Sentenza N. 417 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
25/11/1993
Data deposito/pubblicazione
25/11/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/11/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
avv. Massimo VARI;
comma, ultimo periodo, della legge della Regione Puglia 11 dicembre
1984, n. 52 (Disciplina dell’esercizio delle attività professionali
delle agenzie di viaggi e turismo), promosso con l’ordinanza emessa
il 24 marzo 1993 dal Giudice conciliatore di Maglie nel procedimento
civile vertente tra Lini Mario ed il Centro Turistico Studentesco e
Giovanile di Lecce, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 1993 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima
serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di costituzione del Centro Turistico Studentesco e
Giovanile di Lecce;
Udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 1993 il Giudice
relatore Antonio Baldassarre;
Uditi gli Avvocati Mario P. Chiti e Stefano Grassi per il Centro
Turistico Studentesco e Giovanile di Lecce;
conciliatore di Maglie, Mario Lini ha convenuto in giudizio il Centro
turistico studentesco e giovanile chiedendo la condanna di
quest’ultimo al pagamento di una somma pari alla differenza tra il
prezzo da lui corrisposto per un biglietto aereo e il prezzo con il
quale lo stesso biglietto è venduto a tariffa ridotta dal citato
Centro ai suoi soci. Poiché il convenuto ha giustificato il proprio
rifiuto a corrispondere la predetta somma invocando l’art. 14, primo
comma, ultimo periodo, della legge della Regione Puglia 11 dicembre
1984, n. 52, il quale prevede che il beneficio di servizi turistici
agevolati può essere erogato soltanto a favore dei soci iscritti da
più di tre mesi, e poiché il ricorrente risultava effettivamente
iscritto all’anzidetto Centro da meno di tre mesi, il giudice
conciliatore di Maglie, ritenendo la questione rilevante e non
manifestamente infondata, ha contestato la legittimità
costituzionale del ricordato art. 14 in riferimento agli artt. 3, 18
e 117 della Costituzione.
Secondo il giudice rimettente, la disposizione impugnata sembra,
innanzitutto, debordare dai principi fondamentali, previsti dall’art.
117 della Costituzione come limite alla legislazione regionale, dal
momento che il criterio dell’anzianità del rapporto associativo,
posto dall’art. 14 come condizione per la fruizione dei servizi
turistici e ricettivi erogati ai propri iscritti a prezzi agevolati
dalle associazioni senza scopo di lucro operanti a livello nazionale
per finalità ricreative, culturali, religiose o sociali, non appare
rientrare nei “requisiti minimi omogenei e modalità di esercizio”,
che l’art. 10 della legge-quadro per il turismo 17 maggio 1983, n.
217, demanda alla competenza del legislatore regionale. Inoltre,
continua lo stesso giudice, la fissazione di quel medesimo criterio
sembra concernere un oggetto, cioè il rapporto associazione-associato, che esorbita dal campo di competenza che il citato art. 10
affida alla legge regionale.
Ad avviso del giudice a quo, la disposizione contestata si pone in
contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione, poiché crea
un’irragionevole disparità di trattamento tra gli associati a
seconda che gli stessi abbiano maturato un’anzianità di iscrizione
all’associazione maggiore o minore di tre mesi. Infine, sempre
secondo lo stesso giudice, l’impugnato art. 14 viola l’art. 18 della
Costituzione, poiché interferisce indebitamente con la libertà di
associazione, determinando obiettivi condizionamenti al concreto
esercizio di detta libertà.
2. – È intervenuto in giudizio il Centro turistico studentesco e
giovanile per chiedere che la questione sia accolta.
Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 117 della
Costituzione, la parte privata, dopo aver sottolineato che l’art. 10
della legge-quadro sul turismo costituisce, oltreché un “principio
fondamentale” vincolante il legislatore regionale, una norma di
attuazione dei principi costituzionali in tema di libertà di
associazione, formazioni sociali e partecipazione, afferma che tale
articolo demanda alla competenza regionale soltanto di fissare “i
requisiti minimi omogenei e le modalità di esercizio” per il
compimento delle attività turistiche e ricettive permesse, a favore
dei propri iscritti, alle associazioni senza scopo di lucro operanti
al livello nazionale per finalità ricreative, culturali, religiose o
sociali. In base a tale norma il legislatore regionale potrebbe
determinare, ad esempio, standards finanziari e organizzativi, ma non
dettare norme tali da svuotare o sostanzialmente ostacolare il
diritto riconosciuto ex lege alle associazioni in questione. Inoltre,
sempre ad avviso della parte privata, l’impugnato art. 14 viola
l’art. 117 della Costituzione sotto un ulteriore profilo, poiché la
sfera dei diritti di libertà, essendo esclusivamente riservata al
legislatore statale, è preclusa a interventi, tanto più se
limitativi, della legge regionale.
Per quel che concerne la violazione dell’art. 18 della
Costituzione, la parte privata, premesso che la libertà di
associazione è proiezione dell’art. 2 della Costituzione, ricorda
che la stessa libertà comporta non solo il diritto dell’individuo di
associarsi liberamente, ma anche il diritto delle associazioni di
determinare liberamente il proprio ordinamento e la propria
organizzazione interna conformemente ai propri interessi e alle
proprie finalità, senza che il legislatore possa ingerirsi in
quest’ambito. Ciò significa che la legge, tanto più se regionale,
non può intervenire nel rapporto interno fra associazione e
associato, essendo questo riservato all’autonomia dell’associazione.
Né si potrebbe in alcun modo dire, continua la parte privata, che la
“sospensione” trimestrale dei diritti associativi, prevista dalla
norma impugnata, sia giustificata da altri interessi di rilievo
costituzionale, sicché appare evidente l’arbitrarietà di un limite
che si risolve in una gravissima penalizzazione del fenomeno
associativo nel settore turistico, in relazione a categorie, come i
giovani e gli studenti, che non dispongono di ingenti risorse
economiche.
Infine, ad avviso della parte privata, l’assenza di qualsiasi
valida ragione giustificativa di rango costituzionale della norma
impugnata rende illegittima, in riferimento ai principi di
eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione,
la discriminazione a danno dei soci con anzianità di iscrizione
inferiore a tre mesi, la quale è basata su un dato puramente
accidentale ed estrinseco.
3. – In prossimità dell’udienza il Centro turistico studentesco e
giovanile ha depositato un’ulteriore memoria, con la quale ha
semplicemente ribadito argomenti già svolti nell’atto di
costituzione.
legittimità costituzionale dell’art. 14, primo comma, ultimo
periodo, della legge della Regione Puglia 11 dicembre 1984, n. 52
(Disciplina dell’esercizio delle attività professionali delle
agenzie di viaggi e turismo), in riferimento agli artt. 3, 18 e 117
della Costituzione.
Più precisamente, il giudice a quo sospetta, innanzitutto, la
violazione dell’art. 117 della Costituzione, sotto il profilo della
lesione del limite dei “principi fondamentali”, dal momento che la
disposizione impugnata, nel subordinare a un’anzianità di iscrizione
di almeno tre mesi la fruizione da parte degli associati dei benefici
e dei servizi turistici e ricettivi erogabili dalle associazioni
senza scopo di lucro operanti a livello nazionale per finalità
ricreative, culturali, religiose o sociali, esorbiterebbe dai limiti
di competenza riconosciuti al legislatore regionale dall’art. 10,
secondo comma, della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per
il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione
dell’offerta turistica), che concernono semplicemente la
determinazione dei “requisiti minimi omogenei e delle modalità di
esercizio” per lo svolgimento dei predetti servizi.
In secondo luogo, il giudice rimettente ritiene che la
disposizione impugnata possa contrastare con il principio
costituzionale della parità di trattamento (art. 3 della
Costituzione), poiché discriminerebbe irragionevolmente gli iscritti
a seconda che questi abbiano maturato un’anzianità d’iscrizione
all’associazione maggiore o minore di tre mesi.
Infine, sempre ad avviso dello stesso giudice, la norma contestata
potrebbe violare l’art. 18 della Costituzione, in quanto conterrebbe
un illegittimo condizionamento del concreto esercizio della libertà
di associazione.
2. – Le questioni non sono fondate.
Va, innanzitutto, escluso che l’impugnato art. 14, primo comma,
ultimo periodo, violi l’art. 117 della Costituzione, in relazione al
principio fondamentale della materia stabilito dall’art. 10, secondo
comma, della legge-quadro per il turismo.
Quest’ultimo articolo, infatti, nell’autorizzare le associazioni
senza scopo di lucro che operano a livello nazionale per finalità
ricreative, culturali, religiose o sociali ad esercitare attività
turistiche e ricettive per i propri associati (primo comma), demanda
alle leggi regionali il compito di fissare “i requisiti minimi
omogenei e le modalità di esercizio per il compimento delle
attività di cui al comma precedente, assicurando che le attività
medesime siano esercitate nei rispettivi ambiti associativi” (secondo
comma). Sulla base di tale attribuzione di competenza, il legislatore
regionale della Puglia ha adottato l’impugnato art. 14, il quale
stabilisce che “per fruire dei benefici e dei servizi offerti dalle
associazioni è necessario essere iscritti all’associazione stessa da
almeno tre mesi”.
Non v’è dubbio che la determinazione del requisito che un socio
sia iscritto da almeno tre mesi per poter fruire dei benefici
relativi al godimento dei servizi turistici e ricettivi erogati dalle
associazioni senza scopo di lucro operanti a livello nazionale nei
settori ricreativo, culturale, religioso o sociale rientri in un uso
non irragionevole del potere discrezionale affidato al legislatore
regionale in ordine alla fissazione dei “requisiti minimi omogenei” e
delle “modalità di esercizio”, al fine di assicurare che
effettivamente “le attività medesime siano esercitate nei rispettivi
ambiti associativi”.
Quest’ultima finalizzazione, cui è subordinato l’esercizio del
potere di determinare “i requisiti minimi omogenei e le modalità di
esercizio” per lo svolgimento delle predette attività, espressamente
contenuta nella norma attributiva di competenza al legislatore
regionale, pone, infatti, a quest’ultimo il compito di predisporre le
condizioni e le cautele opportune allo scopo di evitare che la
fruizione degli speciali benefici, indicati nell’art. 10 della legge-quadro e connessi all’iscrizione alle ricordate associazioni, possa
dar luogo ad abusi. Un compito che, certamente, non può tradursi in
restrizioni o in controlli sulla libertà di associazione dei
singoli, sulla complessiva attività sociale, sul godimento in
generale dei diritti dei soci e sull’autonomia garantita alle
associazioni nelle loro attività interne ed esterne; né può
altresì risolversi in misure in grado di penalizzare o di
scoraggiare sostanzialmente quelle stesse libertà o quegli stessi
diritti; ma può consistere soltanto in requisiti o modalità
esclusivamente finalizzati alla corretta fruizione degli speciali
benefici, come quello in contestazione nel giudizio a quo (tariffa
agevolata per viaggio aereo), la cui erogazione è conferita dalla
legge, in deroga al diritto comune, ad associazioni perseguenti
finalità di carattere generale (ricreative, culturali, religiose o
sociali) allo scopo di aumentarne la diffusione e di incentivarne lo
sviluppo.
E che un limite, come quello in questione, consistente nel
richiedere un minimo di stabilità di iscrizione per poter usufruire
degli speciali benefici indicati, rientri nel campo degli interessi
la cui cura è demandata al legislatore regionale, ha una ragionevole
base nel fatto che eventuali abusi nel godimento di quei benefici
potrebbero ripercuotersi negativamente sul corretto esercizio di
competenze regionali. Infatti, ove non fosse adeguatamente tutelata
l’osservanza di quel limite, diventerebbe reale il rischio che gli
speciali servizi erogati a condizioni agevolate dalle predette
associazioni finiscano per porsi in illegittima concorrenza con le
medesime attività svolte dalle agenzie di viaggio e turismo alle
condizioni imposte dal mercato e nell’ambito di un regime
amministrativo (nonché fiscale) ben più severo. E ciò
interferirebbe sicuramente sul governo del settore turistico affidato
alle regioni e, in particolare, sulla programmazione regionale della
diffusione sul territorio delle agenzie di viaggio e turismo (art. 9
della legge n. 217 del 1983).
Non è, dunque, fondato il rilievo formulato dal giudice a quo,
secondo il quale la previsione normativa contestata toccherebbe un
oggetto esorbitante dalle competenze legislative delle regioni, così
come sono definite dall’art. 10, secondo comma, della legge n. 217
del 1983. Né si può riconoscere fondamento all’ulteriore rilievo
del giudice rimettente in ordine alla pretesa eccessività del limite
imposto rispetto al fine oggetto di tutela. Infatti, pur se la norma
attributiva di competenza lascia alla discrezionalità del
legislatore regionale la scelta dei requisiti minimi e dei modi di
esercizio attraverso i quali garantire che i predetti benefici siano
fruiti soltanto nell’ambito associativo e, pertanto, pur se è lecito
ipotizzare che il legislatore regionale non sia tenuto a ricorrere
all’anzianità di iscrizione come criterio di ammissione al godimento
dei medesimi benefici, quest’ultimo, tuttavia, così come è regolato
dalla norma contestata, non è certamente un mezzo sproporzionato
rispetto al fine da perseguire, né è tale da scoraggiare nei
singoli l’adesione ad associazioni positivamente apprezzate dalla
Costituzione e dalle leggi o da rappresentare un intralcio eccessivo
al libero dispiegamento delle attività associative. La brevità del
termine di anzianità previsto come condizione per il godimento di
quei particolari benefici e la collateralità dell’oggetto inciso dal
limite rispetto alle complessive attività sociali delle associazioni
ricreative, culturali, religiose o sociali sono un chiaro sintomo di
uso non irragionevole della discrezionalità legislativa in
riferimento ai valori costituzionali appena ricordati: quello
stabilito è, infatti, un filtro minimo diretto a verificare la
correttezza nel godimento di un beneficio concesso dalla legge entro
limiti precisi, filtro che non è in grado di provocare sostanziali
effetti disincentivanti nei confronti della libertà di associazione,
né di pregiudicare sostanzialmente la libertà della associazione
nel determinare la propria struttura organizzativa e le modalità
della propria attività, secondo quanto è garantito dall’art. 18
della Costituzione.
3. – Le considerazioni ora svolte inducono a respingere anche la
questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, poiché esse portano ad escludere che
il requisito di un’anzianità d’iscrizione almeno trimestrale possa
comportare un’irragionevole disparità di trattamento fra gli
associati iscritti da più o da meno di tre mesi.
4. – Non fondata è, infine, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 14, primo comma, ultimo periodo, della legge
della Regione Puglia n. 52 del 1984, sollevata in riferimento
all’art. 18 della Costituzione, sotto il profilo che il requisito
previsto dalla norma impugnata costituirebbe un’indebita interferenza
nei confronti dell’esercizio della libertà di associazione.
Per quel che riguarda la garanzia dei fini per i quali le
associazioni possono formarsi e agire, l’art. 18 della Costituzione
assicura ad esse una sfera di azione potenzialmente eguale a quella
garantita ai singoli individui. Ciò fa sì che il riconoscimento
costituzionale della libertà di associazione rappresenti la
proiezione, sul piano dell’azione collettiva, della libertà
individuale, come riconosciuta e tutelata dalla Costituzione stessa.
Questa ampia e significativa garanzia costituzionale della libertà
di associazione gioca tanto in senso positivo, quanto – ed è
l’aspetto che qui rileva – in senso negativo. Nel primo senso, ciò
significa che in generale gli individui possono liberamente dar vita
ad associazioni e possono in piena autonomia agire in forma associata
per gli stessi fini che essi ritengano legittimamente di voler
perseguire in forma individuale; nel secondo senso, invece,
l’equiparazione tra fini perseguibili dall’associazione e fini a
disposizione della libera azione individuale preclude di estendere la
garanzia costituzionale della libertà di associazione in riferimento
al perseguimento di obiettivi di fronte ai quali la libera azione dei
singoli è giuridicamente tenuta ad arrestarsi o ad essere sottoposta
a discipline pubblicistiche o, comunque, a controlli sociali.
In relazione a quest’ultimo principio viene in rilievo il fatto
che le attività oggetto di contestazione sono attività economiche
ordinariamente imputabili alle agenzie di viaggio e turismo, vale a
dire, in base all’art. 9 della legge n. 217 del 1983, ad imprese che
esercitano professionalmente attività di produzione e organizzazione
di viaggi e soggiorni o di intermediazione nei predetti servizi. Si
tratta, dunque, come si è già accennato, di attività che
eccezionalmente, in forza dell’art. 10 della legge appena citata,
sono permesse, ad esclusivo beneficio dei propri iscritti, alle
associazioni senza scopo di lucro che operano a livello nazionale per
finalità ricreative, culturali, religiose o sociali. E, poiché in
Costituzione le libertà economiche sono sottoposte a limiti e a
controlli più ampi e più penetranti di quelli configurati in
relazione alla libertà di associazione come tale, non è
irragionevole che il legislatore sottoponga a disciplina più
rigorosa e a controlli pubblici più penetranti le associazioni private allorché agiscono come soggetti che gestiscono attività
economiche, proprio allo scopo di perseguire le finalità di utilità
generale ad esso imposte dagli articoli da 41 a 47 della
Costituzione.
Più precisamente, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 217 del
1983, le attività di produzione, di organizzazione e di
intermediazione in ordine all’erogazione dei servizi turistici e
ricettivi sono sottoposte a un regime pubblicistico, nel senso che il
loro esercizio è condizionato da una previa autorizzazione
regionale. In riferimento a tale regime, l’adozione da parte del
legislatore (regionale) di una misura, quale quella contestata, che,
come è stato precisato nel punto 2 della motivazione, è finalizzata
alla prevenzione dei pericoli di concorrenza illecita fra le
attività svolte imprenditorialmente dalle agenzie di viaggio e
turismo e quelle eccezionalmente permesse, a favore dei propri
iscritti, alle associazioni non di lucro menzionate nell’art. 10,
primo comma, della legge-quadro per il turismo, rientra fra i limiti,
costituzionalmente giustificati, diretti a precludere al singolo di
utilizzare la libertà associativa per il perseguimento di finalità
sottoposte a particolari discipline pubblicistiche. In altri termini,
il limite contenuto nell’art. 14, primo comma, ultimo periodo, della
legge della Regione Puglia, oggetto della presente contestazione,
proprio perché tocca profili attinenti a speciali benefici
riconosciuti dalla legge ordinaria e al particolare regime delle
attività economiche permesse alle associazioni indicate nel citato
art. 10, non incide sul contenuto essenziale e tipico della libertà
di associazione garantita dall’art. 18 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 14, primo comma, ultimo periodo, della legge della Regione
Puglia 11 dicembre 1984, n. 52 (Disciplina dell’esercizio delle
attività professionali delle agenzie di viaggi e turismo),
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 18 e 117 della Costituzione,
dal giudice conciliatore di Maglie con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 25 novembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA