Sentenza N. 406 del 2001
Corte Costituzionale
Data generale
14/12/2001
Data deposito/pubblicazione
14/12/2001
Data dell'udienza in cui è stato assunto
03/12/2001
Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
25, commi 2, 3, 4 e 5; 26, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo
17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in
materia di libera circolazione dei medici e di reciproco
riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle
direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la
direttiva 93/16/CEE), promosso con ricorso della Provincia autonoma
di Trento, notificato il 22 novembre 1999 depositato in cancelleria
il 30 successivo ed iscritto al n. 37 del registro ricorsi 1999.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 25 settembre 2001 il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
Udito l’Avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e l’Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
22 novembre 1999 e depositato il 30 novembre 1999, ha sollevato
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24, comma 2; 25,
commi 2, 3, 4 e 5; 26, commi 1, 2, e 3 del decreto legislativo
17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in
materia di libera circolazione dei medici e di reciproco
riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle
direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la
direttiva 93/16/CEE).
In via preliminare, la Provincia ricorrente precisa che
l’impugnativa investe il solo Titolo IV della normativa statale,
relativo alla “Formazione specifica in medicina generale”, cioè alla
formazione postlaurea, non di carattere universitario; materia che
dovrebbe rientrare nell’ambito della competenza legislativa ed
amministrativa provinciale, sia sotto il profilo dell’assistenza
sanitaria, sia sotto il profilo della formazione.
In particolare, la illegittimità riguarderebbe l’art. 24,
comma 2 del predetto decreto legislativo, nella parte in cui dispone
che il diploma di formazione in medicina generale sia rilasciato “da
parte degli assessori regionali alla sanità” e sia “conforme al
modello predisposto con decreto del Ministro della sanità”.
I profili di illegittimità si rifletterebbero, secondo la
ricorrente, sia sulla diretta individuazione della competenza
assessoriale al rilascio del diploma, sia sul modello ministeriale
uniforme cui il diploma dovrebbe conformarsi.
Secondo la prospettazione della ricorrente non sussisterebbe
alcuna ragione che imponga una uniformità nel modello di diploma;
tuttavia, qualora tali ragioni sussistessero, dovrebbero essere
soddisfatte secondo il principio della collaborazione nell’ambito
della funzione di indirizzo e coordinamento.
L’art. 25, nei commi 2 e 3 prevede che le Regioni e le Province
autonome forniscano al Ministero il numero dei partecipanti ai corsi
e che il Ministero emani “il bando di concorso per l’ammissione al
corso biennale di formazione”.
La Provincia ricorrente assume, di contro, che l’organizzazione
dei corsi dall’inizio alla fine, comprensiva del bando di ammissione,
rientrerebbe nella propria potestà legislativa primaria.
Analogamente, il comma 3 del medesimo art. 25 disciplinerebbe in
modo dettagliato lo svolgimento dei concorsi per l’ammissione ai
corsi di formazione e prevederebbe una gestione “accentrata” dei
concorsi, con palese violazione dell’autonomia legislativa ed
amministrativa della Provincia.
Con i commi 4 e 5 dell’art. 25 sono disciplinati in modo
dettagliato altri aspetti della procedura concorsuale (giorno, ora e
luogo della prova scritta, nonché i candidati che sono assegnati a
ciascuna commissione, nel caso di costituzione di più commissioni).
Anche in questo caso la censura si concretizza nella sottrazione
alle autonomie costituzionali di competenze proprie.
Viene, infine, censurata la norma di cui all’art. 26, commi 1, 2
e 3, nella parte in cui prevede la determinazione degli obiettivi
didattici, le metodologie di insegnamento e apprendimento,
l’articolazione della formazione, l’individuazione delle strutture
ospedaliere, distrettuali e dipartimentali in cui svolgere la
formazione.
Ad avviso della ricorrente le esigenze di uniformità e di
coordinamento avrebbero dovuto essere soddisfatte attraverso la
funzione di indirizzo e coordinamento e non con la lesione delle
prerogative costituzionali della Provincia stessa.
2. – Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato,
che ha concluso per la infondatezza del ricorso.
In particolare sottolinea che il decreto legislativo n. 368 del
1999 ha recepito la direttiva comunitaria n. 93/16/CEE, che ha
dettato, tra l’altro, norme in materia di formazione specifica in
medicina generale, con lo scopo di uniformare la materia in tutti gli
Stati membri, in forza del principio di libera circolazione. Tale
esigenza, il legislatore nazionale, ha inteso soddisfare,
assicurando, nei limiti delle proprie competenze, una uniformità
nella formazione esistente sul territorio italiano.
Ed infatti, il legislatore si è limitato ad emanare norme
“cornice” ed a fissare alcuni punti fermi (laddove la Provincia
autonoma non aveva ancora esercitato la propria autonomia
legislativa), al fine di dare una completa attuazione alla direttiva,
onde assicurare un omogeneo sviluppo nell’organizzazione dei corsi su
tutto il territorio nazionale.
3. – Nell’imminenza della data fissata per la pubblica udienza,
la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria,
sottolineando la fondatezza dei motivi di ricorso.
In particolare, nel contrastare le conclusioni rassegnate
dall’Avvocatura dello Stato, sottolinea che la normativa impugnata
andrebbe valutata sulla base del diritto italiano ed, in particolare,
in base alle regole che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le
autonomie regionali, e non in relazione alla normativa comunitaria.
Viene, inoltre, richiamata la sentenza n. 316 del 1993, con cui
questa Corte ha riconosciuto il diritto della Provincia autonoma di
Bolzano di disciplinare con propria legge la formazione pratica dei
medici di medicina generale. A seguito di tale pronuncia la predetta
Provincia ha promulgato la legge provinciale 26 agosto 1993, n. 14,
recante “Formazione specifica in medicina generale e specialistica e
applicazione di norme statali in materia di concorsi pubblici presso
le unità sanitarie locali”.
Anche l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una
memoria, con cui, sottolineando, in particolare, che lo Stato deve
garantire che la formazione in concreto si svolga in conformità alla
normativa comunitaria in tutto il territorio nazionale, con
necessarie disposizioni di attuazione uniformi, ha eccepito la
inammissibilità del ricorso, sul rilievo del carattere suppletivo
della normativa impugnata, non avendo la Provincia ricorrente
legiferato in ordine alla formazione specifica in medicina generale.
via principale all’esame della Corte con ricorso della Provincia
autonoma di Trento hanno per oggetto il Titolo IV (Formazione
specifica in medicina generale) del decreto legislativo 17 agosto
1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di
libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro
diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE)
ed in particolare investono gli artt. 24, comma 2; 25, commi 2, 3, 4
e 5; 26, commi 1, 2 e 3.
Con il ricorso viene denunciata la violazione degli artt. 8,
numeri 1 e 29; 9, numero 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); del d.P.R. 28 marzo
1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione
Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita) del d.P.R. 1
novembre 1973, n. 689 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la Regione Trentino-Alto Adige concernente addestramento e formazione
professionale); degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale
di indirizzo e coordinamento); dei principi posti dall’art. 2,
comma 1, lettera h) della legge di delega 24 aprile 1998, n. 128
(Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dalla
appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria
1995-1997). Viene dedotta la violazione del principio di leale
collaborazione, in quanto le norme impugnate impongono l’adozione di
un modello di diploma uniforme ed individuano la competenza
assessoriale al rilascio dello stesso; sottraggono l’organizzazione
dei corsi alla potestà legislativa primaria della Provincia e
disciplinano in modo dettagliato lo svolgimento dei concorsi per
l’ammissione ai corsi di formazione ed altri aspetti della procedura
concorsuale, nonché prevedono la determinazione degli obiettivi
didattici, le metodologie di insegnamento, l’articolazione della
formazione, l’individuazione delle strutture ospedaliere,
distrettuali e dipartimentali in cui svolgere la formazione, con
conseguente lesione delle prerogative costituzionali della Provincia
ricorrente.
2. – Il ricorso è privo di fondamento. Il d.lgs 17 agosto 1999,
n. 368, per quanto interessa le questioni sollevate, ha la finalità
di dare una attuazione completa alle esigenze minime di assicurare la
formazione specifica in medicina generale per l’esercizio della
relativa attività nell’ambito del servizio sanitario nazionale. Tali
esigenze corrispondono alla necessità di rendere operante (con un
primo intervento di carattere generale, che non poteva consentire
vuoti in talune Regioni) il sistema di formazione dei medici
anzidetti, in conformità alla direttiva comunitaria.
L’unica interpretazione costituzionalmente compatibile delle
disposizioni impugnate è quella che, per la Regione Trentino-Alto
Adige e le componenti Province autonome titolari di competenze
specifiche in materia (cfr. per la Provincia autonoma di Bolzano la
sentenza n. 316 del 1993), le norme in questione sono cedevoli con
carattere suppletivo, rispetto a quelle che la Provincia autonoma di
Trento potrà emanare nei limiti della propria competenza, e fermo il
rispetto delle norme comunitarie e nazionali cogenti.
Infatti, non vi sono motivi per discostarsi dall’indirizzo
espresso nella sentenza n. 349 del 1991, secondo cui, nelle materie
di competenza esclusiva delle anzidette Province autonome, spetta
alle Province stesse il potere di dare attuazione immediata (ed anche
indipendentemente dalla previa emanazione di legge statale) alle
direttive comunitarie per assicurare uno omogeneo sviluppo dei corsi
per i medici generici anzidetti su tutto il territorio nazionale. In
tali materie, ove il legislatore provinciale non abbia provveduto e
finché non provveda, la legge statale di attuazione opera in via
suppletiva e nella integrità delle sue disposizioni; cfr. art. 9,
commi 1 e 4, della legge 9 marzo 1989, n. 86 (sentenza n. 346 del
1991);
Nessuna lesione si è pertanto prodotta nella sfera di competenza
della Provincia autonoma di Trento; di conseguenza le questioni sono
infondate sotto tutti i profili denunciati.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 24, comma 2; 25, commi 2, 3, 4 e 5; 26, commi 1, 2 e 3,
del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della
direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di
reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri
titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che
modificano la direttiva 93/16/CEE), sollevate, in riferimento
all’art. 8, numeri 1 e 29; all’art. 9, numeri 10 e 16 del d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello
statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e
sanita), al d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige concernente
addestramento e formazione professionale); agli artt. 2 e 3 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché
la potestà statale di indirizzo e coordinamento); e dei principi
posti dall’art. 2, comma 1, lettera h) della legge di delega
24 aprile 1998, n. 128 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi
derivanti dalla appartenenza dell’Italia alle comunità europea.
Legge comunitaria 1995-1997) dalla Provincia autonoma di Trento con
il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.
Il Presidente: Santosuosso
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 14 dicembre 2001.
Il direttore della cancelleria: Di Paola