Sentenza N. 374 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
02/11/1996
Data deposito/pubblicazione
02/11/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/10/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA,
prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY,
prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
civile, promosso con ordinanza emessa il 17 dicembre 1995 dal pretore
di Catania nel procedimento civile vertente tra “La Mattina Mobili” e
Salvatore Zappalà, iscritta al n. 190 del registro ordinanze 1996 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima
serie speciale, dell’anno 1996.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il giudice
relatore Cesare Mirabelli.
procedimento di espropriazione forzata presso terzi, il pretore di
Catania ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2917 cod. civ.,
nella parte in cui impone di ritenere inefficace, nei confronti del
creditore pignorante, l’estinzione del credito realizzatasi per
effetto dell’ordinanza di assegnazione emanata a seguito di un
precedente pignoramento promosso dal creditore diretto.
Il pretore di Catania ritiene che l’art. 2917 cod. civ. non
distingua tra le diverse ipotesi di estinzione del credito successive
al suo pignoramento, sicché anche quando, come nel caso esaminato,
il credito stesso si è estinto con il pagamento effettuato in
ottemperanza all’ordinanza di assegnazione emanata dal giudice
dell’esecuzione in altro procedimento di espropriazione forzata, ma
successivamente alla notifica del secondo pignoramento, il terzo
sarebbe costretto a pagare nuovamente, dovendo sottostare agli
effetti anche di una seconda ordinanza di assegnazione.
Il giudice rimettente ritiene che l’art. 2917 cod. civ. contrasti
con il principio di ragionevolezza, perché non si limiterebbe a
sancire l’inefficacia, in pregiudizio del creditore pignorante, di
vicende estintive del credito comunque risalenti ad un’attività
dispositiva imputabile o addebitabile al terzo pignorato, ma
stabilirebbe tale inefficacia anche rispetto a fatti e vicende che
eccedono il potere del terzo. Questi sarebbe così costretto a subire
una sorta di incolpevole sanzione per l’estinzione del credito dovuta
a fatti non dipendenti dalla sua volontà, ovvero sarebbe gravato
dell’onere di proporre opposizione anche alla prima esecuzione e di
chiederne la sospensione, sopportando comunque il rischio, se la
sospensione non venga accordata, di subire gli effetti di due
ordinanze di assegnazione.
Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione denunciata
determinerebbe, inoltre, una disparità di trattamento tra il
debitore diretto ed il debitore che, invece, assume la posizione di
terzo pignorato.
2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione.
L’art. 2917 cod. civ., prevedendo l’inopponibilità al creditore
pignorante dell’estinzione del credito in epoca successiva al
pignoramento, sarebbe diretta conseguenza del principio generale del
divieto di disporre dei beni sottoposti ad esecuzione, giacché il
pignoramento, quale primo atto dell’esecuzione, sottrae al debitore
la disponibilità dei beni sottoposti ad espropriazione forzata.
Per evitare il rischio che un credito, estinto in una precedente
procedura esecutiva, sia oggetto di altra assegnazione in forza di un
pignoramento successivo all’inizio di quella procedura ma anteriore
alla assegnazione in essa disposta, il legislatore ha previsto che il
terzo indichi i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui
(art. 550 cod. proc. civ.), con conseguente riunione dei procedimenti
(art. 524 cod. proc. civ.). La situazione determinata da una
pluralità di pignoramenti è, dunque, regolata da norme processuali
che vincolano il giudice dell’esecuzione e che consentono al terzo
pignorato di proporre opposizione agli atti esecutivi (art. 617 cod.
proc. civ.), quando l’ordinanza di assegnazione sia emanata in
violazione delle norme sulla riunione dei procedimenti.
Ad avviso dell’Avvocatura, per il terzo pignorato, coinvolto
nell’espropriazione, non sussisterebbero né l’irragionevole
sacrificio né il rischio prefigurati dal giudice rimettente. E se il
sistema non funzioni per qualche anomalia che la disciplina
processuale tende ad escludere, al terzo pignorato sarebbe comunque
consentito di proporre opposizione.
Neppure sussisterebbe la denunciata disparità di trattamento tra
debitori che assumono la qualità di terzo pignorato e debitori che
non assumono tale qualità, data l’evidente diversità tra la
posizione sostanziale del terzo pignorato, che risponde solo nei
limiti di quanto dovuto al suo creditore, e quella del debitore
principale, che risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti
i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 cod. civ.) e, per effetto
del pignoramento diretto, viene a trovarsi in una situazione
(disciplinata dagli artt. 2913, 2914 e 2915 cod. civ.) non
confrontabile con quella del terzo pignorato.
condizione del terzo presso il quale è effettuato il pignoramento di
crediti del debitore ed investe la disciplina degli effetti del
pignoramento, dettata dall’art. 2917 cod. civ. Il pretore di Catania
ritiene che questa disposizione, stabilendo che, quando oggetto del
pignoramento è un credito, l’estinzione di esso per cause
verificatesi successivamente al pignoramento stesso non ha effetto in
pregiudizio del creditore pignorante, sia in contrasto con l’art. 3
della Costituzione, nella parte in cui l’inefficacia da essa prevista
comprenderebbe anche l’estinzione del credito avvenuta con il
pagamento ad altro creditore che procede ad esecuzione forzata,
eseguito in ottemperanza all’ordinanza di assegnazione della somma
emanata dal giudice nel precedente procedimento esecutivo, ma dopo
che è stato notificato il secondo pignoramento.
Il giudice rimettente ritiene che questa disciplina contrasti con
il principio di ragionevolezza, giacché la norma denunciata non si
limiterebbe a stabilire l’inefficacia, in pregiudizio del creditore
pignorante, dell’estinzione del credito dipendente da fatti volontari
del terzo pignorato, ma riguarderebbe, appunto, anche l’estinzione
del credito pignorato per effetto di un provvedimento del giudice
dell’esecuzione, adottato a seguito di un precedente pignoramento.
Con la conseguenza che il pagamento, effettuato in adempimento del
provvedimento del giudice, sarebbe inopponibile al creditore che ha
notificato il secondo pignoramento, ed il terzo coinvolto
nell’espropriazione sarebbe costretto a pagare una seconda volta, per
effetto della successiva ordinanza di assegnazione; oppure avrebbe
l’onere di proporre opposizione anche alla prima esecuzione, senza
che venga eliminato il rischio di subire gli effetti di due diverse
ordinanze di assegnazione.
La violazione del principio di eguaglianza è inoltre prospettata
per la disparità di trattamento tra debitori che assumono la
posizione di terzo pignorato e debitori diretti.
2. – La questione non è fondata.
Il giudice rimettente tende a ricondurre sul piano sostanziale,
della disciplina dell’inefficacia nei confronti del creditore
pignorante dell’estinzione del credito sottoposto a pignoramento, i
problemi che possono derivare, nel concorso di due successivi
pignoramenti, dalla eventuale adozione di due distinti provvedimenti
di assegnazione, dello stesso credito pignorato, a due diversi
creditori procedenti. Difatti il presupposto dal quale muove
l’ordinanza di rimessione è che il giudice sia tenuto a disporre una
seconda assegnazione, anche dopo che il terzo abbia effettuato il
pagamento in ottemperanza all’ordinanza di assegnazione emessa
nell’ambito del precedente procedimento esecutivo; inoltre che non vi
siano rimedi processuali quando, dopo l’ordinanza di assegnazione
emanata a seguito del primo pignoramento, ma successivamente alla
sottoposizione dello stesso credito ad altro pignoramento, venga
disposta una seconda assegnazione del medesimo credito, ormai
estinto, al creditore che ha proceduto al secondo pignoramento.
Questo presupposto è inesatto, giacché l’inefficacia
dell’estinzione del credito pignorato disposta dall’art. 2917 cod.
civ. non si estende all’estinzione che si verifichi per effetto del
procedimento esecutivo. Inoltre il sistema processuale, secondo la
sua configurazione normativa, disciplina la coesistenza di più
pignoramenti in modo tale da prevenire l’adozione di distinti
provvedimenti di assegnazione dello stesso credito, come pure da
risolvere gli effetti negativi che derivano al terzo pignorato da un
secondo provvedimento di assegnazione eventualmente adottato per un
credito estinto ottemperando all’assegnazione disposta a seguito del
primo pignoramento.
Difatti, in caso di pluralità di pignoramenti presso lo stesso
terzo, l’esecuzione deve svolgersi in unico processo (artt. 550 e 524
cod. proc. civ.). La collaborazione del terzo si attua dichiarando di
quali somme egli è debitore e specificando quali pignoramenti sono
stati in precedenza compiuti presso di lui. Anche se le procedure
esecutive non vengano unificate, il terzo pignorato effettua
correttamente il pagamento se ottempera al provvedimento di
assegnazione della somma emanato dal giudice dell’esecuzione in
relazione al primo pignoramento; sicché lo stesso terzo può opporre
l’estinzione del credito, avvenuta in sede esecutiva, agli altri
creditori procedenti. Se, ciò nonostante, venga emanato un secondo
provvedimento di assegnazione, il terzo può tutelarsi proponendo
opposizione.
Esistono dunque gli strumenti processuali per escludere
l’assegnazione a creditori diversi delle stesse somme pignorate e per
porre rimedio all’eventuale assegnazione disposta in relazione al
secondo pignoramento, nonostante il credito sia stato già estinto in
forza della prima procedura di espropriazione.
Sono così esclusi gli effetti irrazionali prefigurati dal giudice
rimettente ed i prospettati dubbi di legittimità costituzionale
rimangono, quindi, privi di fondamento.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2917 cod. civ., sollevata, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dal pretore di Catania con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Mirabelli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 2 novembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola