Sentenza N. 372 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
05/12/1997
Data deposito/pubblicazione
05/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/11/1997
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale
MARINI;
della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema
previdenziale forense), promossi con nn. 5 ordinanze emesse il 24
giugno, il 19 luglio, il 20 agosto (n. 2 ordinanze) ed il 21 giugno
1996 del tribunale di Napoli rispettivamente iscritte ai nn. 1110,
1111, 1241, 1242 e 1243 del registro ordinanze 1996 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 42 e 46, prima serie
speciale, dell’anno 1996;
Udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il giudice
relatore Fernanda Contri.
con la quale il pretore di Napoli aveva dichiarato il proprio difetto
di giurisdizione a pronunciarsi sull’istanza di provvedimento
d’urgenza, proposta da un avvocato per ottenere la sospensione
dell’esecuzione della cartella esattoriale relativa a contributi,
interessi e sanzioni iscritti a ruolo dalla Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza per gli avvocati ed i procuratori, il
tribunale di Napoli, con ordinanza in data 24 giugno 1996, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma,
della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema
previdenziale forense), nella parte in cui, rinviando per la
riscossione dei contributi insoluti alla disciplina delle imposte
dirette, dettata dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni
sulla riscossione delle imposte sul reddito), esclude il potere
cautelare dell’autorità giudiziaria ordinaria di sospendere
l’esecuzione, allorché il soggetto passivo contesti l’esistenza o
l’ammontare del credito.
Il giudice remittente, premesso che la riscossione dei contributi
previdenziali insoluti, consistenti in crediti di natura non
tributaria, si attua con le modalità previste dal sistema di
riscossione delle imposte dirette, cui fa rinvio la legge n. 576 del
1980, osserva che gli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973
riservano esclusivamente all’intendente di finanza, in sede di
ricorso contro gli atti esecutivi dell’esattore, il potere di
sospendere la procedura esecutiva, sussistendo in materia un difetto
assoluto di giurisdizione ordinaria; tale carenza di giurisdizione è
tuttavia mitigata dalla possibilità di proporre opposizione di
terzi, ex art. 619 cod. proc. civ., innanzi all’autorità giudiziaria
ordinaria, cui, solo in tale ipotesi, è consentito esercitare il
potere sospensivo, non essendo ammesse le opposizioni regolate dagli
articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile.
Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata si porrebbe in
contrasto con il principio di eguaglianza, per la evidente disparità
di trattamento che, sotto il profilo della tutela giurisdizionale, si
determina tra i soggetti passivi di obbligazioni di natura non
tributaria, secondo che il sistema di riscossione dei rispettivi
crediti si attui o meno attraverso il rinvio alla procedura
esattoriale, nonché per il trattamento deteriore cui è assoggettata
la riscossione delle entrate di natura non tributaria quando si
contesti l’esistenza o l’entità del credito, poiché non trova
applicazione il sistema automatico della gradualità dell’esazione,
previsto dall’art. 15 del citato d.P.R. n. 602 del 1973 in relazione
alle imposte.
Il remittente prospetta poi un ulteriore profilo di
incostituzionalità della norma in esame, consistente nella
violazione dell’art. 24 della Costituzione, in quanto per i crediti
di natura non tributaria, la cui riscossione avviene attraverso la
richiamata procedura esattoriale, non è riconosciuta la pienezza
della tutela giurisdizionale, essendo irragionevolmente escluso il
profilo cautelare.
2. – Con ordinanze emesse nelle date del 19 luglio 1996, del 20
agosto 1996 e del 21 giugno 1996, nel corso di analoghi procedimenti
di reclamo, il medesimo tribunale di Napoli ha sollevato identiche
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma,
della legge 20 settembre 1980, n. 576.
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18,
sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in
cui, rinviando per la soddisfazione coattiva dei crediti non
tributari della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli
avvocati ed i procuratori alla disciplina della riscossione delle
imposte dirette, di cui al d.P.R. n. 602 del 1973, esclude il potere
cautelare dell’autorità giudiziaria ordinaria di sospendere
l’esecuzione, allorché il soggetto passivo contesti l’esistenza o
l’ammontare del credito. Poiché le anzidette ordinanze sollevano una
identica questione di legittimità costituzionale, i relativi giudizi
devono riunirsi per essere decisi con un’unica sentenza.
2. – Ad avviso del giudice remittente, la indicata norma,
disciplinante il sistema di soddisfazione coattiva dei contributi
previdenziali attraverso il rinvio alle norme sulla riscossione delle
imposte dirette, violerebbe il principio di eguaglianza, determinando
un trattamento discriminatorio, sotto il profilo della difesa
giurisdizionale, tra i soggetti passivi di obbligazioni aventi la
medesima natura non tributaria, secondo che il sistema di riscossione
previsto per ciascun credito rinvii o meno a quello esattoriale;
inoltre, allorché sia contestata l’esistenza o l’entità del
credito, la riscossione di entrate di natura non tributaria è
assoggettata ad un trattamento deteriore, non potendo operare il
principio automatico di gradualità dell’esazione, previsto, invece,
in relazione alle imposte dirette, dall’art. 15 del d.P.R. n. 602 del
1973.
La indicata disciplina si porrebbe poi in contrasto con la garanzia
di pienezza della tutela giurisdizionale, in quanto per i crediti di
natura non tributaria è irragionevolmente escluso da essa il profilo
cautelare.
3. – La questione è fondata.
L’art. 18, sesto comma, della legge n. 576 del 1980 prevede che la
riscossione dei contributi della Cassa previdenziale forense possa
essere attuata “a mezzo di ruoli da essa compilati, resi esecutivi
dall’intendenza di finanza competente e da porre in riscossione
secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette”.
Attraverso tale rinvio alle norme sulle imposte dirette trovano
applicazione, in particolare, gli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del
1973, che consentono soltanto all’intendente di finanza di sospendere
la procedura, in sede di ricorso contro gli atti esecutivi
dell’esattore, ed escludono l’esercizio di analogo potere da parte
dell’autorità giudiziaria ordinaria, con la sola eccezione
dell’ipotesi in cui sia stata proposta opposizione di terzi. Onde il
debitore che contesti l’esistenza o l’ammontare dei contributi
previdenziali non può invocare un provvedimento giurisdizionale di
sospensione della riscossione, trattandosi di un potere attribuito in
via esclusiva all’intendente di finanza, né può beneficiare del
sistema di gradualità della esazione, di cui all’art. 15 del d.P.R.
n. 602 del 1973, poiché esso opera solo in relazione alle imposte e
quindi ad entrate di natura diversa da quelle previdenziali in esame.
L’esclusione del potere di sospensione della riscossione da parte
dell’autorità giudiziaria ordinaria, in relazione ad entrate di
natura non tributaria, era stata già ritenuta da questa Corte
contraria ai precetti costituzionali dell’eguaglianza e della
garanzia di effettività della tutela giurisdizionale; con la
sentenza n. 318 del 1995 si era infatti sottolineato “il
discriminatorio regime al quale risulta assoggettata la riscossione
delle entrate di natura non tributaria quando l’utente avanzi
contestazioni circa la esistenza o l’entità del credito”, poiché
per tali riscossioni, attuate, come quella in oggetto, attraverso il
rinvio alla procedura esattoriale, non solo si priva il debitore
della possibilità di invocare innanzi al giudice il potere di
sospensione cautelare, la cui esclusione “nell’ambito del sistema
della tutela giurisdizionale, per considerarsi legittima deve pur
sempre risultare ispirata a motivi di ragionevolezza”, ma “neppure è
prevista quella “graduazione” della esecutività”, che, “nell’ambito
della disciplina positiva della riscossione delle stesse entrate
tributarie, bilancia la mancata previsione di misure cautelari
giurisdizionali”.
Con la sentenza n. 239 del 1997 questa Corte ha posto ancora in
risalto l’aspetto discriminatorio ed irragionevole della carenza di
“graduazione” dell’esecutività nel sistema di riscossione delle
entrate di natura non tributaria, attuato con la tecnica del rinvio
alle norme sulla riscossione delle imposte dirette, in quanto esso
non solo “impone al debitore un sacrificio assolutamente
sproporzionato rispetto alle finalità ed alla natura dell’ente
creditore, ma comporta altresì, anche in considerazione di taluni
effetti di “irreversibilità” tipici del processo esecutivo, una
inammissibile limitazione della tutela alla proponibilità di sole
iniziative risarcitorie”, giungendo alla conclusione che in subiecta
materia sono “carenti idonei strumenti di difesa giurisdizionale del
debitore, nei cui confronti si procede a riscossione coattiva,
cosicché è evidente la violazione anche del principio di cui
all’art. 24 della Costituzione”.
In forza dei principi testé esposti, che trovano piena
applicazione in relazione alla questione in oggetto, deve dichiararsi
la illegittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della
legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in cui, rinviando alle
norme previste per la riscossione delle imposte dirette, non consente
all’autorità giudiziaria ordinaria – nell’ipotesi in cui il debitore
contesti l’esistenza o l’entità del credito – di sospendere
l’esecuzione dei ruoli esattoriali relativi ad entrate di natura non
tributaria.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576
(Riforma del sistema previdenziale forense), nella parte in cui,
rinviando alle norme previste per la riscossione delle imposte
dirette, non consente all’autorità giudiziaria ordinaria –
nell’ipotesi in cui il debitore contesti l’esistenza o l’entità del
credito – di sospendere l’esecuzione dei ruoli esattoriali relativi
ad entrate di natura non tributaria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1997.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1997.
Il direttore della cancelleria: Di Paola