Sentenza N. 383 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
05/11/1996
Data deposito/pubblicazione
05/11/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/10/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
e quarto comma, della legge 11 marzo 1926, n. 416 (Nuove disposizioni
sulle procedure da seguirsi negli accertamenti medico-legali delle
ferite, lesioni ed infermità dei personali dipendenti dalle
amministrazioni militari e da altre amministrazioni dello Stato),
promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1995 dal Tribunale
amministrativo regionale della Toscana sul ricorso proposto da
Biccone Gianni contro la Legione Carabinieri di Livorno ed altri,
iscritta al n. 901 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale,
dell’anno 1996;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
16 aprile 1992, l’appuntato (in congedo assoluto) dell’Arma dei
carabinieri Gianni Biccone richiedeva al Tribunale amministrativo
regionale della Toscana l’annullamento del provvedimento in data 11
febbraio 1992, con il quale la Legione carabinieri di Livorno lo
aveva posto in congedo assoluto, nella parte in cui esso non aveva
riconosciuta come dipendente da causa di servizio l’infermità “esiti
di intervento per aneurisma dell’aorta addominale”, nonché
l’annullamento degli atti presupposti e connessi, con particolare
riferimento al verbale del 23 settembre 1991 con il quale la
commissione medica di seconda istanza di Firenze del Comando
regionale militare tosco-emiliano aveva dichiarato non dipendente da
causa di servizio la predetta infermità.
L’adito Tribunale amministrativo, con ordinanza del 21 marzo 1995,
pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 1995 (r.o. n. 901
del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, primo, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1926,
n. 416 (Nuove disposizioni sulle procedure da seguirsi negli
accertamenti medico-legali delle ferite, lesioni ed infermità dei
personali dipendenti dalle amministrazioni militari e da altre
amministrazioni dello Stato), nella parte in cui, ai fini del
riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità
del personale dipendente dell’amministrazione della difesa, consente
all’amministrazione medesima di attivare l’intervento di una
commissione medica di seconda istanza senza disciplinare e garantire
la partecipazione del dipendente alla fase endoprocedimentale davanti
alla citata commissione.
Tale normativa appare al collegio rimettente in contrasto anzitutto
con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza fissati dall’art.
3 della Costituzione, in quanto solo per il personale dipendente del
Ministero della difesa, e non anche per il restante personale civile
dell’amministrazione statale, ai fini dell’accertamento della
dipendenza della infermità da causa di servizio, è previsto
l’intervento di una commissione medica di seconda istanza.
È pur vero che l’art. 177 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092,
nel disporre l’obbligatorietà del parere del Comitato per le
pensioni privilegiate ordinarie (CPPO) nell’ipotesi in cui la
competente commissione medica abbia espresso il parere che le
infermità o le lesioni accertate siano dipendenti da causa di
servizio, sostanzialmente prevedeva una commissione di secondo grado,
peraltro di natura non medica. Osserva il giudice a quo che tale
previsione doveva ritenersi applicabile anche al personale della
difesa ma, comunque, l’intervento del CPPO è stato limitato, per
effetto dell’art. 5-bis del d.-l. 21 settembre 1987, n. 387,
convertito, con modificazioni, nella legge 20 novembre 1987, n. 472,
al verificarsi delle condizioni per la concessione dell’equo
indennizzo e della pensione privilegiata, mentre è stato precluso al
predetto comitato l’accertamento della dipendenza delle infermità da
causa di servizio. Né varrebbe richiamare l’art. 178, primo comma,
dello stesso d.P.R. n. 1092 del 1973, che prevede che
l’amministrazione centrale, qualora ritenga di non condividere il
parere del CPPO, possa sentire l’ufficio medico-legale presso il
Ministero della sanità: analoga previsione riguarda, infatti, anche
il personale militare.
Né la evidenziata differente disciplina troverebbe
giustificazione, ad avviso del giudice a quo, nella circostanza che
parte del personale del Ministero della difesa abbia lo status di
militare, atteso che, ai fini del riconoscimento di cui si tratta,
non assumerebbe rilevanza tale particolare status.
La normativa denunciata, inoltre, sarebbe in contrasto con i
principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della
Costituzione. Essa, infatti, nel consentire alla commissione medica
di seconda istanza di pronunciarsi inaudita altera parte,
attribuirebbe all’amministrazione una posizione dominante non
giustificabile, anche alla luce della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Infatti, non essendo garantita la possibilità per l’interessato di
venire a conoscenza della discordanza tra il parere del comandante
del Corpo o del capo ufficio, e quello della commissione medica
ospedaliera, discordanza che rende necessario, in base alla normativa
denunciata, il ricorso alla commissione di seconda istanza,
l’interessato non sarebbe posto in grado, ove detta commissione non
decida di procedere a visita diretta, di conoscere la necessità
dell’intervento di tale commissione, e, quindi, di richiedere
l’assistenza di un medico di fiducia. Né le norme di cui agli artt.
7 e 22 della legge n. 241 del 1990, con il prevedere,
rispettivamente, la comunicazione dell’avvio del procedimento e
l’esercizio del diritto di accesso, garantirebbero la partecipazione
del dipendente: ed infatti, la comunicazione di cui all’art. 7 non
riguarderebbe l’avvio della singola fase subprocedimentale, e il
diritto di accesso non sarebbe praticamente attuabile per la mancata
conoscenza, da parte dell’interessato, della detta discordanza di
pareri.
2. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
Ministri con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che
ha concluso per la infondatezza della questione alla luce della
evoluzione maturata nell’ordinamento positivo in ordine ai diritti di
partecipazione dei cittadini all’attività della pubblica
amministrazione. Ritiene, al riguardo, l’autorità intervenuta che
il combinato disposto degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990
consenta all’interessato, ove egli eserciti una minima diligenza, di
seguire l’iter della pratica di cui si tratta, con possibilità di
prendere visione in ogni momento degli atti intermedi del
procedimento e di presentare memorie e documentazione anche
sanitaria, a conforto della propria tesi.
concernono l’art. 5, primo, terzo e quarto comma, della legge 11
marzo 1926, n. 416 (Nuove disposizioni sulle procedure da seguirsi
negli accertamenti medico-legali delle ferite, lesioni ed infermità
dei personali dipendenti dalle amministrazioni militari e da altre
amministrazioni dello Stato), nella parte in cui, ai fini del
riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità
del personale dipendente dell’Amministrazione della difesa, consente
all’amministrazione stessa di attivare l’intervento di una
commissione medica di seconda istanza, senza, peraltro, disciplinare
e garantire la partecipazione del dipendente alla fase
endoprocedimentale davanti a tale commissione, con lamentata
violazione:
a) dell’art. 3 della Costituzione, per contrasto con i principi
di uguaglianza e di ragionevolezza, non essendo prevista per il
restante personale civile dell’amministrazione statale una analoga
procedura;
b) dell’art. 97 della Costituzione, per contrasto con i principi
di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione,
consentendosi alla commissione medica di seconda istanza di
pronunciarsi inaudita altera parte e inibendosi, pertanto,
all’interessato la possibilità di farsi assistere nel corso del
giudizio medico di secondo grado da un sanitario di fiducia.
2. – Le questioni sono infondate.
L’esame della normativa vigente in materia di riconoscimento della
causa di servizio per il personale militare (legge 11 marzo 1926, n.
416 come integrata dal regolamento di attuazione – r.d. 22 giugno
1926, n. 1067 – e dalla sopravvenuta legge 7 agosto 1990, n. 241),
porta ad escludere che vi sia alcuna discriminazione o irragionevole
differenziazione di procedura ovvero menomazione dei diritti di
partecipazione e di intervento del personale militare nella fase di
seconda istanza del procedimento di riconoscimento della dipendenza
da causa di servizio delle infermità.
Ed infatti, in base all’art. 12 del regolamento per l’esecuzione
della legge 11 marzo 1926, n. 416 (r.d. 22 giugno 1926, n. 1067) –
che ha sostituito l’art. 35 del r.d. 5 settembre 1895, n. 603 – deve
essere data partecipazione agli interessati delle conclusioni del
processo verbale in cui è espresso il giudizio della commissione
medico-ospedaliera nei riguardi della dipendenza delle infermità da
causa di servizio.
Nel caso di specie, risulta dagli atti di causa che il verbale fu
sottoscritto dall’interessato, il che consente di affermare che
costui fu posto in grado di conoscere la discordanza tra il parere
del comandante del Corpo e la decisione della commissione
medico-ospedaliera, che ha reso necessario, ai sensi del terzo comma
dell’art. 4 della legge 11 marzo 1926, n. 416, il deferimento della
pratica alla commissione di seconda istanza.
Peraltro, deve essere, in generale, sottolineato che, alla stregua
dei sopravvenuti principi introdotti dalla legge n. 241 del 1990 in
materia di trasparenza dell’azione amministrativa, l’amministrazione
è tenuta a predisporre un meccanismo procedurale (formula espressa
apposta in calce al documento comunicato all’interessato, avviso ad
hoc o altro mezzo) che assicuri il raggiungimento dello scopo di
consentire all’interessato la chiara percezione dell’avvio della
nuova fase, in modo da porlo nella effettiva possibilità di
interloquire nella anzidetta ulteriore fase procedimentale. In altri
termini, occorre, salvo che sussista una urgenza qualificata, che
l’amministrazione adotti una procedura di comunicazione idonea a
porre in grado il soggetto interessato di venire a conoscenza della
successiva eventuale fase endoprocedimentale (avente carattere
autonomo, nella specie per la natura di secondo grado e per il
diverso organo che deve provvedere) che possa risolversi in un
pregiudizio per lo stesso soggetto, con esclusione delle ipotesi in
cui tali successive fasi siano dovute alla iniziativa del medesimo
interessato.
Del resto, nel caso della norma in questione, il “deferimento”
della pratica all’esame di una commissione di seconda istanza può
considerarsi “avvio” di un nuovo procedimento, essendosi il
precedente già concluso con la “decisione della commissione medica
ospedaliera”, comunicata all’interessato; mentre deve ammettersi che
il secondo grado possa correttamente svolgersi sulla base degli atti
acquisiti quando non vi sia esigenza di nuova visita diretta (solo in
tal caso – nella fattispecie non verificatosi – potendo sorgere la
esigenza di assistenza dell’interessato da parte di un sanitario di
fiducia), ferma la possibilità per l’interessato di partecipare con
memorie ed osservazioni fornendo ogni utile elemento.
3. – Infine, non può assumere rilievo, ai fini del giudizio sulla
legittimità costituzionale di una norma, l’eventuale cattivo uso dei
poteri-doveri dell’amministrazione, che non si sia comportata secondo
regole di lealtà procedimentale previste dalla normativa in vigore,
in quanto ciò può avere riflessi solo in sede di legittimità dei
provvedimenti adottati dall’amministrazione quando vi sia stata
lesione delle posizioni protette del soggetto interessato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, primo, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1926,
n. 416 (Nuove disposizioni sulle procedure da seguirsi negli
accertamenti medico-legali delle ferite, lesioni ed infermità dei
personali dipendenti dalle amministrazioni militari e da altre
amministrazioni dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3
e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della
Toscana con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola