Sentenza N. 401 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
18/11/1993
Data deposito/pubblicazione
18/11/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/11/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia
previdenziale per il personale degli enti locali), promosso con
ordinanza emessa il 19 febbraio 1992 dal T.A.R. per la Toscana sul
ricorso proposto da Becattini Marisa, vedova Gennai contro l’U.S.L.
n. 10/G di Sesto Fiorentino, iscritta al n. 167 del registro
ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 17, prima serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
relatore Luigi Mengoni.
Gennai contro l’USL di Sesto Fiorentino per ottenere l’indennità
spettante al defunto marito, a norma dell’art. 16 della legge 8 marzo
1968, n. 152, per il periodo di servizio non di ruolo prestato
anteriormente all’assunzione in ruolo, il T.A.R. per la Toscana, con
ordinanza del 19 febbraio 1992, pervenuta a questa Corte il 1 aprile
1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16,
secondo comma, della legge citata, nella parte in cui prevede il
computo della predetta indennità sull’ultima retribuzione in
godimento alla data di entrata in vigore della legge medesima, senza
disporre che la base di computo sia rivalutata in relazione alla data
della cessazione definitiva del rapporto.
Premesso che le indennità di fine rapporto sono soggette al
principio dell’art. 36 della Costituzione in ragione della loro
natura di retribuzione differita, il giudice remittente osserva che
lo spostamento dell’esigibilità dell’indennità per cessazione dal
servizio non di ruolo alla data di estinzione del rapporto, fermo
restando per la liquidazione dell’indennità il riferimento allo
stipendio in godimento alla data di entrata in vigore della legge n.
152 del 1968, comporta, a causa dei processi di erosione del potere
di acquisto della moneta, una violazione del criterio di proporzione
alla quantità e qualità del lavoro prestato, tanto più grave
quanto più lungo è il periodo intercorso tra le due date (nella
specie diciannove anni).
La norma impugnata sarebbe in contrasto anche col principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, “in quanto consente
che a parità di servizio non di ruolo corrisponda una indennità
premio di servizio, seppure nominalmente uguale, sostanzialmente
diversa in relazione al differente momento di cessazione dal servizio
per effetto della inflazione monetaria”.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
della legge 8 marzo 1968, n. 152, nella parte in cui per i dipendenti
degli enti locali dispone che l’indennità per cessazione dal
servizio non di ruolo (in quanto non computabile ai fini
dell’indennità premio di servizio ai sensi dell’art. 4, secondo
comma, lett. b) “è computata sull’ultimo stipendio o salario in
godimento alla data di entrata in vigore della presente legge”, senza
prevedere la rivalutazione monetaria del parametro retributivo con
riguardo al momento della cessazione definitiva del rapporto.
2. – La questione è fondata.
Giustamente il giudice a quo ha disatteso la tesi della
ricorrente, secondo cui la questione sarebbe risolvibile sul piano
interpretativo in via di applicazione diretta degli artt. 429, terzo
comma, cod. proc. civ. e 150 delle relative disposizioni di
attuazione. Queste norme presuppongono un credito di lavoro liquido
ed esigibile e attribuiscono al lavoratore il diritto agli interessi
e al maggior danno da svalutazione monetaria per il periodo di
ritardo del pagamento decorrente dal giorno della maturazione del
diritto. Tale presupposto non si verifica nel caso in esame, posto
che l’indennità per i periodi pre-ruolo prestati anteriormente
all’entrata in vigore della legge n. 152 del 1968 non diventa
esigibile alla data di riferimento per la determinazione della base
di computo, bensì – contemporaneamente all’indennità premio di fine
servizio e in aggiunta a questa – alla data di cessazione definitiva
del rapporto. Solo da tale data (nella specie il 21 settembre 1987)
la ricorrente può pretendere, secondo il diritto vigente, gli
interessi corrispettivi ed eventualmente la rivalutazione monetaria
della somma capitale.
In questi termini, peraltro, la norma in esame contrasta
palesemente con l’art. 36 della Costituzione perché la somma
determinata per il titolo e nella misura ivi previsti perde
progressivamente la proporzione alla quantità e qualità del lavoro
prestato (fino a ridursi al presente a una somma quasi irrisoria) in
ragione diretta del tempo trascorso tra le due date suddette, a causa
del costante processo di erosione del potere di acquisto della
moneta, che nel decennio
1974-1984 ha toccato percentuali molto elevate.
3. – Resta assorbita l’altra censura riferita all’art. 3 della
Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, secondo
comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia
previdenziale per il personale degli enti locali), nella parte in cui
non prevede la rivalutazione, con riguardo alla data di cessazione
definitiva del rapporto, della retribuzione sulla quale si computa
l’indennità per cessazione dal servizio non di ruolo prestato
anteriormente all’entrata in vigore della legge medesima.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, 12 novembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 18 novembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA