Sentenza N. 413 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
31/07/2002
Data deposito/pubblicazione
31/07/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/07/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA;
del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della
direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del
gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999,
n. 144), promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 2000 e
depositata il 22 gennaio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale
della Liguria sul ricorso proposto dall’AMGA S.p.a. (Azienda
mediterranea gas e acqua) contro il Comune di Savona ed altri,
iscritta al n. 963 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, 1ª serie speciale,
dell’anno 2002.
Visti gli atti di costituzione dell’AMGA S.p.a. (Azienda
mediterranea gas e acqua), del Comune di Savona, della Società
italiana per il gas – ITALGAS S.p.a. e di Piccardo Maura, nonché gli
atti di intervento della Confservizi e Federgasacqua e del Presidente
del Consiglio dei ministri.
Udito nell’udienza pubblica del 18 giugno 2002 il Giudice
relatore Riccardo Chieppa;
Uditi gli avvocati Luigi Manzi per l’AMGA S.p.a. (Azienda
mediterranea gas e acqua), Corrado Mauceri per il Comune di Savona,
Mario Alberto Quaglia per la Società italiana per il gas – ITALGAS
S.p.a., Giovanni Bormioli per Piccardo Maura, Sergio Panunzio per la
Confservizi e Federgasacqua e l’Avvocato dello Stato Paolo Cosentino
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
22 gennaio 2001 (e pervenuta alla Corte costituzionale il 10 dicembre
2001) il Tribunale amministrativo regionale della Liguria – nel corso
di un giudizio promosso dalla società AMGA (Azienda mediterranea gas
e acqua S.p.a.) per l’annullamento della delibera consiliare del
12 giugno 2000, n. 24, con cui il Comune di Savona aveva attribuito a
trattativa privata all’ ITALGAS S.p.a. il servizio pubblico per la
distribuzione del gas per il periodo 1 gennaio 2001-31 dicembre 2015,
prorogando così la durata della precedente concessione in scadenza
al 31 dicembre 2000 – ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 15, comma 10, del decreto legislativo
23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE
recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma
dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144).
2. – Il giudice rimettente osserva, in via preliminare, che la
società ricorrente, pur essendo una società primaria operante nel
settore del gas, sarebbe priva di un interesse attuale e concreto a
ricorrere sulla base del sistema a regime previsto dall’art. 14,
comma 5, del d.lgs. n. 164 del 2000. Tale norma ammette a partecipare
alle gare (dichiarate obbligatorie dal comma 1 dello stesso art. 14)
per l’affidamento del servizio pubblico del gas le società per
azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica
(quale è l’AMGA), senza limitazioni territoriali; la stessa norma,
però, esclude dalla partecipazione le società che “gestiscono di
fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per
contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o
di una procedura non ad evidenza pubblica”. Sulla base di
quest’ultima previsione legislativa la società ricorrente non
potrebbe, pertanto, partecipare alla gara essendo affidataria diretta
del servizio di distribuzione del gas nel comune di Genova.
Sennonché – continua il giudice a quo – l’art. 15 del d.lgs. citato
consentirebbe “senza limitazioni” e per un periodo transitorio detta
partecipazione.
2.1. – La specificazione “senza limitazioni” andrebbe intesa,
secondo il Tribunale rimettente, nel senso che la partecipazione alle
gare “delle società ex municipalizzate” possa avvenire senza alcuna
limitazione territoriale e/o funzionale e non invece, come affermato
dalle parti ricorrenti nel giudizio a quo, senza le “limitazioni
altrimenti poste dallo stesso decreto n. 164”.
3. – La disposizione transitoria impugnata attribuirebbe,
pertanto, alla società AMGA la legittimazione ad agire ma sarebbe,
sempre nella prospettiva del giudice a quo, viziata da illegittimità
costituzionale.
3.1. – La possibilità concessa di partecipazione alla gara a
soggetti che godono di posizioni di notevole vantaggio rispetto agli
altri concorrenti per essere affidatari diretti del servizio
pubblico, sempre secondo il Tar rimettente, vanificherebbe il
principio della libera concorrenza che costituisce la ratio
giustificativa della esclusione dettata a regime dall’art. 14, comma
5, del decreto citato. Più in particolare, viene sottolineato che:
“il sistema transitorio così congegnato (che può protrarsi ben
oltre i cinque anni previsti in via generale, per effetto degli
incrementi consentiti dallo stesso art. 15, comma 7) stravolge, per
effetto del superamento dei limiti territoriali e/o funzionali
derivante dal combinato disposto con l’art. 14, quinto comma, con
effetti perduranti nel tempo, tutto il sistema delineato a regime”.
Da qui il mancato rispetto del “principio della parità di condizioni
tra i possibili concorrenti e della stessa uguaglianza di trattamento
tra posizioni potenzialmente simili”, con conseguente violazione
degli artt. 3 e 41 della Costituzione.
3.2. – Il Tar rimettente assume, altresì, la violazione
dell’art. 76 della Costituzione per non essere stati osservati i
principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41, lettera c), della
legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti,
delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e
della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il
riordino degli enti previdenziali). Detta disposizione, nel delegare
il Governo a dare attuazione alla direttiva 98/30/CE, lo avrebbe
vincolato ad “eliminare ogni disparità normativa tra i diversi
operatori nel sistema del gas (…)”, al fine di garantire condizioni
e trattamenti non discriminatori a favore delle imprese. La norma
impugnata, di converso, consentendo – per un periodo transitorio ma
rilevante – alle società affidatarie dirette del servizio la
partecipazione alla gara pubblica, competendo con altre imprese del
settore non ugualmente agevolate, falserebbe, conclude il giudice a
quo, le regole della libera concorrenza.
4. – Si è costituita la Società italiana per il gas – ITALGAS
S.p.a. -, controinteressata nel giudizio a quo, affermando di
condividere le censure di illegittimità costituzionale prospettate
dal giudice rimettente, qualora si volesse aderire
all’interpretazione dallo stesso proposta secondo cui nel periodo
transitorio le società affidatarie dirette del servizio pubblico
potrebbero partecipare alle gare indette dall’ente locale senza alcun
limite territoriale e/o funzionale.
Segnatamente, si osserva che la violazione dell’art. 3 della
Costituzione deriverebbe dalla ampiezza irragionevole del periodo
transitorio in cui le predette società miste potrebbero liberamente
partecipare alle gare per l’affidamento del servizio, nonostante
siano destinatarie di vantaggi economici e agevolazioni fiscali che
le porrebbero in una situazione di favore rispetto alle altre
partecipanti. Da qui l’assunto stravolgimento degli obiettivi della
riforma e la lesione del principio di pari opportunità degli
operatori nel mercato di distribuzione del gas.
4.1. – In relazione all’art. 41 della Costituzione, la difesa
della società privata ne assume la violazione ritenendo che detta
norma – letta, soprattutto, alla luce delle regole comunitarie
esistenti in materia – “incorpora i principi essenziali di tutela
della concorrenza”, con la conseguente necessità di “un controllo di
costituzionalità sulla legislazione restrittiva dei principi di
libertà e di pari opportunità nell’ambito dell’iniziativa
economica, più severo ed attento rispetto al passato”.
4.2. – In relazione, infine, all’assunta violazione dell’art. 76
della Costituzione vengono ribadite le argomentazioni contenute
nell’ordinanza di rimessione.
4.3. – La difesa dell’ITALGAS, “in via subordinata”, chiede che
venga emanata una sentenza interpretativa di rigetto. La norma
impugnata, potrebbe, infatti, essere interpretata – secondo la parte
privata – nel senso di consentire alle società miste in esame la
partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici in
altri comuni soltanto in presenza di un collegamento funzionale con
gli interessi della collettività dell’ente locale che le ha
costituite o che vi partecipa. Il termine “senza limitazioni”
contenuto nella disposizione censurata andrebbe, pertanto, riferito
esclusivamente alle rigorose “limitazioni” previste dall’art. 14,
comma 5, del d.lgs. n. 164 del 2000 “che avrebbero radicalmente
precluso alle società miste la partecipazione a gare”, ma non anche
alle preesistenti limitazioni territoriali e/o funzionali.
L’interpretazione proposta sarebbe, ad avviso della esponente,
avallata dalla permanenza del vincolo di scopo che continua a
connotare l’attività delle società miste locali non essendo stata
la relativa disciplina modificata dal citato decreto legislativo.
Sarebbe, inoltre, continua la difesa della parte privata,
“paradossale” ritenere che detto decreto abbia introdotto a regime
una disciplina estremamente rigorosa al fine di tutelare la
concorrenza e allo stesso tempo abbia previsto un periodo transitorio
in cui varrebbe una disciplina addirittura più favorevole per le
società miste (affidatarie dirette del servizio), rispetto a quella
su cui il legislatore stesso ha inteso incidere.
5. – Si è costituito il Comune di Savona con una memoria in cui,
dopo avere esposto il prevalente orientamento giurisprudenziale e
dottrinale volto a limitare funzionalmente l’attività extra moenia
delle società miste di scopo, si sofferma sulla ratio che
giustificherebbe l’esclusione di queste ultime dalla partecipazione
alle gare, qualora siano state affidatarie dirette del servizio. In
particolare, si sottolinea come il legislatore avrebbe inteso
evitare, con detta esclusione, che i soggetti in esame potessero
risultare ingiustificatamente avvantaggiati rispetto agli altri
concorrenti a causa delle agevolazioni economiche e fiscali di cui
sarebbero destinatari.
5.1. – La difesa dell’ente comunale, al fine di salvaguardare
l’assetto normativo predisposto dal d.lgs n. 164 del 2000, propone di
interpretare la norma impugnata negli stessi termini esposti dalla
difesa dell’ITALGAS S.p.a. riportati sub 4.3; qualora non si
intendesse seguire detta interpretazione si chiede che la norma
impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima per le
ragioni illustrate nell’ordinanza di rimessione.
6. – Si è costituita la dottoressa Maura Piccardo, dirigente
comunale, parte resistente nel giudizio a quo, sostenendo che la
norma impugnata potrebbe essere interpretata, al fine di evitare una
declaratoria di illegittimità costituzionale, nel senso che la
stessa possa trovare applicazione soltanto dopo la cessazione del
periodo transitorio, in relazione alle gare, da svolgersi secondo le
modalità previste dall’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 164 del 2000,
che l’ente locale dovrà indire, ex art. 15, comma 6, dello stesso
decreto, per provvedere all’affidamento diretto.
6.1. – “In via subordinata” si chiede l’accoglimento della
questione per le motivazioni illustrate nell’ordinanza di rimessione.
6.2. – Nell’ultima parte della memoria si adduce, infine, il
contrasto della disposizione censurata con gli artt. 82, 86, commi 1
e 2, del Trattato Ce – relativi alla portata e all’estensione del
principio della libera concorrenza in ambito comunitario – con
consequenziale necessità di dichiarare, “preliminarmente”, la
prevalenza delle predette norme comunitarie.
7. – Sono intervenute la Confservizi (Confederazione nazionale
dei servizi) e la Federgasacqua (Federazione italiana delle imprese
dei servizi idrici energetici e vari) svolgendo, in via preliminare,
considerazioni volte a dimostrare la propria legittimazione a
intervenire nel presente giudizio di costituzionalità, ancorché non
siano stateparti del processo a quo. In particolare, si sostiene che
a rendere ammissibile il predetto intervento sarebbe la funzione
istituzionale di rappresentazione degli interessi delle imprese che
gestiscono servizi pubblici di distribuzione del gas svolta da
entrambi gli enti. Si richiamano, a tal proposito, alcune decisioni
della Corte costituzionale (sentenze n. 176 del 1996; n. 235 del
1997; ordinanze n. 67 del 1998 e n. 346 del 2001), con cui sarebbe
stata riconosciuta ad enti ed associazioni la legittimazione a
partecipare al giudizio di legittimità costituzionale nei casi in
cui l’esito della decisione avrebbe potuto incidere – come
avverrebbe, secondo le deducenti, nel caso in esame – sui diritti dei
soggetti da essi rappresentati.
7.1. – Nel merito gli intervenienti affermano l’infondatezza
della questione sollevata con una serie di argomentazioni.
8. – Si è costituita l’AMGA – Azienda mediterranea gas e acqua
S.p.a. – chiedendo che la questione sollevata venga dichiarata
inammissibile e infondata per le ragioni che verranno esposte con
separata memoria.
9. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
osservando: a) in relazione all’assunta violazione delle disposizioni
contenute nella legge delega che quest’ultima non escluderebbe
affatto il ricorso alla disciplina transitoria; b) in relazione “ai
restanti profili (…) che la norma denunziata sembra obbedire a
criteri di necessità e di ragionevolezza, mirando essa
sostanzialmente ad impedire l’inoperatività della legge sino al
termine di adozione previsto per gli enti locali per l’adeguamento
alle disposizioni del decreto medesimo”. La difesa erariale chiede,
pertanto, che la questione venga dichiarata non fondata.
10. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica sono state depositate
dalle parti costituite e intervenute ulteriori memorie difensive.
10.1. – La Società italiana per il Gas – ITALGAS s.p.a. – ha
ribadito, con ampiezza di argomentazioni, quanto già sostenuto
nell’atto di costituzione.
10.2. – La dottoressa Maura Piccardo – dopo aver illustrato le
regole poste alla base della nuova costituzione economica e i
principi comunitari e nazionali di liberalizzazione e concorrenza
caratterizzanti l’intera riforma del mercato del gas naturale – ha
sottolineato come la disposizione impugnata risponda alla diversa
logica della conservazione tendenzialmente “statica” delle imprese
già operanti nel settore con addirittura un rafforzamento della loro
posizione. Sarebbe stato più ragionevole, ha sostenuto, concedere
semmai alle imprese affidatarie dirette del servizio la facoltà “di
svincolarsene anticipatamente” in modo da poter “competere ad armi
pari” con gli altri concorrenti per l’attribuzione della gestione del
servizio stesso. La difesa della parte conclude ribadendo la
richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale della
norma censurata o, in subordine, l’adozione dell’interpretazione
adeguatrice proposta nell’atto di costituzione.
10.3. – La Confservizi e la Federgasacqua, in via preliminare,
riaffermano la propria legittimazione ad intervenire nel giudizio
costituzionale. Nel merito chiedono l’accoglimento della questione
sollevata ritenendo “insostenibile” l’interpretazione adeguatrice che
vorrebbe limitare la possibilità di partecipazione alle gare delle
società miste soltanto a quelle indette dal “proprio” ente pubblico
di riferimento, per vari ordini di motivi.
10.4. – La difesa dello Stato nella memoria integrativa
depositata, si sofferma sulla ratio della previsione del periodo
transitorio, volto a garantire un passaggio graduale dal vecchio al
nuovo sistema di distribuzione del gas per imprese esistenti sul
mercato; un divieto di partecipazione alle gare in detto periodo
avrebbe escluso per le dette imprese “la possibilità di garantirsi
in alcun modo la continuazione della (…) attività imprenditoriale”
una volta cessati il periodo transitorio e la gestione in corso, con
conseguente crisi delle società interessate e pregiudizio per la
stessa concorrenza. Per quanto attiene alla assunta violazione
dell’art. 76 della Costituzione l’Avvocatura osserva che la legge
delega non si riferirebbe alla possibilità o meno di partecipazione
alla gara; in ogni caso, la previsione di una disciplina transitoria
non urterebbe contro alcun principio direttivo contenuto nella legge
delega stessa, costituendo al contrario “integrazione e attuazione”
di quanto stabilito dalla direttiva CE n. 98/30.
10.5. – La Società AMGA, con la memoria chiede, in via
preliminare, che la questione venga dichiarata inammissibile per
carenza di motivazione sulla rilevanza. Questi i motivi: a) mancata
indicazione di quale sia “il notevole vantaggio” dei soggetti
affidatari diretti del pubblico servizio, la cui partecipazione alla
gara rischierebbe di falsare le regole della concorrenza; b) non
verrebbe specificato se detti vantaggi siano riconnessi soltanto alla
posizione delle società miste o anche a quella delle società
private a cui pure si riferisce la norma transitoria. Si sottolinea,
inoltre, come detta carenza di motivazione renderebbe indefinito lo
stesso thema decidendum, non comprendendosi se il dubbio di
legittimità costituzionale della norma censurata investa le sole
società miste o, più in generale, i soggetti (pubblici o privati)
che abbiano avuto affidamenti del servizio senza gara.
10.5.1. – Nel merito la difesa della società evidenzia la ratio
sottesa al regime transitorio volta a garantire un graduale passaggio
dal vecchio al nuovo regime e a tutelare l’affidamento dei gestori
diretti del servizio legittimamente scelti in virtù della normativa
precedente (si richiamano, a tal proposito, Corte di giustizia CE
29 febbraio 1996, in cause riunite C-296/1993 e C-307/1993; Corte
costituzionale, n. 390 del 1995); una applicazione immediata del
divieto di partecipazione sulla base di una “previsione del tutto
nuova per il nostro ordinamento” vanificherebbe le aspettative dei
soggetti imprenditoriali che non potrebbero aspirare ad ampliare la
propria attività nel settore dei servizi.
10.5.2. – Non si potrebbe, inoltre – sempre secondo l’AMGA -,
seguire l’interpretazione adeguatrice proposta dal Comune di Savona
secondo cui la partecipazione delle società miste affidatarie
dirette sarebbe ammessa con la permanenza del vincolo territoriale
e/o funzionale. Ciò in quanto il legislatore non avrebbe operato
alcuna distinzione tra le gare accessibili da parte dei concessionari
privati e quelle accessibili da parte delle società miste locali,
con la conseguenza che vietare l’attività extra moenia di queste
ultime significherebbe introdurre una ingiustificata discriminazione
a favore dei primi. Inoltre “se la società mista potesse essere
ammessa alla gara solo qualora fosse anche gestore uscente (…) non
vi sarebbe stata nemmeno alcuna ragione di prevedere una disposizione
transitoria, di deroga al regime ordinario delineato dall’art. 14,
comma 5, del d.lgs. 164”. Si sottolinea, infine, come, in ogni caso,
la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenza
3 settembre 2001, n. 4586), avrebbe ritenuto insussistente – alla
luce della natura delle società miste – i limiti all’attività
extraterritoriale delle stesse, esigendo soltanto che detta attività
non incida negativamente sulla gestione del servizio affidato dal
Comune.
Questa interpretazione troverebbe, ad avviso della difesa della
società, una conferma nel comma 2 dell’art. 35 della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) nella
parte in cui prevede che a far tempo dalla scadenza del periodo
transitorio “è comunque vietato alle società di capitali in cui la
partecipazione pubblica è superiore al 50 per cento, se ancora
affidatarie, di partecipare ad attività imprenditoriali al di fuori
del proprio terreno”; il che significherebbe “a contrario” che “prima
di tale disposizione non vi era alcun divieto di attività extra
moenia da parte delle s.p.a. a partecipazione maggioritaria
pubblica”.
10.5.3. – L’AMGA ritiene, altresì, non censurabile da parte
della Corte costituzionale la durata del periodo transitorio senza
invadere la sfera discrezionale del legislatore; si pone, comunque,
in evidenza come l’eventuale protrazione di detto periodo
costituirebbe pur sempre un’eccezione giustificata dalla necessità
di porre in essere operazioni volte ad accrescere le dimensioni dei
soggetti gestori ed a realizzare l’ingresso di capitali privati nelle
società in mano pubblica per consentire a queste ultime di aumentare
le proprie dimensioni ponendosi sul mercato in posizione di parità
con le grandi aziende europee.
10.5.4. – In ordine all’assunta violazione dell’art. 3 della
Costituzione l’AMGA osserva che, qualora fosse stata prevista una
applicazione immediata del nuovo regime, si sarebbe compromessa la
stessa sopravvivenza delle società miste con evidenti difficoltà di
reinserimento nel mercato; incidendo, così, ulteriormente sulla loro
posizione già pregiudicata dalla risoluzione anticipata degli
affidamenti in atto senza rimborso per il “mancato profitto”. La
disposizione transitoria sarebbe, pertanto, ragionevole, non
introducendo alcuna ingiustificata discriminazione che sussisterebbe,
di converso, se si consentisse la partecipazione alle gare soltanto
ad imprenditori privati.
10.5.5. – In ordine all’assunta violazione dell’art. 41 della
Costituzione la difesa della società – dopo avere premesso che la
norma costituzionale tutela allo stesso modo l’iniziativa pubblica e
privata – afferma che la predetta violazione sarebbe ravvisabile
soltanto qualora “alcuni operatori economici (sia pubblici che
privati) venissero esclusi da determinati settori in modo
ingiustificato”; la norma impugnata, invece, consentirebbe “l’accesso
al mercato a tutti gli operatori, previa gara e quindi in condizioni
adeguatamente paritarie, senza sacrificare la possibilità, per
alcuna delle imprese del gas, di svolgere la propria attività
economica”. Né si può ritenere che le società miste godano,
rispetto agli altri imprenditori, di una situazione privilegiata, non
beneficiando (a differenza delle aziende speciali) della possibilità
di ripianamento di eventuali “deficit” con oneri a carico del Comune,
né di agevolazioni fiscali essendo le stesse cessate al 31 dicembre
1999, ex art. 3 della legge n. 549 del 1995; viene richiamata, in
proposito, fermo restando quanto sostenuto, la decisione della Corte
di giustizia CE, sez. VI, 7 dicembre 2000 (in causa C-94/1999, ARGE e
Bundsministerium für Land), secondo cui l’eventuale esistenza di
vantaggi a favore di alcuni organismi partecipanti ad un appalto
pubblico di servizi non violerebbe il principio di parità di
trattamento nelle pubbliche gare.
10.5.6 – In ordine, infine, all’assunta violazione dell’art. 76
della Costituzione si deduce che il legislatore delegato avrebbe:
disciplinato nel medesimo modo imprenditoria pubblica e privata;
introdotto l’obbligo del confronto concorrenziale per qualsiasi
soggetto aspirante al servizio. Si sarebbe, inoltre, dettata una
disciplina in linea con quanto contenuto nella direttiva CE 98/30 che
espressamente prevede la possibilità che gli Stati membri
introducano deroghe temporanee al sistema “a regime”.
all’esame della Corte dal Tribunale amministrativo regionale della
Liguria, con ordinanza depositata il 22 gennaio 2001, investe
l’art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164
(Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il
mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della
legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui consente senza
limitazioni – da intendersi, secondo il giudice a quo, come
territoriali o funzionali e per un periodo transitorio che potrebbe
protrarsi oltre i cinque anni previsti in via generale – alle
società che gestiscono “servizi pubblici locali in virtù di
affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica”, la
partecipazione alla gara per l’affidamento del servizio pubblico
locale di distribuzione del gas naturale.
Viene denunciata la violazione:
a) degli artt. 3 e 41 della Costituzione, per contrasto della
norma censurata con il “principio della parità di condizioni tra i
possibili concorrenti e della stessa uguaglianza di trattamento tra
posizioni potenzialmente simili”, in quanto le predette società
sarebbero, nella loro posizione di “affidatarie dirette”,
destinatarie di rilevanti agevolazioni fiscali e vantaggi economici;
b) dell’art. 76 della Costituzione sotto il profilo della
inosservanza dei principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41,
lettera c), della legge 17 maggio 1999, n. 144, recante “Misure in
materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli
incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL,
nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”, in
quanto il decreto delegato non avrebbe eliminato “ogni disparità
normativa tra i diversi operatori nel sistema del gas”, al fine di
garantire condizioni e trattamenti non discriminatori a favore delle
imprese.
2. – Preliminarmente deve essere dichiarata la inammissibilità
dell’intervento della Confservizi (Confederazione nazionale dei
servizi) e della Federgasacqua (Federazione italiana delle imprese
dei servizi idrici energetici e vari), in quanto soggetti estranei al
giudizio a quo (cfr. sentenza n. 289 del 1999; ordinanza n. 262 del
2002) e non titolari di un interesse qualificato, né tantomeno
pubblicistico (sentenza n. 171 del 1996), non potendo vantare una
partecipazione a convenzioni o intese, con conseguenti riflessi
giuridici diretti sull’attività espletata (v. sentenza n. 67 del
1998) o un legale potere rappresentativo (cfr. sentenza n. 235 del
1997).
3. – Deve essere precisato che la questione di legittimità
costituzionale è stata sollevata soltanto in ordine all’art. 15,
comma 10, del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, che prevede
esclusivamente una deroga (transitoria) al divieto di partecipazione
alle gare indette a norma dell’art. 14, comma 1, consentendo la
partecipazione “senza limitazioni” ai soggetti titolari degli
affidamenti e delle concessioni “in essere alla data di entrata in
vigore” del d.lgs. n. 164 del 2000 (art. 14, comma 5). La durata del
regime transitorio di mantenimento di detti affidamenti e concessioni
è variamente determinata in base al combinato disposto dei commi
precedenti al decimo (commi da 4 a 8 per i casi di concessioni e
affidamenti avvenuti senza gara).
Pertanto, rimangono estranei alla norma denunciata (e quindi
devono ritenersi al di fuori della questione di legittimità
costituzionale sollevata) sia i termini di durata del regime
transitorio e la effettiva temporaneità della deroga, sia le
possibilità di incrementi o di sommatorie di durata del regime
transitorio (del resto, queste ultime possibilità non sono state
neppure enunciate come rilevanti ed attuali).
4. – L’ordinanza del Tar ha offerto una interpretazione
plausibile della norma denunciata fornendo una giustificazione,
egualmente plausibile, della rilevanza della questione proposta.
Né può essere invocata, come fatto dalla difesa di alcune
parti, la sopravvenuta modifica all’art. 113 del decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali), introdotta dall’art. 35 della legge 28 dicembre
2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sia perché
successiva alla fattispecie in discussione e non retroattiva, sia
perché espressamente non innovativa delle disposizioni previste per
i singoli settori e di quelle nazionali di attuazione delle normative
comunitarie (art. 113, comma 1, nel testo modificato, cit.), sia,
infine, per il carattere meramente residuale e sussidiario
dell’art. 35, comma 2, della citata legge 28 dicembre 2001, n. 448
(applicabile in mancanza di un congruo periodo di transizione
previsto dalle disposizioni relative ai singoli settori).
5. – Così circoscritto l’ambito ammissibile delle questioni,
come ritualmente proposte, deve esserne dichiarata la non fondatezza,
rispetto a tutti i parametri invocati (artt. 3, 41 e 76 della
Costituzione).
Un esame prioritario merita il profilo relativo alla pretesa
violazione dell’art. 76 della Costituzione per mancata osservanza dei
principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41, lettera c), della
legge n. 144 del 1999 che prevede l’obbligo di “eliminare ogni
disparità normativa tra i diversi operatori nel sistema del gas,
garantendo, nei casi in cui siano previsti contributi, concessioni,
autorizzazioni o altra approvazione per costruire o gestire impianti
o infrastrutture del sistema del gas, uguali condizioni e trattamenti
non discriminatori alle imprese”.
La anzidetta disposizione di principio non è tale da escludere
un ragionevole regime transitorio (cfr. sentenze n. 217 del 1998;
ordinanza n. 131 del 1988), ma deve essere interpretata alla luce
dell’intera legge di delega, diretta espressamente a dare attuazione
alla direttiva 98/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del
22 giugno 1998 (relativa a norme comuni per il mercato interno del
gas naturale), e quindi inserita nell’ambito di un sistema di
apertura del mercato nazionale da attuarsi con gradualità in un
quadro di integrazione europea, in modo da facilitare la transizione
del settore italiano del gas ai nuovi assetti europei (argomentando
dal riferimento, essenziale per il contenuto e i limiti della delega,
alla direttiva comunitaria e all’art. 41, lettera g), della stessa
legge n. 144 del 1999).
Né si può configurare, ai fini del presente giudizio relativo
all’art.15, comma 10, del d.lgs. n. 164 del 2000, una violazione dei
limiti della delega sotto il profilo della eguaglianza di condizioni
e di pari opportunità tra i diversi operatori del settore, con
l’obiettivo finale di eliminare situazioni di privilegio preesistenti
previste dalla normativa comunitaria, in quanto la stessa direttiva
comunitaria presupponeva l’esistenza di differenze tra le varie
economie, con l’eventualità di deroghe a carattere temporaneo e
limitato, nonché l’esigenza di gradualità nell’instaurazione del
mercato interno del gas.
D’altro canto, per quanto riguarda la possibilità di partecipare
alle gare prevista dalla norma denunciata, non sussiste una
situazione di diseguaglianza o discriminatoria, in quanto a tutti i
soggetti è attribuita tale facoltà di partecipazione nel periodo
transitorio, dilazionando, in detto periodo, la preclusione per
determinate situazioni sancita in via definitiva da norma destinata a
operare a regime. Ragionando diversamente si perverrebbe all’assurda
conseguenza di escludere in linea di principio, in caso di
innovazioni di sistemi o di regimi, la possibilità di gradualità di
attuazione e modalità di adattamento temporanei e transitori.
6. – Le predette considerazioni portano ad escludere la
violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione, in quanto il regime
transitorio (art. 15, comma 10, del d.lgs. n. 164 del 2000) può
essere, di per sé stesso come regime temporaneo di transizione,
divergente dalla situazione definitiva. Nello stesso tempo è
tutt’altro che manifestamente irragionevole che il regime transitorio
sia determinato dal legislatore, nell’esercizio della sua
discrezionalità, tenendo conto, nel regolare il passaggio delle
situazioni preesistenti in base ad un regime all’epoca valido in
Italia, delle esigenze dello stesso principio di libertà di
iniziativa economica e della libertà di concorrenza. In realtà, il
legislatore ha riscontrato la necessità di intervenire in via
transitoria per impedire una serie di ostacoli operativi e
concorsuali con rischi – connessi all’immobilizzo di ogni
acquisizione di mercato – per il successivo reinserimento e quindi
per la sopravvivenza di categorie di imprese esistenti e
legittimamente operanti ed aventi nel mercato italiano una
consistenza tutt’altro che trascurabile, ancorché a dimensioni
ridotte rispetto alle grandi aziende di altri Paesi.
Ciò tanto più considerando che per i soggetti disciplinati dal
comma 10 dell’art. 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 e sottoposti ad
obbligo di adeguamento, la possibilità temporanea di partecipare
alle gare è consentita “a partire dalla data dell’avvenuta
costituzione o trasformazione”, mentre in una serie di ipotesi vi è
previsione di cessazione anticipata (rispetto alle pattuizioni
originarie) dei rapporti preesistenti, giustificata dall’esigenza di
arrivare a regime in tempi ragionevolmente spediti, e
controbilanciata dalla temporanea possibilità di partecipare a gare.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000,
n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni
per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41
della legge 17 maggio 1999, n. 144), sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 41, 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale della Liguria con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 luglio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola