Sentenza N. 359 del 1985
Corte Costituzionale
Data generale
21/12/1985
Data deposito/pubblicazione
21/12/1985
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1985
REALE – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO – Dott. FRANCESCO GRECO – Prof. RENATO
DELL’ANDRO, Giudici,
Umbria, Lombardia, Abruzzo e Toscana, notificati rispettivamente il 24
giugno 1982, l’8 giugno 1984, il 19 giugno 1984, il 16 agosto 1984, il
20 settembre 1984 e il 4 aprile 1985, depositati in cancelleria il 30
giugno 1982, il 26 giugno 1984, il 5 luglio 1984, il 5 settembre 1984,
il 3 ottobre 1984 e il 24 aprile 1985 ed iscritti ai nn. 9 del registro
conflitti 1982; 20, 21, 22, 30, 31, 32, 33, 34 e 38 del registro
conflitti 1984 e 18 del registro conflitti 1985, per conflitti di
attribuzione sorti a seguito di circolari del Presidente del Consiglio
dei ministri e del Ministero per i beni culturali e ambientali, nonché
di varie note di quest’ultimo Ministero.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 1985 il Giudice relatore
Aldo Corasaniti;
uditi l’avvocato Alberto Predieri per le Regioni Emilia-Romagna,
Umbria, Abruzzo e Toscana; l’avv. Maurizio Staccanella per la Regione
Lombardia e l’avvocato dello Stato Piergiorgio Ferri per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
1. – Con ricorso notificato il 24 giugno 1982 e depositato il 30
giugno 1982 (Reg. confl. n. 9/82), la Regione Emilia- Romagna ha
proposto conflitto di attribuzione, nei confronti dello Stato, avverso
la circolare del Presidente del Consiglio dei ministri 20 aprile 1982,
n. 3763/6, pervenuta il 27 aprile 1982, con la quale si dispone, onde
salvaguardare il patrimonio culturale e ambientale, che tutti i
progetti di opere pubbliche, nella fase preliminare della
localizzazione, debbano essere preventivamente sottoposti all’esame di
competenza degli organi del Ministero per i beni culturali ed
ambientali, al fine specifico di prevenire l’insorgere di situazioni di
forza maggiore.
Deduce la ricorrente che il suindicato provvedimento invade la
sfera di competenza attribuita alla Regione, in quanto urta contro
l’art. 80 del d.P.R. n. 616/1977, ai sensi del quale la protezione
dell’ambiente, che è parte della materia urbanistica, è di competenza
delle Regioni, nonché contro l’art. 82 dello stesso d.P.R., che delega
alle Regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi
centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze
naturali, con riguardo, tra l’altro, all’apertura di strade ed alla
concessione di autorizzazioni o nulla osta per la modificazione dei
beni paesistici o delle bellezze naturali.
Con le suddette norme il legislatore ha tenuto conto dell’esigenza
di gestione globale dell’assetto territoriale, e tale gestione ha
unitariamente affidato, come compito qualificante, al subsistema delle
regioni e degli enti locali.
La circolare impugnata contraddice tale meditata scelta in quanto
introduce una competenza degli organi del Ministero dei beni culturali,
sostanziantesi nell’esame preventivo dei progetti e della
localizzazione delle opere pubbliche di qualsiasi amministrazione
pubblica, che, in forza della normazione ricordata, non appartiene allo
Stato.
Invero – soggiunge la ricorrente – nella materia di cui all’art. 80
d.P.R. n. 616/1977 allo Stato compete solo l’attività di indirizzo e
di coordinamento, da esercitarsi nelle forme di cui all’art. 3 della l.
n. 382/1975. Ma la circolare in oggetto non è riconducibile
all’esercizio di siffatta attività, vuoi per carenza dei requisiti di
forma (deliberazione del Consiglio dei ministri: art. 3 l. n.
382/1975), vuoi perché non si sostanzia in attività di indirizzo o
coordinamento, bensì rivendica al Ministero dei beni culturali
l’esercizio di una funzione amministrativa che, per converso, spetta
alle Regioni.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, deduce, in primo luogo, che, con nota
esplicativa datata 24 giugno 1982, n. 3763/6, aveva precisato che
l’esame preventivo dei progetti di opere pubbliche, di cui alla
circolare impugnata, va riferito a tutti i progetti relativi ad opere
destinate ad essere realizzate su aree sottoposte a vincolo di
interesse storico-artistico, ai sensi della l. n. 1089/1939, ed a
vincolo di interesse paesaggistico ai sensi del combinato disposto
della l. n. 1497/1939, e dell’art. 82, ultimo comma, del d.P.R. n.
616/1977, il che determina la cessazione della materia del contendere.
In via gradata, rileva il resistente che non tutta l’azione
pubblica a difesa dell’ambiente è riconducibile alla materia
dell’urbanistica, costituzionalmente riservata alle Regioni ai sensi
dell’art. 117 Cost., e che il d.P.R. n. 616/1977, nello stabilire
l’assetto delle competenze per tutti i settori ricompresi nella
definizione di “urbanistica” enunciata nell’art. 80, riconosce, negli
artt. 81, lett. a), 82 ed 83, una non trascurabile presenza dello Stato
nelle funzioni che attengono alla tutela ambientale.
In particolare, per quanto concerne i “beni ambientali”, l’art. 82
conserva allo Stato vari poteri di amministrazione attiva nel settore,
consistenti: 1) nel potere di “integrare” gli elenchi delle bellezze
naturali approvati dalle Regioni; 2) nella partecipazione al
procedimento di revoca o modifica delle notifiche di interesse pubblico
delle bellezze naturali e panoramiche, mediante il parere obbligatorio
del Consiglio nazionale per i beni culturali; 3) nel potere di inibire
o sospendere lavori che rechino pregiudizio a beni qualificabili come
bellezze naturali, anche indipendentemente dalla loro inclusione negli
elenchi.
A tale ultima specifica potestà di diretta partecipazione, in
concorso con le Regioni, ai compiti di conservazione dei beni
ambientali si ricollega appunto la circolare impugnata, che – come
meglio chiarito nella nota esplicativa del 24 giugno 1982 – tende a
consentire, in sede di esame dei progetti delle opere, l’adozione
tempestiva dei provvedimenti inibitori di competenza statale, e non è
pertanto invasiva della competenza regionale.
La Regione Emilia-Romagna ha depositato memoria illustrativa.
Deduce la ricorrente che non è idonea ad escludere la lamentata
invasione della competenza regionale la circolare esplicativa 24 giugno
1982, richiamata dall’Avvocatura dello Stato, in base alla quale
l’esame preventivo dei progetti è finalizzato all’eventuale adozione
dei provvedimenti cautelari di cui all’art. 82, ultimo comma, d.P.R. n.
616/1977.
Il provvedimento impugnato rivendica infatti allo Stato il potere
di esaminare ed approvare i progetti delle opere pubbliche, che non
può essere ricondotto a nessuno dei poteri attribuiti allo Stato
dall’art. 82 del d.P.R. 616/1977, concernenti l’integrazione degli
elenchi e l’adozione di provvedimenti di inibizione o sospensione di
lavori.
Si tratta, quindi, di una pretesa sfornita di fondamento normativo,
che incide su di un settore di competenza regionale, dal momento che la
concessione di autorizzazioni e di approvazioni di progetti, compresi
quelli per strade e per cartelloni pubblicitari, è riservata alle
Regioni dall’art. 82, comma secondo, lett. b), c), h), del d.P.R. n.
616/1977, sicché la circolare viene ad introdurre, in contrasto con la
normativa suindicata, un duplice regime di approvazioni.
2. – Con ricorso notificato l’8 giugno 1984 e depositato il 26
giugno 1984 (Reg. confl. n. 20/84) la Regione Umbria ha proposto
conflitto di attribuzione avverso la circolare del Ministero per i beni
culturali ed ambientali 30 marzo 1984, n. 1769/VIII/3A3, pervenuta il
19 aprile 1984, indirizzata ai Soprintendenti per i beni ambientali,
architettonici, artistici e storici, ai Soprintendenti archeologi, e
comunicata, per conoscenza, a varie autorità, nella quale, dopo aver
richiamato la circolare n. 3763/6 del 24 giugno 1982, predisposta dalla
Presidenza del Consiglio dei ministri in tema di sottoposizione
all’esame degli organi del Ministero per i beni culturali dei progetti
di opere nella fase preliminare della localizzazione, si precisa che la
competenza ad esaminare progetti di opere pubbliche da realizzare in
zone vincolate in base alla l. n. 1497/1939 e ad assumere le
susseguenti determinazioni spetta all’amministrazione centrale, e,
conseguentemente, si segnala l’opportunità che le pubbliche
amministrazioni inviino la documentazione, contemporaneamente, sia al
Ministero che alle Soprintendenze, al fine di consentire al Ministero
di adottare gli atti di sua competenza, ed alle Soprintendenze di
formulare il loro motivato parere.
La ricorrente deduce che il suindicato provvedimento è invasivo
della competenza attribuita alle Regioni, quale risulta dagli artt. 80
e 82 del d.P.R. n. 616/1977, e svolge argomentazioni sostanzialmente
coincidenti con quelle poste a fondamento del ricorso sul quale si è
riferito nel precedente n. 1.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, dopo aver richiamato la precedente
circolare della Presidenza 20 aprile 1982, n. 3763/6 e la nota
esplicativa 24 giugno 1982, n. 3763/6, rileva che a tali atti risale la
inequivoca manifestazione di volontà di esercizio, da parte dello
Stato, attraverso gli organi del Ministero dei beni culturali ed
ambientali, del potere di esame preventivo dei progetti di opere
pubbliche da ubicare in zone di interesse paesaggistico. Ne deriva che,
avendo la circolare impugnata carattere meramente confermativo e
applicativo delle suindicate circolari, non tempestivamente impugnate
dalla Regione Umbria, il ricorso appare inammissibile.
In via gradata l’Avvocatura dello Stato ha invocato il rigetto del
ricorso, perché infondato, richiamando le deduzioni svolte nel
conflitto n. 9/82.
La Regione Umbria ha depositato memoria, nella quale contesta
l’eccezione – formulata dall’Avvocatura dello Stato – di
inammissibilità del ricorso, in quanto diretto avverso atto meramente
confermativo ed attuativo di precedente provvedimento non impugnato
avanti a questa Corte, rilevando che la circolare del Ministro dei beni
culturali e ambientali presenta aspetti innovativi rispetto alla
circolare del Presidente del Consiglio dei ministri, che prevedeva un
intervento preliminare informativo, in quanto riserva al Ministero il
potere di esame e di determinazione circa la localizzazione di
qualsivoglia opera pubblica.
Nel merito, ribadisce la portata invasiva del provvedimento, non
riconducibile alla previsione dell’art. 82, ultimo comma, d.P.R. n.
616/1977, che considera soltanto specifici poteri di intervento in via
cautelare, che non attengono alla fase di gestione ordinaria del
vincolo ambientale e sono attivabili solo nel caso di accertata inerzia
della Regione e di comprovata esigenza di scongiurare un danno grave e
irreparabile del bene, sia esso vincolato o meno.
In tal senso, del resto, si era espresso lo stesso Ministero dei
beni culturali e ambientali con la circolare n. 11 dell’11 febbraio
1982, nella quale i poteri ministeriali vengono qualificati come
sussidiari e sostitutivi.
3. – Con ricorso notificato l’8 giugno 1984 e depositato il 26
giugno 1984 (Reg. confl. n. 21/84) la Regione Emilia-Romagna ha
proposto conflitto di attribuzione avverso la suindicata circolare del
Ministero per i beni culturali 30 marzo 1984, n. 1769/VIII/3A3
svolgendo deduzioni sostanzialmente coincidenti con quelle poste a
fondamento del ricorso introduttivo del conflitto n. 9/82.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, rileva che il provvedimento impugnato
riveste portata meramente applicativa delle circolari della Presidenza
20 aprile 1982, n. 3763/6 (già impugnata dalla ricorrente) e 24
giugno 1982, n. 3763/6, alle quali sono direttamente riferibili i
motivi di ricorso, e si riporta alle deduzioni svolte nel conflitto n.
9/82.
La ricorrente ha depositato memoria, nella quale svolge
considerazioni conformi a quelle sopra riassunte nel n. 2.
4. – Con ricorso notificato il 19 giugno 1984 e depositato il 5
luglio 1984 (Reg. confl. n. 22/1984) la Regione Lombardia ha proposto
anch’essa conflitto di attribuzione avverso la medesima circolare del
Ministero per i beni culturali e ambientali 30 marzo 1984, n.
1769/VIII/3A3.
Deduce la ricorrente che il provvedimento è invasivo della
competenza regionale quale risulta dall’art. 118 Cost. e dall’art. 82
del d.P.R. n. 616/1977, in quanto la rivendicazione di una potestà “di
controllo preventivo” e di “assenso preliminare alla localizzazione di
qualsiasi opera pubblica” confligge con l’avvenuta delega di tali
funzioni alle Regioni, alle quali spetta il potere di autorizzazione e
nulla osta (art. 82, comma secondo, lett. b) con riferimento ad ogni
opera, privata o pubblica.
Né è sostenibile, ad avviso della Regione, una correlazione tra
la potestà di esame preventivo, di cui alla circolare impugnata, e la
funzione riservata allo Stato ai sensi dell’art. 82, ultimo comma (“Il
ministro per i beni culturali o ambientali può inibire lavori o
disporne la sospensione quando essi rechino pregiudizio a beni
qualificabili come bellezze naturali anche indipendentemente dalla loro
inclusione negli elenchi”), in quanto tale funzione sostitutiva –
adottabile solo nel caso di inerzia della Regione a provvedere ai sensi
dell’art. 82, comma secondo, lett. e) – non potrebbe esercitarsi, nella
fase preliminare di localizzazione dell’opera pubblica, ma solo quando,
intervenuta l’approvazione del progetto, esso debba essere realizzato o
sia in corso di esecuzione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, eccepisce l’inammissibilità del ricorso,
in quanto diretto contro atto meramente confermativo ed applicativo di
precedenti provvedimenti (le circolari della Presidenza 20 aprile 1982,
n. 3763/6, e 24 giugno 1982, n. 3763/6) non tempestivamente impugnati
dalla ricorrente.
La Regione Lombardia ha depositato memoria, nella quale contesta
l’eccezione di inammissibilità del ricorso, perché concernente atto
meramente applicativo di precedenti note della Presidenza del
Consiglio, osservando che queste rappresentavano atto di coordinamento
e direttiva, mentre l’atto impugnato costituisce concreto esercizio di
funzione.
Nel merito ribadisce l’invasività della circolare, in quanto si
risolve in una coamministrazione attiva delle funzioni urbanistiche, in
tema di opere pubbliche, in contrasto con i principi di cui all’art. 1,
comma terzo, della l. n. 382/1975.
5. – Con ricorso notificato il 16 agosto 1984 e depositato il 5
settembre 1984 (Reg. confl. n. 32/84), la Regione Abruzzo ha proposto
conflitto di attribuzione avverso il provvedimento 20 giugno 1984, n.
3237/VIII/3/B4 del ministro dei beni culturali e ambientali, con il
quale, premesso che il Comune di Serramonacesca aveva adottato nel 1981
una variante al P.R.G. per la località Passolanciano; che il suddetto
strumento urbanistico, in quanto regolatore di nuovi invasi insediativi
della zona, è assimilabile a complessivi progetti di opere pubbliche,
e conseguentemente è soggetto alla normativa delle circolari della
Presidenza del Consiglio 24 giugno 1982, n. 3763/6 e del Ministero dei
beni culturali 30 marzo 1984, n. 84/84; al fine di impedire interventi
che attentino all’integrità del territorio protetto dalla l. n.
1497/1939, si inibisce, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 82 del
d.P.R. n. 616/1977, la realizzazione di tutti i progetti di opere
pubbliche (infrastrutture varie, opere di urbanizzazione ecc.)
suscettibili di costituire danno all’ambiente protetto, così come
previsti dalla variante al P.R.G. suindicata.
Deduce la ricorrente che il provvedimento è invasivo della sfera
di competenza regionale ex artt. 118 Cost. e 82 d.P.R. n. 616/1977, in
quanto è volto a paralizzare l’assetto urbanistico dato da un piano
regolatore, avverso il quale il Ministero manifesta “formale
disapprovazione”, senza avere alcun potere in merito.
Né a suo fondamento sono correttamente invocate le circolari
suindicate, poiché queste, già denunziate alla Corte costituzionale,
richiedono, pur illegittimamente, la presentazione di progetti di opere
pubbliche, mentre nella specie con l’inibitoria, rivolta a soggetti non
indicati e non identificabili, e non giustificata da motivi di urgenza
(la variante risale al 1981), si impone la totale paralisi alla
realizzazione di un piano regolatore.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, ha contestato la fondatezza del ricorso.
Deduce il resistente che il provvedimento impugnato è espressione
del potere ministeriale previsto dall’art. 82, ultimo comma, d.P.R. n.
616/1977, esercitabile anche nei confronti di lavori di attuazione di
piani regolatori approvati dalle Regioni; che la dedotta insussistenza
dell’urgenza attiene alla legittimità del provvedimento, ma non rileva
ai fini del conflitto di competenza; che, mentre non possono utilmente
richiamarsi le circolari citate nell’atto impugnato, in quanto il
potere inibitorio ministeriale trova fondamento nella legge, è per
contro esatta la premessa da cui muove il provvedimento, nel senso di
assimilare la previsione, nel P.R.G., di nuovi insediamenti, ad un
complesso di progetti delle opere pubbliche necessarie alla loro
attuazione, la cui realizzazione può ragionevolmente presumersi come
imminente.
6. – Con ricorso notificato il 4 aprile 1985 e depositato il 24
aprile 1985 (Reg. confl. n. 18/85) la Regione Toscana ha sollevato un
conflitto di attribuzione avverso la nota del Ministero dei beni
culturali e ambientali 25 gennaio 1985, n. 710/VIII/3A3, con la quale,
premesso che il progetto per la costruzione della diga del Farma-Merse
non è approvabile, si dispone, a norma dell’art. 82, ultimo comma,
d.P.R. n. 616/1977, la inibizione dei lavori in corso.
Deduce la ricorrente che il suddetto provvedimento è invasivo
della competenza regionale, in quanto viola gli artt. 117 e 118 Cost.,
e l’art. 82 d.P.R. n. 616/1977.
In forza di quest’ultima disposizione – che delega alle Regioni, in
materia di tutela dei beni ambientali, tutte le funzioni attribuite
dalla l. n. 1497/1939 a qualsiasi organo statale centrale o periferico,
tranne specifiche eccezioni – il potere di autorizzazione spetta
infatti alla Regione (art. 82, comma secondo, lett. b).
Né vale richiamare l’art. 82, ultimo comma, in quanto i
provvedimenti cautelari ivi previsti – coincidenti con quelli di cui
all’art. 8 della l. n. 1497/1939 – postulano la non soggezione a
vincolo dell’area interessata dai lavori, laddove il provvedimento
presuppone la sussistenza del vincolo, derivante dal d.M. 21 settembre
1984 (c.d. decreto Galasso).
Quest’ultimo decreto, in ogni caso, viene ritenuto illegittimo
dalla ricorrente, che svolge sul punto diffuse considerazioni.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituito per mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, contesta la fondatezza del ricorso,
deducendo che il provvedimento impugnato si inquadra nella previsione
dell’art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977, sostanziandosi in un
provvedimento cautelare a salvaguardia di area non soggetta a vincolo
(come riconosce la ricorrente), le cui esigenze di tutela erano emerse
con le individuazioni delle bellezze naturali contenute nel d.M. 21
settembre 1984, le quali, al momento dell’emanazione dell’atto
impugnato, dovevano ancora perfezionarsi con il compimento della fase
pubblicitaria prescritta dall’art. 4, comma secondo, della l. n.
1497/1939.
7. – Con ricorso notificato il 16 agosto 1984 e depositato il 5
settembre 1984 (Reg. confl. n. 30/84), la Regione Abruzzo ha proposto
conflitto di attribuzione avverso la nota 3 luglio 1984, n.
3596/VIII/3/B 11, con la quale il Ministero per i beni culturali e
ambientali richiedeva alla Regione di dare notizie circa la
lottizzazione Lucoli, in località Prato Lonaro, ed invitava la
Soprintendenza a trasmettere una relazione sulle caratteristiche
ambientali della località, onde consentire all’amministrazione
centrale di vagliare la possibilità di procedere, per la tutela della
località in oggetto, nella propria autonoma determinazione ai sensi
dell’art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R. n. 616/1977 in
relazione alla l. n. 1497/1939.
Deduce la ricorrente che la nota è invasiva della competenza
regionale in tema di beni ambientali risultante dall’art. 82 del d.P.R.
n. 616/1977. In forza di tale norma sono state infatti delegate alle
Regioni tutte le funzioni di cui alla l. n. 1497/1939, salve le
eccezioni di poteri sostitutivi-aggiuntivi specificamente riconosciuti
allo Stato, che presuppongono l’esercizio di un potere regionale, i cui
risultati possono essere integrati dal Ministero.
Per contro, la nota impugnata rivendica al Ministero il potere di
procedere in via autonoma all’individuazione di una bellezza naturale,
prescindendo anche dal preventivo subprocedimento di cui agli artt. 2 e
3 della l. n. 1497/1939 (proposta della Commissione provinciale).
Tuttavia, se già la normativa ora richiamata non attribuiva al
Ministero un potere autonomo, ma richiedeva un subprocedimento di
preparazione degli elenchi, ad opera di Commissioni provinciali, sul
quale si innestava il subprocedimento di approvazione ministeriale
(artt. 2, 3, 4 l. n. 1497/1939), e sanzionava la decadenza dei
provvedimenti cautelari ministeriali qualora la Commissione
provinciale, entro tre mesi dall’inibitoria, non avesse espresso parere
favorevole all’imposizione del vincolo (art. 8 l. n. 1497/1939), a
maggior ragione siffatto preteso potere autonomo va negato a seguito
della delega alle Regioni delle funzioni in tema di beni ambientali
disposta con l’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, preliminarmente eccepisce la
inammissibilità del ricorso, per carenza di un conflitto reale, dal
momento che la nota si limita a preannunziare che intende vagliare la
possibilità di esercitare la competenza prevista, in via generale ed
astratta, dall’art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R. n.
616/1977.
In via gradata, il resistente contesta la fondatezza del ricorso,
osservando che il potere ministeriale di “integrazione” degli elenchi
non ha natura sostitutiva, ma, come è dato desumere dai lavori
preparatori della c.d. Commissione Giannini, costituisce potere
concorrente con quello regionale, con diverso contenuto, nel senso che,
mentre la Regione procede all’individuazione delle bellezze naturali
mediante l’approvazione degli elenchi, il potere del Ministero riguarda
singoli beni o località che siano qualificabili come bellezze naturali
pur non essendo inclusi negli elenchi.
In ogni caso, anche riconoscendo che trattasi di potere
sostitutivo, l’inerzia regionale nella specie sarebbe in re ipsa, e
cioè nell’omesso vincolo della località qualificabile come bellezza
naturale.
Quanto ai vizi procedimentali dedotti dalla ricorrente con censura
inammissibile perché afferente una attività meramente intenzionale, e
comunque non prospettabile in sede di conflitto – essi sono
insussistenti, in quanto l’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977 prevede, per
l'”integrazione” degli elenchi uno specifico procedimento, diverso da
quello delineato negli artt. 2 e 3 della l. n. 1497/1939 per il diverso
provvedimento di “approvazione” degli elenchi, richiedendo il solo
parere obbligatorio del Consiglio nazionale per i beni culturali e
ambientali.
Altri tre ricorsi di identico contenuto, tutti notificati il 16
agosto 1984 e depositati il 5 settembre 1984, sono stati proposti dalla
Regione Abruzzo avverso n. 3 note del Ministero dei beni culturali e
ambientali, con le quali, con formulazione in tutto eguale a quella
della nota 3 luglio 1984, n. 3596 sopra riportata, venivano richieste
notizie in merito alle seguenti località: Carsoli, località Colli di
Monte Bove-Valle intensa (nota 4 luglio 1984, n. 3038/VIII/3/B11: Reg.
confl. n. 31/84); Casalincontrada, casa di argilla (nota 4 luglio 1984,
n. 3038/VIII/3A3: Reg. confl. n. 33/84); Introdacqua, difesa
dell’ecosistema del Monte Genzano (nota 30 giugno 1984, n.
1059/VIII/3B11: Reg. confl. n. 34/1984).
Il Presidente del Consiglio dei ministri costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, ha svolto, in relazione ai tre ricorsi in
oggetto, le stesse considerazioni sopra riassunte in relazione al Reg.
confl. n. 30/84.
8. – Con ricorso notificato il 20 settembre 1984 e depositato il 3
ottobre 1984 (Reg. confl. n. 38/84), la Regione Abruzzo ha sollevato
conflitto di attribuzione avverso la nota 14 luglio 1984 del Ministero
dei beni culturali e ambientali, con la quale viene dichiarata di
notevole interesse pubblico la zona della Valle del Liri, ai sensi
dell’art. 82, comma secondo, lett. a), d.P.R. n. 616/1977.
Ad avviso della ricorrente il provvedimento è invasivo della
competenza regionale in tema di beni ambientali quale risulta dall’art.
82 del d.P.R. n. 616/1977, dal momento che tale norma non prevede un
potere autonomo del Ministero dei beni culturali e ambientali di
imporre il vincolo, senza che esista una proposta, né un elenco, come,
del resto, siffatto autonomo potere non esisteva nel precedente sistema
ex l. n. 1497/1939.
Dopo aver svolto, sul punto, considerazioni sostanzialmente
coincidenti con quelle poste a fondamento di altri ricorsi (Reg. confl.
nn. 30, 31, 33 e 34/84: vedi, retro n. 7), la ricorrente denuncia
altresì, come invasiva della competenza regionale, la nota impugnata
nella parte in cui dispone che, dal giorno della sua pubblicazione
sulla G.U., i progetti di opere pubbliche da localizzare nella zona
vincolata debbano essere presentati ai competenti organi centrali e
periferici dell’amministrazione per i beni culturali e ambientali, per
il preventivo esame ai sensi della circolare della Presidenza del
Consiglio dei ministri 24 giugno 1982, n. 3763/6.
In proposito vengono svolte osservazioni sostanzialmente
coincidenti con quelle poste a fondamento di altri ricorsi (Reg. confl.
n. 9/82: vedi, retro, n. 1).
Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo
dell’Avvocatura dello Stato, contesta la fondatezza del ricorso,
rivendicando la natura concorrente del potere ministeriale di
integrazione degli elenchi alla stregua delle osservazioni già
formulate in relazione a precedenti ricorsi (Reg. confl. n. 30/84:
vedi, retro, n. 7). Rileva inoltre che inesattamente si sostiene dalla
ricorrente che nel sistema della l. n. 1497/1939 il Ministero non aveva
un potere autonomo di integrazione degli elenchi, poiché l’art. 3
della legge suddetta attribuiva invece al Ministero, in sede di
approvazione degli elenchi, il potere di introdurvi le “modificazioni”
ritenute opportune; “modificazioni” che ben potevano consistere
nell’individuazione di una bellezza naturale non presa in
considerazione dalla Commissione provinciale.
Eccepisce infine il resistente la inammissibilità della doglianza
concernente la nota impugnata nella parte in cui dispone che i progetti
di opere pubbliche da localizzare nella zona in oggetto siano
assoggettati a preventivo esame del Ministero, in quanto l’atto, sul
punto, è meramente attuativo della circolare del Presidente del
Consiglio dei ministri 24 giugno 1982, n. 3763/6, non tempestivamente
impugnata dalla ricorrente.
1. – I conflitti di attribuzione sollevati con i ricorsi in
epigrafe presentano identità o connessione di oggetto: pertanto i
relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.
2. – È opportuno raggruppare i ricorsi avendo riguardo al
contenuto degli atti statali con essi denunciati.
Secondo l’indicato criterio una prima serie di atti può
individuarsi nelle circolari rispettivamente della Presidenza del
Consiglio in data 20 aprile 1982, cui si riferisce il ricorso n. 9/82
della Regione Emilia-Romagna, e del Ministero dei beni culturali e
ambientali in data 30 marzo 1984, cui si riferiscono i ricorsi della
stessa Regione Emilia-Romagna n. 21/84, della Regione Umbria n. 20/84
e della Regione Lombardia n. 22/84.
Una seconda serie di atti può individuarsi nelle note del
Ministero dei beni culturali e ambientali alla Regione Abruzzo, cui si
riferiscono i ricorsi nn. 30/84, 31/84, 33/84, 34/84.
Entrambe le serie di atti sono intese all’acquisizione di
informazioni attinenti al tema, e preordinate al fine, della protezione
del paesaggio.
La circolare della Presidenza del Consiglio 20 aprile 1982,
infatti, è rivolta in primo luogo alle amministrazioni statali, e
quindi alle Regioni e ad altre autorità pubbliche, per sollecitare la
trasmissione al Ministero dei beni culturali e ambientali dei progetti
di tutte le opere pubbliche destinate ad essere realizzate su aree o
zone protette ai sensi della legge n. 1089 del 1939 (sui beni
d’interesse storico) e della legge n. 1497 del 1939 (sulle bellezze
naturali): ciò (come si desume dal tenore della circolare e da quello
della nota esplicativa 24 giugno 1982) al fine della eventuale
prevenzione, per mezzo di provvedimenti inibitori, di lesioni
irreversibili del patrimonio culturale e ambientale. Ed analogamente
dispone la circolare del Ministero dei beni culturali e ambientali 30
marzo 1984, diretta a varie autorità statali e regionali, la quale
richiama la circolare della Presidenza del Consiglio suindicata,
aggiungendo precisazioni circa le modalità di trasmissione delle
notizie.
Le note del Ministero dei beni culturali alla Regione Abruzzo sono
dirette a sollecitare la trasmissione di notizie circa date località,
ai fini dell’eventuale esercizio del potere di integrazione degli
elenchi delle bellezze naturali previsto dall’art. 82, comma secondo,
lett. a), del d.P.R. n. 616 del 1977, in relazione alla legge n. 1497
del 1939.
3. – Va anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità
sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri in ordine ai
ricorsi proposti dalla Regione Umbria (n. 20/84) e dalla Regione
Lombardia (n. 22/84) contro la circolare del Ministero dei beni
culturali e ambientali 30 marzo 1984, sulla base dell’assunto che
questa sarebbe meramente applicativa di quella della Presidenza del
Consiglio dei ministri 20 aprile 1982, non impugnata tempestivamente
dalle due Regioni. Al contrario, infatti, la circolare ora impugnata
non può ritenersi puramente attuativa della prima, giacché contiene,
come già accennato, ulteriori determinazioni concernenti le modalità
di trasmissione dei progetti di opere pubbliche.
4. – Nel merito, la tesi di fondo delle Regioni ricorrenti è che
la stessa richiesta di informazioni in cui le due serie di atti si
concretano – in quanto preordinata, per la prima serie, all’assunzione
di decisioni (autorizzative) circa opere atte ad incidere direttamente
sull’interesse paesaggistico, e, per la seconda serie,
all’individuazione di beni di interesse paesaggistico – costituisce
invasione di competenze riservate alla Regione.
Si sostiene al riguardo che le attribuzioni in materia di paesaggio
sono interamente trasferite alle Regioni con l’art. 80 del d.P.R. n.
616 del 1977, per essere la detta materia ricompresa e assorbita in
quella più ampia dell’urbanistica, o almeno interamente delegate alle
Regioni stesse con l’art. 82 del decreto ora indicato, per essere tale
seconda disposizione attributiva alle Regioni di tutti i poteri già
spettanti in tema di bellezze naturali, secondo la legge n. 1497 del
1939, allo Stato (al Ministero per i beni culturali e ambientali,
succeduto al Ministero della pubblica istruzione). Si sottolinea come
alla Regione sia così affidato fra l’altro il potere di individuare le
bellezze naturali formandone gli elenchi, di gestirle autorizzandone le
modificazioni, di tutelarle con provvedimenti cautelari anche
indipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi: art. 82 cit.,
comma secondo, lett. a), b), e). Cosicché allo Stato sarebbero ora
conservati, oltre al potere di indirizzo e di coordinamento (art. 3
legge n. 382 del 1975), solo poteri residuali e sostitutivi,
sostanzialmente riducibili a quello (art. 2 stessa legge) dato per ogni
caso di delega: quali il potere di mera integrazione degli elenchi già
formati, e il potere di inibire o sospendere, in via d’urgenza, e
sempre nel presupposto dell’inerzia della Regione, lavori
pregiudizievoli alle bellezze naturali anche indipendentemente dalla
loro inclusione negli elenchi (art. 82 d.P.R. citato, comma secondo,
lett. a), e comma ultimo).
Anzitutto le conclusioni che per tal via le Regioni prospettano non
tengono conto della disciplina costituzionale del paesaggio qual è
stabilita nell’art. 9 Cost.. Questo erige il valore estetico-culturale
riferito (anche) alla forma del territorio a valore primario
dell’ordinamento, e correlativamente impegna tutte le pubbliche
istituzioni, e particolarmente lo Stato e la Regione, a concorrere alla
tutela e alla promozione del valore.
Già in questa prima generale prospettiva – cioè secondo le
indicazioni desumibili dall’art. 9 Cost. – non può certamente
ritenersi ingiustificata la pretesa dello Stato di ottenere
informazioni finalizzate alla protezione del paesaggio sia dalla
Regione che da altri organi o soggetti pubblici (nei confronti di
questi anche in concorrenza con la Regione): pretesa, il cui esercizio
la Regione è tenuta a non ostacolare e anzi ad assecondare (cfr.
l’art. 2 del d.P.R. n. 805 del 1975 sull’organizzazione del Ministero
dei beni culturali e ambientali, che, disponendo espressamente al di
là della specifica normativa sulla devoluzione di competenze emanata o
in via di emanazione, obbliga la Regione a collaborare con
l’amministrazione statale nell’attività di tutela del valore).
Ma – ed è quello che più importa – ciò trova immediato riscontro
nel principio, sicuramente riguardante le competenze, di leale
cooperazione reciproca nei rapporti fra i due enti: principio la cui
più elementare e generale espressione sta nell’imposizione del dovere
di mutua informazione (art. 3, u.c., legge n. 382 del 1975). Mentre non
è senza significato che tale dovere si trovi sancito nella normativa
(anche sulle competenze: art. 6, u.c., legge n. 833 del 1978)
concernente l’attuazione di un altro valore primario dell’ordinamento:
quello della salute (art. 32 Cost.).
Né mancano, quanto al principio di cooperazione nei rapporti fra
Stato e Regione in tema di paesaggio, positive valutazioni nella
giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 94 del 1985).
Di fronte alle esposte considerazioni non sono rilevanti gli
assunti delle ricorrenti circa l’esclusione, ex art. 80 d.P.R. n. 616,
o circa l’estrema limitatezza, ex art. 82 stesso decreto, di
attribuzioni il cui esercizio è prospettato, peraltro come meramente
eventuale, negli atti impugnati.
E ciò indipendentemente:
a) dalle riserve sulla stessa tesi, implicita nell’argomentazione
delle ricorrenti, secondo la quale, se i poteri dello Stato fossero
riducibili a quelli dati in qualsiasi caso di delega (poteri di
indirizzo e di coordinamento ex art. 3 legge n. 382 del 1975;
sostitutivi ex art. 2 stessa legge; di direttiva ex art. 4, u.c.,
d.P.R. n. 616 del 1977), ciò escluderebbe la legittimità della
richiesta di informazioni: riserve alimentate dalla considerazione che
queste potrebbero essere necessarie anche all’esercizio dei detti
poteri;
b) dalle riserve sugli assunti delle ricorrenti circa la portata
degli artt. 80 e 82 del d.P.R. n. 616 del 1977: riserve alimentate
dalla considerazione della stessa strutturazione della devoluzione alla
Regione, ex art. 82, di funzioni in materia di paesaggio come delega, e
per di più come delega caratterizzata dalla previsione in capo allo
Stato di specifici poteri, in realtà difficilmente riducibili a quelli
spettanti allo Stato stesso in qualsiasi caso di delega.
Rigettandosi i ricorsi finora esaminati, deve dunque dichiararsi
che spetta allo Stato, così come, nell’ipotesi inversa, spetterebbe
alle Regioni, far valere la pretesa ad informazioni finalizzate alla
protezione del paesaggio, pretesa quale obiettivata con gli atti
impugnati, nei confronti dei destinatari dei medesimi.
5. – Sempre secondo il criterio del contenuto, una ulteriore serie
di atti può individuarsi:
a) nel provvedimento del Ministero dei beni culturali e ambientali
20 giugno 1984, col quale si inibisce, ai sensi dell’art. 82, u.c.,
d.P.R. n. 616 del 1977, la costruzione di opere pubbliche
(infrastrutture, opere di urbanizzazione) inerenti a una variante di
piano regolatore adottata nel 1981 dal Comune di Serramonacesca per la
località Passolanciano, e nel provvedimento dello stesso Ministero 25
gennaio 1985, col quale si inibisce la costruzione, in corso, di una
diga per il contenimento delle acque del Farma-Merse: provvedimenti cui
si riferiscono rispettivamente il ricorso della Regione Abruzzo n.
32/84 e il ricorso della Regione Toscana n. 18/85;
b) nel provvedimento dello stesso Ministero 14 luglio 1984, col
quale è dichiarata di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art.
82, comma secondo, lett. a), d.P.R. n. 616 del 1977, la zona della
Valle del Liri: provvedimento cui si riferisce il ricorso della Regione
Abruzzo n. 38/84.
In ordine a tali atti si fa questione di specifiche attribuzioni
ripartite fra Stato e Regione, in materia di paesaggio, dal d.P.R. n.
616 del 1977.
I cennati provvedimenti sono adottati, infatti, in riferimento
all’art. 82 del detto decreto, che conserva allo Stato, nell’ultimo
comma, il potere di inibire lavori contrari all’interesse
paesaggistico, e, con il comma secondo, lett. a), il potere di
integrare gli elenchi delle bellezze naturali. Affermano,
ciononostante, le Regioni ricorrenti che i provvedimenti stessi
costituiscono invasione di competenze ad esse costituzionalmente
garantite. Si sostiene in particolare che quelli inibitori consistono
nell’esercizio di un potere di decisione circa le opere destinate a
sorgere in zone protette ai sensi della legge sulle bellezze naturali,
da ritenere trasferito alla Regione con l’art. 80 del d.P.R. n. 616 del
1977 in una con tutte le attribuzioni in tema di urbanistica, o almeno
delegato alla Regione stessa con l’art. 82, comma secondo, lett. b),
del detto decreto (concernente l’autorizzazione alle modifiche,
mediante opere, delle zone protette). Si sostiene altresì che, in ogni
caso, gli stessi provvedimenti inibitori non trovano giustificazione
nel limitato potere d’intervento conservato allo Stato dall’art. 82,
comma ultimo, del d.P.R. n. 616 del 1977, perché posti in essere in
difetto dei loro presupposti: cioè dell’urgenza, dell’inerzia della
Regione e della incidenza su zone non ancora sottoposte a vincolo
paesaggistico. Si sostiene infine, quanto al provvedimento di
dichiarazione di notevole interesse della zona del Liri (e quindi di
imposizione di vincolo paesaggistico sulla medesima), che esso non
trova giustificazione nel limitato potere di integrazione degli elenchi
conservato allo Stato dall’art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R.
n. 616 del 1977, perché posto in essere in via autonoma, anziché in
via di integrazione degli elenchi, e attraverso un procedimento diverso
da quello prescritto dalla legge n. 1497 del 1939.
6. – Si ribadisce in tal modo anzitutto – ancorandola al
presupposto dell’esercizio da parte dello Stato di un potere
decisionale circa la costruzione di opere – la tesi, già posta a base
dei ricorsi prima esaminati, dell’assorbimento della materia del
paesaggio in quella dell’urbanistica, assunta questa nella più ampia
accezione, nella quale essa è trasferita alla Regione con l’art. 80
del d.P.R. n. 616 del 1977. Ma oltre a rilevare che il presupposto non
ricorre, perché il Ministero si limita a formulare un giudizio
sfavorevole sulle opere programmate come esplicita motivazione
dell’esercizio del potere inibitorio il solo realmente esercitato – ed
oltre a osservare che ciò implica anche l’inconferenza del richiamo
all’art. 82, comma secondo, lett. b), deve replicarsi – sciogliendosi
ora le riserve dianzi formulate – che la tesi non è fondata.
Anzitutto essa non trova sostegno nella giurisprudenza di questa
Corte la quale, dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 616 del 1977,
se non ha mostrato di ribadire una nozione ristretta dell’urbanistica
quale assetto dei centri abitati – come enunciata, peraltro allo
specifico fine di non ricomprendervi la materia delle bellezze
naturali, nella sentenza n. 141 del 1972 (cfr. anche la sentenza n. 9
del 1973) -, ha pur mostrato, nella sentenza n. 239 del 1982, di non
ritenere la nozione di paesaggio riducibile a quella di urbanistica.
Quanto, poi, alla nozione allargata di urbanistica desumibile dalla
lata formulazione dell’art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977 – nozione
rispondente ad esigenze di considerazione integrale del territorio e di
globale disciplina dell’uso e delle trasformazioni di questo -, va
osservato che la nozione non esclude la configurabilità in ordine al
territorio di valutazioni e discipline diverse, neppure se improntate
anche esse ad analoghe esigenze di integralità e di globalità. Si
vuol dire che il territorio può ben essere da un lato punto di
riferimento della pianificazione territoriale intesa come ordine
complessivo, ai fini della reciproca compatibilità, degli usi e delle
trasformazioni del suolo nella dimensione spaziale considerata e nei
tempi ordinatori previsti: visuale, questa, che viene in considerazione
nell’art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977, che dispone il trasferimento alla
Regione delle relative attribuzioni. E dall’altro lato essere punto di
riferimento di una regolazione degli interventi orientata
all’attuazione del valore paesaggistico come aspetto del valore
estetico-culturale secondo scansioni diverse, perché legate a scelte
di civiltà di più ampio respiro: visuale, questa, che viene in
considerazione nell’art. 82 dello stesso decreto, che dispone la sola
delega alla Regione delle relative attribuzioni.
Ciò non è contraddetto dall’impiego di speciali strumenti di
pianificazione territoriale quali mezzi della protezione paesaggistica
primaria (cfr. artt. 5 legge n. 1497 del 1939 e 23 r.d. n. 1357 del
1940, concernente la redazione, poi trasferita alle Regioni dall’art.
1, comma terzo, d.P.R. n. 8 del 1972, di piani territoriali paesistici
per le località incluse negli elenchi delle bellezze naturali) o dal
perseguimento, nell’ambito della pianificazione territoriale generale,
di fini di protezione paesaggistica ulteriore (cfr. artt. 3 e 5 della
legge n. 765 del 1967, concernente attribuzioni trasferite alle Regioni
dall’art. 1, comma secondo, d.P.R. n. 8 del 1972, e la stessa
indicazione della “protezione ambientale” come contenuto
dell’urbanistica secondo l’art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977, ove non si
ritenga di riferire l’indicazione stessa unicamente ad altre valenze
ambientali). Nessuna delle due ipotesi consente di ritenere la
disciplina paesaggistica primaria subordinata alla urbanistica o
addirittura inclusa in essa. Del resto ipotesi del genere, se possono
dar luogo a più frequenti e complessi problemi di coordinamento
nell’esercizio di competenze relative a materie diverse e richiedere
soluzioni procedimentali consensuali, non implicano per converso
necessariamente, come si pretende, l’accorpamento delle materie e delle
competenze anzidette.
Resta così dimostrato che anche nell’ottica del d.P.R. n. 616 del
1977 urbanistica e paesaggio sono due distinte materie e che l’art. 80
si riferisce alla prima, mentre è l’art. 82 a riferirsi alla seconda.
7. – Ritenuto pertanto che è solo l’art. 82 del d.P.R. n. 616 del
1977 a venire effettivamente in considerazione nei conflitti in esame,
i quali nella sostanza postulano una demarcazione delle competenze e un
sindacato sul corretto uso di esse all’interno dell’art. 82 citato, i
conflitti stessi devono dichiararsi inammissibili.
Le attribuzioni cui la detta disposizione si riferisce sono da essa
devolute alla Regione con delega. Questa è, per di più, caraterizzata
dalla conservazione allo Stato di poteri, che sono difficilmente
riducibili, secondo quanto si è già accennato, ai normali poteri del
delegante come definiti in via generale dalla legge n. 382 del 1975
(artt. 2 e 3) e dal d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 4 u.c.), ed anzi sono
da ritenere – in considerazione della sostanziale identità di oggetto
e di contenuto che essi presentano rispetto ai poteri delegati e
dell’inutilità che la stessa specifica previsione da parte dell’art.
82 d.P.R. n. 616 del 1977 rivestirebbe nel caso di loro coincidenza con
i normali poteri del delegante come sopra definiti – poteri
concorrenti.
Orbene le attribuzioni soltanto delegate alla Regione non sono, in
linea di principio, defendibili col rimedio del conflitto di
attribuzioni, rimedio dato per la tutela di competenze proprie della
Regione. Tanto meno lo sono competenze delegate nel modo e con gli
effetti suindicati, cioè attenuate dalla conservazione allo Stato di
poteri concorrenti.
In tal caso, infatti, la volontà della legge di consentire
l’intervento concorrente dello Stato a fini di estensione (integrazione
degli elenchi) e di effettività (inibitoria di opere pregiudizievoli)
della tutela esclude la garanzia costituzionale delle competenze
delegate.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti gli undici ricorsi indicati in epigrafe:
dichiara, in ordine ai conflitti sollevati: dalla Regione
Emilia-Romagna contro la circolare del Presidente del Consiglio dei
ministri 20 aprile 1982, con ricorso notificato il 24 giugno 1982 (R.C.
n. 9/1982); dalla Regione Umbria, dalla Regione Emilia-Romagna e dalla
Regione Lombardia contro la circolare del Ministero dei beni culturali
e ambientali 30 marzo 1984, con ricorsi notificati in data 8 giugno
1984 (R. C. nn. 20 e 21/1984) e 19 giugno 1984 (R. C. n. 22/1984);
dalla Regione Abruzzo contro n. 4 note del Ministero dei beni culturali
e ambientali del 3 luglio 1984, n. 3596/VIII/3B11, del 4 luglio 1984,
n. 3038/VIII/3B 11, del 4 luglio 1984, n. 3038/VIII/3A3, e del 30
giugno 1984, n. 1059/VIII/3B11, con n. 4 ricorsi tutti notificati il
16 agosto 1984 (R. C. nn. 30, 31, 33 e 34/1984), che spetta allo Stato
chiedere alle Regioni informazioni finalizzate alla tutela del
paesaggio;
dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione sollevati:
dalla Regione Abruzzo contro la nota del Ministero dei beni culturali e
ambientali 20 giugno 1984, con ricorso notificato il 16 agosto 1984 (R.
C. n. 32/1984); dalla Regione Toscana contro la nota del Ministero dei
beni culturali e ambientali 25 gennaio 1985, con ricorso notificato il
4 aprile 1985 (R. C. n. 18/1985); dalla Regione Abruzzo contro la nota
del Ministero dei beni culturali e ambientali 14 luglio 1984, con
ricorso notificato il 20 settembre 1984 (R. C. n. 38/1984).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1985.
F.to: LIVIO PALADIN – ORONZO REALE –
ALBERTO MALAGUGINI – ANTONIO LA
PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO – ALDO
CORASANITI – GIUSEPPE BORZELLINO –
FRANCESCO GRECO – RENATO DELL’ANDRO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere