aveva
approvato una variante al piano urbanistico del Comune di San Candido,
che destinava un’area del demanio militare a “zona per attrezzature
collettive” (ricorso notif. il 20 dicembre 1979, reg. ric. n. 2 del
1980);
– deliberazione n. 2726 del 12 maggio 1980 (in B.U. n. 29 del 30
maggio 1980), con cui la suddetta Giunta provinciale aveva approvato il
“piano urbanistico rielaborato” del Comune di Bolzano, che mutava la
destinazione di un’area del demanio militare (ricorso notif. il 29
luglio 1980, reg. ric. n. 21 del 1980); nonché di diversi beni del
demanio e del patrimonio ferroviario (ricorso notif. il 29 luglio 1980
reg. ric. n. 22 del 1980);
– deliberazione n. 29471 del 26 febbraio 1980 (in B.U. n. 22 del
28 maggio 1980) con cui la Giunta regionale della Lombardia aveva
approvato una variante del piano regolatore generale del Comune di
Milano che mutava la destinazione di alcuni beni del demanio e del
patrimonio ferroviario, ovvero imponeva su di essi vincoli
incompatibili con la loro attuale destinazione (ricorso notif. l’11
ottobre 1980, reg. ric. n. 31 del 1980);
– deliberazione n. 6324 del 17 ottobre 1980 (in B.U. n. 57 del 18
novembre 1980), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva
approvato una variante del piano urbanistico del Comune di Bressanone,
che destinava un’area del demanio militare ad attrezzature sportive e
verde pubblico (ricorso notif. il 15 gennaio 1981, reg. ric. n. 3 del
1981).
3. – Si costituivano i rappresentanti delle Regioni interessate e
della Provincia autonoma di Bolzano.
Risultavano fuori termine, ossia effettuati dopo venti giorni dalla
notifica del ricorso (artt. 41 e 25 l. n. 87 del 1953), gli atti di
costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia (n. 18/1977) e Veneto
(n. 20/1977, 10 e 11/1978), nonché della Provincia di Bolzano (n. 2,
21 e 22/1980).
4. – La Regione Friuli-Venezia Giulia, nella causa n. 5 del 1977,
contestava l’ammissibilità dei ricorsi, riferiti, a suo dire, alla
legislazione ordinaria sui beni pubblici statali e non riguardanti
perciò alcuna norma della Costituzione ovvero integrativa di
quest’ultima.
Per di più il piano regolatore doveva ritenersi, in quanto mero
programma, privo di efficacia idonea alla lesione immediata di
qualsiasi posizione giuridica soggettiva.
Nel merito la Regione osservava che il piano stesso doveva
riguardare l’intero territorio comunale (art. 7 l. n. 1150 del 1942,
modif. dall’art. 1 l. n. 1187 del 1968), e quindi anche le aree
demaniali, soggette al potere di pianificazione degli enti locali per
espresso disposto dell’art. 31 l. n. 1150 del 1942.
A questi argomenti aderiva sostanzialmente la Regione Veneto,
costituitasi nella causa n. 17 del 1979.
La Provincia di Bolzano (cause n. 6 e 19 del 1979, 3 del 1981)
escludeva anch’essa l’ammissibilità dei ricorsi, sostenendo anzitutto
che lo Stato attraverso di essi esercitava una semplice vindicatio rei
e aggiungendo che le questioni sollevate concernevano non già
l’astratta sussistenza della propria potestà amministrativa nella
materia urbanistica, bensì il modo del suo esercizio: esse
appartenevano quindi alla giurisdizione amministrativa.
La Provincia deduceva ancora che oggetto delle impugnazioni dello
Stato erano semplici provvedimenti comunali, ossia gli strumenti di
pianificazione urbanistica rispetto ai quali l’intervento delle
autorità regionali o provinciali aveva una mera funzione di controllo:
essi pertanto non erano idonei a dar luogo ai conflitti di attribuzione
previsti dall’art. 134 Cost.
Che poi nelle proprie potestà amministrative, aggiungeva la
resistente, rientrasse il controllo di tutta la pianificazione
provinciale, risultava dal d.P.G.P. 23 giugno 1970 n. 20 e succ. mod.,
emanato nell’esercizio della potestà legislativa primaria.
Nella causa n. 17 del 1979 si costituiva anche il Comune di
Venezia.
5. – In data 24 giugno 1985 il Ministero dei trasporti depositava
un atto di rinuncia al ricorso n. 19 del 1979, accettato l’8 luglio
successivo dalla controparte.
6. – In prossimità dell’udienza le parti hanno presentato alcune
memorie.
La Regione Friuli-Venezia Giulia (causa n. 5 del 1977) sostiene la
legittimità costituzionale delle previsioni urbanistiche del Comune di
Trasaghis. Infatti nel momento di formazione degli strumenti
urbanistici, contenenti norme meramente indicative, non sarebbe
possibile, per le ragioni già dette nell’atto di costituzione, alcun
conflitto attuale e concreto tra autorità statali e poteri locali,
onde risulterebbe inutile, inopportuna ed inattuabile un’intesa.
La Provincia di Bolzano, nella causa n. 6 del 1979, insiste sulla
già dedotta inammissibilità dei ricorsi, non concernenti – a suo dire
– conflitti di attribuzione.
Nel merito la Provincia esclude essere, di regola, necessaria
un’intesa con lo Stato nella formazione dei piani regolatori comunali.
Nella causa n. 3 del 1981, essa afferma infine che l’art. 81
d.P.R. n. 616 del 1977, applicabile estensivamente anche nelle regioni
a statuto speciale, prevede una competenza esclusiva dello Stato solo
per quanto riguarda la realizzazione di opere di difesa nazionale e non
concerne dunque la fattispecie per cui è causa, in cui si tratta di un
immobile non destinabile ad un diretto impiego bellico e comunque
inutilizzato e perciò appartenente ormai al patrimonio disponibile
dello Stato.
1. – I quattordici ricorsi per conflitto di attribuzione promossi
dallo Stato contro le Regioni Lombardia, Veneto, Puglia, Friuli-Venezia
Giulia e la Provincia autonoma di Bolzano hanno fondamentalmente il
medesimo oggetto, poiché riguardano la competenza dello Stato ovvero
delle Regioni e delle Province autonome nella formazione degli
strumenti urbanistici, quanto al mutamento di destinazione dei beni
pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili). I relativi
giudizi vanno perciò riuniti per essere decisi con unica sentenza.
2. – Dei ricorsi suindicati va anzitutto dichiarato inammissibile
quello proposto contro la Regione Lombardia (reg. ric. n. 31 del 1980)
e concernente la deliberazione della Giunta regionale n. 29471 del 26
febbraio 1980, con cui è stata approvata una variante al piano
regolatore di Milano.
Infatti il provvedimento è stato pubblicato sul Bollettino
ufficiale della Regione n. 22 del 28 maggio 1980, data dalla quale, in
base all’art. 39, secondo comma, l. 11 marzo 1953 n. 87, ha inizio il
decorso del termine perentorio di sessanta giorni, mentre il conflitto
è stato nella specie proposto con atto dell’11 ottobre 1980 e pertanto
oltre il termine suddetto.
3. – Deve poi essere dichiarato estinto il giudizio relativo al
ricorso n. 19 del 1979, proposto contro la Provincia autonoma di
Bolzano, in quanto lo Stato vi ha rinunziato con atto del 24 giugno
1985 ed è intervenuta l’accettazione della controparte in data 8
luglio successivo.
4. – Si rileva ancora che in alcuni giudizi la costituzione delle
Regioni e della Provincia di Bolzano è avvenuta oltre il termine di
venti giorni fissato dal combinato disposto degli artt. 25 e 41 cit. l.
11 marzo 1953 n. 87, termine che ha carattere perentorio, come questa
Corte ha costantemente ribadito; si tratta dei giudizi relativi ai
ricorsi n. 18/1977 contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, nn.
20/1977, 10 e 11/1978 contro la Regione Veneto e nn. 2, 21 e 22/1980
contro la Provincia di Bolzano. Pertanto la Corte non può esaminare
gli scritti difensivi delle parti resistenti, relativi ai suindicati
giudizi, ma deve tener conto soltanto di quelli presentati nei
procedimenti in cui la costituzione è avvenuta tempestivamente, ossia
in quelli concernenti i ricorsi n. 5/1977 contro la Regione
Friuli-Venezia Giulia, n. 17/1979 contro la Regione Veneto e nn.
6/1979 e 3/1981 contro la Provincia di Bolzano (la Regione Puglia non
si è costituita).
Va, infine, dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio
del Comune di Venezia (cui era stato notificato il ricorso n. 17/1979)
per un duplice ordine di ragioni: sia perché essa è avvenuta al di
là del richiamato termine di venti giorni, sia perché, com’è noto,
non è consentito l’intervento dei comuni nei conflitti tra Stato e
Regioni (o Province autonome), essendo il contraddittorio limitato ai
soggetti espressamente legittimati dagli artt. 134 Cost., 20 e 39 l. n.
87 del 1953 a promuovere il conflitto ovvero a resistervi (cfr. ord. 23
aprile 1975, 3 giugno 1976, 25 febbraio 1977).
5. – Ciò posto, rileva la Corte che con i ricorsi in esame lo
Stato, secondo quanto inequivocabilmente si evince dal loro contenuto,
si duole che le Regioni e la Provincia autonoma suddetta abbiano
approvato strumenti urbanistici comunali, attraverso i quali è stata
mutata la destinazione di beni pubblici statali senza il concorso della
sua volontà.
Le Regioni e la Provincia resistenti contestano l’ammissibilità
dei ricorsi predetti con varie eccezioni, che non sembrano però
fondate.
Inaccettabile, anzitutto, è l’assunto della Provincia, che si
traduce peraltro in una mera affermazione, secondo cui lo Stato
eserciterebbe una rei vindicatio, inidonea a formare oggetto di un
giudizio per conflitto di attribuzione, essendo per contro in
discussione, come è stato già accennato, il potere dello Stato
medesimo in ordine alla destinazione dei suoi beni pubblici.
Non regge poi l’altra deduzione della Provincia, secondo cui i
ricorsi riguarderebbero non questioni di competenza, ma, eventualmente,
un esercizio non corretto del potere ad essa spettante, che si
risolverebbe in un vizio deducibile soltanto davanti al giudice
amministrativo. È vero, infatti, che, come sarà chiarito in
prosieguo, il potere reclamato dallo Stato in subiecta materia non è
assoluto ed esclusivo ma va coordinato con quello appartenente in
materia urbanistica agli enti di governo locale (regione, o provincia
autonoma, e comune): ciò però non esclude la configurabilità del
conflitto di attribuzione, il quale è ammissibile non soltanto se
ricorra invasione di competenza ma anche quando, come nella specie,
l’ordinamento richieda la collaborazione di una pluralità di enti e,
per contro, uno di essi provveda autonomamente, senza tener conto della
potestà altrui (da ultimo cfr. sent. n. 206 del 1985).
È stato inoltre eccepito che i ricorsi non concernono una norma di
grado costituzionale o strettamente integrativa, bensì la disciplina
ordinaria di beni pubblici statali. In contrario, va però osservato
che le impugnazioni si riferiscono all’art. 117 Cost. e alle
correlative norme degli statuti speciali delle Regioni Friuli-Venezia
Giulia e Trentino-Alto Adige (artt. 4 n. 12 e 8 stat. Friuli-Venezia
Giulia, 8 n. 5 e 16 stat. Trentino-Alto Adige) nella parte in cui esse
trasferiscono alle regioni e alle province autonome la materia
dell’urbanistica: appunto sulle dette norme costituzionali si fondano
le resistenti per affermare il loro potere di comprendere negli
strumenti urbanistici i beni dello Stato, prevedendo per essi nuove e
diverse funzioni.
Occorre pertanto stabilire se detta attribuzione della materia di
cui si tratta escluda ogni potestà dello Stato in ordine alla
destinazione dei propri immobili, sicché i suddetti soggetti di
governo locale possano operarne da soli il mutamento, ovvero se essa
determini in subiecta materia un concorso di poteri, onde ogni
determinazione locale resti pur sempre condizionata dall’intervento
della volontà statale.
6. – Deduce ancora la Provincia, al fine di sostenere
l’inammissibilità dei ricorsi, che essi investono atti di sola
approvazione ossia, a suo dire, meri atti di controllo, mentre gli
effetti di cui lo Stato si duole debbono essere imputati ai
provvedimenti comunali con cui è adottato lo strumento urbanistico:
provvedimenti che non possono formare oggetto di un giudizio per
regolamento di competenza perché non promanano da uno dei soggetti del
conflitto.
Rileva però in contrario la Corte che l’intervento delle Regioni o
delle Province autonome in materia di piani regolatori e programmi di
fabbricazione non ha soltanto una efficacia di controllo, ma si
inserisce, quale elemento costitutivo, in una fattispecie a formazione
progressiva, potendosi con esso apportare modificazioni, variazioni,
soppressioni e aggiunte alle previsioni formulate dal Comune.
È vero che sin dal momento dell’adozione da parte degli organi
comunali lo strumento urbanistico produce alcuni effetti prodromici,
sia pur limitati, i quali trovano la loro giustificazione nell’esigenza
che medio tempore non sia pregiudicata l’attuazione di esso. Tale
efficacia anticipata non rileva però sulla serie procedimentale di
formazione del medesimo, serie che dà vita ad un atto complesso
riferibile non soltanto agli enti minori (comuni) ma anche a quelli
(regioni, province autonome) che provvedono all’approvazione.
Si ripete qui pertanto, pur nella diversità del caso concreto, la
medesima situazione già oggetto della sent. n. 175 del 1976, con cui
questa Corte ha ritenuto ammissibile (ed anche fondato) il ricorso per
conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro la Regione Lazio:
questa, senza alcuna intesa con il competente organo statale, aveva
approvato il piano regolatore del Comune di Latina, comprendente anche
il parco del Circeo, sebbene la materia dei parchi nazionali non fosse
stata trasferita alle Regioni, ma fosse rimasta di competenza statale.
7. – Osserva ancora la Corte che vanamente, a sostegno della
dedotta inammissibilità, la Provincia di Bolzano invoca la propria
legislazione locale, la quale non può avere alcun rilievo, una volta
che, come sopra è stato chiarito, il giudizio concerne una norma
costituzionale attributiva di competenza. La legislazione predetta,
invero, ha la funzione di disciplinare la materia trasferita, ma non è
certo idonea ad operare essa stessa un trasferimento.
Né, infine, può trovare accoglimento l’eccezione proposta dalla
Regione Friuli-Venezia Giulia (e fatta propria dalla Regione Veneto)
secondo cui il proposto conflitto è inammissibile, in quanto, a suo
dire, il piano regolatore è privo di una sua forza cogente e
costituisce un mero programma, inidoneo a produrre lesione di posizioni
giuridiche.
Invero, anche se così fosse, l’atto sarebbe tuttavia capace di dar
luogo a conflitto, in quanto integrerebbe pur sempre una manifestazione
di volontà diretta all’affermazione di una competenza in contrasto
(vero o presunto) con quella di altro ente, il che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, è sufficiente per la configurabilità
di una controversia da decidere in sede di giudizio costituzionale.
Peraltro, il piano regolatore, una volta approvato, ha una propria
efficacia immediata ed è autonomamente impugnabile per vizi ad esso
riferibili, i quali non possono più essere fatti valere contro lo
strumento di attuazione (piano particolareggiato), soggetto ad
impugnazione soltanto per quanto di nuovo e peculiare sia in esso
contenuto.
9. – Nel merito, osserva la Corte che la questione generale e
comune a tutti i ricorsi concerne l’ambito di attribuzioni da
riconoscere alle Regioni e alle Province autonome nella materia
dell’urbanistica, secondo le previsioni della Costituzione e delle già
citate norme degli statuti speciali.
Precisamente si tratta di stabilire, agli effetti del presente
giudizio, se il potere appartenente alle Regioni resistenti e alla
Provincia di Bolzano sia pieno ed esclusivo, onde solo ad esse competa
di approvare gli strumenti urbanistici, quando questi ultimi, come
nella fattispecie in esame, non solo comprendano i beni pubblici
statali (il che è necessario, dovendo il piano regolatore comprendere
l’intero territorio comunale: art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150, modif.
dall’art. 1 l. 19 novembre 1968 n. 1187), ma contengano altresì
previsioni di destinazioni diverse da quelle attuali, senza l’adesione
dello Stato, pur sempre titolare della proprietà (pubblica)
istituzionalmente preordinata alla cura di interessi generali da
soddisfare con i beni medesimi.
La questione, così posta, va risolta in senso favorevole allo
Stato.
Già, in linea di principio, questa Corte ha avuto modo di rilevare
che le attribuzioni costituzionalmente garantite delle Regioni e delle
due Province autonome non escludono senz’altro, nelle singole materie,
la consistenza di alcuni poteri statali, con la relativa necessità di
coordinamento, quando si tratti della tutela di esigenze che esorbitino
dall’ambito regionale e non possano quindi non continuare a permanere
nella sfera dello Stato: le Regioni, invero, com’è ius receptum, sono
enti esponenziali di interessi locali e quindi non possono incidere su
posizioni giuridiche che fanno capo all’intera collettività nazionale.
In particolare poi la Corte, dopo aver precisato, in armonia con
l’art. 80 d.P.R. n. 616/1977, che l’urbanistica comprende tutto quanto
concerne l’uso dell’intero territorio ai fini della localizzazione e
tipizzazione degli insediamenti, con le relative infrastrutture (sent.
n. 239/1982), ha avvertito che la competenza regionale subisce varie
restrizioni, tra cui, ad esempio, quelle relative alla costruzione di
opere pubbliche di interesse nazionale, sempre appartenenti alla
competenza centrale.
Analoga restrizione, per l’eadem ratio, non può non verificarsi
per i beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili),
il cui uso, secondo la loro natura e finalità, attiene ai compiti
dello Stato ed è inteso alla soddisfazione, con modalità varie, di
interessi riferibili a tutta la comunità nazionale (si può invero
distinguere, com’è noto, tra un uso indiretto, per il demanio e
patrimonio militare, le strade ferrate, gli aeroporti, e un uso
diretto, per il demanio marittimo, idrico, stradale, ecc.).
10. – Giova in proposito ricordare come già nella vigenza della
legge 17 agosto 1942 n. 1150, il cui art. 10 attribuiva agli organi
statali il potere (ora trasferito alle regioni) di approvazione del
piano regolatore generale, il controllo di conformità alle previsioni
urbanistiche delle opere da eseguire su terreni demaniali (art. 31,
modif. dall’art. 10 l. 6 agosto 1967 n. 765) spettava al Ministero dei
lavori pubblici d’intesa con le amministrazioni interessate: sistema
confermato testualmente dall’art. 9, ultimo comma, l. 28 gennaio 1977
n. 10.
E può anche ricordarsi che l’art. 3 l. 24 dicembre 1976 n. 898
affida, in materia di servitù militari, ad atti bilaterali
l’armonizzazione tra i piani territoriali delle regioni o delle
Province autonome e le esigenze dell’Amministrazione centrale della
difesa.
Sulla linea di continuità di dette norme, va affermato che ogni
qual volta concorra – come nella fattispecie in esame – una
molteplicità di interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi e
tutti di rilievo costituzionale, alla loro composizione deve
provvedersi attraverso l’istituto, tipico e generale del diritto
pubblico, rappresentato dall’intesa.
In proposito l’affermazione della Provincia di Bolzano, secondo cui
l’intesa sarebbe possibile soltanto nel caso specifico previsto
dall’art. 81, secondo comma, d.P.R. 616/1977, non sembra alla Corte
puntuale. La norma ora citata si riferisce invero ad una fattispecie
particolare, che non esclude certo l’impiego dell’istituto (il quale,
come s’è detto, è di portata generale) tutte le volte che esso
costituisce strumento idoneo a realizzare la sua funzione ora detta.
Tutto ciò conferma la già preannunciata conclusione, secondo cui
non spetta alle Regioni ed alle Province autonome approvare gli
strumenti urbanistici senza che, nelle parti in cui essi prevedono il
mutamento di destinazione degli immobili pubblici appartenenti allo
Stato, sia previamente intervenuta un’intesa con i competenti organi
centrali.
In definitiva vanno quindi accolti tutti i ricorsi che hanno per
oggetto esclusivamente la questione ora esaminata, mentre la Corte deve
ancora soffermarsi brevemente sulle impugnazioni con cui sono state
mosse alcune eccezioni particolari.
11. – Si tratta anzitutto del ricorso n. 6/1979, relativo al piano
urbanistico del Comune di Campo di Trens, approvato dalla Provincia di
Bolzano. Al riguardo osserva la Corte che, in accoglimento
dell’eccezione sollevata dalla resistente, può ritenersi – sulla base
degli atti ed anche in mancanza di specifica contestazione – che non vi
sia stata lesione della competenza statale poiché una parte della zona
in questione (quella sud) appartiene al patrimonio disponibile dello
Stato, e non è perciò soggetta ai principi di diritto pubblico ora
detti, mentre per l’altra parte (quella nord) risulta già intervenuta
l’intesa tra Stato e Comune.
Non può invece essere accolta l’eccezione della Provincia (ricorso
n. 3/1981) relativa al Comune di Bressanone in quanto l’immobile di cui
trattasi, un poligono di tiro, costituisce pertinenza delle opere di
difesa nazionale e quindi rientra nella previsione dell’art. 822 cod.
civ. Peraltro, se pure in ipotesi potesse accettarsi l’affermazione
della resistente Provincia, il bene rientrerebbe pur sempre – come la
stessa in fondo riconosce – nella categoria dei beni patrimoniali
indisponibili (ovviamente un temporaneo non uso sarebbe privo di
rilevanza, dato che i beni del patrimonio indisponibile non possono
essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle
leggi che li riguardano, come espressamente stabilisce l’art. 828,
secondo comma, cod. civ.) e quindi rimarrebbero immutati i termini
della questione, la quale concerne egualmente i beni demaniali e quelli
patrimoniali indisponibili.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione
proposto dallo Stato con atto 11 ottobre 1980 contro la Regione
Lombardia, e relativo alla deliberazione della Giunta regionale 26
febbraio 1980 n. 29471, di approvazione con varianti del piano
regolatore generale del Comune di Milano (reg. ric. n. 31/1980);
2) dichiara estinto per avvenuta rinuncia il giudizio relativo al
ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallo Stato con atto 28
giugno 1979 contro la Provincia di Bolzano e relativo alla
deliberazione della Giunta provinciale 12 marzo 1979 n. 1711, di
approvazione con variante del piano urbanistico del Comune di Sluderno
(reg. ric. n. 19/1979);
3) dichiara che non spetta alle Regioni Friuli-Venezia Giulia,
Veneto e Puglia nonché alla Provincia autonoma di Bolzano di approvare
gli strumenti urbanistici dei Comuni di Trasaghis, Tarvisio, Venezia,
Taranto, San Candido, Bolzano e Bressanone, nelle parti in cui essi
prevedono un mutamento di destinazione di beni pubblici statali
(demaniali e patrimoniali indisponibili) senza che sia previamente
intervenuta un’intesa con i competenti organi dello Stato (reg. ric. n.
5, 18, 20/1977; 10, 11, 15/1978; 17/1979; 2, 21, 22/1980; 3/1981); in
conseguenza annulla, nelle parti predette, le deliberazioni della
Giunta della Regione Friuli-Venezia Giulia del 30 novembre 1976 n.
02031/Pres. 207 e 17 maggio 1977 n. 01163; della Giunta della Regione
Veneto 23 marzo 1977 n. 1221, 26 luglio 1976 n. 3356, 15 novembre 1977
n. 5109 e 13 giugno 1978 n. 2931; della Giunta della Regione Puglia 31
ottobre 1977 n. 2619, nonché della Giunta provinciale di Bolzano 21
settembre 1979 n. 6100, 12 maggio 1980 n. 2726 e 17 ottobre 1980 n.
6324;
4) rigetta il ricorso per il conflitto di attribuzione proposto
dallo Stato con atto 19 febbraio 1979 contro la Provincia di Bolzano in
ordine alla deliberazione del 23 ottobre 1978, con cui la Giunta
provinciale ha approvato con variante il piano urbanistico del Comune
di Campo di Trens (reg. ric. n. 6/1979).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1985.
F.to: LIVIO PALADIN – ORONZO REALE –
ALBERTO MALAGUGINI – ANTONIO LA
PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO – ALDO
CORASANITI – GIUSEPPE BORZELLINO –
FRANCESCO GRECO – RENATO DELL’ANDRO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere