Sentenza N. 337 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
24/07/2000
Data deposito/pubblicazione
24/07/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/07/2000
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a
motore e dei natanti), nel testo antecedente alla modifica di cui
all’art 28 legge 16 febbraio 1992, n. 142, promosso con Ordinanza
emessa l’8 aprile 1999 dal tribunale di Padova nel procedimento
civile vertente tra Pecchini Alberta e Tirrena assicurazioni S.p.a.
in liquidazione coatta amministrativa ed altri, iscritta al n. 621
del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 46 – prima serie speciale – dell’anno 1999;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto;
accomandante di una società in accomandita semplice, per ottenere il
risarcimento dei danni alla sua persona riportati in conseguenza di
un sinistro stradale verificatosi in data 17 aprile 1992, nel quale
l’attrice era stata coinvolta quale terza trasportata
sull’autovettura di proprietà della menzionata società, condotta
dal socio accomandatario, coniuge dell’attrice stessa -, il tribunale
di Padova, in composizione monocratica, con Ordinanza emessa
l’8 aprile 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4,
lettera d), della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione
obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) – nel testo
precedente alla modifica legislativa apportata dall’art. 28 della
legge 19 febbraio 1992, n. 142 – “nella parte in cui esclude dal
diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione
obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore, quando l’assicurato sia una
società, le persone che si trovano con i soci a responsabilità
illimitata in uno dei rapporti indicati alla lettera b) del medesimo
art. 4, ed in particolare il coniuge trasportato del socio a
responsabilità illimitata, per quanto riguarda i danni alla
persona”.
Affermata la rilevanza della questione, in ragione
dell’applicabilità nel giudizio, ratione temporis della norma
censurata, premette il rimettente che il denunciato vuoto di tutela
non sarebbe direttamente colmabile attraverso il richiamo alla
normativa comunitaria (e, segnatamente, alla direttiva CEE
30 dicembre 1983, n. 84/5, la quale, nell’art. 3, disponeva che i
membri della famiglia dell’assicurato, del conducente o di qualsiasi
altra persona la cui responsabilità civile fosse sorta a causa del
sinistro e fosse coperta dall’assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile, non potessero essere esclusi, a motivo del
legame di parentela, dal beneficio dell’assicurazione, per quanto
riguarda i danni alla persona), stante l’ormai consolidato
orientamento giurisprudenziale che esclude l’efficacia orizzontale
(nei rapporti tra privati) di tali direttive.
Nel merito, il rimettente afferma l’identità della ratio sottesa
alla equiparazione dei soggetti indicati nelle lettere a) e d) del
citato art. 4, la quale porta a ritenere come, anche riguardo alla
norma impugnata, valgano gli stessi rilievi che hanno portato la
Corte costituzionale a dichiarare, con la sentenza n. 188 del 1991,
l’illegittimità costituzionale della lettera b) dello stesso
articolo “nella parte in cui esclude dal diritto ai benefici
dell’assicurazione obbligatoria, per quanto riguarda i danni alle
persone, il coniuge, gli ascendenti e i discendenti legittimi,
naturali o adottivi, delle persone indicate alla lettera a), nonché
gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado delle
medesime quando convivano con esse o siano a loro carico”. A giudizio
del rimettente, l’assenza di un criterio razionale che giustifichi la
disparità di trattamento tra il terzo danneggiato che sia del tutto
estraneo al danneggiante-assicurato ed il danneggiato che sia invece
legato da uno dei vincoli di cui alla stessa lettera b) con il socio
a responsabilità illimitata della società assicurata, rende palese
la discriminazione tra tali soggetti, incidente anche sul versante
della tutela del diritto alla salute.
Più in particolare, ritiene il rimettente di non poter giungere,
in via interpretativa – contrariamente a quanto in precedenza deciso
in corso di causa, sulla base di un’estensione alla fattispecie del
decisum della Corte -, ad una soluzione diversa da quella che emerge
dal dato testuale della disposizione impugnata, la quale formalmente
distingue i soggetti di cui alla lettera a) da quelli di cui alla
lettera d), posto che la declaratoria di illegittimità ha specifico
riferimento alle sole persone indicate alla lettera a), e non anche a
quelle indicate alla lettera d). Né, sostiene il rimettente,
appaiono ostative all’accoglimento della sollevata questione le
affermazioni contenute nella sentenza n. 301 del 1996 (ribadite
nell’ordinanza n. 76 del 1997) e nell’ordinanza n. 125 del 1998 di
questa Corte, poiché nella fattispecie de qua non viene in
considerazione l’esclusione dell’operatività della garanzia
assicurativa con riferimento a soggetti comunque responsabili per la
circolazione dei veicoli ai sensi dell’art. 2054, comma 3, cod. civ.
(quali il coniuge in regime di comunione legale dei beni, come tale
contitolare del diritto sul veicolo, nel primo caso, ovvero il socio
illimitatamente responsabile delle obbligazioni della società
assicurata, nel secondo caso), bensì la più complessa situazione
del soggetto (socio a responsabilità limitata), coniuge del socio a
responsabilità illimitata della società assicurata. Il quale –
secondo il rimettente – viene così ad assumere la veste di terzo (in
quanto non comproprietario del veicolo intestato alla società, né
soggetto illimitatamente responsabile delle obbligazioni di questa,
indipendentemente dal regime patrimoniale della famiglia
concretamente scelto), dovendosi escludere che il veicolo di
proprietà della società assicurata entri automaticamente, per
effetto del regime legale di comunione dei beni, nel patrimonio del
coniuge del socio illimitatamente responsabile.
2. – È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per l’infondatezza della sollevata questione,
giacché – intervenuta la declaratoria d’illegittimità
costituzionale di cui alla richiamata sentenza n. 188 del 1991 – il
rimettente, anche nella fattispecie de qua ben avrebbe potuto, in via
interpretativa, ritenere inoperante l’esclusione dalla copertura
assicurativa disposta dalla norma impugnata.
della legittimità costituzionale dell’art. 4, lettera d), della
legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a
motore e dei natanti), nel testo precedente alla modifica apportata
dall’art. 28 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, “nella parte in
cui esclude dal diritto ai benefici derivanti dai contratti di
assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante
dalla circolazione dei veicoli a motore, quando l’assicurato sia una
società, le persone che si trovano con i soci a responsabilità
illimitata in uno dei rapporti indicati alla lettera b) del medesimo
art. 4, ed in particolare il coniuge trasportato del socio a
responsabilità illimitata, per quanto riguarda i danni alla
persona”.
Secondo il rimettente, esiste contrasto con gli artt. 3 e 32
della Costituzione, poiché l’identità della ratio sottesa alla
equiparazione dei soggetti indicati nelle lettere a) e d) dell’art. 4
porta a ritenere che, anche riguardo alla norma denunciata, debbano
valere i rilievi che hanno già portato la Corte costituzionale a
dichiarare l’incostituzionalità della lettera b) dello stesso
articolo.
2. – La questione non è fondata, essendo erronea la premessa
interpretativa da cui muove il rimettente.
2.1. – Questa Corte – pronunciandosi sulla previsione della non
operatività della garanzia assicurativa nei confronti dei soggetti
indicati alla lettera b) dell’art. 4 della legge n. 990 del 1969, nel
testo modificato dal d.-l. 23 dicembre 1976, n. 857 (convertito in
legge 26 febbraio 1977, n. 39) – ha già dichiarato l’illegittimità
costituzionale di tale norma “nella parte in cui esclude[va] dal
diritto ai benefici dell’assicurazione obbligatoria, per quanto
riguarda i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti e i
discendenti legittimi, naturali o adottivi delle persone indicate
alla lettera a), nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini
fino al terzo grado delle medesime quando convivano con esse o siano
a loro carico” (sentenza n. 188 del 1991).
In quella sede la Corte – con riguardo appunto ai soli danni alle
persone, “in relazione ai quali assume rilievo preminente la tutela
costituzionale della salute”, ed in conformità con l’analogo
principio sancito dall’art. 3 della direttiva CEE 30 dicembre 1983,
n. 84/5 (che, peraltro, all’epoca della decisione non risultava
ancora recepita nel nostro ordinamento) – ha ritenuto non
giustificata la prevista limitazione soggettiva della garanzia,
poiché irragionevolmente fondata sulla mera esistenza di vincoli
familiari tra il soggetto trasportato e le persone la cui
responsabilità doveva essere coperta dall’assicurazione (cfr. anche
sentenza n. 301 del 1996).
2.2. – La dichiarata illegittimità della discriminazione,
nell’àmbito delle persone danneggiate dal sinistro, di determinati
soggetti (per il sol fatto dell’essere questi legati da un rapporto
di parentela con il danneggiante-assicurato-responsabile), siccome
incidente su detta limitazione di operatività dell’assicurazione,
trascende il caso specifico oggetto di quel giudizio ed assume
valenza generale; rendendo, così, immune dai prospettati vizi di
incostituzionalità la norma ora in esame.
L’esclusione di taluni soggetti dal diritto ai benefici
assicurativi disposta dalla lettera d) dell’art. 4, nel testo
anteriore alla modifica apportata con l’art. 28 della legge n. 142
del 1992 – giustificata per quanto concerne i soci a responsabilità
illimitata della società assicurata, non trovandosi essi, a stregua
del sistema d’imputazione congiunta (diretta e solidale, sebbene
sussidiaria) delle obbligazioni sociali, nella situazione di
alterità rispetto all’ente assicurato, necessaria per fargli
assumere la veste di soggetti terzi, estranei al rapporto
assicurativo (ordinanza n. 125 del 1998) – deriva dal riferimento,
portato dalla stessa lettera d), “alle persone che si trovano con
questi [i soci] in uno dei rapporti indicati nella lettera b)”.
Orbene, tale richiamo non può essere letto che a tenore
dell’inequivoco significato normativo risultante dalla intervenuta
depurazione di quest’ultima disposizione dai riscontrati vizi
d’illegittimità costituzionale.
Il giudice a quo invece, con criterio ermeneutico troppo rigido,
correla il dato testuale della emendata lettera b) dell’art. 4 al
solo rapporto tra i soggetti ivi indicati e quelli di cui alla
precedente lettera a), deducendone l’ininfluenza relativamente alla
ipotesi contemplata dalla successiva lettera d), e così pervenendo
ad un risultato che confligge insanabilmente con l’identità della
ratio sottesa alle due situazioni poste a confronto, sottolineata
nella stessa ordinanza di rimessione. Egli trascura di considerare
che proprio l’espresso richiamo contenuto nella denunciata norma al
rapporto tra i soci illimitatamente responsabili della società
assicurata e le persone indicate nella lettera b) – sancendo una
equiparazione, quanto ad operatività della garanzia per i danni alla
persona, tra la posizione dei danneggiati legati da vincoli di
parentela e quella dei soggetti comunque responsabili – consente la
trasposizione immediata della disciplina risultante dalla
declaratoria di illegittimità costituzionale della stessa lettera b)
alle ipotesi di cui alla lettera d) dell’art. 4.
Ne discende che i sollevati dubbi di illegittimità
costituzionale sono da attribuire ad un’interpretazione erronea della
denunciata norma.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4, lettera d), della legge 24 dicembre 1969, n. 990
(Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante
dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), nella
formulazione precedente alla modifica legislativa apportata
dall’art. 28 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, sollevata – in
riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione – dal tribunale di
Padova, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
Il Presidente: Mirabelli
Il redattore: Ruperto
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 24 luglio 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola