Sentenza N. 3 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
28/01/1965
Data deposito/pubblicazione
28/01/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/01/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,
Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2714, 27 dicembre
1952, n. 3895, e 3 ottobre 1952, nn. 1763 e 1764, promossi con due
ordinanze emesse il 22 dicembre 1963 dal Tribunale di Pisa nei
procedimenti civili vertenti tra Pedani Vittoria e l’Ente per la
colonizzazione della Maremma tosco-laziale e tra Inghirami Ennio, Gino,
Paolo, Ada, Albina e Nella e 1′ Ente per la colonizzazione della
Maremma tosco-laziale, iscritte ai nn. 63 e 64 del Registro ordinanze
1964 a pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 126 del
23 maggio 1964.
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pedani Vittoria, di
Inghirami Ennio ed altri, e dell’Ente per la colonizzazione della
Maremma tosco-laziale;
udita nell’udienza pubblica del 2 dicembre 1964 la relazione del
Giudice Giuseppe Castelli Avolio;
uditi l’avv. Mario Cassola, per la Pedani e per gli Inghirami, e
l’avv. Guido Astuti, per 1′ Ente Maremma.
1. – Premesso che con decreto presidenziale del 29 novembre 1952,
n. 2714, furono espropriati in danno della signora Pedani Vittoria ed a
favore dell’Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale ha.
36.86.95 di terreni posti in Comune di Volterra; che con altro decreto
presidenziale in data 27 dicembre 1952, n. 3895, fu approvato il piano
di espropriazione di altri ha. 8.39.18, costituenti il terzo residuo,
di cui poi successivamente, con decreto presidenziale 5 settembre 1956
furono trasferiti all’Ente predetto ha. 4.65.65; con citazione in data
15 settembre 1956 la detta signora Pedani conveniva davanti al
Tribunale di Pisa l’Ente stesso, affermando che il calcolo del reddito
dominicale della intera proprietà era stato eseguito sulla base di
qualità, classi, superfici ed estimi desunti dal nuovo catasto entrato
in conservazione nel distretto di Volterra il 1 settembre 1951,
anziché sulla base della consistenza dell’intera proprietà al 15
novembre 1949 e secondo le tariffe di estimo al 1 gennaio 1943. Ciò in
violazione dell’art. 4 della legge delega 21 ottobre 1950, n. 841, e
conseguente violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione.
La Pedani affermava inoltre che, qualora il calcolo del reddito
dominicale fosse stato eseguito a norma del citato art. 4, ella sarebbe
andata esente da esproprio, risultando il reddito dominicale
complessivo inferiore alle 30.000 lire, e quello medio per ettaro
superiore alle lire 100.
Chiedeva pertanto condannarsi l’Ente convenuto al risarcimento dei
danni per la illegittima espropriazione, previo giudizio di
legittimità costituzionale dei decreti presidenziali impugnati.
2. – L’Ente resisteva sostenendo l’irrilevanza della lamentata
adozione dei dati risultanti dal nuovo catasto, in quanto ciò non
avrebbe condotto, in effetti, ad un esproprio superiore al dovuto;
perché – spiegava l’Ente – la superficie considerata ai fini
dell’esproprio era identica a quella risultante dal vecchio catasto,
mentre, quanto alla classificazione e qualificazione dei terreni, il
nuovo catasto, anche se entrato in conservazione nel 1951, era stato
tuttavia pubblicato in epoca anteriore al 15 novembre 1949, per cui
nell’assumersi i dati dal nuovo catasto, in realtà si era tenuta
presente la situazione effettiva dei terreni prima della detta data.
Sarebbe stata così rispettata la volontà della legge di riforma,
quale la si dovrebbe desumere dall’art. 6 della legge stessa, che,
prevedendo la facoltà di ricorso, per l’espropriato e per l’Ente
espropriante, nelle zone in cui sono in vigore i vecchi catasti, ai
fini della determinazione definitiva del reddito dominicale imponibile,
chiaramente dimostrerebbe di tendere all’attuazione della riforma con
riferimento alla situazione effettiva dei terreni. Onde, non si sarebbe
avuta nessuna sostanziale lesione del diritto di proprietà della
Pedani e conseguentemente non si sarebbe verificato alcun eccesso di
delega.
3. – Con ordinanza del 22 dicembre 1963 il Tribunale, riconosciuto,
in punto di fatto, che i decreti di esproprio vennero emanati in base
alla consistenza dell’intera proprietà dell’attrice ed al reddito
dominicale relativo risultante dal nuovo catasto entrato in vigore solo
al 1 settembre 1951, ed affermato che la proposta questione, rilevante
ai fini della decisione del giudizio, non poteva ritenersi
manifestamente infondata, dovendosi i decreti nn. 2714 e 3895 del 1952
ritenere emanati in violazione dell’art. 4 della legge n. 841 del 1950,
e quindi in violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione,
sospendeva il giudizio e rimetteva gli atti a questa Corte.
L’ordinanza, debitamente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 23 maggio 1964.
4. – Avanti alla Corte si è costituita la Pedani, rappresentata e
difesa dagli avvocati Umberto Grassini e Mario Cassola, i quali hanno
depositato le deduzioni il 15 aprile 1964.
In queste, contestandosi le tesi difensive svolte dall’Ente nel
giudizio principale, si insiste nell’affermare che l’intera proprietà
della Pedani, nella sua consistenza al 15 novembre 1949 era, per
superficie e reddito medio per ettaro, esente da esproprio, ai sensi
dell’art. 4 della legge n. 841 del 1950, e si afferma che l’eccezione
di merito sollevata dall’Ente sarebbe irrilevante in relazione alla
questione di legittimità costituzionale, così come delineata
nell’ordinanza di rinvio.
Si conclude insistendo per la dichiarazione di illegittimità
costituzionale dei decreti impugnati.
5. Si è anche costituito l’Ente per la colonizzazione della
Maremma tosco-laziale, in persona del Presidente pro-tempore, avv.
Tommaso Morlino, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Astuti, che ha
depositato le proprie deduzioni nella cancelleria della Corte il 12
giugno 1964.
La difesa dell’Ente riconosce che il calcolo della superficie
espropriata fu eseguito in base alle risultanze del nuovo, anziché del
vecchio catasto, in vigore nel territorio de quo al 15 novembre 1949.
Rileva peraltro che il Tribunale non ha accertato quale fosse il
reddito dominicale imponibile ai fini dell’esproprio alla detta data,
né il relativo reddito medio unitario, omettendo quindi di accertare
se, realmente, la proprietà Pedani sarebbe stata esente da esproprio a
norma della legge n. 841 del 1950. Questo accertamento, che secondo la
difesa dell’Ente non sarebbe stato effettuato in sede amministrativa ai
sensi del ricordato art. 6 della legge n. 841 in mancanza del
necessario presupposto formale (pubblicazione del piano
particolareggiato di esproprio sulla base del vecchio catasto),
potrebbe e dovrebbe essere invece effettuato in sede giurisdizionale,
per determinare quali fossero gli effettivi limiti della delega
legislativa in ordine alla espropriazione in esame.
Pertanto la difesa dell’Ente conclude chiedendo che, ove la Corte
non intenda o non possa essa stessa effettuare la proposta indagine,
pur dichiarando l’illegittimità costituzionale dei provvedimenti
legislativi impugnati per contrasto con gli artt. 76 e 77 della
Costituzione, riservi espressamente al giudice di merito i definitivi
accertamenti circa la consistenza effettiva della proprietà di cui
trattasi al 15 novembre 1949, adottando la consueta formula “in
quanto”, usata – così si esprime la difesa dell’Ente – “nei casi di
eventuale illegittimità parziale dei decreti di esproprio in materia
di riforma agraria”.
6. – Lo stesso Tribunale di Pisa, con ordinanza emessa il 22
dicembre 1963 in analogo procedimento pendente fra Inghirami Ennio,
Gino, Paolo, Ada, Albina vedova Barabino, Nella coniugata Salvi e Nada,
attori, e l’Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale,
convenuto, esaminate le deduzioni delle parti, identiche a quelle
svolte nel giudizio promosso dalla Pedani e innanzi riportate, riteneva
non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimità
costituzionale per eccesso di delega, ai sensi degli artt. 76 e 77
della Costituzione in relazione all’art. 4 della legge 21 ottobre 1950,
n. 841, dei decreti presidenziali in data 3 ottobre 1952, nn. 1763 e
1764, con cui, rispettivamente, erano stati espropriati, in danno dei
predetti attori, ha. 58.78.04 di terreni, posti in Comune di Volterra,
ed era stato approvato il piano compilato dall’Ente per l’esproprio di
altri ha. 11.18.00 di proprietà degli stessi Inghirami, posti in
Comune di Montecatini Val di Cecina, previo calcolo delle superfici
suddette effettuato sulla base dei dati del nuovo catasto terreni,
anziché di quelli del vecchio catasto, ancora in vigore nel territorio
de quo alla data del 15 novembre 1949. Anche la detta ordinanza,
notificata e comunicata come per legge, è stata pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 126 del 23 maggio 1964.
Avanti alla Corte costituzionale si sono costituite le predette
parti private, rappresentate e difese dagli avvocati Mario Cassola e
Umberto Grassini, i quali hanno depositato nella cancelleria della
Corte, il 15 aprile 1964, deduzioni e conclusioni identiche a quelle
presentate nell’interesse della Pedani nella causa sopra menzionata.
Anche l’Ente Maremma, rappresentato e difeso dall’avv. Guido
Astuti, si è costituito, mediante deposito, in data 12 giugno 1964, di
deduzioni e conclusioni, identiche a quelle già rassegnate nel
predetto giudizio.
7. – La difesa della signora Pedani ha depositato, nei termini, una
memoria illustrativa, con cui insiste nelle precedenti conclusioni. In
particolare osserva che il Tribunale, nella ordinanza di rinvio, pur
non pronunciandosi direttamente sulla questione della assunta
inespropriabilità dei terreni della Pedani ove si fossero tenuti
presenti i dati catastali in vigore al 15 novembre 1949, non per questo
l’avrebbe in realtà lasciata impregiudicata, in quanto, già
risultando acquisiti agli atti i dati del vecchio catasto, in base ai
quali sarebbe da escludere l’espropriabilità, con l’ordinanza di
rinvio, che appunto presuppone i dati stessi, si fa dipendere la
decisione della causa dalla risoluzione della questione di legittimità
in relazione al fatto che l’Ente predispose i suoi piani sulla base del
nuovo e non del vecchio catasto. Comunque, nulla vieterebbe che la
Corte – si afferma – supplisca alla pretesa omissione del Tribunale,
senza pertanto formulare le riserve cui allude l’Ente nelle sue difese.
Quanto poi alla possibilità che nel giudizio principale si proceda
alla determinazione della effettiva consistenza della proprietà al 15
novembre 1949, facendo luogo, in quella sede, al giudizio previsto
dall’art. 6 della legge n. 841 del 1950, non effettuato davanti alla
competente Commissione censuaria, si osserva, nella memoria, che la
questione è ormai stata risolta negativamente dalla Corte
costituzionale con la recente sentenza n. 73 del 1964.
8. – Altra memoria, di tenore identico, è stata tempestivamente
depositata dalla difesa dell’Inghirami Ennio ed altri.
1. – Le due cause hanno per oggetto la medesima questione di
legittimità costituzionale: epperò vanno riunite e decise con unica
sentenza.
2. – La difesa dell’Ente di riforma espressamente riconosce, in
entrambe le cause, che i decreti di esproprio furono emanati sulla base
dei dati desunti dal nuovo catasto, entrato in conservazione, nelle
rispettive zone, successivamente al 15 novembre 1949, data questa alla
quale, invece, per giurisprudenza costante di questa Corte, avrebbe
dovuto farsi riferimento. È certa pertanto la violazione dell’art. 4
della legge delega 21 ottobre 1950, n. 841, e la conseguente violazione
degli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Deve pertanto, per tal ragione, dichiararsi fondata la questione di
legittimità costituzionale sollevata.
3. – La difesa dell’Ente tuttavia, pure ciò ammettendo ed in
previsione che nella emanando sentenza, secondo la prassi seguita dalla
Corte, si adotti la formula “in quanto”, per spiegare le ragione della
illegittimità, sostiene che all’esproprio si sarebbe dovuto comunque
far luogo, anche se si fosse tenuto conto – e ciò riguardo a tutte e
due le espropriazioni – della consistenza della proprietà degli
interessati quale risultava dal vecchio catasto. E lamentando che il
Tribunale non si sia pronunciato in proposito, mentre questo assunto
risulterebbe dagli atti delle cause, chiede che il relativo
accertamento sia fatto in questa sede, dalla Corte costituzionale, o,
subordinatamente dal giudice a quo e cioè dallo stesso Tribunale, al
quale le cause debbono ritornare.
Ora è ovvio che un tale esame – e la eventuale conseguente
pronuncia -, se ed in quanto implichi una indagine di merito, resta al
di fuori del giudizio di costituzionalità, di competenza di questa
Corte, e non può essere fatto, eventualmente, se non dal giudice del
merito. È tuttavia opportuno aggiungere che questo troverà un limite,
nell’esame stesso, giusta la precisazione fatta dalla Corte
costituzionale con la sentenza 23 giugno 1964, n. 73, qualora si
discuta della qualità di cultura dei terreni e della loro classe di
produttività, di questioni cioè attinenti all’estimo catastale, le
quali, per l’art. 6 della legge sul contenzioso amministrativo, 20
marzo 1865, n. 2248, all. E, ed anche in base all’ultimo comma
dell’art. 6 della legge stralcio, 21 ottobre 1950, n. 841, sono
sottratte alla competenza della giurisdizione ordinaria.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riunisce le due cause;
dichiara la illegittimità costituzionale dei decreti del
Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2714, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10 gennaio 1953; 27 dicembre 1952, n.
3895, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 1953; 3
ottobre 1952, nn. 1763 e 1764, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.
280 del 3 dicembre 1952, in quanto per la formazione dei piani di
espropriazione fu tenuto conto dei dati del nuovo catasto entrato in
attuazione, nelle zone, successivamente al 15 novembre 1949.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.