Sentenza N. 373 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
05/12/1997
Data deposito/pubblicazione
05/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/11/1997
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI;
e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento
della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della
sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti,
puerpere o in periodo di allattamento) promossi con ricorsi delle
Regioni Veneto, Toscana e Umbria, notificati il 20, il 18 ed il 20
gennaio 1997, depositati in cancelleria il 27 ed il 30 successivi ed
iscritti ai nn. 5, 6 e 17 del registro ricorsi 1997.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 1997 il giudice relatore
Fernanda Contri;
Uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per le Regioni Veneto e Toscana,
Vito Vacchi per la Regione Toscana, Giovanni Tarantini per la Regione
Umbria e l’avvocato dello Stato Ignazio Francesco Caramazza per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Regioni Veneto, Toscana e Umbria hanno sollevato, in via principale,
questioni di legittimità costituzionale parzialmente analoghe di
alcune disposizioni del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645
(Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento
della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti,
puerpere o in periodo di allattamento).
2. – Con ricorso notificato il 20 e depositato il 24 gennaio 1997,
la Regione Veneto ha sollevato, in riferimento all’art. 117 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 2, del citato decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645,
nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di dare
informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro
competente per territorio in merito all’applicazione delle misure
previste dagli artt. 3 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204
(Tutela delle lavoratrici madri), i quali prevedono, da un lato, lo
spostamento ad altre mansioni delle lavoratrici durante la gestazione
e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in cui le condizioni di
lavoro o ambientali siano pregiudizievoli per la loro salute;
dall’altro lato, previo accertamento medico, l’interdizione dal
lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza (salvo il divieto
assoluto di lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del
parto): nel caso di gravi complicanze; quando le condizioni di lavoro
siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
qualora la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni.
Ad avviso della regione ricorrente, l’art. 5, comma 2, del d.lgs.
n. 645 del 1996 devolve agli ispettorati del lavoro funzioni di
tutela della salute negli ambienti di lavoro attribuite alle Regioni
dall’art. 117 della Costituzione e dalla successiva legislazione
statale di trasferimento: a questo riguardo, si richiamano gli artt.
17 e 27, primo comma, lettera c), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616,
e gli artt. 11, 14 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Il
quadro delle competenze delineato dalle menzionate disposizioni
risulterebbe confermato dal più recente decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, che ha previsto l’istituzione, presso ciascuna
unità sanitaria locale e ad opera delle Regioni, dei dipartimenti di
prevenzione (art. 7); dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, che ha individuato nei servizi di prevenzione delle aziende
sanitarie gli organi cui spettano le funzioni amministrative in
materia, affidando agli ispettorati del lavoro competenze meramente
residuali; dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, che
all’art. 19, comma 1, lettera b), attribuisce particolari compiti,
nell’ambito dei procedimenti per l’applicazione delle misure
sanzionatorie in materia di igiene e sicurezza del lavoro, al
personale dei servizi di prevenzione, igiene e sicurezza del lavoro
delle unità sanitarie locali.
L’assetto delle competenze delineato dalla Regione ricorrente
troverebbe conferma nella sentenza di questa Corte n. 58 del 1993,
della quale nel ricorso si riportano ampi stralci.
Secondo la Regione Veneto, peraltro, la disposizione impugnata non
solo “illegittimamente sottrae alla competenza costituzionalmente
riservata alle Regioni – e per esse alle aziende sanitarie –
l’attività amministrativa di tutela della salute delle lavoratrici
madri, attribuendola all’esclusiva competenza dello Stato, che la
esercita tramite gli ispettorati del lavoro, vale a dire soggetti che
non sono più autorizzati a svolgere compiti in materia di sanità”;
la lamentata alterazione del riparto delle competenze tra Stato e
Regioni – aggiunge la ricorrente – “è tanto più grave in quanto si
traduce in una pesante riduzione della tutela del “bene” salute
della lavoratrice madre”.
3. – Con ricorso notificato il 18 gennaio 1997 e depositato il
giorno 27 dello stesso mese, la Regione Toscana ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, questione
di legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, comma 2, e 8 del
decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645.
Nei riguardi dell’art. 5 dell’impugnato decreto legislativo la
Regione Toscana deduce la violazione degli artt. 117 e 118 della
Costituzione ed a sostegno di tale deduzione svolge rilievi analoghi
a quelli avanzati dalla Regione Veneto, richiamando la sentenza di
questa Corte n. 58 del 1993 ed aggiungendo soltanto che l’art. 5,
penultimo comma, del d.-l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella
legge 29 febbraio 1980 n. 33, ha mantenuto fermi i precedenti compiti
degli ispettorati del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e
di controllo sullo stato di salute dei lavoratori fino all’effettivo
trasferimento delle attribuzioni alle unità sanitarie locali, le
quali da tempo nella Regione Toscana assolvono ai suddetti compiti
attraverso i servizi di prevenzione ed igiene del lavoro istituiti
presso di esse con la legge regionale 19 dicembre 1979 n. 63. La
Regione ricorrente afferma non essere, per l’aspetto che qui
interessa, il quadro normativo mutato in séguito alla riforma
dell’ordinamento sanitario di cui al decreto legislativo 7 dicembre
1993, n. 517, il quale all’art. 7 prevede che le Regioni istituiscano
presso ciascuna USL un dipartimento di prevenzione cui competono, tra
l’altro, anche le funzioni concernenti la tutela della salute dei
lavoratori. La Regione Toscana, si legge nel ricorso, ha già
esercitato tale competenza con la legge regionale 2 gennaio 1995, n.
1, che, in attuazione della menzionata riforma, istituisce detto
dipartimento di prevenzione all’interno delle aziende sanitarie.
Ad avviso della Regione ricorrente, il denunciato art. 5 si
porrebbe altresì in contrasto con gli art. 3 e 97 della
Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento,
dell’irrazionalità e della violazione del principio di buon
andamento dell’amministrazione: da un lato, infatti, osserva l’ente
territoriale ricorrente, i servizi di prevenzione delle aziende
sanitarie continuano a svolgere le loro funzioni per la tutela dei
lavoratori di sesso maschile e per le donne non in stato di
gravidanza; dall’altro lato, “si affidano competenze correlate ai
controlli sanitari ad un soggetto che non ha più funzioni sanitarie
e quindi neanche strutture a tal fine”.
Il decreto legislativo n. 645 del 1996 appare alla Regione Toscana
meritevole di censura, in riferimento agli artt. 117 e 118 della
Costituzione, anche per quanto stabilito dagli artt. 2 e 8, che
attribuiscono al Ministro del lavoro il compito di recepire con suo
decreto – di concerto con il Ministro della sanità, sentita la
Commissione consultiva permanente di cui all’art. 26 del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626 – le linee direttrici elaborate
dalla Commissione dell’Unione europea concernenti la valutazione
degli agenti e dei processi industriali pericolosi per la sicurezza o
la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento, e tale procedura prevedono altresì per la modifica
degli elenchi allegati al decreto legislativo impugnato (nei quali si
enumerano gli agenti, i processi e le condizioni di lavoro di cui
all’art. 4, nonché gli agenti e le condizioni di lavoro di cui
all’art. 3 del d.lgs. n. 645 del 1996) in conformità alle modifiche
adottate in sede comunitaria. I menzionati artt. 2 e 8 appaiono alla
Regione Toscana in contrasto con le attribuzioni regionali in materia
di assistenza sanitaria di cui agli artt. 117 e 118 della
Costituzione, in quanto affidano al Ministero del lavoro, anziché in
via esclusiva al Ministero della sanità – come disposto dall’art. 7,
comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, modificato dal d.lgs. n. 517 del
1993 – la competenza ad emanare atti aventi contenuto sanitario quali
le linee direttrici in discorso: “del contenuto di tali atti”,
lamenta la Regione ricorrente, “le Regioni dovranno tener conto nel
disciplinare ed esercitare, tramite le aziende USL, le funzioni in
materia di tutela delle lavoratrici madri, con la conseguenza che si
attribuisce ad un ministero, non competente per materia, la facoltà
di interferire nell’esercizio delle attribuzioni regionali”.
4. – Con ricorso notificato il 20 gennaio 1997 e depositato il
giorno 30 successivo, la Regione Umbria ha sollevato, in riferimento
agli artt. 32, 117, 118, all’VIII disposizione transitoria della
Costituzione, ed in riferimento al principio di leale cooperazione
fra Stato e Regioni, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
645, nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro,
qualora non sia possibile modificare temporaneamente le condizioni o
l’orario di lavoro della lavoratrice madre, di dare informazione
scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per
territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall’art. 5, primo
comma, lettera c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.
Dopo aver lamentato l’alterazione del riparto delle competenze
risultante dalle invocate disposizioni costituzionali, dal d.P.R. n.
616 del 1977, e dalla legge n. 833 del 1978, ed aver richiamato la
sentenza di questa Corte n. 58 del 1993, la Regione ricorrente
osserva che anche a voler riconoscere al legislatore nazionale la
possibilità di rivedere e riconsiderare la distribuzione delle
singole funzioni quando ciò dipenda da esigenze di razionalizzazione
del sistema o dalla necessità di adeguare la legislazione interna
alla normativa comunitaria, il nuovo riparto “potrebbe discendere
solo da una legge di carattere generale e di riforma strutturale,
come è appunto stata la legge istitutiva del S.S.N., non certo sulla
base di una leggina settoriale”.
Secondo l’avviso della Regione Umbria, l’assetto delle competenze
in materia sanitaria ed il trasferimento a suo tempo delle funzioni
concernenti la prevenzione, l’igiene e la sicurezza del lavoro dagli
ispettorati alle unità sanitarie locali “è stato il frutto di una
scelta assolutamente coerente al sistema costituzionale” che non
trova alcun ostacolo in disposizioni comunitarie. A quest’ultimo
riguardo, la Regione osserva che la direttiva 92/85/CEE, all’art. 5,
terzo comma, si limita a stabilire che, qualora l’assegnazione della
lavoratrice gestante ad altre mansioni non sia possibile, la
lavoratrice è dispensata dal lavoro durante tutto il periodo
necessario per la protezione della sua sicurezza o della sua salute
“conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali”.
La Regione ricorrente deduce altresì la violazione dell’art. 32
della Costituzione, in quanto l’attribuzione dei compiti di cui si
tratta agli ispettorati – le cui funzioni attengono a vari profili
inerenti al rapporto di lavoro – anziché al servizio sanitario
nazionale, cui è attribuita la cura del diritto fondamentale alla
salute, comporterebbe una sorta di subordinazione di quest’ultimo
agli interessi connessi al rapporto di lavoro.
La Regione deduce infine la violazione del principio di leale
cooperazione tra Stato e Regioni, giacché il Governo non avrebbe
tenuto conto delle proposte di emendamento avanzate sullo schema del
decreto legislativo dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e
delle Province autonome, contenute nel documento trasmesso alla
Presidenza del Consiglio con nota del 10 dicembre 1996, n.
1148/20331, a cura del Presidente della Regione Veneto, quale
presidente pro tempore della Conferenza stessa.
5. – Nei giudizi davanti alla Corte costituzionale promossi con i
ricorsi indicati in epigrafe, si è costituito il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, per chiedere che le questioni sollevate dalle
Regioni Veneto, Toscana e Umbria siano dichiarate inammissibili, o
infondate.
Il resistente, riservandosi di illustrare meglio con successiva
memoria le proprie ragioni, osserva come le doglianze espresse dalle
ricorrenti sembrino non tener conto della ripartizione funzionale di
competenze tra USL ed ispettorati del lavoro, così come delineata
dalla legislazione statale e dalla giurisprudenza di questa Corte.
Ad avviso del resistente, per quanto concerne le funzioni di
controllo sull’adeguatezza delle condizioni di lavoro allo stato
particolare delle lavoratrici gestanti e puerpere, concorrono nel
vigente sistema normativo le competenze di due autorità: “quella
specificamente preposta agli accertamenti sanitari e quella preposta,
invece, alla valutazione di diverse utilizzazioni in sede di
attività lavorativa, e cioè l’ispettorato del lavoro”. I
provvedimenti di interdizione dal lavoro delle lavoratrici madri,
sottolinea l’Avvocatura, “incidono direttamente ed immediatamente sul
regolare svolgimento della prestazione di lavoro, attenendo quindi a
materia – il lavoro – sottratta alla competenza regionale”. Il
richiamo alla legge n. 1204 del 1971 operato dal decreto legislativo
impugnato, “lungi dall’attribuire nuove (e non legittime) competenze
agli ispettorati del lavoro in materia di controllo della salute”, si
limiterebbe a meglio specificare il riparto di competenze tra
autorità preposte alla tutela della salute ed autorità preposte
alla tutela del lavoro, in piena conformità con il vigente assetto
normativo.
6. – Nell’imminenza della data fissata per l’udienza, le Regioni
Veneto ed Umbria hanno depositato due memorie illustrative per
sviluppare ulteriormente argomenti già dedotti in sede di ricorso.
7. – Anche il Presidente del Consiglio dei Ministri ha depositato
un’ulteriore memoria, per svolgere più ampiamente deduzioni già
contenute nell’atto di costituzione e per aggiungere che le
disposizioni impugnate vanno assoggettate ad interpretazione
sistematica alla luce del quadro normativo costituito dalle due
direttive 89/391/CEE e 92/85/CEE – recepite con i decreti legislativi
nn. 626 del 1994 e 645 del 1996 – che porrebbero in luce come
l’aspetto sanitario non costituisca che uno degli aspetti considerati
da un complesso di disposizioni intese al miglioramento della tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, che
incidono direttamente su istituti e profili strettamente lavoristici.
riferimento all’art. 117 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva
92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute
sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento), nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di
lavoro di dare informazione scritta all’ispettorato provinciale del
lavoro competente per territorio in merito all’applicazione delle
misure previste dagli artt. 3 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n.
1204 (Tutela delle lavoratrici madri).
La Regione Toscana ha sollevato in via principale, in riferimento
agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, comma 2, e 8 del
decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645.
La Regione Umbria ha sollevato in via principale, in riferimento
agli artt. 32, 117, 118, alla VIII disposizione transitoria della
Costituzione, ed in relazione al principio di leale cooperazione tra
Stato e Regioni, questione di legittimità costituzionale dell’art.
5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, nella
parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro, qualora non
sia possibile modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di
lavoro della lavoratrice madre, di dare informazione scritta
all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio,
anche ai fini di quanto stabilito dall’art. 5, primo comma, lettera
c), della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.
2. – I tre ricorsi investono, sotto profili in larga parte
coincidenti, la medesima disposizione del decreto legislativo n. 645
del 1996. Di questi, uno solo estende le censure
d’incostituzionalità a disposizioni ulteriori dello stesso decreto
legislativo. Poiché i ricorsi sollevano questioni in parte identiche
ed in parte connesse, i relativi giudizi possono essere riuniti e
decisi con unica sentenza.
3. – Le diverse questioni sottoposte all’esame della Corte
costituzionale sono le seguenti.
3.1 – In riferimento agli artt. 117, 118, ed all’VIII disp.
transitoria della Costituzione, le tre regioni ricorrenti sollevano
questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del
decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, nella parte in cui
stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di dare informazione
scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per
territorio, ai fini dell’applicazione delle misure previste dagli
artt. 3 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, ed in particolare
ai fini dell’interdizione dal lavoro – previo accertamento medico e
con provvedimento dello stesso ispettorato – della lavoratrice in
stato di gravidanza esposta a condizioni di lavoro o ambientali
pregiudizievoli per la sua salute, qualora non sia possibile la
destinazione della stessa ad altre mansioni. Ad avviso delle
ricorrenti, il comma denunciato devolverebbe agli ispettorati del
lavoro funzioni di tutela della salute negli ambienti di lavoro
assegnate alla competenza delle Regioni dall’art. 117 della
Costituzione e dalla successiva legislazione statale di trasferimento
delle funzioni in materia di assistenza sanitaria (precisamente,
artt. 17 e 27, primo comma, lettera c), del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616; artt. 11, 14 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833). Ciò
appare alla Regione Umbria tanto più censurabile in quanto l’assetto
delle competenze risulterebbe modificato in questo caso non con legge
di portata generale e di riforma strutturale, ma con provvedimento
legislativo settoriale, peraltro non imposto dalla normativa
comunitaria, limitandosi la
direttiva 92/85/CEE, all’art. 5, terzo comma, a stabilire che,
qualora l’assegnazione della lavoratrice gestante ad altre mansioni
non sia possibile, la lavoratrice è dispensata dal lavoro durante
tutto il periodo necessario per la protezione della sua sicurezza o
della sua salute “conformemente alle legislazioni e/o prassi
nazionali”.
3.2 – In riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, l’art.
5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, viene
censurato dalla Regione Toscana sotto il profilo della disparità di
trattamento, dell’irrazionalità e della violazione del principio di
buon andamento dell’amministrazione, giacché i servizi di
prevenzione delle aziende sanitarie continuano a svolgere le loro
funzioni in materia di tutela dei soli lavoratori di sesso maschile e
delle donne non in stato di gravidanza.
3.3 – Ancora in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione,
l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645,
viene censurato dalla Regione Toscana, sotto il profilo
dell’irrazionalità e della violazione del principio di buon
andamento dell’amministrazione, in quanto affiderebbe competenze
correlate ai controlli sanitari ad un soggetto che non ha più
funzioni sanitarie e quindi neanche strutture adibite a tal fine.
3.4 – In riferimento all’art. 32 della Costituzione, la Regione
Umbria impugna l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre
1996, n. 645, in quanto, assegnando le funzioni di cui si tratta agli
ispettorati del lavoro – le cui competenze attengono al rapporto di
lavoro – anziché al servizio sanitario nazionale, cui è attribuita
la cura del diritto fondamentale alla salute, comporterebbe una sorta
di subordinazione di quest’ultimo agli interessi connessi al rapporto
di lavoro.
3.5 – In riferimento al principio di leale cooperazione tra Stato e
Regioni, l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996,
n. 645, viene impugnato dalla Regione Umbria, giacché il Governo non
avrebbe tenuto conto delle proposte di emendamento avanzate sullo
schema del decreto legislativo dalla Conferenza dei presidenti delle
Regioni e delle Province autonome contenute nel documento trasmesso
alla Presidenza del Consiglio con nota del 10 dicembre 1996, a cura
del Presidente della Regione Veneto quale presidente pro-tempore
della Conferenza stessa.
3.6 – In riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, la
Regione Toscana censura altresì gli artt. 2 e 8 del decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, che assegnano al Ministro del
lavoro il compito di recepire con suo decreto – di concerto con il
Ministro della sanità – le linee direttrici elaborate dalla
Commissione dell’Unione europea concernenti la valutazione degli
agenti e dei processi industriali pericolosi per la sicurezza o la
salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento, e che tale procedura prevedono altresì per la modifica
degli elenchi allegati al decreto legislativo impugnato (nei quali si
enumerano gli agenti, i processi e le condizioni di lavoro di cui
all’art. 4, nonché gli agenti e le condizioni di lavoro di cui
all’art. 3 del d.lgs. n. 645 del 1996) in conformità alle modifiche
adottate in sede comunitaria. Affidando al Ministero del lavoro,
anziché al Ministero della sanità in via esclusiva – come disposto
dall’art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992
(modificato dal decreto legislativo n. 517 del 1993) -, la competenza
ad emanare atti destinati a vincolare le Regioni chiamate a
disciplinare ed esercitare le funzioni in materia di tutela della
salute delle lavoratrici madri, le menzionate disposizioni vengono
censurate giacché attribuirebbero ad un ministero non competente
nella materia sanitaria la facoltà di interferire nell’esercizio
delle attribuzioni regionali nella materia medesima.
4. – La questione di legittimità costituzionale (sopra elencata al
punto 3.1) dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 645 del
1996 – sollevata dalle Regioni Veneto, Toscana e Umbria, in
riferimento agli artt. 117, 118, ed all’VIII disp. transitoria della
Costituzione – non è fondata.
La disposizione impugnata, nella sua letterale formulazione, non
comporta il ridimensionamento delle competenze regionali di cui le
ricorrenti si dolgono.
Nel disporre che “ove la modifica delle condizioni o dell’orario di
lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il
datore di lavoro applica quanto stabilito dall’articolo 3, secondo,
terzo e quarto comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, dandone
contestuale informazione scritta all’ispettorato provinciale del
lavoro competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito
dall’art. 5, primo comma, lettera c), della legge n. 1204 del 1971”,
la norma impugnata non ha inteso riattribuire allo Stato le funzioni
trasferite alle Regioni dalla normativa richiamata dalle ricorrenti
(d.P.R. n. 616 del 1977, artt. 17, 27, secondo comma, lettere a) e
c), 30, lettera m); legge n. 833 del 1978, artt. 6, lettera m), 11,
14, lettere d) ed f), 21-24; d.lgs. n. 502 del 1992, artt. 2 e 7),
modificando un assetto delle competenze in materia di tutela delle
lavoratrici madri sul quale questa Corte ha già avuto occasione di
pronunciarsi (sentenza n. 58 del 1993).
Il denunciato comma 2 dell’art. 5 preordina infatti l’intervento
dell’ispettorato del lavoro esclusivamente ai fini di un controllo
sull’impossibilità della modifica delle condizioni o dell’orario di
lavoro per motivi organizzativi o produttivi. Il comma censurato si
limita pertanto ad aggiungere il potere di interdizione
dell’ispettorato – delimitato mediante il rinvio alla lettera c)
dell’art. 5 – a quelli già assegnati alla competenza delle Regioni,
per la cura di interessi di diversa natura.
I poteri di vigilanza attribuiti agli ispettorati provinciali del
lavoro dal decreto legislativo n. 645 del 1996 attengono
all’organizzazione del lavoro e dei processi produttivi all’interno
dell’azienda, ed il loro esercizio potrebbe anche non richiedere
alcun accertamento medico. Ove peraltro quest’ultimo risultasse
necessario – in particolare, ai fini del provvedimento di
interdizione dal lavoro nell’ipotesi contemplata dalla richiamata
lettera c) dell’art. 5 della legge n. 1204 del 1971 – l’accertamento
sanitario verrà richiesto dall’ispettorato territorialmente
competente, ormai privo delle necessarie strutture sanitarie interne,
ai servizi delle aziende sanitarie.
5. – Le questioni di legittimità costituzionale (sub 3.2, 3.3,
3.4) dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 645 del 1996,
sollevate, in riferimento agli articoli 3, 32 e 97 della
Costituzione, dalle Regioni Toscana e Umbria, sono inammissibili.
La Corte costituzionale ha in varie occasioni avuto modo di
precisare che le Regioni possono, in linea di principio, denunciare
la violazione anche di norme costituzionali poste al di fuori del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, purché tale
violazione comporti una incisione delle competenze costituzionalmente
assegnate alle Regioni (v., ex plurimis le sentenze nn. 407 e 393 del
1992, 343 del 1991, 533 e 407 del 1989, 610 e 302 del 1988). Con
riguardo, in particolare, all’art. 32 della Costituzione, questa
Corte ha già chiarito che il prospettato contrasto con le norme
costituzionali che assicurano ad ogni cittadino il diritto alla
salute non può avere influenza, neppure indiretta, sulla sfera di
autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni. Il che comporta
l’inammissibilità delle questioni da queste ultime sollevate, in via
principale, in relazione a tale parametro costituzionale (sentenza n.
355 del 1993).
6. – La questione di legittimità costituzionale (indicata al punto
3.5) dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 645 del 1996,
prospettata dalla Regione Umbria sotto il profilo della violazione
del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni – che,
secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, trova il suo
diretto fondamento nell’art. 5 della Costituzione (sentenze nn. 242 e
19 del 1997) – non è fondata.
La circostanza che il Governo non abbia tenuto conto delle proposte
di emendamento avanzate sullo schema del decreto legislativo dalla
Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome –
organismo che alla stregua della legge di delega il Governo non era
tenuto a consultare – non configura, di per sé, una violazione
dell’invocato principio. Quanto sopra osservato priva di consistenza
la doglianza delle ricorrenti, giacché il contenuto della disciplina
censurata non concreta quella invasione delle competenze regionali
che i rilievi della Conferenza intendevano impedire.
7. – La questione di legittimità costituzionale (elencata al punto
3.6) degli artt. 2 e 8 del decreto legislativo n. 645 del 1996,
sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione,
dalla Regione Toscana, non è fondata.
La Regione Toscana censura gli artt. 2 e 8 del decreto legislativo
25 novembre 1996, n. 645, che assegnano al Ministro del lavoro il
compito di recepire con suo decreto – di concerto con il Ministro
della sanità – le linee direttrici elaborate dalla Commissione
dell’Unione europea per la valutazione degli agenti e dei processi
industriali pericolosi per la sicurezza o la salute delle
lavoratrici. Affidando al Ministero del lavoro, anziché al Ministero
della sanità in via esclusiva, la competenza ad emanare atti
destinati a vincolare le Regioni nell’esercizio delle funzioni loro
assegnate in materia di tutela della salute delle lavoratrici madri,
gli artt. 2 e 8, secondo la ricorrente, attribuirebbero ad un
ministero non competente nella materia sanitaria la facoltà di
interferire nell’esercizio delle attribuzioni regionali nella materia
medesima.
Data la incontestabile concorrenza, nella materia disciplinata
dalle disposizioni impugnate, di profili sanitari e profili
lavoristici, non può ritenersi idonea a menomare le attribuzioni
regionali in materia sanitaria l’adozione con decreto del Ministro
del lavoro, anziché con decreto del Ministro della sanità, delle
misure di adeguamento alle linee direttrici elaborate in sede
comunitaria, anche in considerazione della necessaria previsione di
intervento del secondo nelle forme del concerto. D’altro canto, anche
a tutela delle prerogative regionali, le impugnate disposizioni
prevedono la consultazione della Commissione permanente di cui
all’art. 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, della
quale fanno parte – accanto a membri designati dalle diverse
amministrazioni statali competenti in materia di tutela della salute
dei lavoratori e di sicurezza nei luoghi di lavoro – sei
rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome designati
dalla Conferenza Stato-Regioni.
Gli artt. 2 e 8 del decreto legislativo n. 645 del 1996 si
uniformano peraltro ad un modello procedimentale già ampiamente
accolto dalla normativa statale in tema di tutela della sicurezza e
della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, e di recepimento
delle direttive comunitarie adottate in tale materia (v., in
particolare, l’art. 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, ed il già menzionato art. 26, che modifica gli artt. 393 e 394
del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro)).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25
novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE
concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul
lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25
novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE
concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul
lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento), sollevata, in riferimento all’art. 32 della
Costituzione, dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle
lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento),
sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118, ed alla VIII
disposizione transitoria della Costituzione, dalle Regioni Veneto,
Toscana e Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle
lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento),
sollevata, in riferimento all’art. 5 della Costituzione, dalla
Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 2 e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645
(Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento
della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti,
puerpere o in periodo di allattamento), sollevata, in riferimento
agli art. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il
ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1997.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1997.
Il direttore della cancelleria: Di Paola