Sentenza N. 374 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
05/12/1997
Data deposito/pubblicazione
05/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/11/1997
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
comma, e 6, secondo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29
(Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini
previdenziali), promosso con ordinanza emessa il 23 aprile 1996, dal
pretore di La Spezia, iscritta al n. 687 del registro ordinanze 1996,
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima
serie speciale, dell’anno 1996.
Visto l’atto di costituzione dell’INPS, nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 30 settembre 1997 il giudice
relatore Valerio Onida;
Udito l’Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo, per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
italiana assistenza spastici), ente morale privato disciolto, e
passata alle dipendenze di una Unità Sanitaria Locale, agisce in
giudizio davanti al pretore del lavoro di La Spezia per ottenere che
l’INPS – la cui gestione dell’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti
era competente in relazione al rapporto di lavoro intercorso con
l’AIAS – sia condannato a versare l’ammontare dei contributi di
propria pertinenza all’INPDAP, alla cui gestione è attualmente
iscritta, per realizzare la ricongiunzione dei periodi assicurativi
ai fini previdenziali, ai sensi dell’art. 2 della legge 7 febbraio
1979, n. 29 (Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori
ai fini previdenziali).
L’INPS resiste alla domanda, eccependo che l’AIAS non aveva versato
i contributi previdenziali dovuti per i propri dipendenti dal 1
gennaio 1973 fino alla data di scioglimento, e che vano era stato
ogni tentativo di recupero degli stessi. Pertanto, secondo l’Istituto
convenuto, non può farsi luogo all’accreditamento al nuovo ente
previdenziale dei contributi non versati, in quanto il principio di
automatismo delle prestazioni previdenziali (previsto dall’art. 27,
secondo comma, del r.d.-l. 14 aprile 1939, n. 636, come modificato
dall’art. 40 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e dall’art. 23-ter
del d.-l. 30 giugno 1972, n. 267, convertito con modificazioni dalla
legge 11 agosto 1972, n. 485), secondo cui il requisito di
contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni si intende
verificato anche quando i contributi non siano effettivamente
versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale,
non troverebbe applicazione in generale, ma solo quando la
legislazione speciale vi si adegui, mentre – salvo espresso disposto
contrario – presupposto indefettibile per la valutazione della
contribuzione previdenziale sarebbe l’effettivo versamento della
stessa.
A sua volta l’INPDAP, cui il contraddittorio è stato esteso jussu
judicis sostiene fra l’altro che la normativa sulle prestazioni da
esso rese, che dovrebbe trovare applicazione a seguito della
ricongiunzione, non prevede il principio dell’automatismo, onde i
contributi non versati all’INPS non potrebbero aver rilievo in sede
di liquidazione della pensione; e che comunque l’onere della
copertura contributiva per il periodo in questione graverebbe
sull’INPS, come ente titolare, all’epoca, del rapporto contributivo.
Il pretore adito aderisce alla tesi interpretativa prospettata
dall’INPS, e su questa base, che ritiene atta ad integrare il
requisito della rilevanza, solleva questione di legittimità
costituzionale, in relazione all’art. 3 della Costituzione, dell’art.
2, secondo comma, e dell’art. 6, secondo comma, della citata legge n.
29 del 1979 – che prevedono l’obbligo per la gestione di provenienza
di versare a quella di destinazione i contributi di propria
pertinenza, rispettivamente nel caso di ricongiunzione a domanda
presso una gestione diversa dall’INPS, e nel caso di ricongiunzione
d’ufficio di periodi assicurativi connessi a servizi prestati presso
enti pubblici soppressi con trasferimento del personale ad altri enti
pubblici – “nella parte in cui non consentono che l’INPS trasferisca
anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti della
prescrizione decennale”.
Secondo il remittente, infatti, pur differenziandosi il
trasferimento da una gestione all’altra dei contributi non versati
dalla valutazione “fittizia” dei contributi medesimi ai fini della
prestazione pensionistica, alle due fattispecie sarebbero sottesi gli
stessi elementi costitutivi, vale a dire l’esistenza di un rapporto
assicurativo con l’INPS e il diritto di tale ente a riscuotere i
contributi dovuti e non prescritti. Se, in presenza di tali
presupposti, il legislatore ha consentito la valutazione della
contribuzione ai fini delle prestazioni, non si potrebbe
ragionevolmente giustificare l’esclusione dell’obbligo per l’INPS di
accreditare al nuovo ente detta contribuzione non versata, ai fini
della ricongiunzione dei periodi assicurativi, poiché altrimenti si
addosserebbe al lavoratore assicurato, per il solo fatto della
ricongiunzione, il rischio della mancata copertura assicurativa.
2. – Si è costituito nel giudizio davanti a questa Corte l’INPS,
parte nel processo a quo chiedendo che la questione sia dichiarata
infondata. L’istituto rileva in primo luogo che l’eccezione non
sarebbe logicamente coerente con le stesse premesse accolte dal
giudice a quo nell’ordinanza: infatti, se si ritiene che il principio
di automatismo delle prestazioni previdenziali trovi applicazione non
in via generale, ma solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi
si adegui, proprio l’accettazione di questa impostazione condurrebbe
ad escludere l’esistenza di una questione di costituzionalità per il
fatto che la legge sulla ricongiunzione non contempli detto
automatismo delle prestazioni.
In secondo luogo, ad avviso dell’INPS, la legge che disciplina le
modalità della ricongiunzione delle posizioni assicurative non
sarebbe il luogo deputato a prevedere il computo della contribuzione
dovuta e non versata, mentre l’esistenza di un principio di
automatismo delle prestazioni potrebbe divenire rilevante solo nel
momento in cui le prestazioni vengano richieste, e non quando si
tratti soltanto di unificare le posizioni assicurative esistenti.
3. – È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile
ovvero infondata. Nella memoria depositata in prossimità
dell’udienza, l’Avvocatura erariale sostiene in primo luogo che la
questione sarebbe inammissibile per contraddittorietà
nell’individuazione delle norme oggetto, giacché investirebbe due
disposizioni di legge – l’art. 2 e l’art. 6 della legge n. 29 del
1979 – in rapporto di alternatività fra di loro. L’art. 2 infatti
configura la ricongiunzione come una facoltà o un onere del
lavoratore, liberamente rinunciabile e talvolta condizionato
all’adempimento di oneri finanziari a carico dell’interessato
richiedente; l’art. 6 invece, in deroga a quanto previsto dagli
articoli precedenti, configura la ricongiunzione come effetto da
realizzare d’ufficio e senza oneri a carico dei lavoratori
interessati. Il giudice a quo erroneamente assimilando le due
discipline, non indicherebbe quale sia da applicare al caso, pur
potendo derivare dalle due diverse discipline diverse ricostruzioni
del problema di costituzionalità sollevato, che sarebbe pertanto del
tutto astratto.
Nel merito, l’Avvocatura osserva che le norme denunciate non si
occupano del problema di come debba essere applicato il principio di
automaticità delle prestazioni assicurative nel caso di
ricongiunzione di periodi assicurativi, sicché varrebbe al riguardo
la regola generale fissata dall’art. 2116 cod. civ., in base alla
quale tale principio di automaticità è derogabile da leggi
speciali; e tale deroga non potrebbe essere valutata se non in
relazione alla complessa disciplina ad essa sottesa. Sul piano
generale, secondo l’Avvocatura, la ricongiunzione dei periodi
assicurativi costituirebbe o potrebbe costituire un beneficio a
favore del lavoratore, che spesso non troverebbe integrale copertura
nei trasferimenti di somme a favore della gestione di destinazione.
e l’art. 6, secondo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29
(Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini
previdenziali), che disciplinano – rispettivamente in due fattispecie
diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi – il versamento da
parte della gestione di provenienza, a quella di destinazione, dei
contributi di propria pertinenza. Le due disposizioni sono impugnate
“nella parte in cui non consentono che l’INPS trasferisca anche i
contributi non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione
decennale”: tale sistema sarebbe, ad avviso del remittente, in
contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto
ingiustificatamente escluderebbe l’obbligo dell’INPS di trasferire i
contributi in una situazione nella quale invece la legge prevede che
il relativo periodo contributivo, pur in assenza dell’effettivo
versamento dei contributi, sia valutato dall’INPS ai fini delle
prestazioni previdenziali, in questo modo addossando all’assicurato,
per il solo fatto della ricongiunzione, il rischio della mancata
copertura assicurativa.
2. – L’eccezione di inammissibilità svolta dall’Avvocatura
erariale – secondo cui non sarebbe univocamente individuato il thema
decidendum in quanto sono state impugnate due disposizioni in
rapporto di alternatività fra di loro, attenendo l’una alla
ricongiunzione a domanda, con determinati oneri a carico
dell’assicurato, l’altra alla ricongiunzione d’ufficio, senza oneri –
non è fondata.
È ben vero che la ricongiunzione a domanda e quella d’ufficio
costituiscono due ipotesi distinte, disciplinate in modo parzialmente
diverso, rispettivamente dall’art. 2 e dall’art. 6 della legge n. 29
del 1979; e che nella specie, trattandosi di una richiesta di
ricongiunzione a domanda dell’interessata, e non di ricongiunzione di
periodi relativi a servizi prestati presso un ente pubblico soppresso
con trasferimento ex lege del personale ad altri enti pubblici, solo
la prima delle due disposizioni in questione appare destinata a
trovare applicazione: onde il richiamo dell’ordinanza di rimessione
all’art. 6 può apparire ultroneo. Ma la specifica disciplina che è
investita dalla questione di costituzionalità, e che riguarda
l’obbligo per la gestione di provenienza di versare alla gestione di
destinazione i contributi di propria pertinenza, relativi al periodo
di lavoro di cui si debba attuare la ricongiunzione, è comune alle
due ipotesi ed è identicamente formulata. Non sussiste pertanto
sostanziale incertezza sull’oggetto della censura.
3. – La questione, così come proposta dal remittente, non è
fondata.
Il giudice a quo muove da una interpretazione del sistema normativo
secondo cui il versamento da parte dell’INPS dei contributi dovuti ma
non pagati dal datore di lavoro condizionerebbe la ricongiunzione del
relativo periodo assicurativo con quello di pertinenza della gestione
previdenziale di destinazione, e quindi la possibilità futura del
dipendente di usufruire delle prestazioni previdenziali
corrispondenti.
Infatti la ricorrente ha agito in giudizio, originariamente, nei
confronti del solo INPS, chiedendone la condanna al versamento a
favore dell’INPDAP dei contributi in questione, al fine di ottenere
la ricongiunzione del periodo assicurativo interessato; l’INPS ha
eccepito che la legge non prevederebbe tale obbligo di versamento;
l’INPDAP a sua volta ha sostenuto che in assenza di tale versamento
esso non potrebbe riconoscere il relativo periodo assicurativo: e
infine il giudice a quo persuaso della tesi interpretativa dell’INPS,
ha impugnato le norme sul trasferimento dei contributi in caso di
ricongiunzione, sostenendo che da esse deriverebbe l’addossamento
all’assicurato del rischio derivante dalla mancata copertura
assicurativa, poiché non troverebbe applicazione il principio di
automaticità, secondo cui la prestazione previdenziale spetta anche
in relazione ai periodi per i quali i contributi dovuti, nei limiti
della prescrizione decennale, non sono stati effettivamente versati.
Ma tale premessa interpretativa non è esatta.
Occorre infatti tenere distinto il rapporto
previdenziale-assicurativo, che riguarda da un lato il lavoratore (e
il datore di lavoro), dall’altro l’ente previdenziale alla cui
gestione quegli è iscritto, dal rapporto fra i due enti
previdenziali, che si instaura nel caso in cui si provveda alla
ricongiunzione dei periodi assicurativi.
Nell’ambito del primo rapporto, il principio generale – espresso
dall’art. 2116 del codice civile (non a caso inserito fra le
pochissime disposizioni codicistiche in materia di previdenza e
assistenza obbligatorie), ed espressamente ribadito, con riguardo
alla assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia
e superstiti, dall’art. 27, secondo comma, del r.d.-l. 14 aprile
1939, n. 636, come da ultimo sostituito dall’art. 23-ter del d.-l. 30
giugno 1972, n. 267, convertito in legge, con modificazioni, dalla
legge 11 agosto 1972, n. 485 è quello secondo cui le prestazioni
spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano
stati effettivamente versati. Tale principio di “automaticità delle
prestazioni”, con riguardo ai sistemi di previdenza e assistenza
obbligatorie, trova applicazione non già, come afferma il
remittente, “solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si
adegui”, ma – come si esprime l’art. 2116 cod. civ. – “salvo diverse
disposizioni delle leggi speciali”: il che significa che potrebbe
ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di
una esplicita disposizione in tal senso.
Detto principio costituisce una fondamentale garanzia per il
lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio
di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli
obblighi contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario
della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di
assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i
superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente rafforzata dal
legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria, attraverso
la sua estensione al caso di obblighi contributivi non adempiuti e
prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a procedure
fallimentari o di amministrazione straordinaria (art. 3 del d.lgs.
27 gennaio 1992, n. 80, recante “Attuazione della direttiva
80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di
insolvenza del datore di lavoro”).
4. – Il rapporto fra i diversi enti previdenziali, che si instaura
nel caso di ricongiunzione dei periodi assicurativi, ha invece
tutt’altri oggetto e portata. La relativa disciplina, dettata dal
legislatore, è volta a realizzare un equilibrio di situazioni
patrimoniali fra le diverse gestioni, allorquando in forza della
ricongiunzione si venga a costituire presso una di esse una posizione
assicurativa, a favore del lavoratore, che sostituisce ed assorbe
quella già esistente presso l’altra. A tal fine la legge prevede sia
il trasferimento alla gestione di destinazione dei contributi “di
pertinenza” della gestione di provenienza; sia, in certi casi,
l’accollo all’assicurato di un onere finanziario, inteso a coprire
parzialmente il costo che ha per la gestione di destinazione, che sia
caratterizzata da prestazioni più favorevoli e da obblighi
contributivi superiori, il riconoscimento a favore dell’assicurato
medesimo di un periodo contributivo maturato nell’ambito della
gestione di provenienza, caratterizzata da minori prestazioni e
minori contributi (cfr. art. 2, terzo comma, della legge n. 29 del
1979); sia, infine, il principio per cui gli oneri residui
eventualmente derivanti dall’applicazione delle norme sulla
ricongiunzione, determinandosi il diritto e la misura delle
prestazioni in base alle norme in vigore nella gestione di
destinazione (art. 7, primo comma), restano a carico di quest’ultima
(art. 3 della stessa legge).
Tale regolamento dei rapporti patrimoniali fra le diverse gestioni
è indipendente dalla garanzia per l’assicurato delle prestazioni a
lui spettanti. Con la ricongiunzione – alle condizioni, ivi comprese
quelle relative all’eventuale onere a carico dell’interessato,
stabilite dalla legge – l’assicurato consegue il trasferimento presso
la gestione di destinazione della medesima posizione assicurativa che
già gli spettava presso la gestione di provenienza. Ora, se questa
posizione comprendeva anche il riconoscimento di periodi contributivi
in ordine ai quali i contributi dovuti non siano stati effettivamente
versati – secondo il principio di automaticità di cui si è detto –
tale riconoscimento non può non trasferirsi alla posizione
assicurativa che si costituisce, con la ricongiunzione, presso la
nuova gestione: poiché la ricongiunzione ha proprio la finalità e
l’effetto di trasferire presso la nuova gestione la posizione
assicurativa già posseduta dal lavoratore presso la gestione di
provenienza, nella sua integrale consistenza. Ciò indipendentemente
dalla applicabilità o meno, su cui il remittente non prende
posizione, del principio di automaticità alle prestazioni rese,
secondo la disciplina ad esse propria, dalla gestione di destinazione
in relazione ai periodi contributivi maturati sotto la propria
competenza: ciò che conta infatti nella specie – ed è pacifico – è
che la posizione assicurativa da trasferire con la ricongiunzione è
caratterizzata dalla applicabilità di quel principio.
5. – Il problema ulteriore, se in tale ipotesi la gestione di
provenienza debba anche versare a quella di destinazione i contributi
dovuti e non riscossi, sopportando così in definitiva l’onere che ad
essa avrebbe comunque fatto carico nel caso in cui avesse dovuto
erogare le relative prestazioni previdenziali, ovvero se tale onere
debba far carico piuttosto alla gestione di destinazione, in quanto
onere “residuo” ai sensi dell’art. 3 della legge n. 29 del 1979, va
risolto dal giudice sul piano interpretativo, sulla base delle norme
e dei principi da esse ricavabili: fermo restando che detto onere non
potrebbe essere addossato all’interessato nemmeno computando i
contributi non versati nella differenza fra la riserva matematica
necessaria per la copertura assicurativa, presso la gestione di
destinazione, relativa al periodo utile considerato, e le somme
versate dalla gestione di provenienza, ai sensi dell’art. 2, terzo
comma, della legge, poiché altrimenti si verrebbe per altra via a
far gravare sul lavoratore il rischio dell’inadempimento
contributivo, in contrasto col principio che caratterizza la
posizione assicurativa già spettantegli, e trasferita con la
ricongiunzione.
Non spetta dunque a questa Corte risolvere il quesito, posto invece
erroneamente in primo piano dal giudice remittente, relativo al
rapporto patrimoniale fra le due gestioni: esso non è infatti
condizionato da problemi di legittimità costituzionale, o almeno dai
profili di costituzionalità sollevati dal giudice a quo che si
fondano, come si è detto, sull’esigenza di non addossare al
lavoratore il rischio dell’inadempimento contributivo.
6. – Così ricostruito il sistema, la questione proposta non ha
evidentemente ragion d’essere, non sussistendo la lamentata
discriminazione in danno del lavoratore che chieda la ricongiunzione
dei periodi assicurativi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli articoli 2, secondo comma, e 6, secondo comma, della legge 7
febbraio 1979, n. 29 (Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei
lavoratori ai fini previdenziali), sollevata, in riferimento all’art.
3 della Costituzione, dal pretore di La Spezia con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1997.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Onida
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1997.
Il direttore della cancelleria: Di Paola