Sentenza N. 412 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
18/07/1989
Data deposito/pubblicazione
18/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
secondo, della legge 3 maggio 1982, n. 203 (“Norme sui contratti
agrari”) promosso con ordinanza emessa il 2 novembre 1988 dal
Tribunale di Sassari nel procedimento civile vertente tra Fara
Giuseppe e Solinas Andrea, iscritta al n. 164 del registro ordinanze
1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14,
prima serie speciale dell’anno 1989;
Visto l’atto di costituzione di Fara Giuseppe, nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore
Luigi Mengoni;
Udito l’Avvocato dello Stato Stefano Onofrio per il Presidente del
Consiglio dei ministri;
contro Andrea Solinas per ottenere l’accertamento della non spettanza
al convenuto del diritto di conversione in affitto a coltivatore
diretto del rapporto di soccida corrente tra le parti, il Tribunale
di Sassari – Sezione specializzata agraria, con ordinanza del 2
novembre 1988, ha sollevato d’ufficio, in riferimento agli artt. 41 e
44 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 25, secondo comma, della legge 3 maggio 1982, n. 203,
“nella parte in cui dispone che la conversione in affitto è estesa
ai contratti di soccida parziaria, ove vi sia conferimento di
pascolo, quando l’apporto di bestiame da parte del soccidante è
inferiore al venti per cento del valore dell’intero bestiame
conferito dalle parti”.
Sulla base della sentenza di questa Corte n. 138 del 1984, che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma dell’art.
25 in quanto prevedeva indiscriminatamente la c.d. conversione
automatica della mezzadria e della colonia parziaria in affitto a
coltivatore diretto, senza eccettuare il caso che il concedente abbia
dato un adeguato apporto alla condirezione dell’impresa, il giudice a
quo ritiene che nel rapporto di soccida, previsto nel secondo comma,
al soccidante che si dimostri “attivo e partecipe nella conduzione
dell’azienda, non può essere negata la tutela degli artt. 41 e 44
Cost. per il solo fatto che l’apporto di bestiame da parte sua
risulti inferiore al venti per cento del valore dell’intero bestiame
conferito, quasi che un apporto di bestiame in tale misura possa
costituire elemento univocamente indicativo di collaborazione solo
apparente tra soccidante e soccidario”.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito il
ricorrente sostenendo l’infondatezza della questione sul riflesso che
l’intervenuta dichiarazione di incostituzionalità del primo comma
dell’art. 25 avrebbe necessariamente travolto anche il secondo comma,
che del primo è soltanto una estensione.
3. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per
l’infondatezza della questione.
Secondo l’Avvocatura, “vi è una profonda diversità di incidenza
tra la materia oggetto della citata pronuncia della Corte e la
materia ora rimessa al giudizio della medesima: là vi era una
disciplina generale che escludeva impedimenti all’automaticità della
conversione del contratto, privando il concedente del suo potere di
iniziativa economica e della sua qualità di imprenditore agricolo;
qui vi è invece una disciplina particolare che esclude impedimenti
alla conversione automatica in ragione dello scarso apporto di
bestiame da parte del soccidante”, cioè subordinatamente a un dato
oggettivo assunto come indice, per sé sufficiente e
incontrovertibile, della scarsità di contributo del soccidante alla
gestione dell’impresa.
della c.d. conversione automatica in affitto a coltivatore diretto,
che la sentenza di questa Corte n. 238 del 1984 ha desunto dagli
artt. 41 e 44 della Costituzione per i contratti di associazione
agraria contemplati nel primo comma dell’art. 25 della legge n. 203
del 1982, comporterebbe l’illegittimità costituzionale anche del
secondo comma nella parte concernente i contratti di soccida
parziaria con conferimento di pascolo. La condizione cui è
subordinato il diritto del soccidario alla conversione del contratto,
cioè un conferimento di bestiame, da parte del soccidante, inferiore
a un certo rapporto percentuale con quello dell’altro contraente, non
sarebbe un elemento univocamente indicativo di inadeguato contributo
del soccidante alla direzione dell’impresa, onde pure in questo caso
tale presupposto dovrebbe essere accertato dal giudice secondo i
medesimi criteri applicati nei casi del primo comma.
2. – La questione non è fondata.
La difesa del soccidante sostiene che l’infondatezza dovrebbe
essere dichiarata in via di interpretazione del secondo comma
dell’art. 25, dovendosi ritenere che, in seguito alla sentenza
citata, nemmeno nelle ipotesi previste in questo comma potrà
prodursi conversione del contratto per volontà unilaterale del
concessionario se non quando si dimostri l’assenza di impegno
imprenditoriale da parte del concedente.
Una simile tesi, secondo cui la sentenza n. 138 si ripercuoterebbe
sull’intero secondo comma dell’art. 25, non può essere condivisa.
Basti osservare che il limite della conversione automatica,
introdotto dalla sentenza nel primo comma, non è evidentemente
ripetibile per il contratto di soccida con conferimento di pascolo.
Poiché in questo rapporto la direzione dell’impresa spetta per legge
al soccidario (art. 2186, secondo comma, cod.civ.), mentre il
soccidante ha solo un potere di controllo della gestione, non avrebbe
senso domandarsi se il soccidante abbia dato un contributo adeguato
alla direzione dell’impresa.
3. – In stretta connessione con la norma che assoggetta
incondizionatamente a conversione in affitto la soccida con
conferimento di pascolo deve essere valutata la disposizione
successiva, che estende la conversione “ai contratti di soccida
parziaria, ove vi sia conferimento di pascolo, quando l’apporto del
bestiame da parte del soccidante è inferiore al venti per cento del
valore dell’intero bestiame conferito dalle parti”.
Si tratta di un contratto misto risultante dalla combinazione
della soccida parziaria (art. 2182 cod.civ.) con l’elemento
caratteristico della soccida con conferimento di pascolo (art. 2186).
Considerato che il contratto misto si riduce sempre a un contratto
tipo secondo la regola della prevalenza (o dell’assorbimento), al
legislatore del 1982 si poneva il problema di fornire al giudice un
criterio oggettivo per decidere quale delle due componenti dovesse
reputarsi prevalente, se il tipo della soccida parziaria o l’elemento
tipico della soccida con conferimento di pascolo: la prima, essendo
un contratto costitutivo di un’impresa associata di allevamento del
bestiame, è estranea all’ambito applicativo della conversione in
affitto, la quale riguarda soltanto i contratti di associazione
agraria aventi per oggetto la coltivazione di un fondo; la seconda,
invece, in quanto ha per oggetto l’utilizzazione da parte del
soccidario di un terreno di proprietà del soccidante (donde la
vicinanza di questa figura di soccida al contratto di affitto, al
quale era accostata dall’art. 24 della legge n. 11 del 1971), è
sottoposta alla conversione. Il criterio dirimente non poteva
trovarsi se non nel rapporto percentuale, inferiore a una certa
soglia discrezionalmente individuata dalla legge nel venti per cento,
tra il valore del bestiame conferito dal soccidante e il valore del
bestiame complessivamente conferito dai contraenti. Tale rapporto
rappresenta indirettamente anche la proporzione tra i due
conferimenti del soccidante (bestiame e terreno per il pascolo), la
quale dimostra una netta prevalenza, da parte sua, della figura del
proprietario che concede un fondo in godimento sulla figura
dell’allevatore che si associa con un altro allevatore.
4. – Il criterio quantitativo, che delimita la convertibilità in
affitto, per volontà unilaterale del soccidario, della soccida
parziaria con conferimento di pascolo, non ha dunque la funzione di
indicatore tipico di adeguato o non adeguato apporto del soccidante
alla direzione dell’impresa, quasi che per la conversione di questo
contratto (innominato) di associazione agraria il legislatore del
1982 avesse anticipato, sotto specie di scarso apporto di bestiame,
il requisito poi introdotto nel primo comma dell’art. 25 dalla
sentenza n. 138 del 1984. Oltre che sul piano dell’interpretazione
storica, tale valutazione si dimostra inconsistente anche sul piano
dell’interpretazione logica, non appena si rifletta che il detto
requisito sarebbe nel nostro caso negativamente accertato mediante
una presunzione legale assoluta fondata sul fatto di un contributo
del soccidante al conferimento del bestiame in misura inferiore al
quinto del valore complessivo, mentre, come è noto, la presunzione
iuris et de iure non è un mezzo di prova, né una regola sull’onere
della prova, bensì una tecnica di determinazione della disciplina
sostanziale di un rapporto giuridico.
La funzione del criterio quantitativo di cui si controverte è
quella di stabilire, secondo un apprezzamento discrezionale del
legislatore, quale dei due schemi contrattuali, che concorrono a
formare il contratto di soccida parziaria con conferimento di
pascolo, debba ritenersi prevalente, e quindi dotato di vis
attractiva più forte della disciplina corrispondente. Pertanto la
conversione del contratto nel caso in questione non è altro che
un’applicazione – secondo la regola dell’assorbimento, che determina
la disciplina dei contratti misti – della norma immediatamente
precedente relativa alla soccida con conferimento di pascolo, in
ordine alla quale, come si è detto, non è proponibile la condizione
cui la sentenza più volte citata di questa Corte ha sottoposto la
conversione dei contratti di mezzadria e di colonia parziaria.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 25, secondo comma, della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme
sui contratti agrari), sollevata, in riferimento agli artt. 41 e 44
della Costituzione, dal Tribunale di Sassari – Sezione specializzata
agraria con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 18 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA