Sentenza N. 33 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
25/03/1980
Data deposito/pubblicazione
25/03/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/03/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO
ANDRIOLI, Giudici,
legge 12 agosto 1974, n. 351; dell’art. 1 ter della legge 31 luglio
1975, n. 363; dell’art. 1 della legge 22 maggio 1976, n. 349; dell’art.
1 della legge 21 febbraio 1977, n. 28; dell’art. 1 del d.l. 17 giugno
1977, n. 326, conv. in legge 8 agosto 1977, n. 510, promosso con
ordinanza emessa il 25 ottobre 1977 dal Pretore di Roma, nel
procedimento civile vertente tra Iovine Sandro e l’Istituto Nazionale
delle Assicurazioni, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 1978 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 del 5 aprile
1978.
Visti l’atto di costituzione dell’Istituto Nazionale delle
Assicurazioni e l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore
Giulio Gionfrida;
uditi l’avvocato Salvatore Punzi, delegato dall’avvocato Alfredo
Formai, per l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, e il sostituto
avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – Nel corso di un procedimento civile promosso da Sandro Iovine,
conduttore (dal giugno 1974) di un appartamento di proprietà
dell’I.N.A., perché fosse accertato il canone corrisposto dal
precedente inquilino e condannato l’Istituto alla restituzione di
quanto percepito in più rispetto ai limiti fissati dall’art. 1 bis
della legge 12 agosto 1974, n. 351, l’adito pretore di Roma, con
ordinanza 25 ottobre 1977, in accoglimento di eccezione in tal senso
formulata dal convenuto, ha ritenuto rilevante e non manifestamente
infondata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, la
questione di legittimità dell’art. 1 bis della detta legge n. 351 del
1974, che, per i contratti di locazione in corso (stipulati
successivamente al 1 dicembre 1969), commisura l’ammontare del canone a
quello dovuto, anche se da altro conduttore, alla data del 1 gennaio
1971, prevedendo altresì che, qualora su di questo siano stati
praticati aumenti, essi debbano essere ridotti in misura che non superi
il 10% del canone dovuto alla predetta data del gennaio 1971.
Contestualmente e in relazione agli stessi parametri di
costituzionalità, il pretore ha denunziato anche l’art. 1 ter della
legge 31 luglio 1975, n. 363 e le ulteriori disposizioni di protrazione
del blocco e della riduzione dei canoni di locazione, di cui agli artt.
1 della legge 22 maggio 1976, n. 349; 1 della legge 21 febbraio 1977,
n. 28; 1 della legge 8 agosto 1977, n. 510.
Il dubbio di costituzionalità è motivato, in riferimento all’art.
3 della Costituzione, sotto il triplice profilo:
a) di una inammissibile sperequazione economica, tra conduttore e
locatore, cui la normativa impugnata darebbe luogo con la
indiscriminata riduzione dei canoni di locazione, non ostante il
progressivo e notorio aumento degli oneri economici e fiscali facenti
carico al proprietario;
b) di una disparità di trattamento che inoltre si verificherebbe
all’interno stesso della categoria degli inquilini – in particolare tra
quelli di abitazioni locate per la prima volta – secondo che il
relativo contratto sia stato stipulato prima o dopo l’entrata in vigore
della legge 351/1974 e quindi possano o non fruire della tutela da
questa apprestata;
c) di una irrazionale ed ingiustificata estensione, infine, della
possibilità di riduzione del canone a “tutti i conduttori”, non
ostante che l’art. 1 della stessa legge 351 limiti il blocco dei
contratti in favore di quelli soltanto meno abbienti.
La violazione dell’art. 42 della Costituzione è poi argomentata
sia con riguardo direttamente ai criteri limitativi della redditività
della proprietà immobiliare introdotti dalla menzionata legge del
1974, sia in considerazione della protrazione, per effetto delle dette
leggi successive, del regime di blocco e riduzione dei canoni che
avrebbe, per ciò, perduto i caratteri di eccezionalità e
straordinarietà, da cui poteva in ipotesi trarre giustificazione.
2. – Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito l’l.N.A. che
ha concluso chiedendo dichiararsi l’illegittimità delle norme
impugnate. È intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei
ministri che ha sostenuto, all’opposto, l’infondatezza di tutte le
questioni sollevate.
1. – Viene impugnata, con l’ordinanza in epigrafe, la disposizione
dell’art. 1 bis della legge 12 agosto 1974, n. 351, secondo cui “nei
contratti di locazione in corso, stipulati successivamente al 1
dicembre 1969, l’ammontare del canone, a decorrere dal primo giorno del
mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, è
quello corrispondente al canone dovuto, anche se da altro conduttore,
alla data del 1 gennaio 1971” e, “qualora su tale canone siano stati
comunque praticati aumenti, questi sono ridotti in misura tale che non
risultino superiori al 10% del canone dovuto alla data del 1 gennaio
1971”.
L’impugnazione è estesa alle ulteriori disposizioni di protrazione
del blocco e della riduzione dei canoni, di cui agli artt. 1 ter della
legge 31 luglio 1975, n. 363; 1 legge 22 maggio 1976, n. 349; 1 legge
21 febbraio 1977, n. 28, e 1 legge 8 agosto 1977, n. 510.
Di detta normativa il giudice a quo deduce vari profili di
illegittimità in riferimento sia all’art. 3 che all’art. 42 della
Costituzione.
2. – Precedono in ordine logico le censure sub art. 42 della
Costituzione.
In relazione a tale parametro, il dubbio di costituzionalità è
motivato, in primo luogo, in base al rilievo che la riduzione
autoritativa del canone locativo, quale prevista dall’art. 1 bis della
legge 12 agosto 1974, n. 351, esautorerebbe di fatto il proprietario
della sovranità del bene casa, vanificando la sua capacità di
disporre delle utilità relative.
E trae poi argomento ulteriore dalla considerazione che sarebbe
comunque la protrazione nel tempo (per effetto delle leggi successive
suindicate) del regime di blocco dei canoni, con acquisiti caratteri di
ordinarietà, a sacrificare in via definitiva ed irreversibile il
diritto di proprietà.
La questione non è fondata.
Va ricordato, per quanto attiene al primo dei profili prospettati,
che la Corte con sentenza n. 3 del 1976, ha già ritenuto la
legittimità del regime di blocco dei canoni proprio con riguardo alla
menzionata legge n. 351 del 1974: in considerazione della funzione
sociale della proprietà, identificabile, in questo caso, nello scopo
di assicurare il bene primario dell’abitazione a soggetti non in grado
di accedervi secondo le regole del libero mercato.
Questa giustificazione si estende evidentemente anche alla
riduzione dei canoni prescritta dall’art. 1 bis della stessa legge n.
351.
Con la quale disposizione – che ha riguardo, in particolare, a
contratti conclusi (dopo il 1 dicembre 1969, e perciò non rientranti
nel regime vincolistico di cui alla precedente legge 1969, n. 833) in
un periodo notoriamente caratterizzato da forti spinte
inflazionistiche, riflesse, nel settore, dalla diffusa tendenza alla
richiesta di canoni di locazione elevati – il legislatore ha inteso
ricondurre ad equità rapporti economicamente sperequati, in danno,
appunto, della categoria, più debole e socialmente meritevole di
tutela, dei conduttori.
Le conclusioni non mutano – entrando nel merito del secondo profilo
di contrasto con l’art. 42 della Costituzione – neppure avendo riguardo
alle successive disposizioni confermative di cui agli artt. 1 ter legge
1975, n. 363; 1 legge 1976, n. 349; 1 legge 1977, n. 28 ed 1 legge
1977, n. 510.
In dipendenza delle quali deve infatti escludersi che si sia
acquisito al regime di blocco e riduzione dei canoni un carattere di
ordinarietà: valendo al riguardo le stesse ragioni per cui nella
sentenza n. 32 in pari data, tale carattere è stato negato alla
normativa di proroga antecedente alla legge 392 del 1978; in quanto
dettata in via interlocutoria e con prospettiva di eccezionalità e
temporaneità, in vista della ordinaria e organica disciplina di tutta
la materia delle locazioni e sublocazioni degli immobili urbani poi
introdotta, appunto, dalla citata legge n. 392 del 1978.
3. – Del pari non fondati sono gli ulteriori profili di violazione
dell’art. 3 della Costituzione.
In primo luogo, il precetto dell’eguaglianza non può dirsi violato
per la disparità di trattamento tra conduttori e locatori, così come
dedotto, in base al rilievo che il meccanismo riduttivo del canone
avrebbe favorito i primi senza tener conto della diminuzione di
reddito, in termini reali, già verificatasi per i secondi a causa
dell’aumento degli oneri economici e fiscali della proprietà.
Come questa Corte in precedenti occasioni ha già avuto modo di
rilevare (cfr. sentenze n. 132 del 1972 e n. 225 del 1976) non è
infatti irrazionale e non contrasta con l’art. 3 una normativa che, in
funzione della perseguita finalità sociale di garantire l’accesso alla
casa anche attraverso il mantenimento dei canoni di locazione a livelli
economicamente sopportabili) prenda, per questo, in considerazione la
sola situazione dei conduttori.
Neppure, poi, sussiste l’altra disparità di trattamento, ravvisata
(questa volta) all’interno stesso della categoria degli inquilini – di
abitazioni locate per la prima volta (per cui cioè non esista un fitto
precedente cui agganciarsi) – secondo che abbiano stipulato prima o
dopo la data (3 settembre 1974) di entrata in vigore della legge n. 351
del 1974: sotto il profilo che mentre, nel primo caso, i conduttori
possono, ex art. 1 bis cpv. della legge citata, richiedere la riduzione
del canone a quello iniziale del contratto (se successivo al 1 gennaio
1971), nel secondo caso invece essi rimarrebbero del tutto in balia
delle leggi del mercato libero.
Tale prospettazione non è infatti esatta, in quanto omette di
considerare che la situazione dei conduttori che hanno stipulato (per
la prima volta) dopo il settembre 1974, è stata in realtà a sua volta
attinta dalla successiva disciplina vincolistica (pure ricordata ad
altri fini dallo stesso pretore) prevedente analoghi meccanismi di
riduzione o contenimento del canone.
Difatti, l’art. 1 ter della legge 1975, n. 363 (di conversione del
d.l. 1975, n. 255, immediatamente successivo alla menzionata legge n.
351 del 1974) prevede, per i contratti stipulati dopo il 30 giugno 1974
e soggetti a proroga, (addirittura) la facoltà del conduttore di
chiedere una riduzione del 10% rispetto al canone iniziale, e, per i
contratti in corso non soggetti a proroga, il divieto di aumento, alla
scadenza, oltre il 5% del canone iniziale.
Va respinta infine anche l’ultima censura di iniquità e
contraddittorietà che si rivolge all’art. 1 bis della legge 1974, n.
351, in quanto prevede la possibilità di riduzione del canone per
tutti i conduttori non ostante che l’art. 1 della stessa legge limiti
la proroga dei contratti in favore di quelli soltanto meno abbienti.
L’introduzione generalizzata di meccanismi di contenimento e
riduzione del canone non è infatti priva di razionalità rivelandosi
preordinata ad una obiettiva perequazione e livellamento dei
corrispettivi locatizi sia come misura congiunturale per resistere alle
spinte inflazionistiche e speculative in atto, sia in vista della
precostituzione di una base omogenea per la successiva (allora già
profilata) istituzione dell’equo canone.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di costituzionalità dell’art. 1
bis della legge 12 agosto 1974, n. 351 (conversione in legge con
modifiche del d.l. 19 giugno 1974, n. 236 recante provvedimenti urgenti
sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili
urbani) e degli artt. 1 ter della legge 31 luglio 1975, n. 363; 1 della
legge 22 maggio 1976, n.349; 1 della legge 21 febbraio 1977, n. 28; ed
1 della legge 8 agosto 1977, n. 510, sollevate, con l’ordinanza in
epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 marzo 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere