Sentenza N. 31 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
23/04/1965
Data deposito/pubblicazione
23/04/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
08/04/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. BIAGIO PETROCELLI – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA
– Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE
CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,
Codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 aprile
1964 dal Tribunale di Bassano del Grappa nel procedimento penale a
carico di Thiesmann Bernard Karl, iscritta al n. 102 del Registro
ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
n. 157 del 27 giugno 1964.
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Thiesmann Bernard Karl;
udita nell’udienza pubblica del 17 marzo 1965 la relazione del
Giudice Giuseppe Verzì;
udito l’avv. Emanuele Solenni, per il Thiesmann.
Nel corso del procedimento penale contro Thiesmann Bernard Karl, il
Tribunale di Bassano del Grappa, con ordinanza del 16 aprile 1964, ha
sollevato – su richiesta della difesa – la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 177 bis del Codice di procedura penale in
quanto dispone che il Pubblico Ministero od il Pretore, nel dare avviso
del procedimento all’imputato dimorante all’estero, lo invita “a
dichiarare od eleggere domicilio per la notificazione degli atti nel
luogo ove si procede”. Poiché, ai sensi dell’art. 171 stesso codice,
l’elezione di domicilio può farsi in qualsiasi luogo del territorio
nazionale, la norma impugnata creerebbe disparità per i cittadini
residenti all’estero e per gli stranieri non residenti in Italia,
rispetto al trattamento previsto “per la generalità dei cittadini
imputati in procedimenti penali”. Secondo l’ordinanza la norma
impugnata violerebbe il precetto dell’art. 3 della Costituzione, che
sancisce l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza
distinzione di condizioni personali, e violerebbe altresì il precetto
dell’art. 10, che implicitamente imporrebbe equiparazione di
trattamento tra il cittadino straniero e quello italiano.
L’ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27
giugno 1964.
Nel presente giudizio si è costituito soltanto il Thiesmann
rappresentato e difeso dall’avv. Emanuele Solenni, depositando in
cancelleria le proprie deduzioni. Nelle quali, si osserva che la
formalità cui viene sottoposto l’imputato dimorante all’estero (sia
esso cittadino italiano o straniero) pone in essere una limitazione dei
suoi diritti e provoca altresì un ostacolo al libero svolgimento della
professione forense, garantito dalla Costituzione. Obbligando
l’imputato dimorante all’estero ad eleggere domicilio nel luogo in cui
si procede, che il più delle volte è diverso da quello da cui egli
proviene ed in cui ha conoscenze, od anche diverso da quello in cui
risiede il difensore prescelto, si creerebbe la necessità di un doppio
affidamento, o quanto meno di un incarico domiciliare ad una persona,
che difficilmente accetterà tale incombenza senza essere compensata.
Il diritto di ogni individuo di recarsi liberamente ovunque creda nel
territorio nazionale od all’estero verrebbe – se non contrastato od
impedito – reso più difficile per tutti coloro che stabiliscano la
loro residenza all’estero.
La norma impugnata violerebbe pertanto gli artt. 2 e 3 della
Costituzione, e cioè la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo
come singolo in relazione alla eguaglianza di tutti i cittadini davanti
alla legge. La illegittimità costituzionale della stessa norma si
profilerebbe inoltre in relazione al principio di reciprocità
enunciato nell’art. 10 della Costituzione, in quanto allo straniero
residente fuori del territorio della Repubblica Italiana verrebbe
praticato un trattamento diverso – ai fini della notificazione di atti
penali – di quello che, ad esempio, la Repubblica federale tedesca, o
il Regno d’Olanda od il Regno di Danimarca, riservano ai cittadini
italiani residenti in Italia (perciò all’estero) cui debba essere
contestata, in tali paesi, una imputazione. E la difesa conclude
sollevando perfino il dubbio che possa sussistere anche una violazione
del principio di libera circolazione dentro e fuori del territorio
della Repubblica, dato che al cittadino che stabilisce la sua
temporanea dimora all’estero viene imposto un obbligo che prima di
questo trasferimento non gli incombeva.
Secondo l’ordinanza di rimessione la norma dell’art. 177 bis del
Codice di procedura penale, la quale per l’imputato dimorante
all’estero limita la facoltà di elezione di domicilio al “luogo in cui
si procede” sarebbe in contrasto col principio di eguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge ed altresì col principio,
implicitamente ammesso dall’art. 10 della Costituzione, di
equiparazione del trattamento dello straniero a quello del cittadino
italiano.
Esaminata con riferimento all’art. 3 della Costituzione, la
questione è fondata. Stabilendo che gli imputati dimoranti all’estero
(siano essi cittadini italiani o stranieri) hanno facoltà di eleggere
domicilio soltanto nel luogo ove si procede, la norma impugnata detta
per costoro una disciplina diversa rispetto agli altri imputati, i
quali possono eleggere domicilio in qualsiasi località del territorio
nazionale, ai sensi dell’art. 171 del Codice di procedura penale.
Siffatto diverso trattamento non è sorretto da una diversità di
situazioni, che valga a legittimarlo, apparendo evidente che, nella
materia regolata dalle norme in esame, gli imputati si trovano in
condizioni soggettive ed Oggettive identiche, dovunque essi abbiano
dimora.
Ed invero, l’elezione di un domicilio speciale per le notifiche ha
lo scopo di consentire all’ufficio che procede di portare a conoscenza
dell’imputato determinati atti, onde metterlo in condizioni di
adempiere ai suoi obblighi verso la giustizia, di provvedere alla sua
difesa e di tutelare in genere i suoi interessi. Queste essendo le
finalità dell’atto, la libertà di scelta del luogo, che l’interessato
preferisce per ricevere le notifiche, a seconda delle sue esigenze,
delle sue relazioni, dei rapporti di affari e di altri contingenti
motivi, è elemento essenziale in quanto rappresenta il mezzo più
idoneo perché la elezione di domicilio raggiunga in pieno i suoi
effetti. Dal che deriva che ogni limitazione in proposito che non sia
collegata ad altre apprezzabili esigenze, finisce col menomare
inutilmente la portata e l’efficienza del mezzo stesso.
Orbene, non è dato individuare quali siano le ragioni per le quali
siffatta libertà di scelta viene negata all’imputato dimorante
all’estero. La norma assume quale criterio di differenziazione la
dimora all’estero, ma questo è elemento secondario, accidentale ed
ininfluente rispetto alla manifestazione di volontà e rispetto agli
scopi ed agli effetti, che l’atto deve raggiungere. Non militano
ragioni di sorta a favore dell’Ufficio che procede, per il quale è
indifferente notificare l’atto in un luogo piuttosto che in un altro
del territorio nazionale; non si può ritenere che la dimora all’estero
sia considerata con disfavore; né sussistono altri ragionevoli motivi,
idonei a dare una giustificazione della disposizione per la quale
l’imputato dimorante all’estero, può eleggere domicilio soltanto nel
luogo “in cui si procede”.
Pertanto, appare fuor di dubbio che – sotto questo profilo – tutti
gli imputati, ovunque abbiano dimora, sono in condizioni di perfetta
parità, quando, rispettando il principio generale della
territorialità della giurisdizione penale, eleggono domicilio
nell’ambito del territorio nazionale; e la diversità di trattamento
giuridico, non giustificata da plausibili motivi, ma fondata su una
irrilevante differenza di situazione, viola il principio costituzionale
di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Rimane assorbita l’altra questione, proposta dall’ordinanza di
rimessione, in riferimento all’art. 10 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 177 bis del
Codice di procedura penale, nella parte “nel luogo in cui si procede”,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’8 aprile 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – BIAGIO PETROCELLI – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.