Sentenza N. 358 del 1985
Corte Costituzionale
Data generale
21/12/1985
Data deposito/pubblicazione
21/12/1985
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1985
REALE – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO – Dott. FRANCESCO GRECO – Prof. RENATO
DELL’ANDRO, Giudici,
Bolzano, delle Regioni Sardegna, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna,
Umbria, Puglia e Molise, notificati rispettivamente il 26 novembre
1984, il 24 novembre 1984, il 23 novembre 1984, il 19 luglio 1985,
depositati in cancelleria il 30 novembre 1984, il 3 dicembre 1984, il
12 dicembre 1984, il 29 luglio 1985, ed iscritti ai nn. 51, 52, 53, 55,
56, 57 e 58 del registro conflitti 1984, e ai nn. da 23 a 36 del
registro conflitti 1985, per conflitti di attribuzione sorti a seguito
del decreto del Ministero per i beni culturali ed ambientali in data 21
settembre 1984 e di n. 14 decreti del predetto Ministero in data 18
aprile 1985.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 1985 il Giudice relatore
Aldo Corasaniti;
uditi gli avv.ti Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano,
Valerio Onida per la Regione Lombardia e Alberto Predieri per le
Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Umbria e Puglia, nonché l’avvocato
dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
1. – Con ricorso notificato il 26 novembre e depositato il 30
novembre 1984 (Reg. confl. n. 51/84) la Provincia Autonoma di Bolzano
ha sollevato conflitto di attribuzione avverso il decreto del Ministero
per i beni culturali e ambientali 21 settembre 1984 (pubblicato sulla
G.U. n. 265 del 26 settembre 1984), recante dichiarazione di notevole
interesse pubblico dei territori costieri, dei territori contermini ai
laghi, dei fiumi, dei torrenti, dei corsi d’acqua, delle montagne, dei
ghiacciai, dei circhi glaciali, dei parchi, delle riserve, dei boschi,
delle foreste, delle aree assegnate alle Università agrarie e delle
zone gravate da usi civici (c.d. decreto Galasso).
La ricorrente – dopo aver richiamato la disciplina di cui alla l.
n. 1497/1939 e la delega disposta, per le Regioni a statuto ordinario,
con l’art. 82 d.P.R. n. 616/1977 – rivendica la peculiare posizione
costituzionalmente attribuita alla Provincia Autonoma di Bolzano in
ordine alla tutela delle bellezze naturali, e risultante dall’art. 8,
nn. 3, 5, 6, 7, 16 e 21 d.P.R. n. 670/1972, recante lo Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige, e dalle norme di attuazione (d.P.R. n.
1064/1952; d.P.R. n. 381/1974; d.P.R. n. 48/1973), e ricorda che la
Provincia ha disciplinato la tutela del paesaggio con la l. 25 luglio
1970, n. 16.
Ciò premesso, la Provincia Autonoma di Bolzano impugna il decreto
ministeriale 21 settembre 1984 sia nella parte in cui sottopone a
vincolo una vasta serie di beni, individuati per categorie (art. 1),
sia in quella ove è prevista l’individuazione, a cura degli organi
periferici del Ministero, di aree – nell’ambito delle zone vincolate ex
art. 1, di quelle comprese negli elenchi redatti ai sensi della l. n.
1497/1939, e di altre zone di interesse paesistico – in cui sono
vietate, fino al 31 dicembre 1985, modificazioni dell’assetto del
territorio, nonché opere edilizie e lavori (art. 2).
Rileva infatti la ricorrente che il suddetto provvedimento, qualora
sia interpretato nel senso della sua applicabilità anche nel
territorio della Provincia Autonoma (nel decreto sono “fatte salve” le
competenze delle Regioni a statuto speciale, ma nulla è detto a
proposito delle Province Autonome di Trento e Bolzano), è lesivo delle
attribuzioni costituzionali di quest’ultima, emergenti dalla normativa
sopra richiamata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, rileva che non vi è materia per il
conflitto, in quanto il decreto costituisce espressione dei poteri
statali riconosciuti dall’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977 (concernente
le sole Regioni a statuto ordinario) e contiene esplicita salvezza
delle competenze delle Regioni a statuto speciale, sicché non è
certamente applicabile nei territori dove la tutela dei beni ambientali
è governata da assetti istituzionali nell’ambito dei quali non si
inseriscano i poteri statali previsti dall’art. 82 Cost., qual è il
caso della Provincia Autonoma di Bolzano, che, secondo lo Statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige (art. 8 d.P.R. n. 670/1972), ha
competenza propria in materia di tutela del paesaggio.
La Provincia Autonoma di Bolzano ha depositato memoria, in cui
rileva che la l. 8 agosto 1985, n. 431 – nella quale è stato
sostanzialmente trasfuso il “decreto Galasso” – non ha determinato la
cessazione della materia del contendere, non avendo comportato
l’annullamento ex tunc del decreto.
Quanto alla decisione del TAR Lazio 31 maggio 1985, n. 1548, essa
ha inciso esclusivamente sull’art. 1 del “decreto Galasso”, sicché
l’impugnazione resta attuale in relazione all’art. 2 del suddetto
provvedimento.
La ricorrente dichiara infine di considerare tutelato il proprio
interesse qualora il Ministero dia atto dell’inapplicabilità del
“decreto Galasso” nel territorio provinciale (il che l’Avvocatura dello
Stato ha già fatto nell’atto di intervento).
2. – Con ricorso notificato il 26 novembre 1984 e depositato il 30
novembre 1984 (Reg. confl. n. 52/84), la Regione Sardegna ha sollevato
conflitto di attribuzione avverso il decreto del Ministero dei beni
culturali e ambientali 21 settembre 1984.
La ricorrente – dopo aver richiamato la disciplina di cui alla l.
n. 1497/1939 e la delega disposta, per le Regioni a statuto ordinario,
con l’art. 82 d.P.R. n. 616/1977 – rivendica la peculiare posizione
costituzionalmente attribuita alla Regione Sardegna in tema di tutela
delle bellezze naturali, e risultante dall’art. 3, lett. f, l. cost. n.
3/1948 (Statuto speciale), e dagli art. 58 del d.P.R. n. 348/1979
(Norme di attuazione) e 57 dello stesso d.P.R. (norma che riproduce
testualmente l’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977).
Ciò premesso, la Regione Sardegna deduce che il “decreto Galasso”,
qualora sia ritenuto applicabile anche nel suo territorio (nonostante
l’espressa salvezza delle competenze delle Regioni a statuto speciale
contenuta nel provvedimento), è invasivo, sia nell’art. 1
(sottoposizione a vincolo di beni individuati per categorie) che
nell’art. 2 (previsione del divieto assoluto di inedificabilità),
della competenza regionale, sotto vari profili:
a) il Ministero, nell’adottare il provvedimento ha richiamato il
potere riconosciutogli dall’art. 82 d.P.R. n. 616/1977, ma tale
normativa concerne esclusivamente le Regioni a statuto ordinario,
laddove per la Sardegna vige l’art. 57 d.P.R. n. 348/1979, al quale il
decreto non fa riferimento.
b) L’art. 57 d.P.R. n. 348/1979 (così come l’art. 82 d.P.R. n.
616/1977 per le Regioni a statuto ordinario) riconosce allo Stato il
potere di integrare gli elenchi delle bellezze naturali approvati dalla
Regione e quello cautelare di inibire lavori o disporne la sospensione
per evitare pregiudizio a beni anche non vincolati, mentre il “decreto
Galasso” non è riconducibile in nessuna delle suddette categorie di
provvedimenti in quanto non integra elenchi regionali né adotta
cautele, ma sottopone autonomamente a vincolo vastissime aree del
territorio.
c) L’atto impugnato non è qualificabile come manifestazione del
potere di indirizzo e coordinamento riconosciuto allo Stato (art. 2
d.P.R. n. 348/1979), sia perché non formula direttive, ma impone in
concreto un vincolo, sia perché non adottato dal Consiglio dei
ministri; né come espressione del potere di sostituzione riconosciuto
al Governo (art. 3 d.P.R. n. 348/1979; art. 33 d.P.R. n. 480/1975),
difettandone il presupposto (persistente inattività degli organi
regionali) e la competenza (del Consiglio dei ministri).
d) Il provvedimento è lesivo dell’art. 57, lett. a), d.P.R. n.
348/1979, in quanto adottato senza aver sentito il Consiglio nazionale
per i beni culturali e ambientali (ma solo il Comitato di settore per i
beni ambientali ed architettonici), né il Comitato regionale per i
beni culturali (istituito ai sensi dell’art. 35 d.P.R. n. 805/1975).
e) L’art. 2 del “decreto Galasso” si rivolge ad organi periferici
che vanno individuati nelle Sezioni delle bellezze naturali delle
Sovrintendenze, trasferite alla Regione Sardegna dall’art. 74 d.P.R. n.
348/1979, ed è quindi invasivo della competenza regionale, in quanto
dispone in ordine all’esercizio di funzioni di uffici non più statali,
bensì regionali.
La Regione formula altresì istanza di sospensione cautelare
dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, contesta la fondatezza del ricorso
osservando quanto segue.
Il provvedimento impugnato è stato legittimamente adottato
nell’esercizio del potere di “integrazione” degli elenchi previsto
dall’art. 57 d.P.R. n. 348/1979, che riproduce testualmente l’art. 82
d.P.R. n. 616/1977.
L’imposizione del vincolo non mediante la designazione di
specifiche località, bensì per mezzo della descrizione di tratti
territoriali caratteristici (fasce marittime, lacuali e fluviali;
ghiacciai; boschi e foreste) costituisce espressione di una lettura
evolutiva della l. n. 1497/1939 alla luce dell’art. 9 Cost., al fine di
assicurare la massima copertura all’area di interesse generale che è
fatta oggetto di garanzia costituzionale all’insegna della tutela del
“paesaggio”, inteso non solo come valore estetico, ma anche come valore
di testimonianza storica.
Le dedotte violazioni procedimentali, non ammissibili in sede di
conflitto in quanto attinenti al corretto esercizio e non alla
titolarità del potere, sono comunque infondate, in quanto l’art. 82
d.P.R. n. 616/1977 delinea, per l’integrazione degli elenchi – come era
consentito dalla legge delega, avuto riguardo al suo oggetto ed ai
criteri direttivi – un procedimento diverso da quello previsto dalla l.
n. 1497/1939, che richiede esclusivamente il parere del Consiglio
nazionale per i beni culturali e ambientali, al quale può considerarsi
equipollente, in ragione dell’articolazione di detto organo in Comitati
di settore, il parere nella specie formulato dal Comitato per i beni
culturali e ambientali.
Quanto al divieto di inedificabilità di cui all’art. 2 del
provvedimento impugnato, esso costituisce corretta espressione del
potere di definire, in sede di imposizione (integrativa) del vincolo,
le concrete limitazioni da esso derivanti. Per l’attuazione di tale
disposizione, inoltre, ben poteva il Ministero affidare, come ha fatto,
attività di carattere istruttorio e propositorio ai suoi uffici
periferici (Sovrintendenze).
La Regione Sardegna ha depositato memoria, nella quale svolge
considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle formulate dalla Prov.
di Bolzano e precedentemente riassunte.
3. – Con ricorso notificato il 24 novembre 1984 e depositato il 3
dicembre 1984 (Reg. confl. n. 53/84) la Regione Lombardia ha sollevato
conflitto di attribuzione avverso il decreto del Ministero per i beni
culturali e ambientali 21 settembre 1984, pubblicato sulla G.U. n. 265
del 26 settembre 1984.
La ricorrente, dopo aver richiamato la disciplina dettata dalla l.
n. 1497/1939, il trasferimento alle Regioni della competenza in tema di
piani territoriali paesistici (art. 1, comma quarto, d.P.R. 15 gennaio
1972, n. 8) e la delega alle medesime delle competenze in tema di
bellezze naturali (art. 82 d.P.R. n. 616/1977), dichiara di
condividere – avendolo già concretamente attuato nell’esplicazione
delle funzioni – l’intento, perseguito dal provvedimento impugnato, di
assicurare una effettiva tutela dell’ambliente naturale, e,
conseguentemente, non impugna l’art. 1 del decreto, che sottopone a
vincolo una serie di luoghi definiti con riferimento ad intere
categorie, ma sottopone a gravame esclusivamente l’art. 2, in base al
quale gli organi periferici del Ministero debbono individuare,
nell’ambito delle zone vincolate ai sensi dell’art. 1, di quelle
comprese negli elenchi delle bellezze naturali, e di altre zone, le
aree nelle quali sono vietate, sino al 31 dicembre 1985, modificazioni
dell’assetto del territorio nonché opere edilizie e lavori.
Quest’ultima disposizione, infatti, è invasiva della competenza
regionale sotto vari profili.
Essa concretizza violazione degli artt. 117 e 118 Cost., dell’art.
1 d.P.R. n. 8/1972; degli artt. 80 e 82 d.P.R. n. 616/1977; della l.
n. 1497/1939, in quanto: a) la misura di salvaguardia del temporaneo
divieto di qualsiasi opera, lavoro o modificazione del territorio non
è prevista dalla l. n. 1497/1939; b) tale misura non è riconducibile
all’esercizio del potere cautelare di cui all’art. 82, ultimo comma,
d.P.R. n. 616/1977, che presuppone l’esistenza di specifici lavori,
fonte di specifico pregiudizio; c) in realtà trattasi di misura di
salvaguardia finalizzata ad anticipare gli effetti di un provvedimento
di pianificazione paesistica, la cui adozione interferisce con la
competenza trasferita alle Regioni con il d.P.R. n. 8/1972.
Dalla ricordata non riconducibilità dell’attività di cui all’art.
2 del decreto impugnato nell’ambito dei poteri conservati al Ministero
dall’art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977, deriva, inoltre, che
essa si risolve nell’esercizio di provvedimenti di tutela riservati
dall’art. 82, comma secondo, lett. e), d.P.R. n. 616/1977, alle
Regioni.
Infine, l’individuazione di aree sottoposte a vincolo di
inedificabilità assoluta è lesiva dell’art. 11 l. n. 281/1970; dei
d.P.R. n. 8 e n. 11/1972; degli artt. 66, 68, 69, 83, 90, 97 del d.P.R.
n. 616/1977, in quanto incide sui poteri spettanti alle Regioni sui
beni del demanio e del patrimonio regionale e comunque su spazi di
territorio assoggettati a poteri normativi e amministrativi delle
Regioni.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura, contesta la fondatezza del ricorso, osservando che,
senza dubbio, la competenza in tema di piani paesistici spetta alle
Regioni, ma che ciò non esclude che in sede di imposizione del vincolo
da parte del Ministero, ad integrazione degli elenchi delle bellezze
naturali (art. 82 d.P.R. n. 616/1977), sia consentito, in via
conservativa, nelle more dell’adozione dei piani paesistici, definire
le concrete limitazioni derivanti dal vincolo (come prevede, per le
bellezze individue, l’art. 11, comma secondo, R.D. n. 1357/1940), che,
nella specie, si concretizzano nel divieto assoluto di edificabilità,
e cioè in una limitazione espressamente contemplata, come effetto del
vincolo, dall’art. 16 della l. n. 1497/1939.
La Regione Lombardia ha depositato memoria, con la quale, dopo aver
rilevato che, nelle more del giudizio, è intervenuta la l. n.
431/1985, osserva che l’art. 1-ter della suddetta legge, il quale
attribuisce alle Regioni il potere di individuare le aree sottoposte a
vincolo di inedificabilità assoluta, ha determinato l’abrogazione
dell’art. 2 del “decreto Galasso”, e la conseguente cessazione, per il
futuro, del potere ministeriale di adottare provvedimenti di
individuazione di aree sottoposte a vincolo di inedificabilità
assoluta, e di procedere alla loro pubblicazione sulla G.U.,
costituente condizione di efficacia giuridica del provvedimento.
Rileva altresì che l’art. 1-quinquies della l. n. 431/1985
sottopone al regime di cui all’art. 1-ter i beni già individuati ai
sensi dell’art. 2 del “decreto Galasso” con decreti pubblicati
anteriormente all’entrata in vigore della legge, svolgendo in tal modo
una funzione di raccordo tra la nuova normativa e quella precedente,
senza alcun effetto di novazione della fonte del potere esercitato, né
di convalida degli atti emanati nell’esercizio di tale potere, il cui
fondamento resta il “decreto Galasso”, che funge quindi da presupposto
di fatto della disciplina dell’art. 1-quinquies.
Aderendo a tale interpretazione – ad avviso della Regione Lombardia
– dovrebbe dichiararsi cessata la materia del contendere, non essendo
stato esercitato, in riferimento al territorio regionale, il potere
ministeriale di cui all’art. 2 del “decreto Galasso”, con provvedimenti
pubblicati sulla G.U. prima dell’entrata in vigore della l. n.
431/1985, e non essendo lo stesso più esercitabile dopo tale data.
L’interesse della Regione, per converso, permane – soggiunge la
ricorrente – ove si ritenga che il potere ministeriale sia
sopravvissuto alla l. n. 431/1985, o, comunque, che sia consentito al
Ministero pubblicare, successivamente all’entrata in vigore della
legge, provvedimenti adottati in epoca anteriore, come, di fatto, sta
avvenendo.
In tale evenienza, si solleva espressa eccezione di
incostituzionalità dell’art. 1-quinquies della l. n. 431/1985, in
quanto fonte del persistente potere ministeriale, in riferimento agli
stessi parametri già indicati in sede di proposizione del conflitto.
Nel merito, la ricorrente ribadisce quanto già dedotto nel ricorso
sulla illegittimità dell’art. 2 del “decreto Galasso”, che non è
riconducibile al potere di imporre (in via integrativa) il vincolo
specificandone i limiti concreti (inedificabilità), in quanto tale
specificazione è prevista (art. 11 r.d. n. 1357/1940) solo per le
“bellezze individue”, né al potere cautelare ex art. 82, ultimo comma,
d.P.R. n. 616/1977, del quale sono diversi i presupposti e l’efficacia
temporale, ma va ritenuto invasivo della competenza regionale in tema
di piani paesistici.
4. – Con ricorso notificato il 23 novembre 1984 e depositato il 12
dicembre 1984 (Reg. confl. n. 55/84), la Regione Toscana ha sollevato
conflitto di attribuzione avverso il decreto del Ministero per i beni
culturali e ambientali 21 settembre 1984.
Ad avviso della ricorrente il provvedimento è invasivo della sfera
di competenza trasferita alle Regioni in tema di piani territoriali
paesistici (d.P.R. n. 8/1972) e di quella ad esse delegata in materia
di beni ambientali (art. 82 d.P.R. n. 616/1977) in attuazione degli
artt. 117 e 118 Cost..
Il decreto oscilla fra quattro ipotesi: a) esigenza di
coordinamento delle attività regionali; b) intervento giustificato
dalla mancanza di piani paesistici; c) esercizio del potere integrativo
degli elenchi delle bellezze naturali; d) esercizio del potere
cautelare di inibire o sospendere lavori pregiudizievoli. In realtà,
esso non è riconducibile in nessuna delle categorie di provvedimento
suindicati, ma si pone come determinazione atipica, non prevista da
alcuna legge. Osserva infatti la Regione – dopo aver diffusamente
richiamato la disciplina dettata dalla l. n. 1497/1939 sulla tutela
delle bellezze naturali, dal d.P.R. n. 8/1972 che ha trasferito alle
Regioni la competenza in tema di piani paesistici, e dal d.P.R. n.
616/1977 che ha delegato alle Regioni la competenza in materia di beni
ambientali (salvi i poteri statali espressamente menzionati nell’art.
82); ed aver ricordato la normativa regionale emanata per la gestione
del territorio – che in relazione alle quattro diverse ipotesi
formulate si riscontrano carenze procedimentali o di difetto di
presupposti.
a) Il coordinamento comporta infatti un atto di indirizzo
collegiale del Consiglio dei ministri.
b) L’integrazione-sostituzione di piani paesistici non è prevista
da alcuna norma di legge, essendo la materia trasferita alle regioni
(d.P.R. n. 8/1972), sicché è invasivo della competenza regionale
l’art. 2 del decreto impugnato (concernente il divieto di
edificabilità), che configura dei micropiani paesistici affidati alle
Sovrintendenze dei beni culturali, e cioè ad organi periferici privi
di ogni potere in tema di beni ambientali, a seguito del trasferimento
alle Regioni delle Sezioni delle bellezze naturali delle Sovrintendenze
(art. 111 d.P.R. n. 616/1977).
c) Il potere di integrare gli elenchi, ex art. 82, comma secondo,
lett. a), d.P.R. n. 616/1977, deve esplicarsi in conformità della
legge di settore (l. n. 1497/1939), mentre, nella specie, sono stati
vincolati non già singoli specifici beni (come prevedono gli artt. 3 e
4 l. cit.), bensì una serie di beni individuati per categorie,
prescindendo altresì dal subprocedimento di formazione degli elenchi
da parte delle Commissioni provinciali (artt. 3 e 4 l. cit.), e
sostituendo al parere del Consiglio nazionale per i beni culturali
(previsto dall’art. 82, comma secondo, lett. a, d.P.R. n. 616/1977, nel
quale vi è un rappresentante per ogni Regione) quello del Comitato di
settore, dove tale rappresentanza non è completa.
d) Il potere cautelare ex art. 82, ultimo comma, d.P.R. n.
616/1977, infine, può essere esercitato per salvaguardare,
provvisoriamente, beni non vincolati, in attesa degli elenchi, laddove,
nella specie, si è imposto un divieto assoluto di edificabilità a
tempo predeterminato (sino al 31 dicembre 1985), che la legge ignora,
su beni già vincolati.
In estremo subordine, qualora si voglia individuare nel “decreto
Galasso” un provvedimento diverso, per funzione e procedimento, da
quelli previsti dalla l. n. 1497/1939, la Regione solleva questione di
legittimità costituzionale dell’art. 82 d.P.R. n. 616/1977, in
riferimento all’art. 76 Cost., in quanto esulava dalla delega conferita
con l. n. 382/1975 il potere di innovare le norme di settore.
Con altri ricorsi, tutti notificati il 23 novembre 1984 e
depositati il 12 dicembre 1984, la regione Emilia Romagna (Reg. confl.
n. 56/84), la Regione Umbria (Reg. confl. n. 57/84), e la Regione
Puglia (Reg. confl. n. 58/84) hanno proposto anch’esse, in termini
sostanzialmente coincidenti con il ricorso della Regione Toscana sopra
riassunto, conflitto di attribuzione avverso il “decreto Galasso”.
Resiste il Presidente del Consiglio dei ministri con deduzioni
dell’Avvocatura dello Stato che riproducono quelle già richiamate nel
precedente n. 3.
Le Regioni Toscana, Emilia Romagna, Umbria e Puglia hanno
depositato memoria, nella quale rilevano che, a seguito dell’emanazione
della l. n. 431/1985, la materia del contendere è cessata, in
relazione all’art. 1 del provvedimento, essendo venute meno le censure
che contestavano violazione della riserva di legge in tema di
individuazione dei beni da sottoporre a vincolo.
Per quanto concerne il potere ministeriale di individuare
specifiche aree da assoggettare a vincolo di inedificabilità assoluta
(art. 2 del provvedimento), esso sembra cessato a decorrere dalla data
di entrata in vigore della l. n. 431/1985.
Tale conclusione – ad avviso delle ricorrenti – è confermata dal
tenore dell’art. 1-quinquies della legge citata, che include i beni
già individuati ex art. 2 del “decreto Galasso” nel regime di vincolo
di immodificabilità sino all’adozione dei piani paesistici da parte
delle Regioni ex art. 1-ter della legge, nel presupposto che il potere
ministeriale sia venuto meno, poiché, diversamente, non vi sarebbe
stata ragione di mantenere gli assetti, prevedendo l’equiparazione di
regime tra beni perimetrati dal Ministero prima dell’entrata in vigore
della l. n. 431/1985 e beni successivamente perimetrati dalle Regioni.
Ove la Corte aderisca alla suddetta interpretazione, le Regioni
riconoscono di non aver più interesse al ricorso. Per contro,
l’interesse permane qualora si ritenga persistente il potere
ministeriale di cui all’art. 2 del “decreto Galasso”.
5. – Con n. 14 ricorsi tutti notificati il 19 luglio 1985 e
depositati il 29 luglio 1985 (nn. 23-36/85 Reg. confl.), la Regione
Molise ha sollevato conflitto di attribuzione avverso n. 14 decreti del
Ministero per i beni culturali e ambientali (tutti pubblicati sulla
G.U., suppl. ord., n. 118 del 21 maggio 1985), contenenti dichiarazione
di notevole interesse pubblico di specifiche località e l’imposizione,
per esse, del divieto, fino al 31 dicembre 1985, di modificazioni del
territorio nonché di opere e lavori, ai sensi dell’art. 2 del d.m. 21
settembre 1984.
La ricorrente rileva che l’art. 1 del d.m. 21 settembre 1984 è
stato annullato dal TAR Lazio con la sentenza 31 maggio 1985, n. 1548,
che non ha invece preso in esame l’art. 2 del decreto.
La Regione Molise svolge, quindi, in riferimento al “decreto
Galasso” nel suo complesso, considerazioni sostanzialmente coincidenti
con quelle già riassunte nel precedente n. 4 in relazione alle stesse
norme parametro.
Con specifico riguardo ai decreti impugnati, osserva infine la
ricorrente che con essi è stata data attuazione all’art. 2 del
“decreto Galasso”, procedendo all’individuazione delle aree nelle quali
è operante il divieto assoluto di edificabilità come previsto dalla
suddetta norma.
I provvedimenti in oggetto sono ritenuti invasivi della competenza
regionale, in quanto impongono una limitazione che può validamente
scaturire solo dal piano territoriale paesistico, che è di esclusiva
competenza regionale (d.P.R. n. 8/1972).
Resiste il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a
mezzo dell’Avvocatura dello Stato, osservando preliminarmente che,
rappresentando i decreti impugnati provvedimenti meramente attuativi
dell’art. 2 del “decreto Galasso”, non tempestivamente impugnato dalla
Regione Molise, il ricorso è inammissibile.
In subordine e nel merito deduce che legittimamente lo Stato, in
sede di imposizione (in via integrativa) del vincolo, ha precisato
anche gli effetti del vincolo, coincidenti, nella specie, con
l’inedificabilità assoluta, e cioè con una limitazione non
esorbitante dai mezzi di tutela paesistica apprestati dalla l. n.
1497/1939, come risulta dall’art. 16 l. cit..
1. – Poiché i conflitti di attribuzione sollevati con i ricorsi in
epigrafe presentano identità o connessione di oggetto, i relativi
giudizi possono essere riuniti e definiti con una decisione.
2. – Un primo gruppo di conflitti (ricorsi: Provincia di Bolzano,
n. 51/84; Regione Sardegna, n. 52/84; Regione Lombardia, n. 53/84;
Regione Toscana, n. 55/84; Regione Emilia Romagna, n. 56/84; Regione
Umbria, n. 57/84; Regione Puglia, n. 58/84) concerne il decreto del
Ministero dei beni culturali e ambientali 21 settembre 1984, decreto
col quale:
a) è pronunciata, ad integrazione degli elenchi delle bellezze
naturali e d’insieme di cui alla legge n. 1497 del 1939, dichiarazione
di notevole interesse pubblico (con conseguente assoggettamento a
vincolo paesaggistico) di una serie di località e di beni identificati
in relazione a caratteristiche obbiettive (fasce costiere marittime o
lacustri per una data profondità, corsi d’acqua pubblici e relative
ripe, montagne per la parte eccedente una data altitudine, ghiacciai e
circhi glaciali, parchi e riserve con i relativi territori di
protezione esterna, boschi e foreste, aree assegnate ad università
agrarie e zone gravate da usi civici): art. 1;
b) è prevista l’individuazione da parte dell’amministrazione
statale – nell’ambito: sia delle zone suindicate, sia delle altre
comprese negli elenchi redatti ai sensi della legge n. 1497 del 1939,
sia di altre zone di interesse paesistico – di aree che vengono a
essere sottoposte a vincolo di immodificabilità (divieto di
modificazioni dell’assetto del territorio) e di inedificabilità
(divieto di opere edilizie e lavori): vincoli imposti (fino al 31
dicembre 1985) in vista dell’adozione di adeguati provvedimenti di
pianificazione paesistica, e quindi aventi natura di vincoli di
salvaguardia: art. 2.
Un secondo gruppo di conflitti (14 ricorsi della Regione Molise dal
n. 23/85 al n. 36/85) concernono altrettanti decreti del Ministero per
i beni culturali e ambientali – tutti in data 18 aprile 1985 e
pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale suppl. ordinario n. 118 del 21
maggio 1985 -, con i quali, in riferimento all’art. 2, u.p., del
decreto precedente, vengono dichiarate di notevole interesse pubblico
specifiche località e imposti sulle medesime i vincoli suindicati.
3. – La Provincia di Bolzano impugna l’intero decreto 21 settembre
1984, deducendo l’invasione delle competenze riservate ad essa
Provincia in tema di tutela e conservazione del patrimonio storico,
artistico e popolare, di urbanistica e piani regolatori, di tutela del
paesaggio, di usi civici, di alpicoltura e parchi, di agricoltura e
foreste, dallo statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige
d.P.R. n. 670 del 1972 (art. 8, nn. 3, 5, 6, 7, 16, 21 e art. 16) e
dalle norme di attuazione: competenze peraltro già esercitate in via
legislativa.
La Regione Sardegna impugna anche essa l’intero decreto 21
settembre 1984, deducendo, per quanto concerne l’art. 1, l’invasione
delle competenze ad essa riservate dallo statuto speciale (l. cost. n.
3 del 1948) in tema di protezione della natura, riserve e parchi
naturali e in tema di bellezze naturali (artt. 58 e 57, quest’ultimo
riproduttivo, nel contenuto, dell’art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977)
e, per quanto concerne l’art. 2, la violazione delle competenze ad essa
riservate dallo statuto speciale in tema di impiego di uffici
trasferiti (art. 74).
Le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Umbria e Puglia, con
argomentazioni sostanzialmente coincidenti, impugnano anche esse
l’intero decreto 21 settembre 1984, deducendo, in relazione a varie
ipotesi di qualificazione del contenuto, o dei contenuti, del
provvedimento impugnato:
a) l’invasione – mediante la violazione delle norme sulla gerarchia
e competenza delle fonti, dell’art. 97 Cost., delle norme sostanziali e
procedimentali di settore in materia di bellezze naturali (art. 3 ss.
legge n. 1497 del 1939) e di quelle sul riparto di attribuzione (legge
n. 382 del 1975 e d.P.R. n. 616 del 1977) – delle competenze riservate
alle Regioni in tema di governo del territorio e di protezione dei beni
ambientali, e particolarmente dall’art. 82 del detto decreto n. 616 del
1977, salvo a ritenere l’illegittimità costituzionale, per contrasto
con l’art. 76 Cost. e con la legge di delega n. 382 del 1975, del comma
primo (recte: secondo), lett. a), e del comma ultimo dello stesso art.
82, se interpretati come innovativi della normativa di settore e
pertanto come legittimanti il provvedimento impugnato;
b) l’invasione – anche mediante la violazione delle indicate norme
sul riparto di attribuzione, se correttamente interpretate, e di quelle
sul trasferimento degli uffici statali alle Regioni (art. 111 d.P.R. n.
616 del 1977) – delle competenze riservate alle Regioni in tema di
formazione dei piani territoriali paesistici (d.P.R. n. 8 del 1972).
La Regione Lombardia impugna il solo art. 2 del decreto
ministeriale 21 settembre 1984, deducendo l’invasione – anche mediante
la violazione delle norme sostanziali di settore in tema di bellezze
naturali (legge n. 1497 del 1939) e di quelle sui residui poteri dello
Stato in materia (art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616 del 1977) –
delle competenze riservate alle Regioni in materia di protezione
ambientale (articoli 80 e 82 d.P.R. n. 616 del 1977) e in materia di
redazione dei piani territoriali paesistici (d.P.R. n. 8 del 1972);
nonché l’invasione delle competenze spettanti alle Regioni in tema di
corsi d’acqua e relative ripe, di parchi e riserve regionali, di boschi
e foreste, di zone assegnate alle università agrarie e di zone gravate
da usi civici (artt. 90 e 97 d.P.R. n. 616 del 1977; art. 83 stesso
decreto; artt. 66, 68 e 69 stesso decreto; art. 1, comma terzo, d.P.R.
n. 11 del 1972 e art. 66, commi quinto e sesto, d.P.R. n. 616 del
1977).
La Regione Molise, impugnando con quattordici ricorsi dal contenuto
argomentativo sostanzialmente identico, gli altrettanti decreti
ministeriali 18 aprile 1985, deduce l’invasione della competenza
riservata alle Regioni in tema di formazione di piani territoriali
paesistici con il d.P.R. n. 8 del 1972.
4. – È sopravvenuta la sentenza del TAR del Lazio 31 maggio 1985,
n. 1548, con la quale è stato annullato l’art. 1 del decreto del
Ministero per i beni culturali e ambientali 21 settembre 1984.
È sopravvenuto il decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con
modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, con la quale, fra
l’altro:
a) è introdotta, sotto forma di novellazione dell’art. 82 del
d.P.R. n. 616 del 1977, cui viene all’uopo aggiunto un quinto comma,
una norma dal contenuto analogo al precetto espresso con l’annullata
disposizione dell’art. 1 del decreto ministeriale 21 settembre 1984, in
quanto costitutiva di vincolo paesaggistico su una serie di località e
di beni individuati in modo analogo a quello seguito nella disposizione
annullata (art. 1 del d.l. n. 312 del 1985, come sostituito dalla l. n.
431 del 1985);
b) è stabilita l’adozione, in riferimento ai beni ed alle aree
elencati nel comma aggiunto all’art. 82 suindicato, di una “specifica”
disciplina d’uso e di valorizzazione ambientale del relativo territorio
da parte delle Regioni, mediante la redazione di piani paesistici o di
piani urbanistici territoriali con “specifica” considerazione dei
valori paesistici ed ambientali, da approvare entro il 31 dicembre 1986
(art. 1-bis, aggiunto dalla l. n. 431 del 1985 all’art. 1 del d.l. n.
312); è prevista l’individuazione da parte delle Regioni, nell’ambito,
sia delle zone indicate nell’art. 1, sia delle altre comprese negli
elenchi redatti ai sensi della legge n. 1497 del 1939, sia di altre
zone di interesse paesistico, di aree che sono sottoposte a vincoli di
salvaguardia identici nel contenuto a quelli previsti dall’art. 2 del
decreto ministeriale 21 settembre 1984, fino all’adozione dei piani di
cui all’art. 1-bis (art. 1-ter, aggiunto dalla l. n. 431 del 1985
all’art. 1 del d.l. n. 312); è disposto che fra le aree sottoposte a
tali vincoli sono (automaticamente) inclusi le aree e i beni
individuati ai sensi del detto art. 2 (ultima parte) del decreto
ministeriale 21 settembre 1984 (art. 1-quinquies, aggiunto dalla l. n.
431 del 1985 all’art. 1 del d.l. n. 312).
5. – Ciò posto, il ricorso della Provincia di Bolzano contro il
decreto ministeriale 21 settembre 1984 va dichiarato inammissibile
anche indipendentemente dalle sopravvenienze prima indicate. Tale
ricorso è proposto per il caso che il decreto debba ritenersi esteso
alla detta Provincia, munita di competenza esclusiva specifica in tema
di tutela del paesaggio, sebbene il decreto stesso sia formulato con
stretto riferimento alla normativa sulla devoluzione di competenze
relativa alle Regioni ordinarie e particolarmente all’art. 82 del
d.P.R. n. 616 del 1977. E l’intervenuto Presidente del Consiglio dei
ministri ha espressamente riconosciuto che il decreto impugnato non
riguarda la Provincia di Bolzano, argomentando dalle stesse ragioni
addotte da quest’ultima. Deve pertanto negarsi l’interesse della
Provincia a coltivare il conflitto.
Gli altri ricorsi – disattesa in ordine a quelli proposti dalla
Regione Molise contro i decreti 18 aprile 1985 l’eccezione di
inammissibilità per mancata tempestiva impugnazione del decreto 21
settembre 1984, dovendosi riconoscere che di questo essi, in quanto
contengono autonome determinazioni, non sono meramente applicativi –
vanno tutti dichiarati inammissibili in relazione alle sopravvenienze
prima indicate, per ragioni attinenti alla eliminazione radicale o alla
inidoneità dell’oggetto della impugnazione, le quali precedono
nell’ordine logico altre eventuali ragioni attinenti alla deducibilità
dei motivi dell’impugnazione.
Per quanto concerne le censure dirette contro l’art. 1 del decreto
ministeriale 21 settembre 1984, l’inammissibilità sopravvenuta
discende dall’annullamento, ovviamente retroattivo, della detta
disposizione pronunciata con la sentenza del TAR del Lazio n. 1548 del
1985. Né l’introduzione con l’art. 1 del d.l. n. 312, come sostituito
dalla legge n. 431 del 1985, di una norma dal contenuto analogo al
precetto della disposizione annullata (in quanto costitutiva di vincolo
paesaggistico su una serie di località e di beni individuali in modo
analogo a quello seguito nella detta disposizione) restituisce
ammissibilità ai conflitti, trattandosi in ogni caso di operazione
normativa, che, per la sua natura legislativa, si sottrae, e sottrae i
suoi effetti, all’esperimento del conflitto di attribuzione.
Per quanto concerne le censure dirette contro l’art. 2 del decreto
ministeriale 21 settembre 1984, e i ricorsi contro i decreti
ministeriali 18 aprile 1985 (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
supplemento n. 118 del 21 maggio 1985) emanati in riferimento al detto
art. 2, l’inammissibilità sopravvenuta discende dalla normativa
introdotta con gli artt. 1-bis, 1-ter e 1-quinquies aggiunti al d.l. n.
312 dalla legge n. 431 del 1985, il cui contenuto è stato sopra
riprodotto.
Con tale normativa, infatti, da un lato (art. 1-ter) è stato
previsto un nuovo procedimento per la costituzione dei vincoli di
salvaguardia di cui all’art. 2 del decreto ministeriale 21 settembre
1984, procedimento rimesso – in relazione alla definizione degli
“adeguati provvedimenti di pianificazione paesistica” ivi contemplati
come “piani paesistici territoriali” o come “piani
urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori
paesistici e ambientali” da redigere ad opera delle Regioni entro il
prorogato termine del 31 dicembre 1986 (art. 1-bis) – alle Regioni.
Dall’altro (art. 1-quinquies) è stato sostituito al meccanismo
produttivo di effetti – vincoli di salvaguardia – azionato dai decreti
ministeriali 18 aprile 1985 un nuovo meccanismo produttivo, che, per la
sua natura di atto legislativo, si sottrae, e sottrae gli effetti così
recuperati, quanto alla loro produzione, all’esperimento del conflitto
di attribuzione.
È appena il caso di avvertire che il recupero concerne gli effetti
già prodottisi, e quindi i vincoli di salvaguardia già operanti alla
data di entrata in vigore della nuova legge – in tal senso deve
intendersi l’espressione “individuali” – e che questa Corte con la
presente decisione non prende posizione sui mezzi di tutela dati contro
i medesimi se non nel senso, già espresso, di negare l’esperibilità,
quanto alla loro istituzione, del conflitto di attribuzione.
6. – È assorbita la pronuncia sull’istanza, avanzata dalla Regione
Sardegna, di sospensione del decreto ministeriale 21 settembre 1984.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i 21 ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato
contro il decreto del Ministero dei beni culturali e ambientali 21
settembre 1984, dalla Provincia di Bolzano (R.C. n. 51/84);
dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione sollevati contro
il decreto del Ministero dei beni culturali e ambientali 21 settembre
1984: dalla Regione Sardegna, con ricorso notificato il 26 novembre
1984 (R.C. n. 52/1984); dalla Regione Lombardia, con ricorso notificato
il 24 novembre 1984 (R.C. n. 53/1984); dalla Regione Toscana, con
ricorso notificato il 23 novembre 1984 (R.C. n. 55/1984); dalla Regione
Emilia Romagna, con ricorso notificato il 23 novembre 1984 (R.C. n.
56/1984); dalla Regione Umbria, con ricorso notificato il 23 novembre
1984 (R.C. n. 57/1984); dalla Regione Puglia, con ricorso notificato
il 23 novembre 1984 (R.C. n. 58/1984);
dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione sollevati contro
n. 14 decreti del Ministero dei beni culturali e ambientali – tutti in
data 18 aprile 1985 e concernenti dichiarazione di notevole interesse
pubblico delle seguenti località: zona circostante l’invaso del
Liscione; zone del comprensorio delle Mainarde e dell’Alta Valle del
Volturno; zona sita nel Comune di Bonefro; zona collinare nel Comune di
S. Giuliano di Puglia; parte del territorio comunale di Colletorto;
zona del Comune di Portocannone; parte del territorio del Comune di
Montorio nei Frentani; zona del Comune di Rotello; zona del Comune di
Santa Croce di Magliano; zona del Comune di S. Martino in Pensilis;
zona sita nel Comune di Boiano; zone ricadenti nei Comuni di Montenero
di Bisaccia e altri; zona montuosa in località La Montagnola-Colle
dell’Orso ricadente nel Comune di Frosolone e altri; zone del
comprensorio del massiccio del Matese ricadenti nel Comune di
Roccamandolfi e altri – con n. 14 ricorsi della Regione Molise, tutti
notificati il 19 luglio 1985 (R.C. nn. da 23 a 36/1985).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1985.
F.to: LIVIO PALADIN – ORONZO REALE –
ALBERTO MALAGUGINI – ANTONIO LA
PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO – ALDO
CORASANITI – GIUSEPPE BORZELLINO –
FRANCESCO GRECO – RENATO DELL’ANDRO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere