Sentenza N. 394 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
28/07/2000
Data deposito/pubblicazione
28/07/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
13/07/2000
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI,
Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato
per i non abbienti), promossi con ordinanze emesse il 9 aprile 1999
dal Tribunale di Locri sull’istanza proposta da De Luca Raffaele,
iscritta al n. 333 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale,
dell’anno 1999, e il 21 dicembre 1998 dal Tribunale di Lanciano sul
reclamo proposto da Rosato Rossano, iscritta al n. 72 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
sull’istanza di liquidazione del compenso professionale, presentata
dall’avvocato difensore (iscritto extra districtum) nominato da un
imputato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, con
ordinanza del 9 aprile 1999 ha sollevato questione di legittimità
costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24, commi secondo e
terzo, della Costituzione dell’art. 9 della legge 30 luglio 1990,
n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non
abbienti), nella parte in cui impone agli imputati non abbienti di
scegliere il proprio difensore fra i professionisti iscritti agli
albi del distretto di Corte d’appello in cui ha sede il giudice
davanti al quale pende il procedimento.
Il Tribunale ritiene che la questione sia rilevante, in quanto la
norma impugnata trova diretta applicazione nel giudizio a quo e sia
non manifestamente infondata.
Deduce che, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, il
citato art. 9 introdurrebbe una discriminazione ingiustificata, sia
tra gli imputati non abbienti e quelli abbienti – poiché i primi
devono scegliere il proprio avvocato all’interno del distretto di
Corte d’appello, mentre i secondi possono nominare qualunque
difensore nell’ambito del territorio nazionale -, sia tra gli stessi
imputati non abbienti, alcuni dei quali potrebbero essere giudicati
in un distretto dove hanno rapporti di fiducia con qualche difensore
ivi esercitante, mentre altri potrebbero essere sottoposti a giudizio
in un distretto in cui non hanno siffatti rapporti.
Inoltre, la limitazione introdotta dalla norma impugnata, essendo
fondata sulla mera base territoriale, non sarebbe preordinata alla
tutela di interessi ed al perseguimento di finalità di tale
rilevanza da giustificare una così grave compressione del diritto di
difesa sostanziale degli imputati privi di mezzi, sancito
dall’art. 24, commi secondo e terzo, della Costituzione.
2. – Anche il Tribunale di Lanciano – sezione penale, con
ordinanza emessa il 21 dicembre 1998 e pervenuta alla Corte
costituzionale il 1° febbraio 2000, ha sollevato la medesima
questione di legittimità costituzionale, nell’ambito di un giudizio
sul reclamo promosso dall’imputato avverso il decreto pretorile con
il quale era stata rigettata la sua richiesta di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, a causa della nomina di un avvocato
iscritto extra districtum.
Secondo il giudice a quo la formulazione letterale dell’art. 9
della legge n. 217 del 1990 e la sua ratio ne renderebbero evidente
la perdurante vigenza anche dopo l’abolizione della figura e
dell’albo dei procuratori legali. La norma denunziata risulterebbe
discriminatoria, poiché gli imputati abbienti potrebbero scegliere
come difensore il professionista che più ispira loro fiducia, mentre
quelli non dotati di mezzi potrebbero sceglierlo solo entro una rosa
territorialmente limitata: la loro difesa risulterebbe così
“sostanzialmente d’ufficio, anche ove formalmente di fiducia”. Ciò
comporterebbe la violazione dell’art. 3, secondo comma, della
Costituzione, che impone di rimuovere gli ostacoli di ordine
economico che limitano di fatto l’eguaglianza dei cittadini.
Inoltre, la suddetta limitazione violerebbe anche il diritto di
difesa del non abbiente, sancito dall’art. 24, commi secondo e terzo,
della Costituzione: infatti, condizionare la scelta del difensore di
fiducia limitandola ad un ambito territoriale (magari non coincidente
con quello nel quale l’imputato vive, opera ed instaura rapporti)
significherebbe privare di contenuto e di effettività il diritto al
cui esercizio la scelta è finalizzata. In sintesi, la difesa
inviolabile non sarebbe più tale, ove si pretendesse di apporre
delle condizioni limitative al suo esercizio concreto.
Il Tribunale di Lanciano riconosce come la Corte costituzionale
abbia ritenuto conformi all’art. 24, comma terzo, della Costituzione
anche sistemi non del tutto adeguati alla migliore difesa dei non
abbienti, ma costituenti pur sempre appositi istituti diretti a tale
scopo (sentenze n. 114 del 1964, n. 97 del 1970, n. 149 del 1972,
n. 35 del 1973). Tuttavia ritiene che tale orientamento meriti
riconsiderazione alla luce del sistema introdotto dalla legge n. 217
del 1990, nell’ambito della quale non paiono potersi giustificare le
limitazioni imposte dalla norma impugnata, che creano
differenziazioni e lacune di effettività della difesa non solo tra
abbienti e non abbienti, ma anche tra questi ultimi.
3. – In entrambi i giudizi di legittimità costituzionale è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata.
La difesa erariale rileva come la Corte costituzionale abbia più
volte respinto questioni di legittimità costituzionale relative alla
disciplina del gratuito patrocinio, di cui al r.d. 30 dicembre 1923,
n. 3282, il quale fino al 1990 costituiva attuazione dell’art. 24
della Costituzione anche per i giudizi penali.
Con l’emanazione della legge n. 217 del 1990, in tali giudizi la
difesa dei non abbienti ha trovato autonoma e più coerente
disciplina: il difensore è infatti scelto dallo stesso soggetto
ammesso al beneficio, cui viene riconosciuta una facoltà in tal
senso, ignota alla precedente disciplina. L’unica limitazione è che
il difensore sia iscritto ad uno degli albi del distretto nel quale
ha sede il giudice procedente, per evitare – secondo l’Avvocatura –
“che la scelta ricada con maggiore frequenza su studi o difensori che
abbiano peculiare notorietà”.
Detta limitazione non sarebbe dunque ingiustificata e non darebbe
luogo ad alcuna ingiustificata discriminazione tra situazioni
omogenee, essendo, al contrario, ragionevolmente predisposta per
garantire una effettiva realizzazione del diritto di difesa.
Secondo l’Avvocatura dello Stato, non vi sarebbe alcuna
violazione nemmeno dell’art. 24 della Costituzione, poiché le
eventuali differenziazioni di trattamento fra imputati che derivino
da circostanze di mero fatto non sarebbero idonee ad incidere sulla
valutazione di conformità alla Costituzione della norma impugnata.
La difesa erariale richiama conclusivamente la giurisprudenza
costituzionale in materia di gratuito patrocinio, ove si è sempre
sottolineato come la disciplina positiva, pur perfettibile, non
contrasti comunque, nel complesso, con la Costituzione.
medesima questione di legittimità costituzionale in riferimento agli
artt. 3 e 24, commi secondo e terzo, della Costituzione – dell’art. 9
della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a
spese dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui impone agli
imputati non abbienti di scegliere il proprio difensore fra i
professionisti iscritti agli albi del distretto di Corte d’appello in
cui ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento.
Va, quindi, disposta la riunione dei relativi giudizi di
legittimità costituzionale.
2. – La questione è infondata.
Questa Corte ha precisato (sentenze n. 61 del 1996 e n. 54 del
1977) che il legislatore, nella sua discrezionalità, può stabilire
criteri relativi all’ambito territoriale di esercizio della difesa
tecnica, “a tutela non solo della funzionalità dell’organizzazione
giudiziaria, ma anche di altri interessi meritevoli di protezione”,
tra cui non possono trascurarsi le esigenze di bilancio dello Stato.
Queste esigenze, come risulta dai lavori preparatori, sono state
attentamente considerate durante l’iter di formazione della legge
n. 217 del 1990, in riferimento sia al costo delle prestazioni
professionali dei difensori, sia al rimborso delle eventuali spese di
trasferta da essi sopportate. Il disegno di legge governativo
prevedeva un limite diverso da quello oggi contestato, consistente
non nel divieto di nominare un difensore esercente extra districtum
ma in quello di non rimborsargli le spese per le trasferte effettuate
al di fuori del distretto del giudice procedente: ciò – si legge
nella relazione accompagnatoria al d.d.l. – “per far sì che la
scelta si orienti su difensori con studio in località vicine a
quella in cui si trova l’autorità giudiziaria competente, e
contenere così l’onere per l’Erario”. Tale limite è stato poi
modificato, in seguito all’approvazione alla Camera di un apposito
emendamento, in quello vigente, consentendo così di rispettare
maggiormente la dignità professionale dei difensori, ai quali
peraltro è fatto divieto di ottenere rimborsi dall’assistito
(art. 13). Inoltre, l’art. 12 della legge vieta di liquidare i
compensi spettanti ad essi (nonché ai consulenti tecnici d’ufficio e
di parte) in misura superiore ai valori medi delle tariffe
professionali vigenti. Entrambe tali limitazioni non oltrepassano il
limite della ragionevolezza, rappresentando uno dei possibili modi di
contemperamento dei principi di difesa e di uguaglianza con altre
esigenze meritevoli di considerazione.
3. – Anche in riferimento all’art. 24, commi secondo e terzo,
della Costituzione la restrizione territoriale di cui si discute non
risulta illegittima, in quanto il diritto di difesa è
sufficientemente garantito, considerando che, all’interno di ognuno
dei distretti di Corte d’appello, vi è un’ampia possibilità di
scelta del difensore tra i numerosi avvocati ivi esercenti, e che la
garanzia costituzionale della difesa non esclude, quanto alle sue
modalità, la competenza del legislatore di darvi attuazione sulla
base di scelte discrezionali non irragionevoli (cfr. le sentenze
n. 165 del 1993 e n. 194 del 1992). Una volta accertata la non
irragionevolezza della delimitazione dell’ambito territoriale in
oggetto e la sufficiente garanzia di difesa, ogni altro profilo di
censura attiene a differenze di mero fatto non rilevanti nel giudizio
di costituzionalità.
Né infine rileva, nella presente questione, la sopravvenuta
legge 24 febbraio 1997, n. 27 che, nel perseguimento di finalità
diverse rispetto a quelle cui è ispirata la legge n. 217 del 1990,
ha abolito l’albo dei procuratori legali, senza far venir meno i
suesposti motivi che giustificano i criteri territoriali stabiliti
dalla norma impugnata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi;
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 9 della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del
patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), sollevata con le
ordinanze indicate in epigrafe, in riferimento agli articoli 3 e 24,
secondo e terzo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 13 luglio 2000.
Il Presidente: Mirabelli
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 28 luglio 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola