Sentenza N. 411 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
23/11/1993
Data deposito/pubblicazione
23/11/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/11/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
6 maggio 1993, depositato in Cancelleria il 14 successivo, per
conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del ministro
delle finanze 17 dicembre 1992, avente ad oggetto: “Modalità di
versamento diretto mediante delega alle aziende di credito
dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese”, ed iscritto al n.
15 del registro conflitti 1993;
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 1993 il Giudice
relatore Gabriele Pescatore;
Uditi l’avv. Francesco Torre per la Regione Sicilia e l’Avvocato
dello Stato Ivo Braguglia per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
il decreto del ministro delle finanze 17 dicembre 1992, avente ad
oggetto: “Modalità di versamento diretto mediante delega alle
aziende di credito dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese” –
nella parte in cui (art. 4, secondo comma, lettere a e b del decreto
ministeriale) prevede il versamento, rispettivamente, agli uffici
provinciali della cassa regionale siciliana ed alla tesoreria
provinciale dello Stato, delle quote del 12,60 e dell’87,40 per cento
del gettito dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese, dovuta
dalle società di persone, ai sensi del d.l. 30 settembre 1992, n.
394 – deducendone il contrasto con gli artt. 36 dello Statuto
regionale siciliano e 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante
norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia
finanziaria.
Nel ricorso si premette che il d.l. 30 settembre 1992, n. 394,
convertito, con modificazioni, nella legge 26 novembre 1992, n. 461,
ha istituito una imposta sul patrimonio netto delle imprese.
Con l’impugnato decreto del 17 dicembre 1992, sono state stabilite
le modalità di versamento diretto dell’imposta mediante delega alle
aziende di credito. Tale decreto, all’art. 4, secondo comma, dispone:
“Per le operazioni eseguite nel territorio della regione siciliana,
le aziende di credito debbono: a) versare direttamente agli uffici
provinciali della cassa regionale siciliana l’imposta sul patrimonio
netto delle imprese dovuta dalle persone fisiche e la quota del 12,60
per cento dell’imposta stessa dovuta dalle società di persone
utilizzando la distinta di versamento – Mod. 20; b) versare alle
competenti sezioni di tesoreria provinciale dello Stato l’87,40 per
cento dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese-società di
persone”.
La regione lamenta che in tal modo viene introdotta una
illegittima ripartizione del gettito dell’imposta riscossa in Sicilia
– limitatamente a quella dovuta dalle società di persone e versata
col sistema della delega alle aziende di credito – tra la regione
siciliana e lo Stato, con l’attribuzione a quest’ultimo della quota
dell’87,40 per cento.
Infatti, ai sensi dell’art. 36, primo comma, dello Statuto
siciliano e delle norme di attuazione contenute nell’art. 2, primo
comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, “spettano alla regione siciliana,
oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le
entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio,
dirette o indirette, comunque denominate”.
Secondo la regione l’imposta sul patrimonio netto delle imprese
istituita dal d.l. n. 394 del 1992, rappresenta un’entrata tributaria
che, pertanto, spetta alla regione siciliana nei limiti del gettito
riscosso nell’ambito del suo territorio. Ne conseguirebbe la
illegittimità dell’art. 4, secondo comma, lettere a e b del decreto
ministeriale del 17 dicembre 1992, nella parte in cui prevede il
versamento – rispettivamente – agli uffici provinciali della cassa
regionale siciliana ed alla tesoreria provinciale dello Stato, delle
quote del 12,60 per cento e dell’87,40 per cento del gettito
dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese dovuta dalle società
di persone.
Detta illegittimità sarebbe resa ancor più manifesta dalla
circostanza che il decreto del ministro delle finanze 10 dicembre
1992 (con il quale sono state dettate le modalità per il versamento
diretto al concessionario dell’imposta sul patrimonio netto delle
imprese istituita dal d.l. 30 settembre 1992, n. 394), non prevede
analoga ripartizione tra Stato e regione siciliana relativamente
all’imposta versata al concessionario del servizio di riscossione
dalle imprese individuali. Il decreto impugnato pertanto, sarebbe
viziato da assoluta irrazionalità, prevedendo solo riguardo
all’imposta versata col sistema della delega alle aziende di credito,
senza alcuna logica, una differente destinazione per l’imposta dovuta
dalle società di persone, rispetto a quella dovuta dalle persone
fisiche, disponendone la ripartizione per quote tra lo Stato e la
regione siciliana.
2. – Si è costituito davanti a questa Corte il Presidente del
Consiglio dei ministri, col patrocinio dell’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
Nell’atto di costituzione si osserva che, con il decreto
impugnato, il ministro delle finanze e il ministro del tesoro hanno
dettato le modalità di riscossione dell’imposta istituita dal d.l.
n. 394 del 1992, fissando le stesse regole valevoli per le imposte
Irpef, Irpeg, ed Ilor. La regione, nella sostanza, contesta la parte
del provvedimento che, per l’imposta dovuta dalle società di
persone, applica la ripartizione tra Stato e regione determinata
dalla legge 28 febbraio 1986, n. 41.
L’Avvocatura sottolinea che, a norma dell’art. 3, n. 6 del
suddetto decreto-legge n. 394 del 1992, l’imposta in questione è
riscossa con le modalità previste per il versamento a saldo
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero dell’imposta
sul reddito delle persone giuridiche o, “in mancanza”, dell’imposta
locale sui redditi. Con tale disposto il legislatore avrebbe inteso
specificare che le norme sull’Ilor si applicano solo ove non siano
applicabili quelle sull’Irpef e sull’Irpeg, assimilando in tal modo
la riscossione della nuova imposta, se dovuta dalle persone fisiche,
all’Irpef, se dovuta dalle persone giuridiche, all’Irpeg e, infine,
se dovuta dalle società di persone, all’Ilor, che è la sola imposta
sui redditi alla quale tali società sono soggette.
Pertanto, “poiché l’assimilazione della disciplina della
riscossione della nuova imposta a quella sui redditi dovute dai vari
soggetti di imposta è totale e senza eccezioni”, il decreto
impugnato avrebbe legittimamente determinato la ripartizione della
nuova imposta tra Stato e regione siciliana nella stessa misura
prevista per la ripartizione dell’Ilor. Ne conseguirebbe la sua
conformità al disposto legislativo, secondo il quale le somme
riscosse a titolo di tributo dalle persone fisiche vanno interamente
alla regione; quelle riscosse dalle persone giuridiche vanno
egualmente per intero alla regione, mentre le somme riscosse dalle
società di persone vanno ripartite tra Stato e regione (perché
così vanno ripartite le somme riscosse a titolo di Ilor).
Né vi sarebbe – secondo l’Avvocatura – contraddittorietà fra il
decreto impugnato e il decreto del 10 dicembre 1992 relativo alle
imposte riscosse dai concessionari della riscossione. Infatti, con
tale ultimo decreto, sono stati istituiti tre distinti codici-tributo: uno per le persone fisiche, uno per le persone giuridiche e
uno per le società di persone. Conseguentemente, i concessionari
della riscossione, ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 28 gennaio 1988,
n. 43, devono riversare le somme stesse secondo criteri stabiliti,
per l’Irpef, per l’Irpeg e per l’Ilor; criteri che comportano
l’automatico versamento dell’intera somma riscossa dalle persone
fisiche e da quelle giuridiche alla cassa regionale e la ripartizione
nelle quote di rispettiva spettanza tra cassa regionale e Stato delle
somme riscosse dalle società di persone.
Nessuna irrazionalità potrebbe ravvisarsi nel sistema così
determinato, in quanto con le somme riscosse a titolo di Ilor lo
Stato fa fronte agli impegni della finanza derivata a favore degli
enti territoriali e delle regioni, cosicché non è irragionevole
che, con l’attribuzione all’erario della quota di imposta
patrimoniale riscossa dalle società di persone, si sia voluto
concorrere a finanziare quell’importante settore degli oneri dello
Stato.
attribuzione, il decreto del ministro delle finanze 17 dicembre 1992
(avente ad oggetto: “Modalità di versamento diretto mediante delega
alle aziende di credito dell’imposta sul patrimonio netto
dell’impresa”), nella parte in cui (art. 4, secondo comma, lett. a e
b), prevede il versamento, rispettivamente, agli uffici provinciali
della cassa regionale siciliana ed alla tesoreria provinciale dello
Stato delle quote del 12,60 e dell’87,40 per cento del gettito
dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese dovuta dalle società
di persone ai sensi del d.l. 30 settembre 1992, n. 394, conv. nella
legge 26 novembre 1992, n. 461. Ne ha dedotto il contrasto: a) con
gli artt. 36 dello Statuto regionale siciliano e 2 del d.P.R. 26
luglio 1965, n. 1074, che attribuiscono alla regione siciliana tutte
le entrate erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, salvo
che il loro gettito sia specificatamente destinato dalla legge alla
copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità,
contingenti o continuative, dello Stato; b) con l’art. 3 della
Costituzione, essendo viziato da irragionevolezza, prevedendo, solo
riguardo all’imposta versata col sistema della delega alle aziende di
credito, senza alcuna logica, una differente destinazione per
l’imposta dovuta dalle persone fisiche rispetto a quella dovuta dalle
società di persone, per la quale dispone la ripartizione per quote
tra lo Stato e la regione siciliana.
2. – Il ricorso è fondato.
Il d.l. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni,
nella legge 26 novembre 1992, n. 461, ha istituito un’imposta sul
patrimonio netto delle imprese, stabilendo, all’art. 1, comma primo,
che soggetti passivi ne sono le società ed enti di cui all’art. 87,
comma primo, lettere a e b del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
(società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità
limitata, cooperative e di mutua assicurazione residenti nel
territorio dello Stato; enti pubblici e privati diversi dalle
società residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto
esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali), nonché
le società in nome collettivo, in accomandita semplice ed
equiparate, le imprese individuali e le stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato dei soggetti di cui al comma stesso non
residenti, tenute, non per effetto di opzione, alla contabilità
ordinaria.
L’imposta (art. 1, comma secondo), si applica nella misura del
sette e cinquanta per mille sul patrimonio netto, così come risulta
dal bilancio o, in mancanza, dai relativi elementi desumibili dalle
scritture contabili, diminuito dell’utile di esercizio.
L’art. 3, n. 6, dispone che l’imposta è riscossa col sistema del
versamento diretto nei termini e con le modalità previste per il
versamento a saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche,
ovvero dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche o, in
mancanza, dell’imposta locale sui redditi, da eseguirsi mediante
distinta di versamento al concessionario della riscossione ovvero
delega ad un’azienda di credito oppure all’ufficio postale. Le
modalità per l’esecuzione dei versamenti in tesoreria e la
trasmissione dei relativi dati e documenti all’amministrazione
finanziaria e per i relativi controlli, sono stabilite con decreti
del ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale.
3. – Con il decreto impugnato dalla Regione Sicilia sono state
stabilite le modalità di versamento diretto dell’imposta in
questione, mediante delega alle aziende di credito. In proposito –
come ha dedotto la regione, facendone oggetto d’impugnativa – l’art.
4, comma secondo, dispone che, quanto alle somme riscosse in Sicilia,
in caso di versamento dell’imposta a mezzo di delega, le aziende di
credito debbono versare alla Regione Sicilia il 12,60 per cento
dell’imposta dovuta dalle società di persone ed il restante 87,40
per cento allo Stato.
L’Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto che il fondamento
giuridico della ripartizione, nella misura sopra indicata, fra Stato
e Regione siciliana, dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese
dovuta dalle società di persone, è da ricercarsi nel combinato
disposto dell’art. 3, n. 6, del d.l. n. 394 del 1992 e dell’art. 3
della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
L’art. 3, n. 6 anzidetto, infatti, prevedendo che l’imposta debba
essere versata con le modalità previste per il versamento a saldo
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero, dell’imposta
sul reddito delle persone giuridiche o, in mancanza, dell’imposta locale sui redditi, avrebbe inteso disporre che la riscossione e la
ripartizione della nuova imposta, se dovuta dalle persone fisiche
debba essere assoggettata alla disciplina dell’Irpef; se dovuta da
persone giuridiche alla disciplina dell’Irpeg; se dovuta da società
di persone alla disciplina dell’Ilor, poiché le società di persone
residenti nello Stato non sono assoggettate all’Irpef né all’Irpeg
(artt. 1 e 87 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), ma solo all’Ilor
(art. 116 dello stesso d.P.R.). Pertanto l’imposta sul reddito netto
delle imprese percepito in Sicilia andrebbe ripartita, in riferimento
a tali società, con i criteri fissati dall’Ilor e cioè, secondo
quanto dispone l’art. 3 della legge n. 41 del 1986, nella misura del
12,60 per cento mediante attribuzione alla Regione Sicilia e per la
parte restante mediante attribuzione allo Stato.
4. – La tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato è priva di
fondamento.
L’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante le norme di
attuazione dello Statuto regionale siciliano in materia finanziaria
dispone che – ai sensi dell’art. 36 dello statuto – spettano alla
regione tutte le entrate tributarie riscosse nell’ambito del suo
territorio, dirette e indirette, comunque denominate, ad eccezione
delle nuove entrate il cui gettito sia destinato con apposite leggi
alla copertura di oneri intesi a soddisfare particolari finalità,
contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi
medesime. Disposizione questa, costantemente interpretata nel senso
che l’eccezione al principio devolutivo alla Regione Sicilia dei
proventi delle nuove entrate tributarie, riscosse nel suo territorio,
richiede un’apposita clausola di destinazione a particolari
finalità, indicate nella stessa legge che ne prevede la devoluzione
allo Stato (cfr. da ultimo la sentenza n. 362 del 1993).
Il decreto-legge n. 394 del 1992 e la relativa legge di
conversione, non contengono detta clausola e non indicano affatto la
finalità dell’imposta istituita: il che, di per sé, comporta che il
gettito dell’imposta percepita nel territorio regionale siciliano va
devoluto alla Regione Sicilia, secondo la regola generale stabilita
dal citato art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965.
A tale regola non apporta deroga l’art. 3, n. 6 del d.l. n. 394
del 1992 cit., invocato dall’Avvocatura dello Stato.
Tale norma disciplina soltanto la fase della riscossione
dell’imposta, come si evince dall’insieme delle sue disposizioni, che
regolano i termini e le modalità dei versamenti da parte dei
contribuenti, demandando ad appositi decreti ministeriali le
statuizioni di dettaglio sul rilascio delle attestazioni di
pagamento, nonché sulle modalità per l’esecuzione dei versamenti in
tesoreria e la trasmissione dei relativi dati e documenti
all’Amministrazione finanziaria per i conseguenti controlli.
Deve ritenersi, infatti, che il rinvio alle modalità di
riscossione dell’Irpef, Irpeg ed Ilor, non può correttamente
interpretarsi come rinvio anche alle modalità di ripartizione di
tali imposte fra Stato e regioni, avendo le rispettive normative un
diverso oggetto, che le rende giuridicamente distinte per forza,
contenuto e principi. E ciò tanto più con riferimento alla Regione
Sicilia, riguardo alla quale la disciplina, già ricordata, contenuta
nelle norme di attuazione dello Statuto, esige, per la devoluzione
allo Stato di tributi riscossi nella Regione, esplicite norme di
destinazione dell’imposta a finalità particolari.
Ne deriva che l’art. 4, secondo comma, lett. a e b, del decreto
impugnato è illegittimo e va annullato, nella parte in cui
attribuisce allo Stato l’87,40 per cento dell’imposta sul patrimonio
netto delle imprese riscossa nella Regione Sicilia dalle società di
persone.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta allo Stato di disporre l’acquisizione
dell’87,40 per cento del gettito dell’imposta sul patrimonio netto
delle imprese dovuto dalle società di persone ai sensi del decreto-legge 30 settembre 1992, n. 394;
Pertanto annulla l’art. 4, secondo comma, lett. a e b del decreto
del ministro delle finanze 17 dicembre 1992, avente ad oggetto
“Modalità di versamento diretto mediante delega alle aziende di
credito dell’imposta sul patrimonio netto dell’impresa”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: PESCATORE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 23 novembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA