Sentenza N. 3 del 1978
Corte Costituzionale
Data generale
16/01/1978
Data deposito/pubblicazione
16/01/1978
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/01/1978
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof.
LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott.
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO
PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE, Giudici,
Sicilia, notificato il 25 giugno 1976, depositato in cancelleria il 1
luglio successivo ed iscritto al n. 29 del registro 1976, per conflitto
di attribuzione sorto a seguito del telegramma del Ministero delle
finanze del 29 marzo 1976, n. 15/01627 concernente il versamento delle
ritenute alla fonte relative all’imposta sul reddito delle persone
fisiche e giuridiche, effettuate dalle aziende di credito operanti in
Sicilia, a norma dell’art. 11 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, e
dell’ultimo comma dell’art. 27 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 1977 il Giudice
relatore Guido Astuti;
uditi l’avv. Guido Aula per la Regione Sicilia, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Con ricorso notificato il 25 giugno 1976 la Regione siciliana
proponeva ricorso per conflitto di attribuzione avverso il telegramma
29 marzo 1976, n. 15/01627 del Ministero delle finanze, con cui si era
precisato l’obbligo del versamento alla Tesoreria dello Stato, ai sensi
dell’art. 3, secondo comma lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
602, delle ritenute operate dalle aziende di credito all’atto della
corresponsione degli utili riscossi sui titoli esteri, secondo quanto
previsto dall’art. 11 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745.
Il telegramma impugnato avrebbe invaso la sfera delle attribuzioni
regionali in tema di imposte riscosse nel territorio della Regione,
come fissato negli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto e 2 e 8 delle norme
di attuazione dello Statuto stesso in materia finanziaria.
Inoltre, avendo l’Assessore alle finanze regionali già disposto,
con circolare n. 3410 dell’8 gennaio 1976, che le aziende di credito
aventi sede legale o amministrazione centrale in Sicilia provvedessero
al versamento delle ritenute alla Cassa regionale, il Ministero non
avrebbe potuto disporre diversamente, ma solo sollevare conflitto di
attribuzione.
Si è costituito in giudizio, a mezzo dell’Avvocatura generale
dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri affermando la
inammissibilità del ricorso, siccome proposto fuori termine e,
comunque, la non autonomia dell’atto impugnato, meramente
interpretativo della normativa esistente.
Il ricorso sarebbe comunque infondato avendo il telegramma
impugnato riferimento solo alla riscossione del tributo, senza
contestare la spettanza regionale dello stesso.
1. – Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione siciliana ha
sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in
relazione al telegramma del Ministro per le finanze in data 29 marzo
1976, n. 15/01627, con il quale, in contrasto con le disposizioni
emanate dall’Assessore regionale per le finanze con circolare 8 gennaio
1976, è stato precisato che le ritenute effettuate dalla Banca
d’Italia e dalle aziende di credito operanti in Sicilia sopra gli utili
corrisposti agli aventi diritto sui titoli esteri, esclusi i titoli
obbligazionari, depositati ai sensi del terzo comma dell’art. 5 del
d.l. 6 giugno 1956, n. 476, a norma dell’art. 11 della legge 29
dicembre 1962, n. 1745, e dell’art. 27, ultimo comma, del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, debbono essere versate alle Tesorerie
provinciali dello Stato, ai sensi dell’art. 3, secondo comma, lett. b),
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, anziché agli Uffici provinciali
della Cassa regionale. La Regione assume che con detto telegramma è
stato invaso l’ambito della sua competenza, con violazione degli artt.
20, 36 e 43 dello Statuto speciale e degli artt. 2 e 8 delle relative
norme di attuazione emanate con d.P.R. n. 1074 del 1965, nonché degli
artt. 113 e 134 Cost. e degli artt. 39 e 40 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, in relazione ai principi enunciati dagli artt. 4 e 5 della legge
20 marzo 1865, n. 2248, all. E.
2. – Al ricorso resiste il Presidente del Consiglio dei ministri,
che ne ha eccepito la inammissibilità, perché tardivamente proposto
dopo la scadenza del termine di legge, e perché il telegramma
ministeriale non conterrebbe alcun provvedimento, limitandosi a fornire
precisazioni circa l’interpretazione delle richiamate norme di legge,
cosicché il ricorso si convertirebbe in una impugnazione diretta di
quelle norme, anch’essa tardiva e inammissibile. Nel merito il ricorso
sarebbe comunque infondato, in quanto le norme emanate dallo Stato non
escludono in alcun modo la spettanza alla Regione del tributo, ma
concernono esclusivamente le modalità della sua riscossione, senza con
ciò attentare al potere regionale di riscossione diretta. Il disposto
dell’art. 3, ultimo comma, lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
602, emanato in sede di riforma generale del sistema tributario, non
comporta lesione della sfera di autonomia della Regione, e quand’anche
richiedesse norme di coordinamento con la speciale disciplina delle
entrate tributarie della Regione siciliana, a ciò non potrebbe
certamente provvedere l’Assessore regionale per le finanze con proprie
autonome istruzioni, contrastanti con la legge dello Stato.
3. – L’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva
notificazione è fondata: il telegramma ministeriale del 29 marzo 1976,
n. 15/01627 risulta pervenuto al competente Assessorato per le finanze
della Regione siciliana in data 30 marzo 1976, e protocollato il 31
marzo al n. 13626; mentre il ricorso, in data 24 giugno 1976, è stato
notificato il 25 giugno.
La difesa della Regione sostiene che l’Assessore, dopo aver
replicato al telegramma ministeriale con proprio telegramma 2 aprile
1976, n. 13626, non avendo ottenuto soddisfazione, aveva invitato la
Presidenza della Regione a proporre ricorso, con rapporto in data 22
aprile, che dagli atti prodotti in giudizio risulta pervenuto alla
segreteria della Giunta il 26 aprile e all’ufficio legislativo e legale
il 27 dello stesso mese. Ma questa tesi difensiva non può essere
accolta: il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso,
stabilito dall’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, decorre dalla
notificazione o dall’avvenuta conoscenza dell’atto impugnato, e tale
conoscenza non può non ritenersi verificata con la consegna del
telegramma ministeriale agli uffici dell’Assessore regionale per le
finanze, che ad esso replicò in data 2 aprile; né può ammettersi,
d’altra parte, che la tardiva comunicazione fatta dall’Assessore alla
Presidenza della Regione, con l’invito a ricorrere, possa costituire
evento idoneo a spostare la decorrenza del relativo termine,
giustificando la notificazione dell’atto dopo quasi tre mesi.
Il ricorso deve quindi dichiararsi inammissibile per tardività, e
l’accoglimento di questa eccezione assorbe l’esame dell’altro profilo
di inammissibilità prospettato dall’Avvocatura dello Stato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione
proposto dalla Regione siciliana contro lo Stato, in relazione al
telegramma del Ministro per le finanze 29 marzo 1976, n. 15/01627.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 1978.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO –
ANTONINO DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere