Sentenza N. 39 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
20/03/1970
Data deposito/pubblicazione
20/03/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/03/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI Giudici,
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d.
18 giugno 1931, n. 773, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanze emesse il 24 ed il 26 ottobre 1968 dal pretore di
Torino nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Ciminiello
Luigi e di Scandagli Giuliano, iscritte ai nn. 245 e 246 del registro
ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 329 del 28 dicembre 1968 e n. 6 dell’8 gennaio 1969;
2) ordinanza emessa il 20 agosto 1968 dal pretore di Roma nel
procedimento penale a carico di Melezzi Aurelio, iscritta al n. 252 del
registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 6 dell’8 gennaio 1969;
3) ordinanza emessa il 7 ottobre 1969 dal pretore di Sampierdarena
nel procedimento penale a carico di Massarini Pietro, iscritta al n.
420 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 311 del 10 dicembre 1969.
Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1970 il Giudice
relatore Enzo Capalozza.
1. – Nel corso di un procedimento penale a carico di Luigi
Ciminiello, imputato della contravvenzione di cui all’articolo 85 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18
giugno 1931, n. 773, per essere comparso in luogo pubblico in
abbigliamento femminile, ed arrestato ai sensi dell’art. 220 dello
stesso testo unico, perché colto in flagranza, il pretore di Torino,
con ordinanza del 24 ottobre 1968, su istanza della difesa, sollevava
questione di legittimità costituzionale di esso art. 220, nella parte
in cui richiama l’art. 85, per contrasto con gli artt. 3 e 13 della
Costituzione.
Premesso che la norma denunziata prevede l’arresto obbligatorio per
chi è colto in flagranza di una contravvenzione punita con la sola
pena pecuniaria, il pretore prospetta, da un lato, la disparità di
trattamento rispetto all’ipotesi di chi, pur essendo colto in flagranza
di un reato per il quale è comminata una pena detentiva (ovvero una
pena pecuniaria alternativa ad una detentiva) non può, invece, essere
arrestato; dall’altro, la lesione del precetto costituzionale
sull’inviolabilità della libertà personale, della quale viene privato
l’autore di un reato per cui la pena detentiva non è prevista.
L’ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 329 del 28 dicembre 1968. Nel
giudizio innanzi a questa Corte non vi è stata costituzione di parte.
2. – La medesima questione è stata denunziata, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, per identico motivo, con ordinanza del
26 ottobre 1968, del pretore di Torino, nel procedimento penale a
carico di Giuliano Scandagli, e, in riferimento all’art. 13 della
Costituzione, sotto un profilo parzialmente diverso, con ordinanza del
20 agosto 1968, del pretore di Roma, nel procedimento a carico di
Aurelio Melezzi.
Il Pretore di Roma, quanto alla violazione dell’art. 13 della
Costituzione, osserva che, con tale precetto, si sarebbe consentita
all’autorità di pubblica sicurezza l’adozione di provvedimenti
restrittivi della libertà personale soltanto nei casi di necessità ed
urgenza tassativamente stabiliti dalla legge e che non potrebbe,
comunque, esserle attribuito il potere di procedere all’arresto,
allorquando non sia prevista per il reato una sanzione detentiva,
stante l’impossibilità di convertire la provvisoria detenzione in
espiazione di pena.
Entrambe le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono
state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell’8 gennaio 1969.
Neppure in questi giudizi innanzi alla Corte vi è stata costituzione
di parte.
3. – Altra questione di legittimità costituzionale della stessa
disposizione è stata sollevata, in riferimento agli artt. 13 e 27
della Costituzione, con ordinanza del 7 ottobre 1969, dal pretore di
Sampierdarena, nel corso di un procedimento penale, iniziato con il
rito direttissimo, a carico di Pietro Massarini, imputato della
medesima contravvenzione.
Per il pretore, le ragioni di prevenzione e sicurezza sociale non
sussisterebbero, oltre che per argomenti analoghi a quelli contenuti
nelle precedenti ordinanze, anche per lo sproporzionato rigore
dell’arresto in flagranza rispetto alla sanzione comminata in astratto:
il che violerebbe, altresì, il principio della funzione rieducativa
della pena. E l’arresto in flagranza, non essendo neppure giustificato
dall’interesse dell’identificazione del reo, per la quale sono
predisposte altre norme, si risolverebbe in una sanzione amministrativa
insindacabile.
L’ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 311 del 10 dicembre 1969.
Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi è stata costituzione di
parte.
1.- Le quattro cause, congiuntamente trattate perché attinenti
alla stessa materia, vanno decise con unica sentenza.
2.- La norma impugnata (art. 220 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773)
prescrive l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza per chi
contravviene all’art. 85 dello stesso testo unico, che prevede soltanto
la pena pecuniaria dell’ammenda.
Questa Corte è chiamata a pronunciarsi se detta norma, in quanto
impone l’arresto in flagranza per il solo fatto che taluno compaia
mascherato in luogo pubblico o aperto al pubblico, sia in contrasto con
i seguenti articoli della Costituzione:
1) art. 3: per la diversità di trattamento rispetto all’ipotesi di
chi, pur essendo colto in flagranza di reato per il quale è prevista
una pena detentiva (ovvero una pena pecuniaria alternativa ad una
detentiva), non può essere arrestato (ord. 24 e 26 ottobre 1968 del
pretore di Torino);
2) art. 13: a) per la preventiva privazione della libertà
personale a seguito di un reato per il quale non è comminata una pena
detentiva (ord. 24 ottobre 1968 del pretore di Torino); b) per
l’esclusione, nelle ipotesi considerate, di uno di quei “casi di
necessità e di urgenza tassativamente stabiliti dalla legge” (ord. 7
ottobre 1969 del pretore di Sampierdarena), che consentono la
privazione della libertà personale senza ordine o mandato soltanto se
sussistano i presupposti per l’arresto obbligatorio (ord. 20 agosto
1968 del pretore di Roma); c) per il carattere anomalo “di natura
amministrativa” e “sottratta ad ogni sindacato” di questa “sanzione
anticipata rispetto al giudizio” (ord. 7 ottobre 1969 del pretore di
Sampierdarena);
3) art. 27: per lo sproporzionato rigore dell’arresto rispetto alla
sanzione pecuniaria comminata per il reato e per la conseguente
violazione della funzione rieducativa della pena (ord. 7 ottobre 1969
del pretore di Sampierdarena).
3. – La questione, così come è stata proposta, è fondata: la
norma, prevedendo l’arresto obbligatorio di chi, tutto al più, sarà
passibile della pena dell’ammenda, viola l’art. 3 della Costituzione.
E, invero, nel t.u. delle leggi di p.s. del 1931, non vi sono altri
casi in cui sia statuito l’arresto per un reato che comporta la sola
pena pecuniaria; mentre, d’altro canto, il codice di procedura penale
vigente prescrive l’obbligatorietà della misura restrittiva della
libertà personale a titolo di custodia preventiva solo per reati e
situazioni (obiettive o subiettive) di singolare gravità (artt. 235 e
253) e ne esclude, di regola, persino la facoltatività se per il reato
non è comminata una pena detentiva (artt. 236 e 254; vedi anche art.
238).
Del resto, la custodia preventiva di chi compaia mascherato in
luogo pubblico non si giustifica né con la gravità del reato, che,
anzi, la legge stessa considera di così scarsa entità da comportare,
come si è detto, la sanzione contravvenzionale dell’ammenda; né con
ragionevoli motivi di prevenzione, ché la mascheratura è lungi dal
denotare, di per sé, una qualsiasi pericolosità del soggetto attivo;
né coi precedenti legislativi, in quanto l’art. 49, secondo comma, del
t.u. delle leggi di p.s. 30 giugno 1889, n. 6144, prevedeva l’arresto,
solo facoltativo, ma per il rifiuto di togliersi la maschera, ossia per
un fatto diverso. È significativo che persino l’art. 83 del t.u. delle
leggi di p.s. 6 novembre 1926, n. 1848, era meno severo della norma
denunziata, dappoiché non imponeva obbligatoriamente l’arresto né per
chi compariva mascherato in luogo pubblico, né per chi, invitato, non
si toglieva la maschera.
4. – Le altre questioni, sollevate in riferimento agli artt. 13 e
27 della Costituzione, restano assorbite.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 220 del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno
1931, n. 773, nella parte in cui, richiamando l’art. 85 dello stesso
testo unico, impone l’arresto in flagranza di chi contravvenga al
divieto di comparire mascherato in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 marzo 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.