Sentenza N. 294 del 1984
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1984
Data deposito/pubblicazione
19/12/1984
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1984
GUGLIELMO ROEHRSSEN – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO
MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO, Giudici,
48 e 367 del codice di procedura civile promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 26 maggio 1978 dal Pretore di Palermo nel
procedimento civile vertente tra Giambrone Francesca ed altri e
Università degli Studi di Palermo, iscritta al n. 437 del registro
ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 341 del 1978;
2) ordinanza emessa il 22 dicembre 1978 dal Pretore di Roma nel
procedimento civile vertente tra Evangelista Silvio ed altri e
Università degli Studi di Roma, iscritta al n. 427 del registro
ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 203 del 1979.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 16 ottobre 1984 il Giudice relatore
Aldo Corasaniti;
udito l’avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Giambrone Francesca ed altri 334, deducendo l’esistenza di un
rapporto di pubblico impiego con l’Università di Palermo – a vantaggio
della quale assumevano di avere prestato attività lavorativa: alcuni
sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato e altri in
corrispettivo della fruizione di un assegno di studio ad essi erogato –
chiesero al Pretore di Palermo l’emanazione di un provvedimento
d’urgenza ex art. 700 c.p.c., recante condanna dell’Università al
pagamento a loro favore dell’aggiunta di famiglia e dell’indennità
integrativa speciale, con decorrenza dalla data del chiesto
provvedimento fino a quella in cui sarebbe stato definito un giudizio
che essi si proponevano di instaurare davanti al giudice
amministrativo.
Avendo l’università di Palermo e il Ministero della P. I. proposto
regolamento preventivo di giurisdizione, il Pretore, con ordinanza del
26 maggio 1978 (reg. ord. n. 437 del 1978), ha sollevato d’ufficio
questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 24
Cost., degli artt. 41, 48, 367 c.p.c., nella parte in cui, mentre
impongono, in relazione alla proposizione del regolamento, la
sospensione del giudizio, (anche soltanto cautelare e/o urgente), non
consentono, in relazione all’imposta sospensione, l’emanazione da parte
del giudice adito di misure cautelari urgenti a contenuto anticipatorio
(ma solo di misure a contenuto conservativo).
Sottolineate: l’imprescindibilità della tutela cautelare al fine
di scongiurare la irreparabilità del pregiudizio che può derivare ai
diritti fatti valere dal ritardo frapposto al loro soddisfacimento,
pregiudizio non sempre rimediabile mediante la tutela giudiziaria in
via ordinaria: la inadeguatezza della stessa tutela cautelare mediante
atti meramente conservativi e la correlativa previsione nella normativa
vigente, oltre che di una tutela urgente anticipatoria atipica, di
misure urgenti anticipatorie tipiche; il giudice a quo ritiene essere
essenziale, per la completa realizzazione del diritto di tutela
giurisdizionale riconosciuto dall’art. 24 Cost., che in qualsiasi
momento un giudice sia sempre investito del potere di emettere, in via
urgente, i provvedimenti cautelari necessari ad assicurare gli effetti
della decisione di merito, ivi compresi quelli anticipatori di tali
effetti.
Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri,
chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque,
infondata.
Per quanto concerne l’eccepita inammissibilità l’interventore ha
dedotto che il Pretore non può emettere provvedimenti ex art. 700
c.p.c. per la tutela cautelare di diritti di credito (in quanto la
invocata tutela sarebbe sperimentabile solo con riferimento a diritti
assoluti) né può costituire “il diritto o la situazione giuridica
della cui costituzione si tratta nel giudizio finale”. Ha osservato,
inoltre, che – potendo il giudice di merito, dopo la proposizione del
regolamento preventivo, emanare soltanto atti urgenti che non siano
connessi alla pronuncia sulla giurisdizione, ormai devoluta alla Corte
di Cassazione, correlativamente il detto giudice può sollevare
questioni di costituzionalità soltanto rispetto alle norme applicabili
ai fini dell’emanazione di tali atti, e non anche questioni che, come
quella sollevata, investono lo stesso potere (meglio: la misura dello
stesso potere) del giudice adito di emanare atti urgenti in pendenza
del regolamento di giurisdizione, e quindi la sussistenza e/o la misura
della giurisdizione del detto giudice, sulle quali ogni decisione è
ormai devoluta, per effetto della proposizione del regolamento, alla
Corte di Cassazione.
Nel merito, l’interventore ha osservato – richiamandosi a sentenze
di questa Corte (n. 284 del 1974 e n. 73 del 1973) – che il diritto
alla tutela giurisdizionale, garantito dall’art. 24 Cost., può
ritenersi violato non già da ogni limitazione della potestas
cautelare, bensì soltanto da una disciplina differenziata che non
abbia alcuna razionale giustificazione: giustificazione rinvenibile,
invece, quanto al regolamento di giurisdizione, in esigenze di economia
processuale che inducono il legislatore, nella sua discrezionalità in
ordine alla scelta dei modi di tutela giurisdizionale, a soddisfare in
linea preferenziale l’esigenza di immediata e definitiva pronuncia
sulla giurisdizione.
Con “ricorso ex artt. 414 e 700 c.p.c.” Silvio Evangelista ed altri
quattordici si rivolsero al Pretore di Roma, Magistratura del lavoro,
e, qualificandosi “precari” dell’Università degli Studi di Roma (cioè
“contrattisti”, “assegnisti”, “borsisti” ed “esercitatori” secondo le
leggi vigenti in materia) ed allegando, nel contempo, la esistenza di
un ulteriore rapporto di impiego di fatto, instaurato con l’università
successivamente alla data di conseguimento della laurea – rapporto
assimilabile nel contenuto (prestazioni lavorative) al rapporto degli
assistenti incaricati – asserirono di aver in tal modo svolto attività
ulteriori e diverse da quelle previste dalle leggi di cui sopra.
Sostennero di aver diritto ad essere remunerati anche per tali
diverse prestazioni nella misura sancita per gli assistenti e chiesero
fra l’altro: 1) che fossero dichiarati nulli e improduttivi di effetti
tutti gli atti implicanti rinuncia o transazione; 2) che fosse
condannata l’università convenuta – previo accertamente, ove
necessario, del rapporto di lavoro esistente tra le parti – a pagare ad
essi istanti la somma che sarebbe risultata dovuta siccome
corrispondente alla retribuzione sufficiente, per arretrati fino ad
oggi, e, per il periodo successivo, la retribuzione corrisposta agli
assistenti incaricati al primo parametro, con l’indennità di
contingenza, gli assegni familiari e tutte le altre indennità di
legge, ovvero quell’altra somma che sarebbe stata ritenuta equa anche
previo accertamento del quantum a mezzo di consulenza tecnica di
ufficio.
Chiedevano ancora, adducendo il danno grave ed irreparabile
derivante ad essi ricorrenti (privi di retribuzione, di assistenza
malattia, di assegni familiari ecc.) dalla descritta situazione,
l’emanazione dei “provvedimenti di urgenza ritenuti più idonei ad
assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito,
ordinando al convenuto il pagamento di quanto richiesto in conclusioni
di parte di esso”.
Nel giudizio intervennero Francesco Moschini ed altri 36
formulando, sulla base di analoghe premesse, analoghe richieste.
Per l’università, si costituì l’Avvocatura Generale dello Stato,
precisando di avere proposto regolamento preventivo di giurisdizione
diretto a ottenere dichiarazione di difetto assoluto di giurisdizione,
o quanto meno di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, tanto
in relazione alla domanda ex art. 700 c.p.c., quanto in relazione alle
domande di merito. L’Avvocatura dello Stato chiese, quindi, disporsi
la sospensione del processo a norma dell’art. 367 c.p..
Quindi il Pretore, con ordinanza del 22 dicembre 1978 (reg. ord. n.
427 del 1979), ha sollevato d’ufficio questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 24 Cost., dell’art. 367 c.p.c.,
nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice di
merito adito di pronunziare provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
durante la sospensione del processo.
Il giudice a quo ha rilevato, in aggiunta alle argomentazioni
svolte dal Pretore di Palermo nella ordinanza 26 maggio 1978
(espressamente richiamata), come l’esigenza costituzionale di una
tutela piena ed effettiva dei diritti sia soddisfatta solo attraverso
un sistema che assicuri, oltre alla tutela giurisdizionale per via
ordinaria, anche una permanente e costante – e quindi non sospensibile
– tutela cautelare sia conservativa che innovativa, al fine di evitare
che diritti di natura non esclusivamente patrimoniale – come, nella
fattispecie considerata, il diritto a una “esistenza libera e
dignitosa” (art. 36 Cost., anche in relazione all’art. 2 della Carta) –
possano subire pregiudizi irreparabili.
Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, il
quale ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile o,
comunque, infondata, sulla base di considerazioni analoghe a quelle
svolte nell’atto di intervento nel giudizio promosso dal Pretore di
Palermo.
Nell’udienza l’interventore ha eccepito altresì relativamente a
entrambi i giudizi, l’inammissibilità, per irrilevanza sopravvenuta,
derivante a suo parere da ciò, che, medio tempore, le Sezioni Unite
della Corte di Cassazione hanno dichiarato, nel giudizio relativo alla
controversia davanti al Pretore di Roma, il difetto di giurisdizione
del giudice ordinario e, nel giudizio relativo alla controversia
instaurata davanti al Pretore di Palermo, il difetto di giurisdizione
del giudice ordinario relativamente ad alcune domande e il difetto
assoluto di giurisdizione relativamente alle altre.
1. – L’ordinanza del Pretore di Palermo del 26 maggio 1978 formula
il sospetto di illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art.
24 Cost., degli artt. 41, 48 e 367 c.p.c., mentre l’ordinanza del
Pretore di Roma del 22 dicembre 1978 formula analogo sospetto nei
confronti del solo art. 367, comma primo c.p.c..
Le questioni così poste, con motivazioni in massima parte
coincidenti, sono peraltro sostanzialmente identiche. Entrambe le
ordinanze. infatti, denunciano l’effetto paralizzante della sospensione
del procedimento imposta dall’art. 367 c.p.c. in caso di intervenuta
proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, rispetto al
potere del giudice adito, anche ante causam con la sola richiesta di
provvedimenti d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., di emettere
provvedimenti a contenuto anticipatorio della futura decisione di
merito, assumendo che tale effetto si risolve in una privazione o in
una menomazione grave della tutela giurisdizionale del cittadino,
particolarmente nei confronti della p.a..
I due procedimenti possono pertanto essere riuniti e le questioni
esaminate congiuntamente e decise con unica sentenza.
2. – Le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’intervenuta
Presidenza del Consiglio (nell’ordine logico: preclusione per il
giudice a quo di qualsiasi questione di legittimità costituzionale una
volta proposto il regolamento preventivo di giurisdizione;
inesperibilità della tutela urgente ex art. 700 in relazione ai
diritti di credito; sopravvenuta decisione della Corte regolatrice nel
senso del difetto di giurisdizione del giudice adito e anzi, per alcune
domande oggetto della controversia davanti al Pretore di Palermo, nel
senso del difetto assoluto di giurisdizione) – a parte ogni dubbio
sulla loro fondatezza in relazione rispettivamente: all’oggetto del
giudizio (legittimità della privazione per il giudice a quo di un
potere di emettere provvedimenti d’urgenza anticipatori non devoluto
medio tempore ad altro giudice); al contenuto dell’eccezione
(infondatezza della richiesta cautelare); al carattere del dedotto
ostacolo preclusivo (irrilevanza successiva) – rimangono comunque
assorbite da una diversa e preliminare ragione di inammissibilità
delle questioni.
3. – Occorre partire da alcune affermazioni della giurisprudenza
della Cassazione, che, per essere costanti, sono da considerare diritto
vivente. Si tratta in particolare di quelle concernenti:
a) la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione
anche in relazione a un procedimento d’urgenza promosso ex art. 700
c.p.c. ante causam, cioè prima dell’inizio della causa di merito, e in
tal caso sia anteriormente che successivamente all’emanazione del
relativo provvedimento;
b) l’applicabilità al procedimento d’urgenza suindicato, qualora
sia intervenuta proposizione del regolamento preventivo, della
sospensione necessaria prevista dall’art. 367 c.p.c., con la connessa
inibizione per il giudice di ogni potere, salvo quello di compiere atti
urgenti ai sensi dell’art. 48 c.p.c.: disposizione quest’ultima a sua
volta ritenuta applicabile, ma interpretata nel senso di autorizzare la
sola adozione di provvedimenti conservativi (della situazione di fatto
esistente) e non già quella di provvedimenti anticipatori degli
effetti della futura decisione di merito.
A tali proposizioni va aggiunta l’altra, sufficientemente
consolidata in dottrina e in giurisprudenza, concernente la
caducabilità dei provvedimenti d’urgenza, se emessi prima della
proposizione del regolamento di giurisdizione, sol per effetto di
accertamento negativo, da parte della Cassazione, della giurisdizione
del giudice dell’urgenza ovvero di revoca con sentenza da parte del
giudice di merito, adito entro il termine dato.
Muovendo dalle affermazioni di cui sub a) e sub b), questa Corte,
con sentenza n. 73 del 1973, ha esaminato nel merito una questione
avente per oggetto la stessa normativa ora impugnata, in riferimento
peraltro al diverso parametro costituito dall’art. 113 Cost.. E l’ha
ritenuta infondata: a) per quanto concerne la subordinazione
dell’esigenza di una sollecita tutela di merito e anche di una tutela
cautelare urgente, alla esigenza di una immediata verifica della
giurisdizione, in base alla considerazione della discrezionalità da
riconoscere al legislatore nella modulazione della tutela
giurisdizionale del cittadino nei confronti della p.a.; b) per quanto
riguarda la privazione medio tempore della tutela d’urgenza (almeno di
quella a contenuto anticipatorio in relazione a qualsivoglia situazione
giuridica), in base alla considerazione, oltreché della
discrezionalità anzicennata, della circostanza che comunque la tutela
giurisdizionale è affidata, dopo la proposizione del regolamento, alla
Cassazione, che la fornisce “nei limiti e nei modi consentiti
dall’oggetto e dalla sede del processo”.
4. – È stato sostanzialmente ritenuto da questa Corte con la detta
sentenza n. 73 del 1973 che la priorità, stabilita con la normativa
impugnata, dell’esigenza dell’accertamento irretrattabile della
giurisdizione del giudice adito, anche ante causam, con la richiesta di
provvedimenti urgenti anticipatori, rispetto all’esigenza della pronta
decisione sui provvedimenti stessi, è frutto di una scelta non
arbitraria e pertanto in sé costituzionalmente non illegittima.
L’affermazione può essere condivisa, sul rilievo che la soluzione
normativa realizza un ragionevole equilibrio fra le due esigenze, in
riferimento all’ipotesi di durata del giudizio sulla giurisdizione non
eccedente i limiti di una tollerabile attesa dei detti provvedimenti.
Tuttavia, in riferimento all’ipotesi contraria, non può negarsi il
pericolo che all’equilibrio suindicato si sostituisca un netto
squilibrio in danno dell’esigenza di tutela urgente. Squilibrio tanto
più grave in relazione all’eventualità di richiesta di tutela urgente
a contenuto anticipatorio a favore di diritti fondamentali della
persona, eventualità rispetto alla quale, tenuto conto della rilevanza
che per tali diritti assume lo specifico tipo di tutela urgente ora
indicato, lo squilibrio potrebbe risultare in contrasto con l’art. 24
Cost., in quanto denegazione del giudice della urgenza, (tale non è
secondo l’ordinamento in vigore la Corte di Cassazione) e quindi in
quanto sostanziale privazione di una effettiva tutela giurisdizionale
(privazione non importa se temporanea, giacché l’essenza della tutela
urgente sta nella sua temporale attualità).
D’altro canto la Corte, mentre non può ignorare che il pericolo si
ricollega a un abuso dell’istituto del regolamento preventivo, diretto
a fini dilatori, neppure può ignorare che tale abuso si connette, in
rapporto di reciproca induzione, ad abusi dell’istituto di cui all’art.
700 c.p.c., volto, anche se spesso a causa di supposte inadeguatezze
della tutela d’urgenza davanti al giudice amministrativo, a fini di
elusione della normativa sul riparto di giurisdizione o addirittura
piegato a fini di ottenimento, sotto forma di provvedimenti di urgenza
anticipatori, di risoluzioni sostanzialmente definitive e irreversibili
del conflitto di interessi dedotto.
Se così è, la denunciata crisi di equilibrio – della quale si
sono dati carico numerosi disegni di legge proponendo di volta in volta
il rimedio più drastico della conversione del regolamento preventivo
in mezzo d’impugnazione e il rimedio meno drastico della soppressione
dell’effetto necessariamente sospensivo della proposizione del
regolamento sul giudizio relativo al merito e/o all’urgenza – non
potrebbe essere superata con l’auspicata eliminazione di tale effetto
mediante sentenza di questa Corte dichiarativa dell’illegittimità
costituzionale di esso. Soluzione, codesta, che, inevitabilmente
sguarnita di correttivi (inadottabili dalla Corte per la
discrezionalità delle scelte che l’adozione importerebbe) rischierebbe
di determinare uno squilibrio di segno opposto.
La crisi di equilibrio anzidetta può essere superata soltanto da
un intervento del legislatore, che istituisca un equilibrio nuovo.
Equilibrio suscettivo di essere stabilito – mediante un’articolata
disciplina, la quale, oltre a operare una scelta fra le due soluzioni
proposte de jure condendo, concerna, in relazione agli abusi descritti,
la durata e il regime dei provvedimenti d’urgenza a contenuto
anticipatorio. Sempre che il legislatore non intenda adottare
soluzioni diverse: in ogni caso secondo una visuale coordinata o in
funzione di un assetto complessivo dell’intera materia.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale,
in riferimento all’art. 24 Cost., degli artt. 41, 48, 367 c.p.c.,
sollevata dal Pretore di Palermo con ordinanza del 26 maggio 1978;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale,
in riferimento all’art. 24 Cost., dell’art. 367, comma primo, c.p.c.,
sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza del 22 dicembre 1978.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1984.
F.to: LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO
ROEHRSSEN – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI – GIUSEPPE FERRARI
– FRANCESCO SAJA – GIOVANNI CONSO –
ETTORE GALLO – ALDO CORASANITI –
GIUSEPPE BORZELLINO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere