Sentenza N. 407 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
24/12/1996
Data deposito/pubblicazione
24/12/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/12/1996
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI;
della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
magistratura), promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1994 dal
tribunale amministrativo regionale per la Sardegna sui ricorsi
proposti da Buttiglione Fiorentina Maria Antonietta ed altre nei
confronti della Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari ed
altri, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 1996 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie
speciale, dell’anno 1996;
Visti gli atti di costituzione di Buttiglione Fiorentina Maria
Antonietta ed altre e di Salis Lucia, nonché l’atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 12 novembre 1996 il giudice
relatore Fernando Santosuosso;
Udito l’Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Maria Antonietta ed altre, tutte magistrato ordinario, nonché da
Salis Lucia, avvocato dello Stato, nei confronti della Direzione
provinciale del Tesoro di Cagliari, avente ad oggetto il
riconoscimento del loro diritto all’indennità di cui all’art. 3
della legge 19 febbraio 1981, n. 27, durante il periodo di congedo
per maternità, il tribunale amministrativo regionale per la regione
Sardegna, con ordinanza emessa il 6 dicembre 1994, ma pervenuta alla
Corte costituzionale il 6 marzo 1996, ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3 e 37 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio
1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), nella
parte in cui esclude la corresponsione della speciale indennità ivi
prevista durante i periodi di assenza obbligatoria o facoltativa di
cui agli artt. 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.
Osserva il rimettente, che l’indennità in questione ha ormai
assunto la natura di contributo forfettario alle spese ed agli oneri
che tutti i magistrati incontrano nello svolgimento della loro
attività, indipendentemente dall’effettiva presenza in servizio.
Pertanto, la mancata corresponsione dell’indennità speciale nel
periodo in questione, oltre che irragionevole, determinerebbe
un’ingiustificata disparità di trattamento fra i magistrati in
servizio e quelli obbligatoriamente allontanati o comunque
legittimamente assenti.
La disposizione censurata sarebbe anche in contrasto con l’art. 37
della Costituzione che impone al legislatore di approntare
un’adeguata protezione per la madre lavoratrice, non apparendo
ragionevole l’equiparazione delle assenze dal lavoro per aspettativa
o per altre cause alla obbligatoria astensione dall’attività
lavorativa per maternità.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono
costituite le ricorrenti insistendo per l’accoglimento della
questione.
3. – È anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l’inammissibilità o per l’infondatezza della
questione.
Ha osservato la difesa erariale che, non essendo equiparabile la
situazione dei magistrati in servizio a quella degli assenti per
causa legittima, rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore,
nel caso non irragionevolmente esercitata, prevedere che alla
presenza in servizio sia collegata la corresponsione di una
determinata indennità.
Né, ha infine osservato l’Avvocatura dello Stato, potrebbe
ritenersi irragionevole la mancata corresponsione dell’indennità
durante le assenze dal servizio per maternità, posto che
l’indennità in oggetto ha natura ed entità complementare rispetto
al complessivo trattamento economico che viene conservato nella sua
interezza proprio a protezione della maternità.
Per le suesposte considerazioni sarebbe insussistente anche la
prospettata violazione dell’art. 37 della Costituzione.
4. – In prossimità dell’udienza ha presentato memoria il difensore
delle ricorrenti, ribadendo le già formulate conclusioni.
in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, della
legittimità costituzionale dell’art. 3, primo comma, della legge 19
febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura),
nella parte in cui esclude la corresponsione della speciale
indennità ivi prevista durante i periodi di assenza obbligatoria o
facoltativa di cui agli artt. 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n.
1204.
Tale esclusione sarebbe, ad avviso del giudice rimettente,
irragionevole, sia perché l’indennità in questione ha assunto la
natura di voce fissa e ricorrente della retribuzione, sia in quanto
le assenze durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità
presentano il carattere della obbligatorietà.
Oltre che irragionevole, la mancata corresponsione determinerebbe
un’ingiustificata disparità di trattamento tra i magistrati in
servizio e quelli obbligatoriamente assenti, nonché una violazione
dell’art. 37 della Costituzione che impone al legislatore di
approntare un’adeguata protezione per la madre lavoratrice.
2. – La questione deve ritenersi non fondata.
Questa Corte con la sentenza n. 238 del 1990 ha già esaminato
analoga questione sollevata dallo stesso tribunale amministrativo
regionale; in quell’occasione, tuttavia, il giudice rimettente aveva
lamentato una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla
generalità delle dipendenti statali, che durante il periodo di
astensione dal lavoro per maternità, non subiscono alcuna
decurtazione dello stipendio.
Nel ritenere infondata la questione, questa Corte ebbe ad osservare
che l’indennità in esame è espressamente collegata ai particolari
“oneri” che i magistrati “incontrano nello svolgimento della loro
attività”, la quale comporta peraltro un impegno senza prestabiliti
limiti temporali, e che la corresponsione della stessa è
strettamente connessa all’effettiva prestazione del servizio.
La rilevata necessaria correlazione che sussiste tra la
corresponsione dell’indennità e il concreto esercizio delle
funzioni, consente di superare i dedotti profili di irragionevolezza;
tant’è che anche durante il periodo di aspettativa per infermità
derivante da riconosciuta causa di servizio, l’emolumento in esame
non viene corrisposto, e ciò in quanto l’insieme degli oneri, in
relazione ai quali tale indennità è stata istituita, viene meno
quando il servizio, per qualsiasi causa, non è concretamente
prestato.
In ordine alla denunciata violazione dell’art. 37 della
Costituzione sotto il profilo che la norma impugnata non
assicurerebbe adeguata protezione alla lavoratrice madre, può
osservarsi, come in più occasioni affermato da questa Corte
(sentenze nn. 423 del 1995, 181 del 1993 e 132 del 1991), che
indubbiamente il rilievo costituzionale del valore rappresentato dal
ruolo di madre della lavoratrice «comporta che, nel rapporto di
lavoro, non possono frapporsi né ostacoli, né remore alla
gravidanza e alla cura del bambino nel periodo di puerperio, dovendo
essere assicurata una “speciale adeguata protezione” al bambino e
alla madre, la quale deve essere posta in condizioni (di lavoro) tali
da poter adempiere alla sua essenziale funzione familiare» .
In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto non conformi
al citato parametro costituzionale alcune disposizioni che
penalizzavano fortemente il trattamento economico delle lavoratrici
madri, tanto da indurle ad evitare la gravidanza.
Nel caso in esame, al contrario, alla donna magistrato assente per
maternità vengono conservati – oltre che il posto e la sede – anche
lo stipendio nella sua interezza. Del resto, il meccanismo di
corresponsione della indennità di maternità di cui all’art. 15
della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, comporta anch’esso un
sacrificio economico per la donna lavoratrice, atteso che la misura
dell’indennità di maternità è pari all’ottanta per cento della
retribuzione goduta durante l’espletamento dell’attività lavorativa.
Ciò nonostante, questa Corte ha affermato (sentenza n. 132 del 1991)
che questa disciplina non viola il principio posto dalla Costituzione
a tutela delle lavoratrici madri, essendo diretta a tenere indenne la
donna, sia pure in maniera non completa, dalla perdita del reddito
conseguente all’astensione dal lavoro per gravidanza.
Non risultano pertanto ragioni decisive per ritenere contrastante
con l’art. 37 della Costituzione la scelta legislativa di escludere
la corresponsione della speciale indennità istituita in favore dei
magistrati durante i periodi di assenza obbligatoria o facoltativa
dal lavoro per maternità.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27
(Provvidenze per il personale di magistratura), sollevata, in
riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, dal tribunale
amministrativo regionale per la Sardegna con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 dicembre 1996.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 24 dicembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola